tag:blogger.com,1999:blog-34490617984335209672024-02-07T09:07:31.660+01:00Vivere il Medioevo Storia medievale, curiosità sul Medioevo, vita quotidiana e tanto altro.Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.comBlogger101125tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-45525210626011891372018-10-31T14:38:00.000+01:002023-10-09T14:56:29.370+02:00Santa Rita da Cascia, Santa dell’Impossibile<h1>Indice</h1><p><a href="#_Toc528758457">Introduzione</a><p><a href="#_Toc528758458">Contesto storico</a><p> <a href="#_Toc528758459">La Repubblica di Cascia</a><p><a href="#_Toc528758460">Infanzia e giovinezza di Santa Rita: la bambina e la Vergine</a><p><a href="#_Toc528758461">L’amore e la guerra di Rita: l’incontro e le nozze con Paolo Mancini</a><p> <a href="#_Toc528758462">Nozze sobrie</a><p> <a href="#_Toc528758463">Vita nuova</a><p> <a href="#_Toc528758464">La morte violenta di Paolo</a><p><a href="#_Toc528758465">La follia, la Pace e il Perdono di Rita</a><p> <a href="#_Toc528758466">Gli assassini di Paolo</a><p><a href="#_Toc528758467">La vita monastica di Rita</a><p> <a href="#_Toc528758468">Le tentazioni di Rita</a><p> <a href="#_Toc528758469">Eresia, presunzione e santità: la pratica autopunitiva e gli eretici in epoca medievale</a><p><a href="#_Toc528758470">La spina di Rita</a><p> <a href="#_Toc528758471">Ultimi giorni</a><p><a href="#_Toc528758472">Fonti bibliografiche</a><p> <a href="#_Toc528758473">Libri</a><p> <a href="#_Toc528758474">Internet</a><p> <a href="#_Toc528758475">Treccani</a><p><br><h1><a name="_Toc528758457">Introduzione</a></h1><p>Santa Rita da Cascia è conosciuta in tutto il mondo cristiano sin dalla sua epoca, il XV secolo, come Santa dell’Impossibile per i miracoli e il manifestarsi della Benevolenza Divina per sua intercessione in casi IMPOSSIBILI. Solitamente davanti alla parola «<em>impossibile</em>» scienza e fede si fermano e si interrogano, perché quando la scienza non ha più strumenti materiali per intervenire, la fede ha solo la speranza di un intervento della Divina Benevolenza e la certezza di essere esaudita. <p><br><p>La storia di Santa Rita non è solo una storia di fede, e una pagina di storia ma soprattutto una vicenda profondamente umana che fa riflettere e su cui bisogna porsi non tanto l’interrogativo del <i>perché</i> sono accadute tutte le cose che le sono accadute, ma <i>come</i> e <i>come le ha affrontate</i> e <i>superate</i> nel suo tempo, con la mentalità del suo tempo e gli strumenti che aveva anche materialmente nella sua epoca. Siamo troppo abituati, nonostante gli sforzi di dottori e personaggi illuminati del Clero, all’idea del Dio cattivo che ci mette alla prova o punisce e ci grazia solo dietro altissimo sacrificio, ma già dal tempo di San Francesco questa idea fu sottoposta a un terremoto di interrogativi che invece sostenevano l’esatto contrario. La storia di Santa Rita è una delle vicende forse più drammatiche del Medioevo italiano, una vicenda che non smette mai di insegnare. <p><br><p><h1><a name="_Toc528758458">Contesto storico</a></h1><p>Il Basso Medioevo italiano è un periodo di grandi cambiamenti e tumulti nelle città: dopo tanti sforzi per liberarsi dal giogo feudale altomedievale e dagli obblighi verso l’Imperatore, di fatto la Lotta tra le due fazioni aveva solo cambiato nome; aveva aggiornato la propria modalità di azione ed erano aumentate le bandiere perché non si combatteva più solo tra famiglie al governo dei vari comuni. La storiografia medievale italiana a partire dalla nascita dei Comuni è ricchissima di vicende e aneddoti sanguinosi e cruenti, in cui trionfavano violenza e pestilenze e carestie a spese della popolazione. La realtà storica era molto più complessa, specie se si scende in dettagli politici che però condurrebbero fuori tema. La città di Cascia è una città molto antica, già di epoca romana e già dal remoto passato soggetta ai danni dei terremoti dovuti alla sismicità della zona, trovandosi in posizione quasi montana e lungo il valico appenninico centrale, dove i recenti sismi hanno distrutto Norcia e le borgate adiacenti. Dettagli storici della Cascia medievale non se ne hanno, probabilmente perché nonostante si fosse costituita libero comune dal XII secolo, fu sottomessa successivamente dai Trinci e poi da Federico II, venendo a far parte di quella rete di città che partecipavano alla lotta tra Guelfi e Ghibellini. Non è da escludere che la carenza di fonti sulla storia della città sia anche dovuta al fatto che come molte fu devastata dalla peste. Cascia, forse per la sua strategica posizione fu spesso oggetto, senza mai però perdere la propria autonomia e indipendenza, delle vicine Spoleto, Norcia e Leonessa. Oltre alla lotta tra Comuni che spesso in realtà celava rancori e lotte per il potere tra famiglie di opposta fazione, l’Italia del XIV e del XV secolo fu un Italia travolta dall’epidemia di peste <a name="_ftnref1_3960" href="#_ftn1_3960">[1]</a>. La peste tolse a Rita i due figli, gemelli, che le erano stati sottratti e poi rivoltati contro dalla famiglia del padre e che ritrovò solo in punto di morte in un lazzaretto. Il contesto storico tocca anche i luoghi di fede, i centri religiosi come i monasteri o le abbazie che in quell’epoca lavoravano come enti, insieme alle autorità laiche e cittadine, tra cui spiccava proprio la famiglia di Rita, al fine di stipulare tregue se non firmare la pace tra le fazioni in lotta. <p><br><h2><a name="_Toc528758459">La Repubblica di Cascia</a></h2><p>Gli Statuti della Repubblica di Cascia, cui apparteneva il borgo natale di Rita, Roccaporena, situata a poche miglia di distanza e in zona montana, prevedevano il diritto di vendicare anche con la morte un’ingiuria ritenuta morale. E non vi erano dubbi che un’offesa fosse tale quando un parente veniva ucciso <a name="_ftnref2_3960" href="#_ftn2_3960">[2]</a>. Il che, per faida famigliare o politica, accadeva molto spesso. Ne derivava una spirale di omicidi talmente incontrollabile che il legislatore, pur ammettendo la vendetta, poneva imiti su chi potesse esercitarla e su chi dovesse subirla. Ingenti pene pecuniarie, fino a 25 lb di denaro venivano inflitte a coloro che la provocavano lanciando pubbliche accuse o vi si lasciavano coinvolgere in seguito all’assassinio di un proprio consanguineo. Variavano le multe a seconda che si trattasse di un parente fino al terzo o quarto grado. <a name="_ftnref3_3960" href="#_ftn3_3960">[3]</a> <a name="_ftnref4_3960" href="#_ftn4_3960">[4]</a><p>La vendetta era legittima soltanto se colpiva il principale responsabile di un delitto, non i suoi complici. Il vendicatore, pertanto, veniva punito con una pena doppia di quella prevista per un delitto comune se nella faida rimanevano uccisi autori, per così dire, secondari all’omicidio <a name="_ftnref5_3960" href="#_ftn5_3960">[5]</a>. Se ne deduce che la consuetudine di estendere il raggio della vendetta a interi gruppi famigliari o politici fosse più che frequente, tanto da indurre il legislatore a escogitare un meccanismo speciale per arginarla. E se ne deduce anche che i delitti venissero solitamente architettati ed eseguiti da più membri di una medesima fazione. Si ha conferma di quest’ultima circostanza dl fatto che persino la giustizia, per non stroncare troppe vite, aveva dovuto darsi un freno. Così quando erano più d’uno i responsabili di un crimine, veniva scelto a sorte quello da giustiziare. Non certo per spirito umanitario, ma per necessità militari. La continua tensione con le comunità circostanti poneva infatti al governo di Cascia l’esigenza di tenere sempre in armi un adeguato numero di giovani predisposti alla rappresaglia ed al saccheggio, tanto meglio addestrati alla violenza per vocazione naturale. <p><br><p>Poiché la vendetta da consuetudine interna delle genti casciane, era stata istituzionalizzata nei rapporti con le popolazioni vicine attraverso quella forma di rappresaglia denominata ‘<em>cavalcata’</em> <a name="_ftnref6_3960" href="#_ftn6_3960">[6]</a> che consisteva in una veloce scorreria allo scopo di terrorizzare, decimare, intimidire gli abitanti di un determinato circondario. Si ricorreva alla cavalcata per ricondurre all’obbedienza un villaggio già assoggettato alla Repubblica di Cascia, per imporre le proprie condizioni nel corso di trattative dall’esito incerto, ma soprattutto per raddrizzare, come soleva dirsi, un torto subito. Quanto fosse complessa la rete delle ostilità e delle alleanze con i vicini lo si evince da un inventario delle pacificazioni pubbliche presso l’Archivio comunale di Cascia, dal quale risultano conciliazioni con i comuni di Leonessa (1289), Norcia (1304, 1341), Cerreto (1395), Colle del Marchese (1401) e Aquila (1495); e in ispecie con revoca di rappresaglie tra Cascia e Spoleto (1417) e Cascia e Ascoli (1417) <a name="_ftnref7_3960" href="#_ftn7_3960">[7]</a>.<p>Innumerevoli erano i motivi che di volta in volta alimentavano questa urgenza di vendetta, sul piano sia collettivo sia individuale. <p><br><p>In termini politici c’erano i conflitti tra Guelfi e Ghibellini <a name="_ftnref8_3960" href="#_ftn8_3960">[8]</a>, che investivano anche il piano religioso, coinvolgendo le autorità ecclesiastiche, oltre che le famiglie fedeli o contrarie al papato. Aggravavano questo clima di turbolenze comuni alla società ecclesiastica e civile le lacerazioni conseguenti alla ‘<em><font color="#ff0000">Cattività Avignonese’</font></em><a name="_ftnref9_3960" href="#_ftn9_3960">[9]</a> appena terminata con il ritorno a Roma di Gregorio XI, nel 1374. Né poteva dirsi superato il trauma di quella mortificazione che aveva indotto grandi donne come Caterina da Siena <a name="_ftnref10_3960" href="#_ftn10_3960">[10]</a> e Brigida di Uppsala <a name="_ftnref11_3960" href="#_ftn11_3960">[11]</a> a prendere di petto il Papa. Ingiungendogli di essere “uomo virile, non timoroso” la prima; spaventandolo con predizioni di morte se non fosse rientrato a Roma, la seconda <a name="_ftnref12_3960" href="#_ftn12_3960">[12]</a>. <p>Era poi giunto il peggio con l’elezione del nuovo pontefice, nel 1378. Il popolo aveva invaso il recinto del conclave reclamando un papa romano o almeno italiano, mentre i francesi premevano per il rientro ad Avignone. Era così deflagrato mentre Rita nasceva, il grande Scisma d’Occidente. Si contendevano il trono petrino due papi: Urbano VI a Roma e Clemente VII ad Avignone. Sarebbero presto divenuti tre, con l’elezione di Giovanni XXIII (Pisa, 1410) in contrapposizione a Gregorio XII e Benedetto XIII <a name="_ftnref13_3960" href="#_ftn13_3960">[13]</a>. <p><br><p>Prolificarono le fazioni, le bande, le congreghe. Conflitti spietati divisero il Popolo di Dio. Contraccolpi feroci si ebbero nella regione dove maggiormente, un tempo, era fiorito il misticismo. Umbria e Toscana ne furono lacerate, città come Cascia e Spoleto insanguinate. Alle ostilità di carattere religioso e civile si sovrapposero quelle di carattere famigliare, motivate da interessi economici enormi. E aumentavano vertiginosamente, in questo clima di sopraffazione, i conflitti di ordine sociale, ponendo i ricchi contro i poveri, i nobili contro la plebe, gli artigiani di una corporazione contro quelli di un’altra. Si può ben capire quale importasse finisse per assumere in questo crescendo di odio e di rancore il ruolo dei pacieri, persone investite del compito di sedare le liti attraverso l’opera di persuasione ed arbitraggio. Era un compito delicato e complesso, che comportava una valutazione attenta degli interessi da conciliare e, soprattutto, dei sentimenti sui quali si fondava la discordia. <p><br><p>Trattandosi di un pubblico ufficio, quelli che erano chiamati a svolgerlo dovevano offrire garanzie di probità <a name="_ftnref14_3960" href="#_ftn14_3960">[14]</a> e disporre di un patrimonio che potesse tenerli al riparo da tentativi di corruzione <a name="_ftnref15_3960" href="#_ftn15_3960">[15]</a>. Se ne deduce che la famiglia di Rita doveva godere di un certo benessere economico. Appartenevano dunque a famiglie benestanti, di condizione per lo più borghese, ma non sempre in vista. Erano volontari, ma non è detto che non trovassero in certi casi un tornaconto per questa attività. È lecito ritenere tuttavia, che fossero animati da idealità cristiane oltre che da un senso civico profondo, tali da farli apparire agli occhi del mondo come ‘buoni angeli di pace. Anche in termini di diritto, del resto, i motivi cristiani erano considerati di peso decisivo nei riti di pacificazione ed evidenziati per iscritto da formule che spiegavano come l’interessato fosse indotto al perdono ‘<i>per amore di Dio e remissione dei peccati</i>’<a name="_ftnref16_3960" href="#_ftn16_3960">[16]</a>. La procedura prevedeva che i contendenti dessero prova di questa loro buona disposizione scambiandosi il bacio della pace e una stretta di mano. Doveva tuttavia specificarsi per iscritto l’entità del risarcimento, le spese processuali ed eventuali multe in caso di inadempienza. Venivano promesse, per indurre gli animi alla composizione extragiudiziaria delle liti, sensibili riduzioni delle pene pecuniarie. Talmente sensibili che col tempo l’erario ne subì un danno così rilevante da indurre il fisco a rivedere e limitare gi abbuoni. Non era dunque un lavoro di tutto riposo quello che i Lotti svolgevano tra gente dall’animo risentito e i modi bruschi, spostandosi continuamente su un territorio impervio, disseminato di fitti boschi e gole montuose, per tenere i contatti con i protagonisti delle vertenze da dirimere. Che non sempre si contavano su gravi motivi di sangue ma che comunque richiedevano una paziente opera di ricomposizione <a name="_ftnref17_3960" href="#_ftn17_3960">[17]</a>. <p><br><p align="center"><img src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/7/71/Roccaporena12.jpg/800px-Roccaporena12.jpg"><h6 align="center">Figura 1 – Roccaporena, veduta </h6><p align="right"><a href="#top">Torna all’indice</a><h1><a name="_Toc528758460">Infanzia e giovinezza di Santa Rita: la bambina e la Vergine</a></h1><p>Santa Rita nacque nell’estate del 1381 probabilmente – l’anno non è certo <a name="_ftnref18_3960" href="#_ftn18_3960">[18]</a> - poiché a quell’anno è attribuito un evento straordinario, ossia la stipulazione di una pace tra il Comune guelfo e i castelli ghibellini del territorio. A questa pacificazione contribuì probabilmente un certo Antonio Lotti, padre di Rita che insieme alla moglie, Amata Ferri erano stati nominati dal Comune come "<em>pacieri di Cristo</em>" nelle lotte politiche e familiari tra guelfi e ghibellini. I genitori erano già in là con gli anni, gli storici parlano di una sessantina di anni <a name="_ftnref19_3960" href="#_ftn19_3960">[19]</a> quando nacque Rita, altra circostanza che all’epoca avrebbe etichettato come <em>impossibile</em> l’avere figli, considerando la durata della vita media, le condizioni di vita dell’epoca. Non esistevano registri parrocchiali all’epoca e anche per questo non si conosce l’esatta nascita di Rita né il matrimonio dei genitori, che se comprovato da un contratto avrebbe aggiunto informazioni sulla condizione sociale della famiglia. I calcoli si possono fare solo a posteriori, sfruttando gli anni di vita come monaca e l’anno di morte. <p><br><p>Tutti conosciamo questa Santa come Rita, semplicemente, ma in realtà si tratta di un’abbreviazione perché il nome in epoca medievale non esisteva, infatti è probabile che nacque Margherita Lotti e il nome fu scelto non solo perché era molto diffuso, ma agiografia vuole che vi fosse stato un segno divino anche per questo. Sin dalla nascita sono attribuite alla sua vita cose ‘impossibili’ o quanto mai ‘straordinarie’. Si ricorda l’episodio delle cinque api che entrano ed escono dalla bocca della neonata senza pungerla, anche se l’agiografia vuole che tali cinque api (5 pungiglioni dunque) rappresentino in vero le cinque piaghe di Cristo sulla Croce (2 per arto e quella al costato, senza contare il fatto che era il quinto giorno di vita della bimba) <a name="_ftnref20_3960" href="#_ftn20_3960">[20]</a>. Qui i significati si perdono, si entra già nell’area mistica e miracolosa come la provvidenziale immunità al veleno degli insetti, una sorta di premonizione per la stimmate della spina e non ultimo vi è il riferimento alla sacralità del miele (che si perde nel tempo) <a name="_ftnref21_3960" href="#_ftn21_3960">[21]</a>.<p><br><p>Altri episodi sovrannaturali non mancano come la visita di un angelo nella casa <a name="_ftnref22_3960" href="#_ftn22_3960">[22]</a>, anch’esso da ricondurre alla simbologia agiografica. L’intento agiografico di enfatizzare sin dall’infanzia l’anelito religioso di Rita, la pietas dei genitori e l’educazione alla preghiera hanno da un lato creato però un vuoto di informazioni storiche che è possibile colmare solo per deduzione <a name="_ftnref23_3960" href="#_ftn23_3960">[23]</a>. L’educazione di Rita non fu solamente religiosa ma fu anche culturale, cioè era una donna istruita e pare che abbia avuto un’istruzione di gran lunga superiore a quella che avrebbero avuto molte coetanee del suo tempo. Sul livello culturale di Rita ci informa una fonte iconografica nella Chiesa di Sant’Agostino a Cascia dove la Santa viene rappresentata con un libro in mano. In altre fonti iconografiche locali la Santa è altresì rappresentata proprio con il libro in mano oltre ai simboli a lei attribuiti, specie la spina che le procurò la stimmate in fronte. Il libro non è probabilmente solo un simbolo di cultura e istruzione, piuttosto secondo l’autore, Cuomo, sarebbe un preciso riferimento alla scelta di abbracciare la vita monastica <a name="_ftnref24_3960" href="#_ftn24_3960">[24]</a>. Era una donna molto colta e intelligente e inoltre pare che abbia anche ricevuto insieme all’istruzione e l’educazione religiosa anche quella signorile. Ne fa fede la qualifica di domina attribuita da un notaio, tale Domenico Angeli solo nel 1457 quando vengono registrati alcuni miracoli a lei attribuiti. Rita crebbe e fu educata dunque in un clima estremamente turbolento e delicato che non si curava di donne e bambini e sua protezione fu certamente il mestiere di pacieri dei genitori e la posizione sociale occupata. Rita era sicuramente consapevole di vivere in un’epoca e un luogo insanguinati da rancori e vendette dove seminare la pace era praticamente, o quasi, impossibile. <p align="right"><a href="#top">Torna all’indice</a><p align="right"><br><h1><a name="_Toc528758461">L’amore e la guerra di Rita: l’incontro e le nozze con Paolo Mancini</a></h1><p>Di Paolo di Ferdinando Mancini sappiamo poco e sappiamo che faceva parte di quelle famiglie che si dilettavano a guerreggiare e praticare la faida nella Cascia di quegli ultimi anni del XIV secolo e i primi del successivo. Era molto più grande di Rita, sui venti mentre lei era appena dodicenne. Paolo era dunque un soldato sicuramente, cavaliere è probabile ma non nel senso di appartenente ad un Ordine equestre, nobile o comunque ricco e di famiglia in vista con buona probabilità. Paolo non godeva di ottima fama, proprio perché sicuramente era solito unirsi o essere in prima fila durante le <em>cavalcate</em> in territorio nemico, aveva le mani intrise di sangue e conosceva poche regole, oltre a quelle della scherma anche se non è possibile immaginarlo attorno ad un manuale di combattimento, essendo il Fiore dei Liberi pubblicato solo nel 1409 (1410) a Ferrara. Aveva imparato la guerra con la pratica. Era legato a circoli potenti, famigliari e politici, all’interno dei quali ricopriva un ruolo che gli assicurava rispetto <a name="_ftnref25_3960" href="#_ftn25_3960">[25]</a>. Oggi saremmo propensi a fare atroci paragoni essendo la realtà della faida e della vendetta ancora praticate laddove regna l’anarchia. Non era un capo in senso assoluto, ma un <strong><em>gregario</em></strong> <a name="_ftnref26_3960" href="#_ftn26_3960">[26]</a> potente che disponeva a sua volta di altri gregari, dei quali si avvaleva per fare ciò che doveva. Sembra che quando vide Rita la prima volta, se ne fosse innamorato e per rispetto ne avesse chiesto la mano al padre. Probabilmente la notizia è agiografica, perché come è possibile pensare che ad un tale individuo, promotore della violenza, un paciere come Antonio Lotti concedesse la mano della figlia da poco adolescente senza opporre obiezioni? <p><br><p>I genitori di Rita avevano certamente in mente di maritare la figlia per assicurarle un futuro e una certa protezione come accadeva a quei tempi assicurandole magari una dote, ma da più parti pare che la giovane fosse reticente. Paolo però rappresentava al contempo qualcuno che l’avrebbe potuto proteggere sostituendo un domani la protezione della famiglia di origine. Paolo, come lo definisce l’autore «era coinvolto, come tanti giovani di lama lesta e spirito intraprendente, nel grande gioco delle rivalità casciane, che era principalmente politico». Non è possibile però che fosse un figlio di nessuno e se aveva chiesto la mano di Rita, considerava non solo il suo status sociale ma anche il proprio per credere di <em>averne quanto meno diritto</em>. Ciò ha condotto gli storici a pensare che probabilmente era un ufficiale militare della Guarnigione di Collegiacone <a name="_ftnref27_3960" href="#_ftn27_3960">[27]</a>, o forse anche un ricco commerciante o mediatore di affari con la propria famiglia e aveva un ruolo nel crocevia commerciale che passava per il centro Italia tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo <a name="_ftnref28_3960" href="#_ftn28_3960">[28]</a>. Dalle ricerche d’archivio sul suo cognome emergono notizie sulla sua famiglia e si trovano riferimenti ad un mulino, che era una fonte di ricchezza per l’epoca e la professione di mugnaio era fiscalmente privilegiata e questo faceva di lui un piccolo monopolista locale di farina, pane e derivati. Era dunque ricco, ma non per questo amato considerando che gli agricoltori alle sue dipendenze spesso avevano visto i loro diritti violati sulla parte a loro spettante del raccolto. La casa accanto al mulino sul fiume Corno, fu probabilmente la seconda residenza di famiglia di Paolo e Rita. <p><br><p>Malgrado avesse l’anima nera e fosse coinvolto in traffici e faide sporche di sangue, Paolo era risolutamente e sinceramente innamorato di Rita e voleva sposarla secondo le regole. Se i genitori di lei e forse anche quelli di lui fossero perplessi da questa unione è una lecita domanda perché nessuna delle due parti vedeva di buon occhio per molte ragioni, specie politiche, le possibili conseguenze di quell’unione. Tuttavia sembra che acconsentirono. Paolo di Ferdinando <a name="_ftnref29_3960" href="#_ftn29_3960">[29]</a> è l’uomo chiamato nei documenti del 1393 pretendente alla mano di Rita. Come si fossero conosciuti è un po’ un mistero, probabilmente erano compaesani e Paolo non trascorreva tutto il suo tempo, seppur la maggior parte, nelle lotte e negli intrighi. Altre ipotesi suggeriscono che la conobbe in una occasione offertagli dalla sorte o da Dio, durante l’esercizio dell’attività di famiglia. Seppure reticente, forse perché appena adolescente, le fonti non parlano di rifiuto di Rita a sposarsi né negano un suo reciproco sentimento nei confronti di un uomo così diverso da lei. Non esistevano problemi legali perché gli <em>Statuti casciani </em><a name="_ftnref30_3960" href="#_ftn30_3960">[30]</a> attestano l’età minima per le nozze ai maschi a quattordici anni e per le femmine a dodici, dunque Rita poteva sposarsi. Per noi oggi sarebbe follia, ma bisogna considerare la mentalità e anche l’età media, lo stile di vita e l’elevato tasso di mortalità infantile e anche in puerperio. <p><br><p>L’agiografia non riporta di focose passioni o cose travolgenti benché confrontando un carattere come quello che poteva avere Paolo con quello mite sicuramente di Rita, si sarebbe detto che fossero incompatibili, considerando anche che venivano da due mondi completamente agli antipodi: la pace e la guerra, <em>impossibili</em> forse <em>da conciliare</em>. L’agiografia tace e questo anche in segno di rispetto di un amore coniugale sincero e che mette una nota positiva alla leggenda nera che circonda lui. Profondamente rispettata dal padre e onorata dal marito Rita forse sfugge ai luoghi comuni del suo tempo e ad alcune convenzioni, tuttavia Paolo è definito come uno dal brutto carattere, rissoso e tendente alle sfuriate a cui lei non reagiva apparentemente mai fino a quando non era sbollita la collera. Trascorsero insieme diciotto anni e dunque un matrimonio duraturo per l’epoca, vita insieme che terminò drammaticamente quando venne assassinato. Erano felici insieme e forse la vicinanza mitigò il caratteraccio di lui e lei fu a lungo un esempio per lui a cambiare vita e rinunciare alla violenza delle faide. Il fatto che Rita avesse ricevuta una profonda e ampia educazione religiosa non fa di lei una bigotta incapace di provare le forti emozioni umane, tipiche dell’adolescenza e dunque il desiderio e la passione che portano a provare attrazione, amore per il proprio uomo. Rita era innamorata di quel ragazzo e seppe amarlo intensamente fin da principio, ma pare che attesero due anni prima delle nozze vere e proprie. Dunque Rita convolò a nozze a quattordici anni quando Paolo aveva superato la ventina. Qui testimonianze postume indirette e agiografia fanno la gara a colmare il vuoto storico che le fonti non raccontano, per descrivere l’amore tra queste due persone. Un Medioevo romantico, diverso da quello descritto nel contesto storico che però non va mai dimenticato perché anche se felici insieme, Rita e Paolo erano consapevolissimi di essere in un mondo che non perdonava niente e nessuno e ne pagarono il prezzo. <p><br><h2><a name="_Toc528758462">Nozze sobrie</a></h2><p>Arrivati al giorno tanto agognato delle nozze, Rita e Paolo iniziarono il nuovo percorso insieme. Le fonti parlano di un matrimonio sobrio e non per tirchieria delle famiglie che volendo avrebbero potuto spendere anche molto, ma per i limiti imposti dalle <i><font color="#ff0000">Leggi suntuarie casciane </font></i><a name="_ftnref31_3960" href="#_ftn31_3960">[31]</a><a name="_ftnref32_3960" href="#_ftn32_3960">[32]</a>. Così per quanto riguardava i matrimoni, poneva limiti severi alla libertà di scambiarsi doni, di invitare alla cerimonia chiunque si volesse, di largheggiare nell’ospitalità. Soltanto gli sposi potevano farsi reciprocamente dei regali. Non era loro permesso, per, di farne ad altri, né riceverne. Nemmeno dai suoceri o dai parenti più stretti. Al pranzo, poi, non potevano prendere parte che i consanguinei fino al terzo grado e gli affini fino al secondo. In pratica: genitori, fratelli e cognati, eventualmente nonni e nipoti e qualche zio, ma niente cugini e amici <a name="_ftnref33_3960" href="#_ftn33_3960">[33]</a>. C’era tuttavia della grazia nel nitore <a name="_ftnref34_3960" href="#_ftn34_3960">[34]</a> dei riti nuziali e delle sobrie cerimonie famigliari che gli statuti e l’etichetta di Cascia prevedevano. <p><br><p>Per quanto riguarda il momento immediatamente precedente alle nozze troviamo riti che ci sembrano più famigliari e vicini ai nostri tempi che al Medioevo che siamo abituati a sentire raccontare. Paolo mandò a casa di Rita, qualche tempo prima del matrimonio doni semplici ma raffinati: una cintura e degli abiti. A recapitarli furono, secondo la tradizione, tre donne. Le quali però non poterono accettare a casa di Rita niente da bere o da mangiare salvo un “bicchierino e pastine”. Di lì a poco tempo, quando la data era ormai prossima, Paolo mandò altri doni più pregiati: tessuti e ornamenti personali, forse gioielli. A recapitarli, questa volta furono tre uomini. <p><br><p>Venne infine il giorno del matrimonio che si celebrò in Casa Lotti (una cappella di famiglia) o più verisimilmente la Chiesa di Montano che era li vicina. Il problema del luogo è relativo e l’autore, Cuomo, sostiene che probabilmente tutto il rito avvenne in una volta sola iniziando dalla casa della sposa e che rappresentava la parte meramente contrattuale poiché vi erano anche beni materiali di valore e conclusosi in chiesa per la liturgia nuziale con la somministrazione del sacramento. Erano presenti dieci uomini e dieci donne in tutto. Rita e Paolo si scambiarono gli anelli di foggia umbra, diversi dalle comuni fedi nuziali poiché rappresentavano due mani che si stringono. Mentre quello di Paolo è andato perduto, quello di Rita è conservato invece ed esposto al pubblico nel convento che ne porta il nome <a name="_ftnref35_3960" href="#_ftn35_3960">[35]</a>. <p align="center"><br><p align="center"><img src="https://lh3.googleusercontent.com/-rc-ztPtdPI8/W9ld2385TDI/AAAAAAAAp9Q/6VT5aEAcv-0vEyhgupyXK98C6YxAqJRDwCHMYCw/image%255B5%255D?imgmax=800"> <img src="https://lh3.googleusercontent.com/-wns_JVvFBH0/W9ld3w0tbJI/AAAAAAAAp9U/AO4zd9VS2toWGBSYZC3Jjh5WRHqGz0WTgCHMYCw/image%255B11%255D?imgmax=800"><h6>Figura 2 – L’anello nuziale accanto alla teca che custodisce il corpo intatto della Santa. Fonte: web. Accanto una riproduzione moderna che mostra più in dettaglio le due mani che si stringono. </h6><p><br><p>Quanto agli abiti si può solo fantasticare, servendocisi di fonti sul costume, leggi suntuarie e storiografia oltre alle fonti iconografiche coeve, quale fossero quelli nuziali di Rita e Paolo. Un piccolo libricino noto come <i>Regole per alcune anime divote </i><a name="_ftnref36_3960" href="#_ftn36_3960">[36]</a>, un breviario casciano in volgare umbro di quel tempo, ci fornisce alcune limitazioni probabilmente prese dagli statuti suntuari casciani per cui sappiamo anche cosa sicuramente non avrebbe indossato Rita quel giorno. Non c’erano sicuramente esagerazioni in eccentriche ‘<i>forgie o frappature</i>’ <a name="_ftnref37_3960" href="#_ftn37_3960">[37]</a>, code o altri addobbi vistosi che potessero farla passare per <em>covella</em> qualsiasi <a name="_ftnref38_3960" href="#_ftn38_3960">[38]</a>, ma sicuramente non si sarà ecceduto nemmeno in francescano rigore. È possibile che possa aver indossato “vestimenta rachamate” su una “camiscia lavorata al collaro o vero le estremità de le maniche” e che non abbia rinunciato a quegli ornamenti che la sua condizione le consentiva di possedere – e di esibire in determinate occasioni, per tradizione di famiglia – come “el collaro de oro o de argento o de perle o de seta o de altra materia” <a name="_ftnref39_3960" href="#_ftn39_3960">[39]</a>. Non ci sono termini specifici di vestiario per identificare, almeno nelle fonti iconografiche un modello di abito ma la presenza di una veste ricamata lavorata al collo e alle estremità delle maniche fa ragionevolmente presumere – ed è un’ipotesi del tutto legittima – che Rita indossasse una versione della <strong><em>pellanda</em></strong> <a name="_ftnref40_3960" href="#_ftn40_3960">[40]</a> o una <strong><em>gamurra</em></strong> <a name="_ftnref41_3960" href="#_ftn41_3960">[41]</a>. Sul colore non ci viene data nessuna informazione e purtroppo non si hanno fonti iconografiche né coeve né postume di questo sposalizio per avere qualche dettaglio in più sulle vesti e gli ambienti di uno sposalizio tanto speciale. <p align="center"><br><p align="center"><img src="https://lh3.googleusercontent.com/-yPXLLN7xdHE/W9ld45gKlhI/AAAAAAAAp9Y/mQnCBJtx740o6-j0xHjlWsEQMkRIsAsywCHMYCw/image%255B18%255D?imgmax=800"> <img src="https://lh3.googleusercontent.com/-BuDOPp3485g/W9ld5qYJ2SI/AAAAAAAAp9c/PwLh81tYtsYVMOdBweDjKpg87tQemkDIwCHMYCw/image%255B24%255D?imgmax=800"><h6>Figura 3 - <em>Cappella di Teodolinda, Storie di Teodolinda</em>, Monza. Zavattari, 1444. Si nota la pellanda della regina mentre le ancelle, specie quella frontale indossa una veste già tipicamente rinascimentale. In questo caso la pellanda non mostra il collare come nelle versioni francesi, specie nei manoscritti miniati o nell’esemplare del Maestro della Manta del Castello di Saluzzo, in Piemonte sempre della prima metà del XV secolo, a fianco (rappresentazione di Eleonora di Arborea). Ovviamente questi modelli di pellanda sono molto lussuosi, è possibile che Rita indossasse una versione dal taglio più simile a quello della Manta, ma senza le frange e i particolari dettagli delle maniche. </h6><p align="center"><br></p><p align="center"><img src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyd5QdDhyxuWssPSHP3QGiEvImNdyJRcN3VGNccKwlmjVt_O3-mFTIqUIxIHp_IudU3R7UBWDDaC0u-YU0qgj4b_x3Q1IMjhMk4E8NpDk4yUx1B60jHP4k1vzoKdFcsKrwIPO_vqj3PUE/?imgmax=800"><h6>Figura 4 – Esempi di gamurre tratte dall’affresco ‘<em>Adorazione del sacro legno e incontro tra Salomone e la Regina di Saba’</em> di Piero della Francesca del 1452 (ultimi anni di vita di Santa Rita). Si tratta di immagini usate ad esempio, poiché non si hanno ritratti della vita di Rita prima della vita monastica e anche dopo, l’immagine che la ritrae sfrutta soprattutto la simbologia ritiana per il fedele. </h6><p><br></p><p>Quanto agli uomini è presumibile che la loro tenuta sia stata pressoché uniforme. La moda maschile prevedeva per le occasioni solenni un abito da cerimonia denominato <strong><em>giornea</em></strong> <a name="_ftnref42_3960" href="#_ftn42_3960">[42]</a>, che consisteva in un’elegante tunica da sovrapporre alla camicia. Le fonti iconografiche e i termini volgari che identificavano uno stesso abito o una sua leggera variante rispetto al taglio originale, creano molta confusione nell’identificare con precisione questo modello di abito. Affreschi italiani di quel periodo comunque sono un’ottima fonte cui attingere, ma si trovano più fonti quattrocentesche che del secolo precedente. <p align="center"><br><p align="center"><img src="https://lh3.googleusercontent.com/-o2_ULlfUVyc/W9ld8P8X4hI/AAAAAAAAp9k/e1SVPm90kvASOnUdMhzNCNdFO1e9SxsZACHMYCw/image%255B36%255D?imgmax=800"><h6>Figura 5 - <em>Cappella dei Magi</em>, Palazzo Medici Riccardi. Benozzo Gozzoli, Firenze 1459. Si osservano in questo affresco coevo del periodo in cui visse gli ultimi anni Santa Rita da Cascia, molti modelli di giornea che è quella tunica indossata con la manica aperta e foderata di pelliccia.</h6><p><br></p><p>Non vi fu banchetto subito dopo la cerimonia, come accade invece oggi, ma una semplice offerta rituale di vino e ancora pastine, una sorta di rinfresco, diremmo oggi. Paolo se ne tornò a casa sua senza Rita e mandò solo più tardi, quando lei fu pronta, degli amici a prenderla. Così voleva la consuetudine casciana. Lui l’attese sulla soglia. Nessuno lungo la strada potè offrire doni alla sposa né pretendere pedaggi da lei o dagli accompagnatori, per l’attraversamento di proprietà private, il che indica che le loro abitazioni non fossero così vicine. <p><br><p>A casa dello sposo si tenne il primo vero convito, cui parteciparono esclusivamente i suoi parenti, entro i limiti di consanguineità e affinità stabiliti, come si è visto, dalle leggi casciane. Un secondo pranzo si tenne in casa della sposa, una settimana dopo, con solo i parenti di lei. Paolo vi prese parte con tre uomini e tre donne della sua casa portando un cesto di vivande quale rituale ‘contributo del marito’ al banchetto. Anche su questa usanza, certo antecedente alle leggi suntuarie, gli <i>Statuti casciani </i>interferivano, stabilendo che non più di una cesta poteva essere portata. Rita portò con sé nella nuova casa una cassa contenente il suo corredo, scodelle di terracotta ed altri oggetti per la casa <a name="_ftnref43_3960" href="#_ftn43_3960">[43]</a>. <p><br><h2><a name="_Toc528758463">Vita nuova</a></h2><p>Sembra di leggere il percorso di vita coniugale di una coppia tradizionale che segue il percorso voluto da Madre Chiesa, dopo le nozze si procede alla convivenza. Dove andarono a vivere Rita e Paolo le fonti sono incerte, a Roccaporena sicuramente, forse nella casa paterna di lei come voleva la consuetudine casciana, che per altro doveva essere abbastanza grande da accogliere una nuova famiglia. Sfortunatamente sembra che i genitori di Rita non riuscirono a vivere abbastanza a lungo da conoscere i nipoti. Altre fonti che si basano su testimonianze raccolte e trascritte molto dopo da tale Padre Trapp sostengono invece la reticenza di Rita ad abbandonare la casa paterna portando con sé la sua cassapanca di oggetti per la vita nuova, dunque Rita potrebbe essere andata o nella casa paterna di Paolo o in quella residenza del mulino di proprietà dei Mancini. Un autore di poco successivo che è tra i sostenitori dell’anima e della leggenda nera di Paolo, il Cavallucci, parla di un piccolo maniero o comunque da intendere come una grande casa, attaccata ad un mulino dove Paolo esercitò certamente l’attività redditizia di mugnaio e dove nacquero i due figli, qualcuno dice <em>gemelli</em> (evento eccezionale per quei tempi, considerando i rischi prima e durante e dopo il parto): Giangiacomo e Paolo Maria. Abbandonare la guerra e le cerchie di cui era un affiliato per darsi ad attività pacifica e redditizia, ma fuori controllo dai capi famiglia, fu l’errore e l’occasione di redimere però la sua anima per amore di Rita, di Paolo perché è proprio dopo questo cambiamento radicale che forse per punirlo, venne assassinato. Se consideriamo che trascorsero insieme quasi vent’anni è possibile che il cambiamento di Paolo non sia stato repentino, piuttosto graduale per indurre prima con le buone e poi con la violenza, l’uomo a ritornare alle vecchie cattive abitudini, da parte di una famiglia a sua volta costretta, ma non per questo giustificabile, ad una vita di violenza e vendette e lutti. Le circostanze della morte di Paolo e l’immediato sopraggiungere di Rita sul luogo del delitto parrebbero confermare che i sicari andarono direttamente nella loro dimora per punire il pentito. Gli anni dunque di matrimonio furono felici nel nido famigliare, ma come si è detto erano ben consapevoli dell’inferno che li circondava. I genitori morirono durante quei diciotto anni e seppure fu una morte serena e non violenta, il dolore di Rita fu certamente straziante, e ancora non sapeva che presto quella tomba avrebbe accolto anche le spoglie dei due figli e del marito. <p><br><p>La nascita dei due figli, oltretutto maschi, fu il coronamento della gioia per la famiglia paterna soprattutto perché era una sorta di garanzia della continuazione del nome. I progetti per i maschi erano di gran lunga più dettagliati che per le figlie femmine perché la dote non era per tutte e per molte restava la clausura. Figli maschi significava però anche quattro braccia in più da allenare per la guerra e Rita non voleva in nessun modo che i suoi figli si unissero mente e corpo nelle crociate di vendetta e rancori della famiglia di Paolo a cui lui aveva difficilmente rinunciato per amore. L’autore, Cuomo, parla di un’infanzia piuttosto felice e serena dei figli di Paolo e Rita, rara a quei tempi perché spesso nell’iconografia sia artistica sia manoscritta i bambini vengono dipinti come piccoli adulti, segno che non vi erano le ideologie di oggi sul bisogno di curare e preservare la tenera età al fine di formare adulti equilibrati e sereni. I tentativi di Rita di distogliere i figli dai giochi di guerra che con spade di legno erano certo innocenti, ma erano solo l’anteprima di un futuro di sangue, furono graduali e sicuramente furbi, discreti e senza sfuriate per bandire dalla casa la violenza simboleggiata dalle spade di legno. Ma mentre due bambini giocando imparano le prime mosse della scherma, da adulti impugnano armi vere che feriscono e uccidono e Rita pur non cercando di influenzare direttamente i figli circa la rappresentazione giocosa di un duello e della violenza, doveva conservare nel cuore il timore che crescendo il gioco si sarebbe potuto trasformare in qualcosa da cui non si torna indietro. <p><br><h2><a name="_Toc528758464">La morte violenta di Paolo</a></h2><p>Nell’estate del 1401 Cascia fu colpita da una violentissima sommossa dovuta all’ennesima lite tra Gulfi e Ghibellini, tanto che lo stesso Podestà di Cascia né uscì malmenato dalla folla che lo accusava di simpatizzare per il papa. Si è scritto in qualche fonte poi smentita che Paolo forse perse la vita in quella sommossa, ma fu sicuramente il pretesto per punire un pentito che aveva rinunciato alla violenza per amore di una donna o comunque visto come un traditore che non partecipava più alla solidarietà della sua casta. Cadere nelle vecchie cattive abitudini però, anche in caso di remissione, non è difficile e può anche darsi che pur senza uccidere in quella rivolta, Paolo prese parte attiva e forse fu qualche suo comportamento a firmarne la condanna a morte. <p><br><p>La morte di Paolo fu preannunciata a Rita non da visioni ma da sinistre sensazioni e premonizioni, probabilmente anche incubi che oggi la scienza vorrebbe attribuire ai più atroci timori che una sposa può avere in una situazione del genere. In un qualche modo, forse consapevole di essere impotente davanti a quella prospettiva e in un certo senso sapendo cosa aspettarsi, Rita sapeva cosa sarebbe potuto succedere. Non si sa con esattezza quanti anni avessero i loro figli quando lui morì, ma dovevano essere ancora infanti, perché la data della morte di Paolo è presumibilmente il 1413 e i figli erano nati probabilmente nel 1398, dunque avevano più di una decina di anni e si avviavano verso quella che allora era la maggiore età, almeno per sposarsi. Paolo fu assassinato da più persone, una notte nei pressi Collegiacone mentre rientrava da Cascia al suo mulino. Era una notte tempestosa, forse estiva e il temporale non agevolava il tragitto di rientro. Cosa fosse andato a fare fuori casa Paolo, non si sa, se per affari o per questioni di famiglia, certo con quel tempo nessuno sarebbe mai uscito e dunque la questione non poteva essere rimandata ma fu movente della sua morte. Sicuramente la questione era grave e doveva chiedere la sua obbligata partecipazione, visto che erano riprese le lotte tra fazioni a Cascia ma il rifiuto, dovette rappresentare una sorta di tradimento. Chi aveva le mani sporche di sangue o comunque partecipava a lotte di fazione e conosceva tutti i segreti e le storie, era un pericolo. Sicuramente Paolo non aveva intenzione di tradire quei segreti ma doveva aver deciso di ripugnare la violenza e ciò non gli fu perdonato. Il cambiamento di vita non fu sicuramente letto solo in chiave di ravvedimento spirituale e morale, ma come una sorta di cambiamento di bandiera che poteva essere celato sotto l’ala della fede. Da ghibellino accanito quale era stato e che non era solito andare a messa e partecipare attivamente ai sacramenti, i suoi dovettero interpretarlo come un atteggiamento papista visto che nessuno gli aveva mai rifiutato l’accostamento ai sacramenti medesimi. Scrupoli e pentimenti non esistevano nella legge della guerra e Paolo aveva giurato anche alla sua famiglia, alla sua causa come un vassallo col signore e disobbedire significava tradire, così come tentennare. Fuggito dunque dal suo dovere ghibellino, tornato a casa in gran fretta dalla sua famiglia perché ne temeva l’incolumità. Seguito e braccato e ucciso, punito senza possibilità di difesa o di scampo, come un cervo e se oggi forse un tempestivo soccorso lo avrebbe potuto salvare a quei tempi era destinato a morire, Rita fu avvertita da un altro viandante (o un emissario?) che aveva trovato il corpo morente ma non è credibile, o piuttosto un testimone che ne raccolse, come vorrebbe l’agiografia, le ultime parole di pace e perdono. Rita fu avvertita comunque da qualcuno che c’era, aveva visto e sapeva la verità e si curò nel pulire il corpo, di eliminare la camicia sporca di sangue perché i figli non vedessero la prova concreta che li avrebbe spinti, come la morte violenta avrebbe fatto comunque, sulle orme della vendetta. Rita era sola davanti al corpo del marito e i figli vennero poco dopo e dunque lei ebbe il tempo di nascondere un pretesto di vendetta. <p><br><p>Quello che colpisce e che emerge dal processo del 1626, a riferire la testimonianza è un tale Priore Antonio Cittadoni di Cascia, Rita aveva sempre pregato per gli assassini del marito. Anche qui si tratta di una storia tramandata oralmente, dopo secoli e ha una valenza storica relativa perché le testimonianze vere e storiche sono quelle coeve successive a quella notte di violenza. <p><br><p>La morte di Paolo fu un colpo per Rita perché era consapevole che fosse stato il loro amore la causa di quella tragica morte. Rita era stata l’ancora di salvezza di Paolo per l’amore cristiano, oltre all’appagamento di un’intensa passione d’amore. Da Paolo erano venute per Rita sensualità e vertigine amore in senso profano, ma realizzato nella sacralità del matrimonio che altrimenti le sarebbero mancate e con quella morte le aveva perse per sempre. Forse Rita fu vista come colpevole indiretta di quella fine dalla famiglia paterna di lui e dagli affiliati alla fazione e si sentì certamente colpevole nei primi tempi. non solo, ora temeva che i figli le sarebbero stati sottratti o messi contro perché era contraria in cuor suo che i figli vendicassero il padre. Non avevano visto la camicia insanguinata, ma sapevano di che cosa era morto e la famiglia avrebbe premuto, in ogni modo, per spingerli a fare il loro dovere poiché avevano anche l’età per farlo. C’era di mezzo l’onore, la politica e la vendetta. E gli assassini non si sarebbero fermati e nemmeno i figli se fossero stati trascinati dentro alla macchina della morte da cui il padre aveva tentato di sfuggire. <p><br><p>Poco dopo quella morte, venne anche quella dei figli che non avevano vendicato la morte del padre ed avevano contratto un morbo infettivo, forse la peste ma le cronache non ne accennano perché probabilmente fu un piccolo focolaio e non una pandemia. Rita del resto avrebbe preferito che i figli morissero per quanto li amasse, piuttosto che gettassero via la loro anima e la salvezza eterna per vendetta. Del resto, i due giovani Mancini, data anche l’età, dovevano essere finiti non del tutto consapevolmente forse, in una vicenda che li avrebbe condotti, a seconda della loro scelta, o alla vita del padre o alla morte certa. La scelta del padre in un qualche modo li aveva esposti sin dall’inizio alla possibile morte violenta un domani. Se anche avessero rinunciato alla vendetta, erano un pericolo per gli assassini del padre. Uccidere o morire e forse dietro una drammatica e dolorosissima richiesta di preghiera di Rita, fu la malattia a decidere la salvezza della loro anima. In ogni caso la morte di Paolo, per le leggi casciane dell’epoca, sarebbe stata destinata a non essere del tutto sanata per i motivi descritti nel contesto storico sulla legittimità della rivendicazione o del pagamento di una quota a titolo di risarcimento per il crimine. Anche senza uccidere, qualora avessero scelto la via oscura, i due figli di Paolo avrebbero finito per commettere crimini da cui la spirale avrebbe ripreso solo energia per girare più forte all’infinito. Non solo, qualora avessero commesso un crimine, potevano finire vittime della condanna a morte per sanare l’offesa fatta, per volere di una legge che a dire il vero, non si capiva bene chi tutelasse esattamente tra vittime e carnefici poiché i ruoli si mescolavano continuamente. <p><br><p>È con la perdita della famiglia e il totale isolamento di Rita che ebbe inizio il percorso della sua Santità. <p><br><p align="right"><a href="#top">Torna all’indice</a><h1><a name="_Toc528758465">La follia, la Pace e il Perdono di Rita</a></h1><p align="center"><br><p align="center"><a href="https://lh3.googleusercontent.com/-g9S2WsON89M/W9mwOGIUJOI/AAAAAAAAp-E/jwFUUnHMQ3Qc3HLcSDM_x_1De0rxACBSwCHMYCw/s1600-h/image%255B6%255D"><img width="600" height="402" title="" style="border: 0px currentcolor; border-image: none; display: inline; background-image: none;" alt="" src="https://lh3.googleusercontent.com/-FIcYihKCPVI/W9mwPainmPI/AAAAAAAAp-I/V7pvBUSf5EIC-LXuMwpRriv9hYVMPeqBACHMYCw/image_thumb%255B4%255D?imgmax=800" border="0"></a><h6>Figura 6 – Il <em>veritiero volto</em> di Santa Rita da Cascia, presente sul sarcofago nel quale fu deposta nel 1457, denominato ‘cassa solenne’, oggi a Cascia, nel Monastero di Santa Rita</h6><p><br><p>La morte dei figli e del marito tutto in una volta sola e l’improvviso isolamento da parte della società e non tanto perché vedova, ma vedova di un uomo che aveva fatto parte delle fazioni in guerra a Cascia, vedova di un pentito; senza nemmeno una famiglia o parenti alle spalle a proteggerla, Rita credette di perdere la ragione e chiese almeno tre volte al Monastero di Santa Maria Maddalena (oggi S. Rita) di essere accolta tra le monache agostiniane ma anche questo rifiutò di accoglierla, essendo i monasteri tra quegli enti che si diceva essere promotori di pace e intermediari anche nelle faide per le pacificazioni. Dunque accogliere una vedova immediatamente dopo i fatti drammatici era una mossa pericolosa. Difficile pensare che vi fossero problemi di dote essendo che Rita disponeva di un patrimonio cospicuo, che se venduto prima di prendere i voti avrebbe fruttato molto e inoltre, prima di essere ammessa e nonostante le reticenze del convento, fece una donazione alla fabbrica del monastero per lavori di restauro. L’unica soluzione era un perdono formale, scritto tra la famiglia dell’assassinato e i suoi assassini, da sedare ogni possibile tentativo di vendetta futura e Rita non si tirò indietro. Nell’attesa di ottenere la richiesta e poter essere ammessa alla vita monastica, condusse un’esistenza che qualcuno potrebbe definire una follia senza ritorno. Si dedicò ad una vita che fu il primo gradino per il percorso come mistica, seppure finì attraverso predicazioni pubbliche non autorizzate verso peccatori e risentiti per essere etichettata come strega, poiché la superstizione prevalse sulla pietà. Isolata ancor di più dalla sua stessa comunità, Rita si ritirò ‘alla macchia’ vivendo nei boschi e nutrendosi di bacche selvatiche e vegetazione locale, nascondendosi nelle caverne che trovava o nascondigli riparati. Si sarebbe protetta con un manto di tessuto oggi conservato e con valore di <em>reliquia</em> nel santuario di Roccaporena a Cascia. In parte vista come strega, in altri casi specie per donne sterili o circostanze di parti difficili, fu vista come un’intermediaria presso Dio quale eremita e mistica. Si ritirava persino sullo Scoglio per pregare. Intratteneva al contempo e non trascurò, seppure in modo segretissimo, rapporti con entrambe le parti in causa nella vicenda che aveva portato all’assassinio del marito, in modo da tessere la trama di un vero perdono e soprattutto una <em>Vera Pace</em> tra le parti. Le stesse leggi casciane imponevano un certo silenzio su queste trattative di pace, stabilendo pene severe su chi gettava sospetti a vario titolo sulle parti in causa. Darsi da fare era anche equivalente ad accusare gli assassini di cui lei conosceva bene l’identità e a maggior ragione la pace andava tessuta segretamente. Le leggi casciane sono contradditorie poi laddove combattevano la stessa omertà che ostacolava di fatto l’identificazione dei responsabili di un crimine, ma al contempo preferivano ignorare un crimine o il responsabile in alcuni casi per evitare che ne seguisse la spirale di sangue. Chi poteva essere al corrente di qualcosa e taceva era dunque punito con pene pecuniarie pesanti e dunque anche Rita rientrava nel tentativo di pacificare, in questa categoria di ostacoli alla giustizia. Rita però condusse le sue azioni pacificatrici in grandissimo segreto e pochissimi ne erano al corrente, ma per gli altri divenne una ‘folle’. I casi simili a quello di Rita per certi versi sono vari, si ricorda quello di Margherita da Cortona <a name="_ftnref44_3960" href="#_ftn44_3960">[44]</a> e Angela da Foligno <a name="_ftnref45_3960" href="#_ftn45_3960">[45]</a>.<p><br><h2><a name="_Toc528758466">Gli assassini di Paolo</a></h2><p>Nonostante fonti non attestate, forse facenti più parte di leggenda che tradizione, gli assassini sarebbero sempre rimasti ignoti e impuniti, in realtà erano molto ben conosciuti a Cascia e Rita doveva sapere di chi si trattava, e proprio perché dovevano essere noti e dunque sicuramente potenti, che vi era tanta resistenza da parte di un ente religioso ad accogliere la vedova di un pentito assassinato. Gli assassini di Paolo erano noti ma non era sufficiente conoscere il colpevole per farlo condannare, esattamente come oggi, col rischio poi all’epoca di poter dare il via ad ulteriori rappresaglie tra le parti. Il delitto di Paolo non era un delitto di onore, piuttosto politico, scaturito dal venir meno ad un giuramento che per solidarietà di sangue egli avrebbe dovuto onorare. Più che ai singoli esecutori o mandanti, è stato possibile dagli storici identificare la cerchia, la famiglia o fazione colpevole. La traccia più significativa è la porzione ancora intatta di un affresco rappresentante Rita nella Chiesa di San Francesco, mentre partecipa alla cerimonia della pacificazione e in cui non è ancora vestita come una suora <a name="_ftnref46_3960" href="#_ftn46_3960">[46]</a>. <p><br><p>Scorrendo l’elenco delle suore che furono compagne di Rita quando finalmente venne accolta in monastero saltano agli occhi due nomi: Manicini (Caterina Antonii Mancini) e Cicchi (Angelutia Jacobi Matteo Cicchi Capotii). Caterina nella <i>Documentazione ritiana antica </i>viene indicata come imparentata con Paolo Mancini, mentre Angeluzza viene indicata come appartenente alla nobile famiglia dei Cicchi, titolari dell’altare dove si trova affrescata la pacificazione in cui appare proprio la giovane Rita con il velo vedovile. L’interesse dei Cicchi a commissionare l’affresco su un altare di famiglia, per giunta, un affresco che celebra un evento molto particolare a caratteri ben definiti, non può che essere indice che essi ebbero un ruolo in quella triste e sanguinosa vicenda. La <i>pacificazione pubblica con cerimonia religiosa</i>, evidentemente, non bastava del tutto, era necessario espiare anche in altri modi. L’affresco potrebbe essere stato realizzato dopo molto tempo dall’evento storico di pacificazione, quando il nome dei colpevoli era già pubblico anche ufficialmente. Caterina e Angeluzza anche se non sappiamo in che grado di consanguineità erano prossime alle due parti in causa, sicuramente furono tra le promotrici della pacificazione tra le due fazioni. Caterina era già monaca da molti anni quando lo divenne anche Rita, Angeluzza seguì dieci anni dopo Rita ed entrambe le sopravvissero e ne furono certamente testimoni oculari della sua vita. Angeluzza divenne poi badessa di quello stesso monastero e sulle orme, forse, di Rita contribuì negli anni successivi a continuare l’azione paciera tra le fazioni, come testimoniato da un affresco in Santa Maria della Plebe. Mentre di Caterina si capiscono più le ragioni di cooperazione con Rita, di Angeluzza è lecito avanzare l’ipotesi che fosse membro della famiglia dei Cicchi da cui era nata l’azione punitrice al pentito ghibellino. Successivamente l’affresco della pacificazione sopravvissuto in modo frammentario fu colpito proprio dai ghibellini nel corso di una violenta sommossa a Cascia, in modo anche da rendere simbolico in tutti i modi il prevalere sulla nemica fazione Guelfa. Chi faceva parte della fazione dei Cicchi? Sappiamo di un tale Bernardino Antonelli, di un tale conte di Montorio e del Principe Prospero Colonna. Vi aderiva un cardinale, anch’egli un Colonna <a name="_ftnref47_3960" href="#_ftn47_3960">[47]</a>. Alla fazione partecipavano anche molti, rimasti ignoti, estremisti ghibellini. In tutto la fazione che si estendeva sul territorio anche fuori Cascia, contava fino al cinquecento persone, un vero e proprio clan come diremmo oggi, con denotazioni estremamente negative. Le cronache in cui sono coinvolti membri sicuri di questa fazione, parlano di azioni criminose e cruente, quasi un perverso gusto per guerra e sangue e non sarebbe strano se anni dopo la pacificazione e la morte di Rita, gli stessi discendenti dei Cicchi pentiti della loro azione, abbiano ‘rimediato’ distruggendo gli affreschi in cui i traditori dei loro antenati si erano inchinati ad una giustizia superiore <a name="_ftnref48_3960" href="#_ftn48_3960">[48]</a>. La presenza in queste fazioni di membri anche altolocati del Clero fa capire che la questione della guerra tra Guelfi e Ghibellini, o <em>crociata</em>, aveva radici anche laddove operavano i ministri di culto e coloro che avrebbero invece dovuto lavorare solo ed esclusivamente per la pace; ma erano famiglie nobili che litigavano già tra loro per scegliere un papa di proprio gradimento, quasi un burattino da manovrare per assecondare interessi di altro genere, dunque non deve stupire che si abbassassero a partecipare o interessarsi a spedizioni, attacchi e rivendicazioni di una fazione contro l’altra. <p align="right"><a href="#top">Torna all’indice</a><h1><a name="_Toc528758467">La vita monastica di Rita</a></h1><p>La pacificazione tra le famiglie fu l’ultimo ostacolo che restava a Rita per vedere esaudita la sua richiesta di farsi monaca, al di là dei racconti agiografici e delle tradizioni orali o locali. Le leggi a quel punto le consentivano di entrare in convento. Le nuove norme emesse dalla Repubblica di Cascia in materia di consacrazione religiosa, nel 1401, stabilivano anche regole per la dote da portare per essere ammesse, intorno alle 150 lire ravennati, equivalenti a 50 fiorini casciani, più che sufficienti rispetto a quelle che furono le richieste della badessa. In realtà anche l’ammontare della dote aveva orientamento politico ghibellino che in questo modo mirava a scoraggiare l’ingresso nella Chiesa, il partito guelfo e nemico per eccellenza. L’ammontare della cifra aumentò col tempo, man a mano che cresceva il sentimento ghibellino. Rita aggirò le leggi facendo una libera e larga donazione attraverso offerte diverse e a vario titolo allo stesso monastero, il che non deve essere visto negativamente, ma forse voleva essere un modo per togliere la possibilità ad un partito promotore di violenza non meno di quello avversario, di mettere le mani sul suo patrimonio una volta divenuta monaca, per finanziare qualche altra cavalcata. Rita venne consacrata nel Monastero dove pronunciò la sua risoluta, libera e incondizionata volontà a farsi monaca agostiniana. La scelta dell’Ordine è dovuta anche alla sua devozione per S. Agostino. Rita aveva 36 anni ed era in un convento piccolino, con poche consorelle. Le furono date mansioni molto umili cui obbedì religiosamente senza mai opporsi, in particolare di curare per lungo tempo uno sterpio secco e privo di vita, che sicuramente non sarebbe mai rinato, almeno così pensava la Badessa che le diede quel compito non per umiliarla ma per mettere alla prova il suo spirito e la veridicità della vocazione. Evidentemente nessuno credeva che innaffiare una pianta morta sarebbe mai rinata, e invece…Rita lavorò per un anno in quella semplice e umile, apparentemente inutile mansione e la pianta germogliò di nuovo. Si trattava di una vita (pianta simbolica) e questo fu uno dei primi miracoli <em>impossibile</em> di Rita. Qui si richiama a quel passo del Vangelo in cui Gesù parla della fede e del fatto che nulla è <em>impossibile</em> a Dio. Non era <em>impossibile</em> laddove c’era la fede. La vite è ancora là ed è viva. I suoi tralci essiccati vengono ridotti in polvere e dopo essere stati cotti per ragioni igieniche vengono fatti seccare e messi in bustine benedette, usati dai fedeli per riceverne beneficio. Per quanto possa sapere di superstizione popolare, non è un volgare atto di paganesimo ma un atto di fede ispirato a un passo del Vangelo in cui Cristo dice di essere la vera vite e invita a restare uniti a lui come i tralci della vite le sono uniti. Rita partecipava alla vita del monastero anche e soprattutto occupandosi dei malati ospitati e dei poveri. <p><br><h2><a name="_Toc528758468">Le tentazioni di Rita</a></h2><p>Non vi è Santo che non sia stato provocato e tentato dal Demonio e ne sia uscito sconfitto, a costo di scorticarsi le carni e mortificarsi in modi che avrebbero, a quei tempi, decretato la morte del corpo per infezioni o altri accidenti (cosa che purtroppo a volte succedeva, più o meno lentamente, con atroci sofferenze). La vita monastica richiedeva una totale castità di anima e corpo e per il diavolo niente era meglio di una sana tentazione in base – così riportano le agiografie medievali – al vissuto precedente la vocazione o ai timori umani del santo da provocare. Nel caso di Rita l’agiografia riporta che il Diavolo la tentasse nelle sembianze di un bellissimo e lascivo giovane, ma veniva allontanato dalla donna attraverso violente mortificazioni della carne e la preghiera. Questo perché Rita in gioventù aveva conosciuto il fuoco della passione nella sua vita coniugale con un uomo di cui era innamorata. Le pene che la Santa si autoinfliggeva erano solitamente fatte con l’autoflagellazione a sangue. Molto spesso l’iconografia ritiana riporta la santa che impugna il flagello con la sinistra mentre con la destra fa gesto di benedizione. Il flagello era fatto con cuoio e corde, durissime e dunque dolorose se usate per la flagellazione. La pratica è sempre legata anche alla simbologia cristiana perché è proprio la flagellazione la parte più cruenta e sanguinosa che fa venir voglia di fuggire e distogliere lo sguardo, quando si pensa alla Passione di Cristo e proprio questa scena spesso ricorre nei Vangeli e nei Salteri di tutta Europa. La stessa scena viene sempre riproposta con dovizia di dettagli simbolici per i fedeli, nell’arte religiosa italiana e straniera <a name="_ftnref49_3960" href="#_ftn49_3960">[49]</a>. Sacrificio, dolore e sangue per avvicinarsi a Cristo e tenere lontano il Demonio e le sue tentazioni, poiché solo in quel modo era possibile raggiungere la santità. Ci sono anche santi che non sono ricorsi a questa dolorosa pratica, l’agiografia riporta curiosi aneddoti in cui i Santi, come Martino di Tour, avrebbero cacciato il diavolo con provocatorie prove che richiedevano allo stesso, angelo ribelle, di sottoporsi alla volontà e al perdono di Dio chiedendolo direttamente. La carne, che Rita aveva conosciuto nella vita coniugale e non nel senso solo erotico di una vita sessuale di coppia che è assolutamente normale anche per la sua epoca, fu il pretesto per il demonio di torturarla ma senza successo. Rita era anche una bella donna, desiderabile e sapeva cosa fosse l’attrazione (si dice che Paolo fosse molto bello), e il diavolo non si limitava a nasconderle la frusta prima di tentarla o provocarla, in modo che lei provasse il desiderio senza potersi autopunire, ma le metteva persino dei subdoli dubbi sulla sua reale vocazione. In altri casi Rita per mortificare il corpo e i suoi tormenti, inviati in vero dal diavolo, si rotolava nella neve gelida o si segnava laddove il silicio non aveva a sufficienza infierito, con gelide e taglienti scaglie di ghiaccio. Ovviamente la fantasia del demonio non aveva freni, perché non contento le appariva ogni volta sempre come un uomo bello, forse più bello della volta precedente e lei ogni volta resisteva e viene da chiedersi se, proprio perché Diavolo e conoscitore della vita della Santa, le apparisse persino sotto le sembianze dell’amatissimo Paolo. Era capace di provocarle il piacere e l’unico modo per cacciarlo era l’autopunizione sempre determinata e decisa che lo cacciava fino alla volta successiva. In epoca medievale ricorrono numerosi i tentativi del diavolo di tentare, in modo instancabile, le anime e i corpi dei santi uscendone però sempre sconfitto. Queste pratiche lasciavano il corpo piagato e ogni volta più debole e anche se un monastero aveva le cure efficaci – diversissime e primitive rispetto alle nostre se pensiamo che erano l’eredità della medicina classica ed araba – col tempo si venivano a creare dal punto di vista medico condizioni patologiche debilitanti tali che la morte si avvicinava sempre un po’ di più. Qualcuno penserebbe oggi che queste mortificazioni fossero frutto di fanatico sadomasochismo ed esaltazione religiosa, per non parlare delle visioni mistiche ed estatiche dei Santi. Ma in realtà vi era una profonda umiltà e convinzione nell’esercitare queste pericolose pratiche mortificanti da parte dei futuri Santi che non avevano nessuna certezza, va precisato, che una volta morti sarebbero divenuti santi, era un modo per loro, nel loro credo di sacrificarsi e donarsi a Dio senza che da lui venisse richiesto. Vi è infatti dall’altra parte questa errata concezione che a chiedere tutti questi esercizi punitivi fosse proprio Dio o qualche suo intermediario, ma in realtà era sempre una scelta personale, libera e devota di chi lo faceva senza nemmeno pensare a una possibile ricompensa e senza fare magari nessun miracolo quando erano in vita, per quanto l’agiografia attribuisca miracoli più ai Santi da vivi che da morti. In ciò si ritrova quell’idea radicale e che smentisce senza spazio a dubbi, l’altra concezione che è stata a lungo trasmessa, per secoli, del Dio padrone e vendicativo ed esigente di sacrifici (una convinzione ereditata dal paganesimo). <p><br><h2><a name="_Toc528758469">Eresia, presunzione e santità: la pratica autopunitiva e gli eretici in epoca medievale</a></h2><p>Un rischio che correva chi incorreva in queste pratiche, specie chi lo faceva in pubblico con esaltazione, era l’accusa di eresia perché anche i ceppi eretici erano soliti praticare con una certa enfasi ed esagerazione ogni sorta di punizione per raggiungere, con perverso orgoglio una sicura santità. Qui si vede la differenza rispetto ai veri santi, benché alcuni siano stati accusati di eresia anche solo per le idee di povertà, come Francesco d’Assisi circa due secoli prima di Rita. <p><br><p>Dopo la nascita dell’Inquisizione non mancavano casi in cui i religiosi si combattessero tra loro a suon di prediche ed esempi, finendo loro stessi per essere accusati di eresia, convinti di combatterla, un vero paradosso. È il caso di due preti, Bernardino ed Andrea a Cascia che da tempo si sfidavano in duelli di fede e finirono con portare il secondo ai ceppi e forse anche al rogo e oggetto della disputa era la natura di Cristo. Anche lui fu comunque accusato di eresia, processato nel 1427 e poi assolto da ogni accusa e fu fatto Santo nel 1450 da Niccolò V, mentre frate Andrea fu quasi sottoposto ad ordalia e non si conosce l’esatto intervento, se vi fu, di Rita in quella tumultuosa vicenda che aveva prodotto o aveva avuto come causa scatenante anche la morte del fratello di Andrea <a name="_ftnref50_3960" href="#_ftn50_3960">[50]</a>. <p align="right"><a href="#top">Torna all’indice</a><h1><a name="_Toc528758470">La spina di Rita</a></h1><p>Santa Rita viene spesso rappresentata inginocchiata in preghiera con lo sguardo al Crocifisso mentre una spina inondata di luce come un proiettile si avvicina e le colpisce la fronte. Il fatto storico avvenne nel 1422 in occasione del tanto atteso sermone di un tale Giacomo della Marca <a name="_ftnref51_3960" href="#_ftn51_3960">[51]</a> nella Chiesa di Santa Maria della Plebe. Rita era piccola di statura ma non le era sufficiente per sfuggire anche in un grande evento con molta gente, alla venerazione delle persone e la sua fama di guaritrice e taumaturga – specie per le donne con gravi problemi di sterilità e partorienti – era già grande per permetterle di sfuggire al popolo e non era facile nascondersi tra le consorelle, scarse in numero. Nel mezzo della predicazione di Giacomo, Rita iniziò a sentirsi male e non per claustrofobia o terrore di stare in tanta folla e nonostante le insistenze delle consorelle, volle partecipare a tutti i riti successivi fino a sera, quando il corteo si sciolse e ognuno rientro. Era inginocchiata davanti al crocifisso quando una spina partì improvvisa e fulminea dalla corona di Spine conficcandosi nella sua fronte. Sembra che il Crocifisso fosse dipinto e non scultoreo. La ferita non si rimarginò mai e anche la scienza ne ha confermato la presenza. Nel 1972 gli esami condotti sul corpo incorrotto della Santa hanno rilevato il trauma sull’osso di una scheggia che perfora l’osso senza trapassarlo completamente ma sufficientemente profonda, la ferita, da causare in vita alla donna un’infiammazione cronica e irreversibile simile all’osteomielite (patologia che colpisce anche il midollo osseo e si può diffondere). L’affresco davanti a cui avvenne il prodigio è anch’esso conservato nel monastero di Cascia. <p><br><p>Il fenomeno delle stimmate è comune, ma non diffusissimo, nelle vite dei Santi di cui si hanno ancora intatti i reti, ossa o mummificati. In genere sono presenti esattamente nei punti in cui fu conficcato il chiodo a Cristo in Croce e sulla fronte dove era collocata la corona di Spine e sul costato dove si conficcò la Lancia di Longino. Si tratta di ferite sanguinanti, dolorosissime che sarebbe difficile auto procurarsi senza uccidersi e sono diverse le ipotesi anche scientifiche che hanno condotto a teorie sulla possibile origine fisica di queste ferite, non sono mancati gli stati estatici dei mistici che in alcune condizioni particolari possono indurre anche ferite al corpo. Ma è solo una semplice, e non del tutto stabile, ipotesi. Rita aveva conosciuto anche l’estasi mistica, una particolare condizione di concentrazione sperimentata anche a livello fisico come una particolare e intensa sensazione di benessere che però nel caso dei Santi e dei mistici religiosi, di solito si verifica durante un momento di totale concentrazione nella preghiera. La Chiesa nel corso dei secoli ha dovuto mettere delle condizioni per stabilire la reale natura delle stimmate che con Benedetto XIV di regola, si può parlare di stimmate solo in assenza di patologie che non causino lacerazioni infettive e si ritenne che un tale dono da Dio non dovesse andare in cancrena né putrefazione o infezione e non dovevano dunque emettere cattivo odore. Molti casi di stimmate riportano invece l’odore gradevole, per quanto <em>impossibile</em> possa sembrare trattandosi di una ferita. Nel caso di Rita la ferita aveva un odore talmente rivoltante, anche se poi migliorò al momento della morte, da causare ribrezzo e arrivò persino a fare i vermi benché la santa cercasse di minimizzare. Era una ferita imbarazzante che le causava svenimenti e a peggiorare il dolore erano le continue inflizioni penitenziali che si auto procurava. In altri casi la cosa aveva destato sospetto richiedendo sin l’intervento della Santa Inquisizione come nel caso di Chiara da Montefalco <a name="_ftnref52_3960" href="#_ftn52_3960">[52]</a> quando segni simili a stimmate comparvero sul petto della santa dopo la sua morte. Le consorelle avevano paura di quella ferita e Rita visse così isolata per molto tempo come se avesse un grave morbo infettivo. L’evento tuttavia, della stimmate non rimase segreta a lungo, come temeva la Badessa e già Rita era famosa come taumaturga e guaritrice e la gente chiedeva di lei, sempre più insistentemente e tenerla segregata, seppur col dovuto rispetto e una certa paura, era difficile se non impossibile. Rita divenne col tempo ‘beata e venerabile’ per il popolo. Da un atto notarile del 1446, dopo quattro anni dalla stimmatizzazione, iniziarono delle serie limitazioni per la vila relazionale di Rita e si tratta di un importante documento perché è il solo fatto quando lei era ancora in vita. Ebbe un enorme peso nel processo di canonizzazione del 1626 perché fino ad allora, nonostante il corpo fisico, vi era il dubbio della sua reale esistenza! <p>La piaga dolorante e puzzolente non frenò l’amore e il fervore religioso di Rita tanto che volle andare con le sorelle a Roma per il Giubileo di Niccolò V. E le obiezioni delle consorelle e della Badessa furono molte, ferme ma ecco che avvenne l’impossibile: la piaga smise di puzzare e iniziò al contrario a fare un debole profumo di fiori e la ferita riprese lentamente a guarire (per tornare poi a comparire e puzzare dopo). Fu un intervento divino a permetterle dunque quel viaggio a Roma. Dio la voleva lì. La piaga tornò rientrata dal convento e le suore si spaventarono molto, visto che era scomparsa dopo che Rita vi aveva dato un unguento – che probabilmente aveva già somministrato senza successo alla piaga per coprirne forse l’odore – e così vollero che tornasse a darsi l’unguento, ma non servì e la piaga rimase per sempre. Rita tornò così a isolarsi fino alla fine dei suoi giorni quando ormai debole e malata si incamminava verso la sua morte. Prima di morire, poco tempo prima, chiese alla consorella Caterina Mancini di portarle se possibile una rosa e due fichi, ma aimè era inverno e le piante erano tutte morte e come sempre, era <em>impossibile</em> trovare ciò che la donna chiedeva quando invece…eccoli lì i fichi e la rosa, nell’orto di Rita e non fu facile per la consorella raggiungerli tra neve e ghiaccio. Era gennaio del 1457, Rita sarebbe morta a maggio. <p><br><p>A Rita infatti è associata anche la rosa che come la corona di Cristo ha le spine affilatissime. La benedizione delle Rose è una delle cerimonie legate al mondo ritiano. Il fico invece ha un altro simbolismo, si tratta di un frutto che è legato alla figura degli eremiti e condurrebbe alla conoscenza e l’immortalità, si tratta di un frutto-simbolo iniziatico. La rosa ha invece una valenza mistica, è il simbolo della Trasfigurazione mistica, della rivelazione perché anche la Rosa da bocciolo pian piano aprendosi si rivela un bellissimo fiore. Le rose del tempo di Rita forse erano un po’ diverse dalle nostre, più piccole e con pochi petali che a loro volta, simboleggiano la coppa, il calice del sacrificio di Cristo. <p><br><h1><a name="_Toc528758471">Ultimi giorni</a></h1><p>Rita morì il 22 maggio 1457 ed era consapevole anche se debolissima, ricevette l’estrema unzione e dopo essersi raccomandata alle consorelle si spense serenamente. Rita morì la notte tra il 21 e 22 maggio e quella è anche la data che si scelse per la ricorrenza religiosa quando fu iniziato il processo nel 1626. La beatificazione avvenne si per volere popolare ma fu poi confermata dal Clero nel 1628 e la canonizzazione avvenne solo nel 1900. La Chiesa cattolica, ai fini della canonizzazione, richiede il riconoscimento di due miracoli. Nel caso di santa Rita, si tratta della guarigione, ritenuta miracolosa, di Elisabetta Bergamini, una bambina che stava per perdere la vista a causa del vaiolo, inoltre della guarigione, ritenuta miracolosa, di Cosma Pellegrini, un anziano sarto di Conversano affetto da una gravissima forma di gastroenterite cronica: quest'ultimo, prima di recuperare improvvisamente la salute nel 1887, dopo aver ricevuto l'estrema unzione, avrebbe avuto una visione della santa. A questi episodi si aggiunse il gradevole e inspiegabile profumo che emanava dai resti del corpo della santa. <p><br><p>I resti della santa sono conservati a Cascia, all'interno della basilica di Santa Rita, facente parte dell'omonimo santuario e fatta erigere tra il 1937 e il 1947. Il corpo è rivestito dall'abito agostiniano cucito dalle monache del monastero, come voluto dalla badessa Maria Teresa Fasce, e posto in una teca all'interno della cappella in stile neobizantino.<p><br><p>Ricognizioni mediche effettuate nel 1972 e nel 1997 hanno confermato la presenza, sulla zona frontale sinistra, di tracce di una lesione ossea aperta (forse osteomielite), mentre il piede destro mostra segni di una malattia di cui avrebbe sofferto negli ultimi anni di vita, forse associata ad una sciatalgia. Era alta 1 metro e 57 cm. Il viso, le mani e i piedi sono mummificati, il resto del corpo, coperto dall'abito agostiniano, è in forma di semplice scheletro. <p><br><p align="center"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKbcHoLDxN_lkhFY7hy8efY7CQXNE2HmtdBdziaAznmXqcNSfP8MTjsycuoJ95kMIm3eDXqw6iA9dI_Jn88d6xVE40VIVZfdNnpiRw7PoO_5EhPIRMGMt4-5DO83Rj3_Yz5ydY7_g2BPE/s1600-h/image%255B11%255D"><img width="600" height="450" title="image" style="border: 0px currentcolor; border-image: none; display: inline; background-image: none;" alt="image" src="https://lh3.googleusercontent.com/-krJMFmVtA_U/W9mwRV8i92I/AAAAAAAAp-Q/i6Nl1RW5kR0lm42dgq5HbLsmf4Sv2jaOACHMYCw/image_thumb%255B7%255D?imgmax=800" border="0"></a><h6>Figura 7 – La teca che ospita le spoglie di Santa Rita con accanto il suo anello nuziale. </h6><p><br></p><p>Santa Rita da Cascia, Santa degli Impossibili ha cancellato la parola IMPOSSIBILE dal dizionario dei fedeli ed è venerata in tutta Italia. Cascia e Roccaporena sono oggi mete di Pellegrinaggio. Non si conosce l’esatta categoria di cui è patrona, anche se vi è una preferenza per le donne sterili e con parti difficoltosi. <p>Santa Rita è invocata in cause impossibili anche se non conosciamo l’esatto elenco, non di pubblico dominio, delle grazie da Lei concesse o avvenute per sua intercessione e ancora forte e sarà sempre così, è la devozione dei fedeli. Impossibile fu forse il modo in cui affrontò la sua vita e le vicende che la dilaniarono a livello emotivo e personale, ma lei la rese possibile. E bisogna seguire il suo esempio.<p><br><h1><a name="_Toc528758472">Fonti bibliografiche</a></h1><h2><a name="_Toc528758473">Libri</a></h2><ul><li>Canaccini, F. (2010). Restano i termini, mutano i significati: Guelfi e Ghibellini. L'evoluzione semantica dei nomi delle fazioni medioevali italiane. <i>Reti Medievali, <a href="http://www.rmoa.unina.it/257/">http://www.rmoa.unina.it/257/</a> </i></li><li>Cherubini, G. (s.d.). Agricoltura e società nel Medioevo. <i>Reti Medievali, <a href="http://www.rm.unina.it/didattica/strumenti/cherubini/documenti/doc10stampa.htm">http://www.rm.unina.it/didattica/strumenti/cherubini/documenti/doc10stampa.htm</a> </i>.</li><li>Cuomo, F. (1997). <i>Santa Rita degli Impossibili.</i> Casale Monferrato: Piemme.</li><li>Muzzarelli, M. G. (1996). <i>Gli inganni delle apparenze. Disciplina di vesti e ornamenti alla fine del Medioevo.</i> Torino: Paravia & C. S.p.A.</li><li>Muzzarelli, M. G. (1999). <i>Guardaroba medievale. Vesti e società dal XIII al XVI secolo.</i> Bologna: Il Mulino.</li><li>Muzzarelli, M. G. (2006). Ma cosa avevano in testa? Copricapi femminili proibiti e consentiti fra Medioevo ed età moderna.</li><li>Muzzarelli, M. G. (2015). Uomini, vesti e regole. Dall’alto medioevo alla prima età moderna. In M. G. Muzzarelli, <i>Gli inganni delle apparenze. Disciplina di vesti e ornamenti alla fine del Medioevo</i> (p. 23-98). Torino, Italia: Paravia.</li><li>Ottaviani, M. G. (2001). Alcune riflessioni sulla statuizione tardomedievale. <i>Reti Medievali</i>.</li><li>Ottaviani, M. G. (2003). Statuta sive leges municipales ordinatae a Domino et Patrono. Signorie e statuti in Umbria nei secoli XIV-XVI. <i>Atti del VII Convegno del Comitato internazionale.</i> <i><a href="http://www.rmoa.unina.it/1204/1/RM-Nico-Statuta.pdf">http://www.rmoa.unina.it/1204/1/RM-Nico-Statuta.pdf</a>.</i> Ferrara: Reti Medievali.</li><li>Rossi, M. (2005). Polisemia di un concetto: la pace nel basso medioevo. Note di lettura . <i>Reti Medievali</i>.</li><li>Vallerani, M. (2004). Movimenti di pace in un comune di Popolo: i Flagellanti a Perugia nel 1260. <i>Bollettino della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria, 101 (1). pp. 369-418, <a href="http://www.rmoa.unina.it/2130/">http://www.rmoa.unina.it/2130/</a> </i>.</li><li>Vallerani, M. (2007). Procedura e giustizia nelle città italiane del basso medioevo (XII-XIV secolo). (M. Vallerani, A cura di) <i>Reti Medievali, http://www.rmoa.unina.it/1669/</i>.</li><li>Vecellio, C. (1598). <i>Habiti antichi et moderni di tutto il Mondo di Cesare Vecellio.</i> Venezia: Sessa.</li><li>Vecellio, C. (1664). <i>Habiti antichi.</i> Venezia: Damiano Zenaro (1590-1598 ca.).</li><li>Vecellio, C. (1849). <i>Habiti antichi et moderni di tutto il mondo</i> (IV ed.).</li><li>Zorzi, A. (2009). Conflitti, paci e vendette nell'Italia comunale. <i>Reti Medievali, <a href="http://www.rm.unina.it/rmebook/dwnld/Zorzi.pdf">http://www.rm.unina.it/rmebook/dwnld/Zorzi.pdf</a></i>.</li></ul><p><br><p><h2><a name="_Toc528758474">Internet</a></h2><ul><li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Chevauchèe">https://en.wikipedia.org/wiki/Chevauchèe</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Angela_da_Foligno">https://it.wikipedia.org/wiki/Angela da Foligno</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Benozzo_Gozzoli">https://it.wikipedia.org/wiki/Benozzo Gozzoli</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Bernardino_da_Siena">https://it.wikipedia.org/wiki/Bernardino da Siena</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Brigida_di_Svezia">https://it.wikipedia.org/wiki/Brigida di Svezia</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Cappella_dei_Magi">https://it.wikipedia.org/wiki/Cappella dei Magi</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Caterina_da_Siena">https://it.wikipedia.org/wiki/Caterina da Siena</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Cattività_avignonese">https://it.wikipedia.org/wiki/Cattività avignonese</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Chiara_da_Montefalco">https://it.wikipedia.org/wiki/Chiara da Montefalco</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Sant'Agostino_(Cascia)">https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa di Sant’Agostino (Cascia)</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Giacomo_della_Marca">https://it.wikipedia.org/wiki/Giacomo della Marca</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Guelfi_e_ghibellini">https://it.wikipedia.org/wiki/Guelfi e ghibellini</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Margherita_da_Cortona">https://it.wikipedia.org/wiki/Margherita da Cortona</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Piero_della_Francesca">https://it.wikipedia.org/wiki/Piero della Francesca</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Roccaporena">https://it.wikipedia.org/wiki/Roccaporena</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Zavattari">https://it.wikipedia.org/wiki/Zavattari</a></li></ul><h2><a name="_Toc528758475">Treccani</a></h2><ul><li>Treccani, E. (1931). <i>Cascia - Enciclopedia Italiana</i>. (AA.VV., A cura di) Tratto da <a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/cascia_%28Enciclopedia-Italiana%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/cascia_%28Enciclopedia-Italiana%29/</a> </li><li>Treccani, E. (1932). <i>Gamurra - Enciclopedia Italiana</i>. (G. A. Scaravaglio, A cura di) Tratto da <a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/gamurra_%28Enciclopedia-Italiana%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/gamurra_%28Enciclopedia-Italiana%29/</a> </li><li>Treccani, E. (1933). <i>Giornea - Enciclopedia Italiana</i>. (G. A. Scaravaglio, A cura di) Tratto da <a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/giornea_%28Enciclopedia-Italiana%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/giornea_%28Enciclopedia-Italiana%29/</a> </li><li>Treccani, E. (1933). <i>Guarnacca - Enciclopedia Italiana</i>. (G. A. Scaravaglio, A cura di) Tratto da <a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/guarnacca_%28Enciclopedia-Italiana%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/guarnacca_%28Enciclopedia-Italiana%29/</a> </li><li>Treccani, E. (1935). <i>Pellanda - Enciclopedia Italiana</i>. (G. A. Scaravaglio, A cura di) Tratto da <a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/pellanda_%28Enciclopedia-Italiana%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/pellanda_%28Enciclopedia-Italiana%29/</a> </li><li>Treccani, E. (1936). <i>Santa Rita da Cascia - Enciclopedia Italiana</i>. (B. Paulucci, A cura di) Tratto da <a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/rita-da-cascia-santa_%28Enciclopedia-Italiana%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/rita-da-cascia-santa_%28Enciclopedia-Italiana%29/</a> </li><li>Treccani, E. (1938). <i>Cascia - Enciclopedia Italiana - I Appendice</i>. (AA.VV., A cura di) Tratto da <a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/cascia_res-470e7893-8b74-11dc-8e9d-0016357eee51_%28Enciclopedia-Italiana%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/cascia_res-470e7893-8b74-11dc-8e9d-0016357eee51_%28Enciclopedia-Italiana%29/</a> </li><li>Treccani, E. (1959). <i>Cascia - Enciclopedia dell' Arte Antica</i>. (U. Ciotti, A cura di) Tratto da <a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/cascia_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Antica%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/cascia_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Antica%29/</a> </li><li>Treccani, E. (2016). <i>Santa Rita da Cascia - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 87 </i>. (L. Scaraffia, A cura di) Tratto da <a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/rita-da-cascia-santa_%28Dizionario-Biografico%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/rita-da-cascia-santa_%28Dizionario-Biografico%29/</a> </li><li>Treccani, V. (s.d.). <i>Nitore</i>. Tratto da <a href="http://www.treccani.it/vocabolario/nitore/">http://www.treccani.it/vocabolario/nitore/</a> </li><li>Treccani, V. (s.d.). <i>Probità</i>. Tratto da <a href="http://www.treccani.it/vocabolario/probita/">http://www.treccani.it/vocabolario/probita/</a></li></ul><h1>Note<hr></h1><p><a name="_ftn1_3960" href="#_ftnref1_3960">[1]</a> Molte opere, dopo l’epidemia, furono coperte con la calce per sterilizzare e solo oggi, spesso causalmente, si ritrovano opere d’arte, affreschi laddove era stata sparsa la miscela in seguito alla pestilenza. <p><a name="_ftn2_3960" href="#_ftnref2_3960">[2]</a> Si richiama qui alla solidarietà di sangue e di lignaggio, già tratta anche in questo articolo, di Bloch: <a href="http://vivereilmedioevo.blogspot.com/2012/08/la-parentela-nel-medioevo-limportanza_26.html">http://vivereilmedioevo.blogspot.com/2012/08/la-parentela-nel-medioevo-limportanza 26.html</a><p><a name="_ftn3_3960" href="#_ftnref3_3960">[3]</a> (Cuomo, 1997)<p><a name="_ftn4_3960" href="#_ftnref4_3960">[4]</a> <i>Statuti casciani</i>, (Cuomo, 1997) pp 311<p><a name="_ftn5_3960" href="#_ftnref5_3960">[5]</a> <i>Statuti casciani</i>, (Cuomo, 1997) pp 312<p><a name="_ftn6_3960" href="#_ftnref6_3960">[6]</a> In Francia nel periodo della Guerra dei Cent’Anni vi era una pratica simile attuata soprattutto dagli inglesi in territorio nemico, la cosiddetta <i>Chevauchée</i>, o <i>promenade</i> che consisteva appunto in rappresaglie rapide nel territorio nemico con lo scopo non solo di rapinarlo ma anche rovinarlo. In Spagna era nota come <i>cavalgada</i>. In Italia la pratica aveva invece uno scopo vendicativo, intimidatorio soprattutto.<p><a name="_ftn7_3960" href="#_ftnref7_3960">[7]</a> <em>Inventario del Fumo</em>, Cascia. (Cuomo, 1997)<p><a name="_ftn8_3960" href="#_ftnref8_3960">[8]</a> Erano le due fazioni contrapposte nella politica italiana del Basso Medioevo, in particolare dal XII secolo sino alla nascita delle Signorie nel XIV secolo. Le origini dei nomi risalgono alla lotta per la corona imperiale dopo la morte dell'imperatore Enrico V (1125) fra le casate bavaresi e sassoni dei <i>Welfen</i> (da cui la parola «<i>guelfo</i>») con quella sveva degli Hohenstaufen, signori del castello di Waiblingen (anticamente <i>Wibeling</i>, da cui la parola «<i>ghibellino</i>»). Successivamente – dato che la casata sveva acquistò la corona imperiale e, con Federico I Hohenstaufen, cercò di consolidare il proprio potere nel Regno d'Italia – in questo ambito politico la lotta passò a designare chi appoggiava l'impero (ghibellini) e chi lo contrastava sostenendo il papato (guelfi).<p><a name="_ftn9_3960" href="#_ftnref9_3960">[9]</a> La Cattività avignonese nella storia della Chiesa cattolica indica il trasferimento del papato da Roma ad Avignone dal 1309 al 1377.Il termine "<i>cattività</i>" viene dal latino <i>captivus</i> (prigioniero). Papa Bonifacio VIII (1294-1303) perseguì una decisa riaffermazione dei privilegi e del potere pontificio, sia all'interno degli Stati della Chiesa sia in ambito europeo. Tale politica lo mise in contrasto da un lato con le potenti famiglie feudatarie romane (in particolare i Colonna), dall'altro con i monarchi europei e principalmente con il re di Francia Filippo il Bello. Lo scontro fu aspro su entrambi i fronti. Ma mentre l'ambito interno vide il temporaneo successo del Papa, culminato con la distruzione dell'abitato di Palestrina, feudo dei Colonna, Sciarra Colonna reagì fermamente, sino al punto di oltraggiare il Pontefice con l'episodio noto come schiaffo di Anagni.<p><a name="_ftn10_3960" href="#_ftnref10_3960">[10]</a> Caterina di Jacopo di Benincasa conosciuta come Caterina da Siena (Siena, 25 marzo 1347 – Roma, 29 aprile 1380), è stata una religiosa, teologa, filosofa e mistica italiana. <p><a name="_ftn11_3960" href="#_ftnref11_3960">[11]</a> Santa Brigida di Svezia, al secolo Brigida Birgersdotter (Finsta, 1303 – Roma, 23 luglio 1373), è stata una religiosa e mistica svedese, fondatrice dell'Ordine del Santissimo Salvatore; fu proclamata santa da Bonifacio IX il 7 ottobre 1391. <p><a name="_ftn12_3960" href="#_ftnref12_3960">[12]</a> (Cuomo, 1997) pp 19-22<p><a name="_ftn13_3960" href="#_ftnref13_3960">[13]</a> (Cuomo, 1997) pp. 21<p><a name="_ftn14_3960" href="#_ftnref14_3960">[14]</a> Dal lat. <em>probĭtas –atis</em>, la qualità di chi è probo, onestà, rettitudine morale. (Treccani V. )<p><a name="_ftn15_3960" href="#_ftnref15_3960">[15]</a> (Cuomo, 1997) p. 22<p><a name="_ftn16_3960" href="#_ftnref16_3960">[16]</a> <em>Inventario di Fumo</em> (Cuomo, 1997)<p><a name="_ftn17_3960" href="#_ftnref17_3960">[17]</a> (Cuomo, 1997)<p><a name="_ftn18_3960" href="#_ftnref18_3960">[18]</a> L’anno non è certo, contrariamente a quello di morte, seppure su questo non siano mancati dubbi. Uno dei primissimi biografi, Agostino Cavallucci da Foligno, era un sacerdote bene informato ma molto arrendevole alle suggestioni miracolistiche, fissa la data di matrimonio dei genitori al 1309, per cui se consideriamo anche una giovane età, nel 1381 avrebbero avuto un’età veneranda che sottolinea la vicenda impossibile del concepimento. La data del 1309 è dunque da prendere quasi come un dato leggendario perché la stessa storia non lo riporta. La stessa nascita di Rita sarebbe stata annunciata, non diversamente da altri santi, da un sogno alla madre (es, Chiara d’Assisi).<p><a name="_ftn19_3960" href="#_ftnref19_3960">[19]</a> (Cuomo, 1997)<p><a name="_ftn20_3960" href="#_ftnref20_3960">[20]</a> (Cuomo, 1997)<p><a name="_ftn21_3960" href="#_ftnref21_3960">[21]</a> (Cuomo, 1997) pp. 30-31<p><a name="_ftn22_3960" href="#_ftnref22_3960">[22]</a> Episodio riportato solo nel Seicento durante il processo di beatificazione, da una donna tale Diamante, che lo aveva sentito dai propri genitori, che a loro volta lo avevano sentito e così dicendo. <p><a name="_ftn23_3960" href="#_ftnref23_3960">[23]</a> (Cuomo, 1997)<p><a name="_ftn24_3960" href="#_ftnref24_3960">[24]</a> (Cuomo, 1997) pp. 38-39. Rita non volle solo farsi monaca, dopo aver perso la sua famiglia, ma monaca agostiniana, compiendo una scelta ferma e ben precisa. <p><a name="_ftn25_3960" href="#_ftnref25_3960">[25]</a> (Cuomo, 1997)<p><a name="_ftn26_3960" href="#_ftnref26_3960">[26]</a> Dal lat. <i>gregarius</i>, der. di <i>grex</i> <i>gregis</i> «gregge»; propr. «del gregge, che fa parte del gregge». Soldato semplice. <p><a name="_ftn27_3960" href="#_ftnref27_3960">[27]</a> Colle Giacone fa parte del comune di Cascia, in provincia di Perugia<p><a name="_ftn28_3960" href="#_ftnref28_3960">[28]</a> (Cuomo, 1997) pp. 60-61<p><a name="_ftn29_3960" href="#_ftnref29_3960">[29]</a> Era costume usare al posto del cognome di oggi, la genealogia paterna<p><a name="_ftn30_3960" href="#_ftnref30_3960">[30]</a> Al di sotto dell’età minima era necessario il consenso del padre, del fratello carnale o di un parente in grado di tutelare la famiglia contro il rischio di ‘nozze colorate’, ovvero una unione ambigua e nociva all’autonomia dei nuclei famigliari, per tutelare la quale era stata codificata una sorta di endogamia politica. Lo scopo era anche impedire che gli equilibri della società casciana potessero risentire dei contraccolpi dell’assorbimento di una famiglia da parte di un’altra. Per i trasgressori erano persino previste pene pecuniarie di almeno cento libbre senza sconti. <p><a name="_ftn31_3960" href="#_ftnref31_3960">[31]</a>Gli <i>Statuti suntuari casciani </i>regolavano le spese per le nozze ponendo espliciti divieti al titolo <i>De expensis non fiendis in nuptiis et sponsalibus</i>. Libro III, Rubrica 16. (Cuomo, 1997) Note pp. 314-315 “Amore”. <p><a name="_ftn32_3960" href="#_ftnref32_3960">[32]</a> Cascia come tutte le città mercantili e corrotte nonostante l’intenso fervore religioso, nelle quali era facile l’accumulo della ricchezza in spregio alla povertà di un’alta percentuale della popolazione, tendeva a darsi un’apparenza di austerità contenendo la vistosità delle feste, dei banchetti, delle celebrazioni che non corrispondevano a occasioni di pubblico interesse. <p><a name="_ftn33_3960" href="#_ftnref33_3960">[33]</a> Lo scopo ufficiale era quello di imporre il risparmio alle famiglie, ma c’era dietro a questo rigore una sorta di compiacimento integralista per quella malintesa sublimazione della povertà che, esaltata talvolta con trascinante furono finiva spesso col degenerare nei lugubri eccessi dei penitenti. <p><a name="_ftn34_3960" href="#_ftnref34_3960">[34]</a> Dal lat. <em>nitor</em> -<em>oris</em>, der. di <em>nitēre</em> «splendere» Lucentezza, nitidezzafig., chiarezza, eleganza<p><a name="_ftn35_3960" href="#_ftnref35_3960">[35]</a> Oggi questo anello è stato riprodotto in copie odierne in oro o altri metalli per le coppie che si sposano. <p><a name="_ftn36_3960" href="#_ftnref36_3960">[36]</a> (Cuomo, 1997)<p><a name="_ftn37_3960" href="#_ftnref37_3960">[37]</a> Grossa frangia ornamentale all’orlo di un abito da evitare. Breviario casciano. (Cuomo, 1997)<p><a name="_ftn38_3960" href="#_ftnref38_3960">[38]</a> Da <i>quod velles</i> per fare riferimento a piccole cose che andavano ad aumentare la vanità femminile, una sorta di gingillo che portavano le donne da nulla. <p><a name="_ftn39_3960" href="#_ftnref39_3960">[39]</a> <em>Regole per alcune anime divote</em><p><a name="_ftn40_3960" href="#_ftnref40_3960">[40]</a> La pellanda (o <i>opelanda</i> o anche <i>pelarda</i>) sembra fosse così chiamata perché foderata di pelli; tuttavia se essa trasse la sua origine dalla <i>houppelande</i> francese, fu poi veste tipicamente italiana, e durante i secoli XIV e XV fu comune agli uomini e alle donne, specie in Lombardia e nell'Italia settentrionale. Apparsa in Francia verso la metà del sec. XIV, rimane in voga sino alla fine del regno di Carlo VI (1422) nella sua forma primitiva: veste ampia, da portare sopra altre vesti, aperta davanti e spesso anche ai lati, con maniche larghe e lunghissime, e in genere ornata di ricami e foderata di pelliccia. (Treccani E. , Pellanda - Enciclopedia Italiana, 1935)<p><a name="_ftn41_3960" href="#_ftnref41_3960">[41]</a> Gamurra, (etim. incerta; ant. fr. <i>chamarre</i>; sp. <i>Zamarra</i>). Antica veste da donna, detta anche <i>camora</i> o <i>zippa</i> (Italia settentrionale) e <i>zimarra</i> (Venezia, sec. XVI). Nel Medioevo è per lo più ampia e lunga, aperta davanti sopra la tunica o il vestito, foderata di pelliccia o d'altra stoffa, guarnita di frange e di cordoni d'oro e d'argento, con o senza maniche. Mentre in Italia è vestito esclusivamente femminile, in Francia la <i>chamarre</i> è anche abito maschile, trasformazione della "<i>pelanda</i>" (<i>houppelande</i>) e del <i>surcot</i>. Attillata alla vita e composta di una sottana e di un corpetto o tagliata a foggia di una sopravveste intera, larga in fondo sopra la <i>faldiglia</i> o il <i>vertigado</i>, chiusa al collo da un collare di merletto o aperta su di un'ampia scollatura, la gamurra, attraverso varî mutamenti, rimane la veste tipica dei secoli XV-XVI. (Treccani E. , Gamurra - Enciclopedia Italiana, 1932)<p><a name="_ftn42_3960" href="#_ftnref42_3960">[42]</a> Su questo capo i termini volgari creano confusione. Per capire bene il taglio dell’abito Treccani fornisce alcune definizioni. Antica sopravveste militare che copriva il petto e il dorso del soldato nel XIV sec., in seguito adottata dagli uomini d'ogni condizione, divenne una specie di piccola dalmatica senza cintura, con i due lembi fermati alla vita sotto le braccia; poi, provvista di maniche aperte per lasciar passare quelle del vestito di sotto, si guarnì di gioielli, di galloni e di ricami, si foderò di pelliccia e di seta, e per il popolo, un poco più lunga di quella adottata dai nobili, fu confezionata in tela o in panno. La giornea fu abitualmente adottata per cavalcare, ornata di stemmi e d'insegne (giornea a divisa). Verso il 1450 la giornea era una casacca corta, aperta davanti con maniche aperte o anche chiuse al polso ma sempre molto larghe, e molto imbottita sulle spalle. Sopra la giornea si portavano catene d'oro a più giri e medaglioni. Negl'inventarî del 1400 si parla spesso anche di giornee di donna, sopravvesti o <i>zimarre</i> aperte davanti, o anche ai lati sotto le braccia, spesso con maniche di diverso colore e foderate di pelliccia, ornate di frange e di ricami. Sempre nei conti quattrocenteschi figurano "<i>jorneuzze</i>" come abbigliamento da bambini. La giornea scompare nella seconda metà del '400. Sembra, secondo Treccani che la giornea derivi dalla <i>guarnacca</i> nata sempre come veste maschile, veniva portata sopra altri abiti; era un indumento modesto e serio, foderata di pelliccia, la guarnacca nel Duecento era lunga fino ai piedi, con maniche a forma di mantello, a larghe aperture per le braccia; nel '300 la scollatura formava davanti due piccoli rovesci arrotondati e foderati di pelliccia. Molto spesso aveva il cappuccio attaccato; la parte superiore scendeva a formare le maniche, ed era sempre aperta dai due lati sotto le braccia. Adottata dalla nobiltà e dalla borghesia venne sostituita in Francia alla fine del ‘300 dal <em>gardecorps </em>e dal pelliccione, mentre rimase come mantello da pioggia per la gente del popolo. In Italia continuò invece sino al '500. <p><a name="_ftn43_3960" href="#_ftnref43_3960">[43]</a> (Cuomo, 1997) pp. 83-86<p><a name="_ftn44_3960" href="#_ftnref44_3960">[44]</a> Margherita da Cortona (Laviano, 1247 – Cortona, 22 febbraio 1297) è stata una religiosa italiana, appartenente al Terz'Ordine francescano secolare. Nel 1728 è stata proclamata santa da papa Benedetto XIII.<p><a name="_ftn45_3960" href="#_ftnref45_3960">[45]</a> Angela da Foligno (Foligno, 1248 – Foligno, 4 gennaio 1309) è stata una mistica e terziaria francescana italiana, beatificata nel 1693 da papa Innocenzo XII e canonizzata da papa Francesco il 9 ottobre 2013. <p><a name="_ftn46_3960" href="#_ftnref46_3960">[46]</a> Purtroppo non si è riusciti a reperire l’immagine digitale in questione. <p><a name="_ftn47_3960" href="#_ftnref47_3960">[47]</a> Forse Prospero, come il Principe. <p><a name="_ftn48_3960" href="#_ftnref48_3960">[48]</a> (Cuomo, 1997) pp. 144-145<p><a name="_ftn49_3960" href="#_ftnref49_3960">[49]</a> La pratica della flagellazione fu usata anche da alcune categorie di penitenti, i cosiddetti <em>flagellanti</em> proprio in epoca medievale. <p><a name="_ftn50_3960" href="#_ftnref50_3960">[50]</a> (Cuomo, 1997) pp. 197-199<p><a name="_ftn51_3960" href="#_ftnref51_3960">[51]</a> Giacomo della Marca, al secolo Domenico Gangala (Monteprandone, 1º settembre 1393 – Napoli, 28 novembre 1476), è stato un sacerdote appartenente all'Ordine dei Frati Minori Osservanti (O.F.M.Obs.); è stato canonizzato nel 1726 da papa Benedetto XIII.<p><a name="_ftn52_3960" href="#_ftnref52_3960">[52]</a> (Montefalco, 1268 – Montefalco, 17 agosto 1308) è stata una religiosa italiana. Nel 1881 è stata canonizzata da papa Leone XIII, già vescovo di Perugia.Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-80786603748863369612018-04-20T14:28:00.000+02:002023-10-09T14:56:31.348+02:00Elina de’ Fredolfi e Florio da Vicenza. L’eretica e l’Inquisitore, il diavolo e l’Acqua santa<h1></h1><h1>Indice</h1><p><a href="#_Toc511996793">Premessa</a><p><a href="#_Toc511996794">Elina de’ Fredolfi e Florio da Vicenza</a><p><a href="#_Toc511996795">Fonti bibliografiche</a><p> <a href="#_Toc511996796">Siti internet</a><p> <a href="#_Toc511996797">Libri e saggi</a><p><br><h1><a name="_Toc511996793">Premessa</a></h1><p>La storia dell’eresia e dei movimenti ereticali, quella di numerose città italiane e quella della Santa Inquisizione s’intrecciano spesso tra loro nel periodo medievale, ma non solo, anche nei secoli successivi. La storia che viene qui presentata, e che ha come obiettivo anche la descrizione dei costumi realizzati per rappresentare due figure non indifferenti della società medievale italiana ed europea, ha come sfondo la Parma dei secoli XIII e XIV e i protagonisti sono Elina (o Elena) de’ Fredolfi e Florio da Vicenza, inquisitore dell’Ordine dei Domenicani. Trovare notizie su questi due personaggi non è stato facile e devo ringraziare due cari amici (Sara ed Elvis) per avermi aiutata a trovare alcune fonti. La storia di questi due personaggi è raccontata anche nella parte dedicata alla ricostruzioni delle loro vesti per il Palio di Parma. <p><br><h1><a name="_Toc511996794"></a><a name="_Toc482020531">Elina de’ Fredolfi e Florio da Vicenza</a></h1><p>Fra’ Salimbene non dà molte notizie sull’evento che vide coinvolta una seguace dei Catari (o del Segarelli) e le informazioni che possiamo trovare su di lei sono reperibili solo attraverso la <i><font color="#ff0000">Cronica</font></i> e pochissime altre fonti che non si contano sulle dita di una mano<i>. </i>Non è dunque stato facile indagare per trarre notizie che permettano di fare chiarezza sulla vicenda che vide condurre al rogo due donne nell’Anno 1279 per eresia: Elina de’Fredolfi e Tedesca. Nella <i><font color="#ff0000">Storia della città di Parma</font></i> di Ireneo Affò, l’autore riferisce che nella <i><font color="#ff0000">Cronica</font></i> Salimbene la chiama <i><font color="#fb39cb">Elina de’Fredolfi</font></i>. Di lei non si conosce né l’età né lo stato sociale, anche è più probabile che si trattasse di una donna del popolo, come lo erano la maggior parte dei seguaci dei Catari (e poi degli Apostolici), sebbene gli storici confermino che tale eresia avesse attecchito anche nella nobiltà. Elina era natia di Parma, all’epoca facente parte della Lombardia ove erano in vigore le leggi anti-ereticali di Federico II e nei cui territori aveva giurisdizione anche il Tribunale dell’Inquisizione lombardo. La donna fu trovata rea di aver abbracciato le idee dei Catari «simili in gran parte a quelle del Segarello, non ancora bastantemente noto per la sua ipocrisia » <a name="_ftnref1_1970" href="#_ftn1_1970">[1]</a> Chi è affezionato alle teorie cospirative e si è ormai convinto della leggenda nera della S. Inquisizione, penserà certamente che questa donna fosse stata scelta per mandarla al rogo per motivi diversi dalle accuse che le furono mosse e che tutto il suo processo fosse un castello di carte; ma questa volta la rea era veramente colpevole <a name="_ftnref2_1970" href="#_ftn2_1970">[2]</a>. Le pochissime fonti che abbiamo di lei attestano che trovata rea di eresia, probabilmente nel bel mezzo di una predicazione <a name="_ftnref3_1970" href="#_ftn3_1970">[3]</a>, fu arrestata e consegnata al Tribunale dell’Inquisizione. A quel tempo era inquisitore in Lombardia con giurisdizione sul territorio e quindi anche su Parma, un tale Florio da Vicenza, alcune fonti lo chiamano anche Ilario, ma può essere un errore di trascrizione. Di costui abbiamo un numero maggiore di fonti cui attingere informazioni, tra cui le opere di Salimbene e il <font color="#ff0000"><em>Chronicon Parmense</em> </font><a name="_ftnref4_1970" href="#_ftn4_1970">[4]</a>. Attorno alla precisa identità di Florio gravano molteplici dubbi, legati più che altro agli ultimi anni di vita e di attività inquisitoriale. Sembra invece comunemente accettata l’identificazione del futuro inquisitore nella persona del priore dei domenicani di Vicenza, il cui ufficio risulterebbe documentato dal 1266 al 1275. Le fonti esistenti ci consentono in realtà di anticipare al 1265 l’anno di inizio del priorato di Florio, non spingendolo con certezza oltre al 1270. Di certo sappiamo che fu successivamente <i><font color="#ff0000">subprior</font></i> del convento di Venezia, incarico dal quale venne sollevato al momento della nomina ad inquisitore, il 2 ottobre 1278 <a name="_ftnref5_1970" href="#_ftn5_1970">[5]</a><a name="_ftnref6_1970" href="#_ftn6_1970">[6]</a>. Quello stesso anno infatti successe come Inquisitore al confratello Aldobrandino nella città di Ferrara <a name="_ftnref7_1970" href="#_ftn7_1970">[7]</a>. L’anno successivo Florio risulta attivo sempre come Inquisitore anche a Bologna e a Modena: il 17 giugno di quell'anno, infatti, esaminò a Bologna un <em><font color="#ff0000">borsarius </font></em><a name="_ftnref8_1970" href="#_ftn8_1970">[8]</a> di nome Giuliano, sospettato di eresia; dopo averlo di nuovo sottoposto ad esame il 13 luglio successivo, il 29 agosto emise la sentenza definitiva. Poco dopo era a Modena: il 20 settembre, in seguito al rogo di un eretico, scoppiò in quella città una sommossa contro di lui, nel corso della quale venne devastato il convento dei domenicani e trovò la morte un religioso <a name="_ftnref9_1970" href="#_ftn9_1970">[9]</a>. Le fonti per quell’anno ormai lontano, il 1279 non parlano di ulteriori processi e condanne ad opera di Florio da Vicenza, ma questo non significa assolutamente nulla, per quanto riguarda i fatti di Parma. È vero che la maggior parte delle fonti lo vede attivo come inquisitore nell’area tra Modena, Bologna e Ferrara, molto lontana da quella di Parma, ma la sua presenza in questa città non deve apparire al lettore come una cosa eccezionale, essendo egli anche Inquisitore della Lombardia <a name="_ftnref10_1970" href="#_ftn10_1970">[10]</a>. I documenti e le cronache su Florio da Vicenza relativamente ai fatti di Parma del 1279, tra cui anche la bolla <i><font color="#ff0000">Olim sicut accepimus</font></i> del 7 maggio 1286 non lo citano espressamente con nome e <i><font color="#ff0000">cognomen toponomasticum</font></i>, ma permettono di dedurre che si trattasse proprio di lui. Il dubbio sui fatti di Parma deriva anche dal fatto che le fonti fanno menzione di altri tre domenicani attivi nell’area di Emilia e Veneto tra la fine del Duecento ed il primo decennio del Trecento, e che portarono il nome di Florio. Per uno solo di essi è ricordato anche il <i><font color="#ff0000">cognomen toponomasticum</font></i>. Così stando le cose, è problematico stabilire anche in via ipotetica collegamenti tra Florio da Vicenza ed i frati predicatori coevi suoi omonimi. I fatti successivi al rogo di Parma del 1279 come la rivolta che ne seguì e le sommosse contro i Domenicani del periodo successivo che portarono l’Inquisitore a dover rivedere il proprio atteggiamento nella caccia all’eresia e nelle modalità di processo, confermano che si trattasse proprio del Florio da Vicenza di cui è specificato il <i><font color="#0000ff">toponomasticum</font>. </i>Mancando atti processuali ufficiali del processo in cui si citi anche il nome dell’Inquisitore che tenne gli interrogatori ed emise la sentenza, si possono solo fare delle ipotesi su cosa avvenne veramente a Parma nel 1279 <a name="_ftnref11_1970" href="#_ftn11_1970">[11]</a>. Arrestata e condotta al Tribunale dell’Inquisizione, Elina fu interrogata. Anche sull’interrogatorio, in mancanza di atti, non si hanno notizie e nella <em>Storia della città di Parma </em>l’autore sostiene che questa fu solamente ammonita e non fa nomi di inquisitori, per cui è lecito supporre che Florio forse non era presente, non ancora <a name="_ftnref12_1970" href="#_ftn12_1970">[12]</a>, anche se le notizie che si hanno su di lui e sulla sua attività fanno pensare che fosse solito anche interrogare gli imputati. Non va dimenticato in questo punto che si è al tempo in cui gli Apostolici avevano iniziato la loro attività e in cui Segarelli si era già ribellato e a Parma la diocesi era governata da Obizzo Sanvitale, lo stesso che incarcerò per compassione il Segarelli nella speranza che abiurasse, credendolo perfino pazzo. Accusata di essere una seguace dei Catari – accusa molto probabilmente mossa anche al Segarelli per l’affinità delle ideologie con quelle del Catarismo – Elina fu persuasa ad abiurare e poi fu rilasciata. Nella <em>Storia della città di Parma </em>si parla di un dolce ammonimento ma è dubito, salvo l’eretica non abbia avuto la fortuna di essere interrogata da Obizzo, lo stesso Vescovo, figura che forse all’epoca in un caso del genere poteva concedere la grazia. Nella più sfortunata delle ipotesi, Elina potrebbe essere stata interrogata proprio da Florio da Vicenza ed eventualmente anche torturata, sebbene sull’uso della tortura da parte dell’Inquisitore vicentino le fonti dicono poco e sono molto vaghe <a name="_ftnref13_1970" href="#_ftn13_1970">[13]</a>, ma il permesso papale da parte del pontefice ad usare eventualmente la tortura per far confessare gli imputati era già in vigore dal 1252. Molte sono le leggende metropolitane sulle modalità di tortura delle donne in epoca medievale da parte dell’Inquisizione e non mancano dettagli raccapriccianti indegni di essere pronunciati, ma le fonti storiche in possesso agli studiosi hanno evidenziato che il più delle volte si sottoponeva l’imputato, maschio o femmina che fosse, alla ruota (che tirava le membra fino a lacerarle) o si ustionavano varie parti del corpo (in genere braccia, gambe e petto) con tizzoni ardenti. In questi casi era richiesta anche la presenza di un medico che doveva curare le ferite provocate all’imputato, sulle quali l’inquisitore avrebbe opportunamente tornato a calcare la mano in fasi successive, qualora non fosse riuscito a ottenere una confessione. Brutale certamente, indegno se si pensa che a operare in tal modo furono dei monaci e uomini di Chiesa, contrario a ogni messaggio divino, ma questa è la verità storica. Non mancano certamente talvolta descrizioni dell’epoca di chi parteggiava per certi eretici o movimenti ereticali e spesso i sopravvissuti alle torture <a name="_ftnref14_1970" href="#_ftn14_1970">[14]</a> avevano ben motivo di screditare l’Inquisizione in tutti i modi e la fantasia era un grande aiuto, ma proprio per la peculiare parzialità di queste fonti, spesso tramesse prima oralmente e poi trascritte, non è prudente prenderle per oro colato, anche quando la tortura fosse stata usata su delle donne. Certamente l’uso della tortura, in qualunque epoca e indipendentemente da chi la esercitava fu uno strumento che assicurava il 99,9 % delle confessioni degli imputati e qualora fosse stata usata anche su Elina, è lecito presumere che questa in un primo tempo abbia deciso di confessare e abiurare, altrimenti non si spiega perché rilasciarla, come racconta l’autore della Storia della città di Parma. Tornata in libertà, ricadde nell’errore o probabilmente non ne era mai uscita. Potrebbe aver ritrattato per assicurarsi la libertà, convinta di riuscire in un secondo tempo a continuare il suo apostolato il che evidenzia una certa arroganza di questa donna, una superbia eguale a quella che avevano tutti gli eretici che non tornavano mai veramente sui loro passi. Uscita dal carcere Elina riprese più accanita di prima le sue predicazioni e fece persino una nuova seguace, una certa Tedesca, moglie dell’albergatore Ubertino Biancardo, della Vicinanza di San Giacomo. Colta di nuovo in flagranza di reato, questa volta fu consegnata insieme alla seguace al braccio secolare, processate, probabilmente torturate e condannate a morte per rogo. In tal caso è certa la presenza di Florio da Vicenza come documentato dalle cronache. Sulla Piazza della Ghiaia di Parma, fu preparato il rogo delle due donne, con pali, fascine e con il popolo spettatore. Per quanto assurdo possa sembrare le esecuzioni pubbliche in epoca medievale sollecitavano un perverso piacere nel popolo osservatore che subito dopo inveiva e faceva sommosse contro gli esecutori delle condanne. Dopo aver assistito al rogo finchè le due donne non furono incenerite, mossi da piacere perverso e falsa compassione, il popolo si ribellò contro l’Inquisizione iniziando ad accusare il domenicano di essere snaturato e crudele. In breve l’ira del popolo raggiunse picchi critici e armati di qualsiasi cosa capitasse loro a mano, i popolani si recarono a saccheggiare il convento dei domenicani, uccidendone perfino uno che era vecchio e cieco, del tutto estraneo ai fatti. Qui si rivela una strana somiglianza con eguale evento del 1278 di Modena che vide sempre come inquisitore Florio da Vicenza. Secondo Parmeggiani, si tratterebbe di un errore di Zanella <a name="_ftnref15_1970" href="#_ftn15_1970">[15]</a> che ritiene che la rivolta sia avvenuta a Modena, ma in realtà, come dimostrano anche le fonti dell’epoca, avvenne a Parma. In seguito alla rivolta i Domenicani lasciarono Parma ma poco dopo la città fu colpita da interdetto e scomunica per diversi anni. Il fatto che la rivolta prese di mira non già la singola persona di Florio, bensì l’intero convento dei Predicatori, è sintomatico dell’estensione della “colpa” dell’inquisitore all’intero ordine. Questa assimilazione di identità sembra del resto confermata dalla lettura di alcuni passi della Cronica di Salimbene, quando vengono indicati come responsabili del rogo i domenicani tout-court. Come è già stato notato, l’episodio di Parma non rimase un caso isolato: sommosse analoghe furono, anzi, numerose , a testimonianza dell’insofferenza popolare – ma anche da parte delle autorità comunali – nei confronti della presenza del tribunale inquisitoriale che proprio in quegli anni andava radicandosi sempre più concretamente nel contesto urbano. Quello che colpisce, e dovette pesantemente condizionare lo stesso Florio, fu la proporzione e la violenza del tumulto, la cui eco era ancora viva a più di vent’anni di distanza nelle parole dei rivoltosi che contestarono pesantemente nel 1299 a Bologna le condanne al rogo decretate dall’inquisitore Guido da Vicenza <a name="_ftnref16_1970" href="#_ftn16_1970">[16]</a>. Le fonti fino a noi giunte non testimoniano, successivamente ai fatti di Parma, alcuna condanna “al braccio secolare”, mostrando – piuttosto – una certa prudenza da parte dell’inquisitore, se non talvolta una marcata attitudine alla clemenza ed al perdono <a name="_ftnref17_1970" href="#_ftn17_1970">[17]</a>. Verso la fine del secolo Florio cessò probabilmente l’attività d’inquisitore venendo progressivamente sostituito da un confratello vicentino, tale Guido, citato sopra e in altri casi fu sostituito dal vicario, Galvano da Budrio. Dopo il febbraio del 1298, egli non appare più ricordato dalle fonti per diversi anni, sino al 1308, quando venne coinvolto nell'inchiesta ordinata, il 28 agosto 1307, dal papa Clemente V sull'operato degli inquisitori dell'Italia settentrionale <a name="_ftnref18_1970" href="#_ftn18_1970">[18]</a>. Con lettere del 3 aprile, dell'11 giugno e del 19 luglio 1308, infatti, il pontefice disponeva che s’indagasse in particolare sulla consistenza delle accuse di malversazione <a name="_ftnref19_1970" href="#_ftn19_1970">[19]</a> mosse sia contro Florio ed un suo confratello Parisio da Mantova, "<em>un tempo inquisitori</em>", sia contro i vescovi di Ferrara, Guido, e di Comacchio, Pietro. È questa l'ultima notizia sicura su Florio da Vicenza che sia giunta sino a noi <a name="_ftnref20_1970" href="#_ftn20_1970">[20]</a>. Alla fine anche l’Inquisitore fu inquisito, ma non fu mai indagato per i metodi e le procedure da lui usate durante la sua attività di inquisitore. Il giudizio che si ha di quest’uomo non è certo positivo agli occhi degli storici, seppure nessuno gli abbia mai attribuito la fama di uomo spietato e sanguinario, ottuso e perverso, malgrado le fonti facciano pensare che talvolta si sia servito della tortura per ottenere una confessione. Fermo, impassibile, determinato, colto e sicuramente anche intelligente fu apprezzato dai colleghi, ma questo certo non basta a togliere l’ombra dal suo curriculum né a toglierla purtroppo dall’Ordine di cui faceva parte. <p><br><p align="right"><a href="#top">Torna all’indice</a><h1><a name="_Toc511996795"></a><a name="_Toc482020537">Fonti bibliografiche</a></h1><h2><a name="_Toc511996796"></a><a name="_Toc482020538">Siti internet</a></h2><ul><li><a href="http://cronologia.leonardo.it/storiologia/socie002.htm">http://cronologia.leonardo.it/storiologia/socie002.htm</a></li><li><a href="http://fr.wikipedia.org/wiki/Chanson%20de%20la%20croisade%20albigeoise">http://fr.wikipedia.org/wiki/Chanson de la croisade albigeoise</a></li><li><a href="http://www.araldicavaticana.com/dizonario_di_abiti_e_stoffe_eccl.htm">http://www.araldicavaticana.com/dizonario_di_abiti_e_stoffe_eccl.htm</a></li><li><a href="http://www.bulgaria-italia.com/bg/info/storia/bogomili.asp">http://www.bulgaria-italia.com/bg/info/storia/bogomili.asp</a></li></ul><p><br><h3>Saggi e voci Treccani</h3><ul><li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/albigesi%20(Enciclopedia-Italiana%20(1929))">http://www.treccani.it/enciclopedia/albigesi (Enciclopedia-Italiana (1929))</a> di Pio Paschini</li><li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/ascetismo/">http://www.treccani.it/enciclopedia/ascetismo/</a></li><li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/beato-angelico_%28Enciclopedia-Dantesca%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/beato-angelico (Enciclopedia Dantesca (1970))</a></li><li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/bogomili%20(Enciclopedia-Italiana%20(1930))">http://www.treccani.it/enciclopedia/bogomili (Enciclopedia-Italiana (1930))</a></li><li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/candeggio_%28Enciclopedia-Italiana%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/candeggio (Enciclopedia Italiana (1930))</a> di Luigi Caberti</li><li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/catari%20(Dizionario-di-Storia%20(2010))">http://www.treccani.it/enciclopedia/Catari (Dizionario-di-Storia (2010))</a></li><li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/catari%20(Enciclopedia%20Federiciana%20(2005))">http://www.treccani.it/enciclopedia/Catari (Enciclopedia Federiciana (2005))</a></li><li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/catari%20(Enciclopedia-Dantesca%20(1970))">http://www.treccani.it/enciclopedia/Catari (Enciclopedia-Dantesca (1970))</a> di Raoul Manselli</li><li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/catari%20(Enciclopedia-Italiana%20(1931))">http://www.treccani.it/enciclopedia/Catari (Enciclopedia-Italiana (1931))</a> di Antonino De Stefano</li><li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/dolcino_%28Enciclopedia-Dantesca%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/dolcino (Enciclopedia Dantesca (1970))</a> di Giovanni Miccoli</li><li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/domenicani%20(Enciclopedia_Italiana%20(1932))">http://www.treccani.it/enciclopedia/domenicani (Enciclopedia_Italiana (1932))</a> di Innocenzo Taurisano</li><li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/domenicani_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/domenicani Enciclopedia dell'arte medievale</a> di S. Romano</li><li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/domenico-di-guzman-san%20(Enciclopedia-dei-ragazzi%20(2005)">http://www.treccani.it/enciclopedia/domenico-di-guzman-san (2005)</a> di Raffaele Savigni</li><li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/frati-predicatori%20(Enciclopedia%20Federiciana)">http://www.treccani.it/enciclopedia/frati-predicatori (Enciclopedia Federiciana)</a> di Giulia Barone</li><li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/inquisizione_%28Dizionario-di-Storia%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/inquisizione (Dizionario di Storia (2010))</a></li><li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/inquisizione_%28Federiciana%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/inquisizione (Enciclopedia federiciana (2005))</a> di Andrea Piazza</li><li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/inquisizione_%28Enciclopedia-Italiana%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/inquisizione (Enciclopedia Italiana (1933))</a> di Mario Niccoli</li><li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/marcione/">http://www.treccani.it/enciclopedia/marcione/</a></li><li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/ordine-domenicano/">http://www.treccani.it/enciclopedia/ordine-domenicano/</a></li><li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/verginita/">http://www.treccani.it/enciclopedia/verginita/</a></li><li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/ascetismo/">http://www.treccani.it/vocabolario/ascetismo/</a></li><li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/bogomili/">http://www.treccani.it/vocabolario/bogomili/</a></li><li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/demiurgo/">http://www.treccani.it/vocabolario/demiurgo/</a></li><li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/manicheo/">http://www.treccani.it/vocabolario/manicheo/</a></li><li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/marcionita/">http://www.treccani.it/vocabolario/marcionita/</a></li><li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/purgatorio2/">http://www.treccani.it/vocabolario/purgatorio2/</a></li><li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/suffragio/">http://www.treccani.it/vocabolario/suffragio/</a></li><li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/tag/adorazione/">http://www.treccani.it/vocabolario/tag/adorazione/</a></li><li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/tag/cosmogonici/">http://www.treccani.it/vocabolario/tag/cosmogonici/</a></li><li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/tag/ipostasi/">http://www.treccani.it/vocabolario/tag/ipostasi/</a></li><li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/transustanziarsi/">http://www.treccani.it/vocabolario/transustanziarsi/</a></li></ul><p><br><h3>Voci Wikipedia (IT, ENG)</h3><ul><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Basilica_di_San_Domenico_%28Bologna%29">https://en.wikipedia.org/wiki/Basilica di San Domenico (Bologna)</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Beato%20Angelico">https://en.wikipedia.org/wiki/Beato Angelico</a></li><li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Bogomilism%20-%20Doctrine">https://en.wikipedia.org/wiki/Bogomilism - Doctrine</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Bogomilismo">https://en.wikipedia.org/wiki/Bogomilismo</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Canzone%20della%20crociata%20albigese">https://en.wikipedia.org/wiki/Canzone della crociata albigese</a></li><li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Cathar%20Perfect">https://en.wikipedia.org/wiki/Cathar Perfect</a></li><li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Cosmas%20the%20Priest">https://en.wikipedia.org/wiki/Cosmas the Priest</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Gherardo%20Segarelli">https://en.wikipedia.org/wiki/Gherardo Segarelli</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Guglielmo%20di%20Tudela">https://en.wikipedia.org/wiki/Guglielmo di Tudela</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Obizzo%20Sanvitale">https://en.wikipedia.org/wiki/Obizzo Sanvitale</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Pala%20di%20Perugia">https://en.wikipedia.org/wiki/Pala di Perugia</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Papa%20Gregorio%20IX">https://en.wikipedia.org/wiki/Papa Gregorio IX</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Pietro%20Tamburini">https://en.wikipedia.org/wiki/Pietro Tamburini</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Reginaldo_d%27Orl%C3%A9ans">https://en.wikipedia.org/wiki/Reginaldo d'Orléans</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Salimbene%20de%20Adam">https://en.wikipedia.org/wiki/Salimbene de Adam</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Simone%20IV%20di_Montfort">https://en.wikipedia.org/wiki/Simone IV di Montfort</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Alano%20della%20Rupe">https://it.wikipedia.org/wiki/Alano della Rupe</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Domenico%20di%20Guzman">https://it.wikipedia.org/wiki/Domenico di Guzman</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Immacolata%20Concezione%20le">https://it.wikipedia.org/wiki/Immacolata Concezione </a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Ordine%20dei%20frati%20predicatori">https://it.wikipedia.org/wiki/Ordine dei frati predicatori</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Purgatorio.%20Evoluzione%20del%20dogma">https://it.wikipedia.org/wiki/Purgatorio. Evoluzione del dogma</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Santo - Santi non storici">https://it.wikipedia.org/wiki/Santo - Santi non storici</a></li></ul><p><br><p><a name="_Toc482020539"></a><h2><a name="_Toc511996797">Libri e saggi</a></h2><ul><li><i>Contra haereticos sui temporis, </i>di Hugo Rotomag, 1255</li><li><i>A History of Medieval Heresy and Inquisition</i> di Deane, Jennifer Kolpacoff; Rowman & Littlefield Publishers, Inc. 2011</li><li><em>Apostoli e flagellanti a Parma nel Duecento secondo nuovi documenti di F. Bernini, 1935</em> <em>pp. 353-357</em><em></em></li><li><em>Archivio Corona</em>, gen. 7175; Arch. di Stato di Padova.</li><li><em>Documents pour servir à l'histoire de l'Inquisition en Languedoc di </em>C. Douais, Parigi 1900</li><li><i>Dominicans, Muslims and Jews in the Medieval Crown of Aragon</i> di Robin Vose. Cambridge University Press, ed. 2009</li><li><i>Explicatio super officio inquisitionis. Origini e sviluppi della manualistica inquisitoriale tra Due e Trecento</i>, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2012 di Riccardo Parmeggiani</li><li>Ferdinando del Castello, 1589</li><li><em>Histoire et doctrine de la secte des Cathares ou Albigeois</em>, di C. Schmidt, Parigi 1849, voll. 2;</li><li><i>Historia Generale Di S. Domenico Et Dell'Ordine Suo De'Predicatori</i> di Copertina anteriore</li><li><i>History of the Inquisition of Middle Age</i> di Ch. Lea, Londra 1888</li><li><em>Itinerari ereticali</em>. <em>patari e Catari tra Rimini e Verona</em> di G. Zanella, Roma 1986, pp. 28, 30, 33, 91;</li><li><i>L'eresia del male</i> di R. Manselli, Napoli 1953</li><li><em>L'eresia nel Medioevo</em> di F. Tocco, Firenze 1884, pp. 73-134</li><li><em>L'eresia nella Cronica di fra Salimbene</em>, di Mariano da Alatri, in <em>Eretici e inquisitori in Italia</em>. <em>Studi e documenti</em>, I, <em>Il Duecento</em>, Roma 1986, pp. 68, 73; </li><li><em>Liber antihaeresis di Everardus de Beth, Bibl. PP. Lugd., Parigi 1644, IV, 1073</em><em></em></li><li><i>L'inquisitore Florio da Vicenza</i>, in <i>Praedicatores</i> - <i>Inquisitores</i> - I. <i>The Dominicans and the Mediaeval Inquisition. Acts of the first International Seminar on The Dominicans and the Inquisition</i> (Rome, 23-25 February 2002), Roma, <i>Institutum historicum fratrum Praedicatorum</i>, 2004, pp. 681-699 di Riccardo Parmeggiani, Università di Bologna Alma Mater Studiorum, Dipartimento Storia Culture Civilità</li><li><em>Nascita</em>, <em>vita e morte di un'eresia medievale</em>, a cura di R. Orioli, Novara-Milano 1984, pp. 80, 226;</li><li><em>Regesti di pergamene di archivi ecclesiastici ferraresi</em>, <em>Inquisizione</em>, A. Franceschini, p. 1 n. ib; <em>Chronicon Parmense ab anno MXXXVIII usque ad annum MCCCXXXVIII</em>, a cura di G. Bonazzi, ibid., XV, 2, pp. 35 s., 41, 52 s.; </li><li><em>Serm</em>. <em>XIII adv</em>. <em>Catharorum errors</em> di Ekbertus</li><li><i>St. Francis of Assisi and Nature: Tradition and Innovation in Western Christian Attitudes toward the Environment </i>di Roger D. Sorrell. Oxford University Press, USA, 1988</li><li><i>Storia della città di Parma, scritta dal p. Ireneo Affò. </i>Tomo IV, Stamperia Carmignani, Parma, 1795</li><li><i>Storia generale dell’Inquisizione</i>, opera postuma di Pietro Tamburini. F.lli Borroni, Milano 1866 Vol I di IV. </li><li><i>Summa contra haereses</i> di Alanus</li><li><i>The Medieval Tailor's Assistant: making common garments 1200 -1500</i> di Sarah Thursfield. Ruth Bean Publishers ed., 2001</li><li><i>Un traité inédit du XIIIe siècle contre les Cathares, in Ann. de la Fac. de lettres de Bordeaux, V, fasc. 2</i> di Ch. Molinier.</li><li><i>Vita del glorioso patriarca S. Domenico tratta da' scrittori coetanei di lui, e da altri autori celebri</i> di Francesco Serafino Maria Loddi, 1727</li><li><i>Vita haereticorum</i> di Bonaccursus</li></ul><p><br><h1>Note<hr></h1><p><a name="_ftn1_1970" href="#_ftnref1_1970">[1]</a> <em>Storia della città di Parma</em>, scritta dal p. Ireneo Affò. Tomo IV, Stamperia Carmignani, Parma, 1795 pp. 37<p><a name="_ftn2_1970" href="#_ftnref2_1970">[2]</a> Non esistono atti del processo, se ci sono mai stati non sono giunti sino ad oggi e lo stesso vale per le opere del suo inquisitore, quello che la condannò al rogo insieme ad una seguace che aveva convertito. In mancanza di atti ufficiali di questo processo anche ricostruire la dinamica dei fatti non è possibile, si possono formulare solo delle ipotesi. <p><a name="_ftn3_1970" href="#_ftnref3_1970">[3]</a> Difficile pensare che fosse stata tradita perché sono troppe le fonti, certamente di parte, che attestano una certa arroganza e spavalderia negli eretici che predicavano pubblicamente; nel caso dei Catari c’è anche la conferma che questi sfidavano apertamente in dispute pubbliche i cattolici. <p><a name="_ftn4_1970" href="#_ftnref4_1970">[4]</a> In una trascrizione trecentesca della <i>Chronica</i> viene riportata la rivolta popolare in seguito al rogo, ma viene citato un altro inquisitore domenicano, certo Giovanni da Cornazzano. Fonte: <i>L'inquisitore Florio da Vicenza</i> di Riccardo Parmeggiani<p><a name="_ftn5_1970" href="#_ftnref5_1970">[5]</a> L’atto di designazione di Florio da parte del provinciale dei Predicatori di Lombardia, Bonanno da Ripa, è conservato in una preziosa copia coeva custodita presso l’Archivio Storico Diocesano di Ferrara. Il raro documento riporta la citazione integrale della decretale <i>Licet ex omnibus</i> nella versione di Clemente IV e ci informa di come la designazione di Florio sia avvenuta mediante la consultazione di altri frati del medesimo ordine. La stessa bolla pontificia concedeva tra l’altro al provinciale o al proprio vicario la piena libertà di rimuovere dalla carica in qualsiasi momento e per qualunque ragione l’inquisitore nominato. Il fatto che Florio abbia conservato il proprio mandato per almeno quindici anni (1278-1293) – un periodo eccezionalmente lungo se confrontato con l’attività di altri inquisitori coevi ci testimonia di quale considerazione dovette godere presso i superiori del proprio ordine. Di certo fu un personaggio di notevole rilievo, se è vero – tra l’altro – che rinunciò all’episcopato Vicentino offertogli da un pontefice in data non precisata 8 : se, come molto probabilmente fu, ciò avvenne una volta terminato l’<i>officium</i> inquisitoriale, avremmo un’ulteriore riprova di come tale ufficio rappresentasse spesso l’anticamera per l’episcopato. Fonte: <i>L'inquisitore Florio da Vicenza</i> di Riccardo Parmeggiani<p><a name="_ftn6_1970" href="#_ftnref6_1970">[6]</a> Teoricamente all’epoca di Florio doveva valere il principio di perpetuità dell’incarico, conformemente a quanto stabilito dalla decretale <i>Ne aliqui dubitationem</i> di Clemente IV. La bolla è rivolta agli inquisitori francescani, ma si può supporre per analogia non formale che lo stesso principio dovesse valere anche per i domenicani già prima del 1290, data in cui l’identica decretale venne diretta ai Predicatori. Fonte: <i>L'inquisitore Florio da Vicenza</i> di Riccardo Parmeggiani.<p><a name="_ftn7_1970" href="#_ftnref7_1970">[7]</a> Il 16 febbraio ed il 25 agosto dell'anno successivo ricevette dal cardinal legato di Romagna e Tuscia Latino Orsini inviti a intervenire sia contro gli ebrei ferraresi, che perseguitavano un ebreo convertitosi al cristianesimo, sia contro ebrei di Aquileia, di Venezia, di Mantova e della stessa Ferrara, i quali, abbracciata la fede cattolica, erano poi tornati alla loro antica religione: il cardinale disponeva che si procedesse nei loro confronti e nei confronti di chi li avesse favoriti, adottando le medesime misure con cui si procedeva nei riguardi degli eretici, facendo ricorso - se necessario - al braccio secolare. Non bisogna dimenticare che l’Inquisizione arrivò in molti casi a prendersela anche con chi non era eretico, ma aveva semplicemente altro credo, specificamente se la prendevano molto con gli Ebrei e non per ragioni razziste, ma si presume per ragioni economiche e politiche dato che gli Ebrei nel Medioevo e non solo erano tra coloro che potevano prestare denaro dietro interesse poiché nella loro cultura non era considerato peccato, contrariamente al cattolicesimo.<p><a name="_ftn8_1970" href="#_ftnref8_1970">[8]</a> Una sorta di cassiere, esattore delle tasse. Il termine deriva a <em>bursa</em>, la borsa che era all’epoca fatta di pelle e serviva per contenere denaro e altri piccoli oggetti. <p><a name="_ftn9_1970" href="#_ftnref9_1970">[9]</a> Il fatto in realtà non avvenne a Modena ma a Parma come documentano le fonti. In seguito alla ribellione i Domenicani se ne andarono da Parma e questa fu colpita immediatamente dal papa con l’interdetto e la scomunica. Si chiarirà questo punto successivamente, nella parte dedicata al rogo vero e proprio. Fonte: <i>L'inquisitore Florio da Vicenza</i> di Riccardo Parmeggiani.<p><a name="_ftn10_1970" href="#_ftnref10_1970">[10]</a> Florio tenne quel titolo almeno fino alla fine del secolo, anche se nell’ultimo decennio sembra aver cessato l’attività di inquisitore tornando ad essere semplicemente un Frate predicatore. Fonte: Dizionario Biografico Treccani<p><a name="_ftn11_1970" href="#_ftnref11_1970">[11]</a> Purtroppo nessuna delle opere di Florio si è conservata fino ai nostri giorni; possediamo soltanto un doppio esempio di formulario inquisitoriale, redatto da un suo notaio. <p><a name="_ftn12_1970" href="#_ftnref12_1970">[12]</a> Potrebbe aver svolto il secondo interrogatorio che la condusse al rogo, ma come detto è solo un’ipotesi.<p><a name="_ftn13_1970" href="#_ftnref13_1970">[13]</a> Risulta infatti che egli aprì un'inchiesta contro un certo Bonpietro, ma che non riuscì a trovare prove per muovergli addebiti di particolare rilevanza: dovette infatti rimetterlo alla fine in libertà, dopo averlo fatto sottoporre a una non grave punizione corporale. Nel 1283 costrinse alla confessione un tale Bociarino, cui però poi concesse l'assoluzione. Allo stesso modo dovette condursi nell'azione contro una Rosafiore ed una Rengarda, promossa in quel medesimo giro di tempo (impossibile precisare l'anno a causa della laconicità delle fonti). Sempre in quel periodo - anche in questo caso ignoriamo la data esatta del fatto - ricevette da un cittadino di Firenze, certo Donato, garanzie per un altro fiorentino di nome Lippo.<p><a name="_ftn14_1970" href="#_ftnref14_1970">[14]</a> Qualcuno c’è stato, abiurarono le loro idee confessando le loro colpe e trovarono clemenza scampando il rogo. Uno di questi fu imputato sotto Florio da Vicenza. Vedere nota precedente.<p><a name="_ftn15_1970" href="#_ftnref15_1970">[15]</a> Autore della voce di Florio da Vicenza nel Dizionario Biografico Treccani<p><a name="_ftn16_1970" href="#_ftnref16_1970">[16]</a> Coinquisitore di Florio da Vicenza.<p><a name="_ftn17_1970" href="#_ftnref17_1970">[17]</a> Fonte: <em>L'inquisitore Florio da Vicenza</em> di Riccardo Parmeggiani pp. 686<p><a name="_ftn18_1970" href="#_ftnref18_1970">[18]</a> Il 22 giugno del 1297, data in cui è presente – diversamente a quanto asserito da Zanella – alla cessione in favore dell’Inquisizione di un’area di pertinenza dei domenicani, Florio risulta già, semplicemente, come uno dei frati testimoni dell’atto. Fonte: <em>L'inquisitore Florio da Vicenza</em> di Riccardo Parmeggiani pp. 691<p><a name="_ftn19_1970" href="#_ftnref19_1970">[19]</a> Impiego illecito o illegittimo di denari, beni mobili, da parte di un amministratore o di un pubblico funzionario. <p><a name="_ftn20_1970" href="#_ftnref20_1970">[20]</a> Dizionario Biografico Treccani</p>Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-90358555639353894652018-04-19T17:35:00.000+02:002023-10-09T14:56:34.560+02:00Rolando dei Rossi di Parma<p>Rolando fu Signore di Parma, Lucca, Berceto, Pontremoli, Fidenza, Brescello, Felino, Belforte fu, alla pari del fratello Marsilio, un nobile condottiero di ventura vissuto nella prima metà del XIV secolo ed un nobile parmense della famiglia dei Rossi. Come nel caso del fratello Marsilio, anche dell’infanzia e gioventù di Rolando non si sa molto e la maggior parte delle fonti documentano le sue imprese e la sua vita di adulto. La vita militare di Rolando non fu meno attiva di quella del fratello Marsilio, del quale fu anche alleato quando appoggiò il partito guelfo <a name="_ftnref1_2956" href="#_ftn1_2956">[1]</a> per rafforzare in Parma la posizione della famiglia dei Rossi; ma a Rolando si aggiunge la partecipazione attiva alle congiure, sia come autore nel 1317 quando contribuì alla cacciata di Giberto Da Correggio da Parma; sia come vittima quando nel 1333, i nipoti congiurarono a suo danno e li fece uccidere <a name="_ftnref2_2956" href="#_ftn2_2956">[2]</a>. Alla pari del fratello Marsilio anche Rolando si destreggiò abilmente nella fitta ed intricata rete di alleanze e guerre tra famiglie nobili emiliane per il controllo del territorio, senza considerare le lotte combattute nelle gerarchie più elevate: quelle per l’Impero e quelle per il Papato, in una lotta alle investiture senza fine. Rolando appoggiò 1331 il rivale di Ludovico il Bavaro <a name="_ftnref3_2956" href="#_ftn3_2956">[3]</a> per il trono imperiale, ossia Giovanni di Boemia, che però non divenne mai imperatore e per facilitarsi le cose scacciò da Parma anche i partigiani dei Da Correggio rimasti in città, in quanto oppositori a Giovanni. La maggior parte delle guerre combattute da Rolando, a differenza dei fratelli, ebbero luogo in Emilia, specie nella parte occidentale e in più occasioni fu alleato ed avversario dei Da Correggio, che ricordiamo, contribuì a far cacciare nel 1317. Morti i fratelli Marsilio e Pietro, Rolando incorporò i loro feudi ai propri domini aumentando a dismisura anche il proprio potere. <p>Tra gli ostacoli maggiori che incontrò Rolando nella sua vita e nella sua carriera per affermare la propria posizione ed il proprio dominio, specialmente agli inizi, la storia ricorda la famiglia avversaria alla cui cacciata lo stesso Rolando aveva contribuito tramite una congiura: i Da Correggio. L’usanza medievale, fin dall’Alto Medioevo prevedeva due possibili scenari per togliersi di mezzo un nemico: sposarne un elemento o combatterli fino alla morte, ma il costo delle guerre era troppo elevato anche per i ricchi e probabilmente Rolando preferì la seconda scelta che anche politicamente presentava dei vantaggi: sposare una dei Da Correggio e con la sua dote incrementare ulteriormente il proprio territorio e tenere a bada gli avversari una volta per tutte. Per assicurarsi la fedeltà degli avversari e tenerli legati a doppio filo, senza considerare il vantaggio politico ed economico, Rolando diede in sposa ad un Da Correggio la propria sorella, Engelenda (detta Maddalena Rossi) a Ghiberto da Correggio. Il vantaggio di questo matrimonio era principalmente legato alle origini della sposa e quindi dello stesso Rolando: per parte di madre erano imparentati con i Da Carrara (veneti) a loro volta imparentati con i Fieschi (una delle maggiori famiglie nobili genovesi), senza considerare tutte le ulteriori parentele nobiliari e il potere che rappresentavano; i Da Correggio invece, pur avendo una storia di famiglia importante e una rete parentale non meno importante dei Rossi, avevano solo questa possibilità per mantenere un certo potere e una certa dignità. Fu proprio in occasione di tale fidanzamento che ebbe origine lo storico Palio di Parma, nel 1314 con il nome di “Palio dello Scarlatto” che si festeggiava originariamente il giorno dell’Assunta. Altro problema che Rolando incontrò per affermare il proprio potere nel territorio parmense fu rappresentato dalla famiglia Ruggieri, signori di Felino, posizionato per altro in zona strategica; i Rossi avevano deciso che dovevano avere assolutamente anche quel feudo, ma come fare senza scatenare altre guerre e altri spargimenti di sangue? Ricorrere allo stratagemma del matrimonio fu la sola soluzione possibile e infatti Rolando sposò Agnese Ruggieri. A facilitare la mossa per la presa di potere vi era anche la mancanza di figli maschi della famiglia Ruggieri che con questo matrimonio fu “incorporata” nella famiglia Rossi. Sul matrimonio tra Rolando ed Agnese non si hanno sfortunatamente troppe notizie; le fonti a nostra disposizione documentano la nascita di almeno cinque figli da questo matrimonio: due maschi, Bertrando e Giacomo che ereditarono i beni paterni, e tre figlie femmine <a name="_ftnref4_2956" href="#_ftn4_2956">[4]</a>. <p><br><p align="center"><br><p align="center"><img src="https://blogger.googleusercontent.com/img/proxy/AVvXsEisw2bVr2-_470lOEFy8ZvmwjN-7gZyM2J9s18fHWSe-QBIqMByqKyErmJJLHRt5iWoFAJbgyL5T0xz4g2PeXZrrTQbKRDrWoDOBHmE9EyaXPprzoJc5tEpaKPNWLn7gYtO-y4o36224AW671QmfaQb3d2HMF5bs0tX-F3Z8p6Kb28zlbCcKAX122g0vyKcRKTs4Mzh7-IIZJkodrINEznTASBdAGbq5huy=s0-d"><h6>Figura 1 – Lo schema genealogico dei Rossi, per linea di sangue maschile. Immagine tratta da Le signorie dei Rossi di Parma tra XIV e XVI secolo di Letizia Arcangeli, Marco Gentile, 2007</h6><p><br><p>Rolando morì a Padova, nel 1345 verso la fine del mese di maggio. È sepolto nella basilica di Sant’Antonio, a fianco dei fratelli Pietro e Marsilio e del padre Guglielmo.<p><br><h1>Fonti bibliografiche</h1><p><i>Le signorie dei Rossi di Parma tra XIV e XVI secolo di Letizia Arcangeli, Marco Gentile, </i>2007 - tratto da<i> </i><a href="http://www.archive.org/details/LetiziaArcangeliMarcoGentileeditors"><i>http://www.archive.org/details/LetiziaArcangeliMarcoGentileeditors</i></a><p><br><h1>Note<hr></h1><p><a name="_ftn1_2956" href="#_ftnref1_2956">[1]</a> Guelfi e Ghibellini erano le due fazioni opposte nella politica italiana dal XII secolo fino alla nascita delle Signorie nel XIV secolo. Le origini dei nomi risalgono alla lotta per la corona imperiale dopo la morte dell'imperatore Enrico V (1125) tra le casate bavaresi e sassoni dei Welfen (pronuncia velfen, da cui la parola guelfo) con quella sveva degli Staufer, signori del castello di Waiblingen (anticamente Wibeling, da cui la parola ghibellino). Successivamente, dato che la casata sveva acquistò la corona imperiale e, con Federico I Barbarossa, cercò di consolidare il proprio potere nel Regno d’Italia, in questo ambito politico la lotta denominò chi appoggiava l’impero (Ghibellini) e chi lo contrastava in appoggio al papato (Guelfi).<p><a name="_ftn2_2956" href="#_ftnref2_2956">[2]</a> Tornato a Parma esercitò il suo potere e la sua autorità su Parma diventando un tiranno e attirandosi lamentele ed ire sia tra popolo sia tra le mura domestiche, tanto che il nipote Matteo da Montecchio arrivò a congiurare contro di lui. <p><a name="_ftn3_2956" href="#_ftnref3_2956">[3]</a> Fu duca di Baviera dal 1294, Rex Romanorum dal 1314 e Imperatore del Sacro Romano Impero dal 1328. È sepolto nella Frauenkirche di Monaco di Baviera.<p><a name="_ftn4_2956" href="#_ftnref4_2956">[4]</a> È stato trovato un solo riferimento in merito all’esistenza di un precedente matrimonio di Rolando ma della cosa non vi conferma da parte di altre fonti. Quando anche fosse stato cos è fin troppo evidente che da questo matrimonio presunto non fossero nate delle figlie, tanto più dieci anni dopo la morte di Rolando, nel 1355, vi fu una vicenda che coinvolse la famiglia di Rolando. Corniglio, insieme alle ville di Roccaferrara, Roccaprebalza e Corniana fu strappata alla Mensa nel 1355, in seguito a una causa intentata al vescovo Ugolino dal nipote Giacomo di Rolando e da Agnese, vedova di Rolando, a nome del nipote Bertrando juniore; creditori nei confronti del presule di più di diecimila fiorini d’oro. Le signorie dei Rossi di Parma tra XIV e XVI secolo di Letizia Arcangeli, Marco Gentile, 2007Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-4455629311982100582018-04-19T16:59:00.000+02:002023-10-09T14:56:36.808+02:00Carlo il Calvo. L’imperatore dell’Arte miniata<p><br><h1>Indice</h1><p><a href="#_Toc511920593">Biografia di Carlo il Calvo</a><p> <a href="#_Toc511920594">La famiglia di Carlo il Calvo e la discendenza</a><p> <a href="#_Toc511920595">Carlo il Calvo e la linea di sangue di Goffredo di Buglione</a><p> <a href="#_Toc511920596">Analisi della figura di Carlo il Calvo</a><p><a href="#_Toc511920597">Fonti bibliografiche</a><p> <a href="#_Toc511920598">Siti internet</a><p> <a href="#_Toc511920599">Libri</a><p> <a href="#_Toc511920600">Manoscritti</a><p><br><h1><a name="_Toc511920593">Biografia di Carlo il Calvo</a></h1><p>Carlo II Imperatore, detto il Calvo, nacque a Francoforte sul Meno il 13 giugno 833 dalle seconde nozze dell'imperatore Ludovico il Pio con Giuditta, figlia del conte Guelfo di Baviera. La sua nascita provocò una gravissima serie di eventi che portarono alla rapida disgregazione dell’impero che il nonno, Carlo Magno aveva faticosamente messo insieme. Figlio di secondo letto di Ludovico il Pio e di Giuditta di Baviera figlia di Guelfo di Baviera, Carlo ottenne alla nascita e dietro intervento della madre, parte dei territori dei fratelli. In vero l’eredità dell’Imperatore Ludovico il Pio era già stata stabilita nel 817 dividendo il territorio dell’Impero tra i tre figli avuti dalla prima moglie: Lotario I, Pipino e Ludovico il Germanico. La nascita di Carlo almeno in teoria e secondo la consuetudine dell’epoca in fatto di successione non obbligava di fatto il Pio ad assegnare una fetta dell’Impero anche all’ultimogenito, potendolo comodamente sistemare in un monastero come avevano fatto i suoi predecessori. L’intervento della regina però fu decisivo e Ludovico il Pio cambiò l’assegnazione dei feudi, provocando di fatto l’ira degli altri tre figli. Nel 817, grazie alla<em> Divisio Imperii </em>del padre, Lotario aveva acquisito la corona imperiale e quella d’Italia, corona in passato appartenuta ai Longobardi, prendendo possesso dell’Italia nel 822 e venendo incoronato imperatore da Papa Pasquale I nel 823 <a name="_ftnref1_8354" href="#_ftn1_8354">[1]</a>. Per assegnare anche a Carlo una fetta di eredità, Ludovico tolse a Lotario parte dell'Alemannia (o Svevia), l'Alsazia, la Rezia e parte della Borgogna assegnandole con il titolo di duca. La reazione di Lotario fu pessima e gli costò la perdita del diritto di usare il titolo imperiale e nel 829 fu mandato in Italia, la cui corona era “vacante” e dove a governare vi era stato fino al 817 il solo figlio di Pipino d’Italia: Bernardo, che non avendo figli a succedergli era un facile ostacolo da eliminare, senza contare che era solo e come se non bastasse la sua legittimità fu messa in discussione <a name="_ftnref2_8354" href="#_ftn2_8354">[2]</a>. Essendo la corona d’Italia in rapporto di vassallaggio rispetto all’Impero, a succedere a Carlo Magno vi fu proprio Ludovico il Pio e la situazione rimase per diverso tempo invariata e favorevole a Bernardo. Ludovico il Pio lo definisce in una missiva “<em>dilectus filius noster</em>” e sembra esserci stato un buon rapporto tra zio e nipote fino al 817, quando fu emesso il documento di successione del Divisio Imperii in cui l’Italia era lasciata in mano al nuovo imperatore (quindi almeno in teoria le cose non sarebbero dovute cambiare rispetto al periodo precedente), di Bernardo non veniva fatta alcuna menzione e fu allora che ebbero inizio i primi veri guai per l’integrità dell’impero stesso. Bernardo, temendo di perdere il potere, influenzato probabilmente da alcuni ecclesiastici e nobili che avevano tutti gli interessi a far si che l’Italia rimanesse “controllabile” nelle loro mani, progettò di ribellarsi e mandò le sue truppe al confine sulle Alpi <a name="_ftnref3_8354" href="#_ftn3_8354">[3]</a>, senza mai attaccare consapevole della sua inferiorità militare rispetto all’Imperatore. Questi però fu informato dal vescovo di Verona e dal conte di Brescia e si preparò alla difesa. Chiesto un incontro formale con lo zio per trattare la questione e mantenere il potere, Bernardo fu incarcerato e successivamente, nel 818 processato con i suoi fedeli seguaci e condannato a morte. Restava però pur sempre un famigliare e alla fine Ludovico mutò la pena in accecamento. Bernardo in quel modo non avrebbe mai potuto governare <a name="_ftnref4_8354" href="#_ftn4_8354">[4]</a>. Il nipote morì dopo tre giorni per le ferite riportate <a name="_ftnref5_8354" href="#_ftn5_8354">[5]</a> e non avendo discendenti la corona d’Italia fu annessa da Ludovico ai territori dell’Impero. Le vicende di questi anni, in cui ancora Carlo non è nato, sono confusi per certi aspetti. Secondo lo storico Christian Settipani, Bernardo non era affatto senza discendenza ed ebbe un figlio che divenne conte di Vermandois senza pretendere mai il trono italiano. Si tratta però della sola fonte che riporta una notizia del genere mentre la maggior parte insistono sull’eliminazione di Bernardo, come strumento politico per mettere di nuovo e definitivamente l’Italia tra i feudi dell’Impero, soggetta poi alla divisione dell’817. Inoltre tutti e tre i figli di primo letto di Ludovico avevano interesse a eliminare un potenziale nemico e aumentare invece il controllo dell’Impero sull’Italia, per cui cugino o no, Bernardo era un ostacolo da eliminare con le buone o con le cattive. <p><br><p>I tre figli di Ludovico il Pio erano già grandi quando nacque Carlo a compromettere la spartizione della loro eredità. La ribellione di Lotario, che ne era anche il padrino, ne comportò un allontanamento in Italia nel 829 fino al 831, quando si riunì ai fratelli e insieme tentarono di ribellarsi al padre ma fallirono. Tentata una nuova ribellione armata, con l’aiuto dell'arcivescovo di Reims, Ebbone, deposero il padre e si spartirono l’impero in tre, senza contare Carlo però, che all’epoca era ancora un infante <a name="_ftnref6_8354" href="#_ftn6_8354">[6]</a>. I dissidi tra i tre fratelli scatenarono una nuova guerra e Pipino e Ludovico il Germanico si riaccostarono al padre, il deposto imperatore preferendo di fatto essere vassalli del padre che non del fratello e nel 833 Ludovico il Pio riprese il potere e il trono. Lotario, secondo il cronista Thegano, continuò nella sua ribellione, ma prima che l'anno fosse terminato fu catturato; si prostrò ai piedi del padre che lo perdonò, lasciandogli il titolo di re d'Italia e là in un certo senso lo “esiliò” con l’obbligo di difendere il Papa. Di fatto Lotario non era più co-imperatore. Nell'837, Ludovico il Pio, in una dieta ad Aquisgrana, ampliò, a discapito di Pipino I e Ludovico il Germanico, i territori che sarebbero stati assegnati al giovane Carlo, che a settembre divenuto maggiorenne, gli fu assegnato un territorio tra la Loira e la Senna, iniziando un riavvicinamento a Lotario che li condusse poi all'incontro di Worms dell'838, probabilmente per ridefinire i punti cruciali della successione. Proprio quell’anno Pipino II, figlio di Pipino d’Aquitania morì e ignorando deliberatamente l’erede, Ludovico il Pio lo diseredò facendo rientrare l’Aquitania tra i territori imperiali e non senza opposizioni da parte degli aquitani e dello stesso Pipino II, il quale dopo numerosi tentativi di ribellarsi e opporsi, anche quando Carlo era già adulto, fu sconfitto e costretto a farsi monaco nel 852. <p><br><p align="center"><img src="https://lh3.googleusercontent.com/-CDqjOGDWyDw/WtivOhMc7-I/AAAAAAAApqc/DzFMNyUBZ9c6lv4FoorMb3Hs1P9sCQEowCHMYCw/s1600/clip_image002%255B2%255D"><h6>Figura 1 – La ripartizione dell’Impero dopo il trattato di Verdun nel 843 e di Mersen nel 870. Fonte immagine: Muir's Historical Atlas (1911). Fonte Wikipedia</h6><p><br><p>Carlo il Calvo essendo di parecchi anni minore dei fratellastri, da Lotario lo separavano ben 28 anni, doveva fare i conti anche con gli eredi e quindi i figli, per salvaguardare la propria eredità. La morte del padre Ludovico il Pio nel 840 e la salita al trono imperiale di Lotario I, provocarono gravi dissidi e nuove lotte tra i fratelli che di essere suoi vassalli non volevano saperne. Alla morte di Lotario nel 855 Ludovico pensò di subentrargli come imperatore, ma Carlo si oppose e dopo la morte del figlio di Lotario, Ludovico II, scese in Italia per reclamarne la corona. Il papa Giovanni VIII aveva in quel periodo bisogno di un difensore contro i Saraceni; e voleva il ritorno all'unità nell'Occidente cristiano per opera del Carolingio francese, che egli, così per la tradizionale politica del papato, come in considerazione delle sue qualità personali, preferì a quello tedesco. Carlo ebbe cosi le due corone, l'imperiale a Roma (25 dicembre 875) e la reale a Pavia (31 gennaio 876). Fallì invece nel tentativo di conquistare la Germania alla morte di Ludovico il Germanico, perché fu sconfitto ad Andernach nel 876. Nell'877, a richiesta di Giovanni VIII, Carlo discese una seconda volta in Italia, probabilmente per difendere il papato dalle nuove incursioni dei saraceni. Prima di partire dalla Francia, all'aristocrazia del suo regno aveva dovuto fare concessioni in materia di ereditarietà di feudi col capitolare di Quierzy, riuscendo però ad assicurare la successione al primogenito Ludovico il Balbo. Carlo era appena giunto nella valle padana, dove, a Vercelli, s'incontrò con Giovanni VIII, quando fu costretto a riprendere la via del ritorno: era infatti sceso in Italia e marciava contro di lui Carlomanno di Baviera, uno dei figli di Ludovico il Germanico: e in Francia era imminente una ribellione di capi dell'aristocrazia col favore del re tedesco. Tanta fatica per conquistare una posizione e il potere destinati in fin dei conti a non durare tanto e dopo un’estenuante serie di lotte e guerre con i fratellastri era riuscito a diventare padrone dei loro feudi e imperatore e mantenere il potere solo per due anni, durante i quali comunque le opposizioni non erano mai mancate. Lungo la via di ritorno, mentre si trovava nella Savoia, a Brides-les-Bains, Carlo si ammalò e morì il 6 ottobre 877. Principe franco migliore della sua fama, Carlo il Calvo fu intelligente e colto, e cercò d'impedire la rovina del potere monarchico e dell'Impero carolingio; ma le nuove forze in pieno svolgimento non potevano più essere arrestate. I suoi figli non gli succedettero dividendosi nuovamente l’impero come era accaduto in passato per i figli degli imperatori germanici e il territorio dell’Impero di disgregò ancor di più. <p align="right"><a href="#top">Torna all’indice</a><h1><a name="_Toc511920594"></a><a name="_Toc434508086">La famiglia di Carlo il Calvo e la discendenza</a></h1><p>Carlo il Calvo aveva sposato Ermentrude d'Orléans, figlia del conte d'Orleans, Oddone I <a name="_ftnref7_8354" href="#_ftn7_8354">[7]</a> nel 842 <a name="_ftnref8_8354" href="#_ftn8_8354">[8]</a> il 13 dicembre; la sposa era più vecchia di lui di tre anni e gli diede ben nove figli in quindici anni, prima di separarsi (senza ripudio pare) ed essere mandata in convento dove morì nel 869 a 44 anni. <p align="center"><br><p align="center"><img width="850" height="322" src="https://dc559.4shared.com/img/tveQn-9Kei/s24/162de43a188/Discendenti_di_Carlo_Magno_fin?async&rand=0.5588976998442625"><h6>Figura 2 – Discendenti di Carlo Magno fino a Carlo il Calvo (5 generazioni)</h6><p><br></p><p>Non si conoscono di preciso le ragioni di questa separazione, ma è facile ipotizzare che non fosse proprio per ragioni di politica di Carlo, piuttosto di un suo capriccio personale. Carlo infatti all’epoca avrebbe già avuto una concubina, una certa Richilde delle Ardenne o Richilde di Provenza <a name="_ftnref9_8354" href="#_ftn9_8354">[9]</a> che divenne ufficialmente la seconda moglie di Carlo e quindi regina al suo fianco dal 870 alla morte di Carlo. Secondo gli Annales Bertiniani raccontano che ai funerali della regina Ermentrude vi fosse nientemeno che il fratello di Richilde, Bosone I di Provenza il quale avrebbe scritto alla madre per far entrare in scena la sorella. Più attiva politicamente di Ermentrude, Richilde governò il regno in assenza del marito e anche dopo la morte di Carlo non se ne stette con le mani in mano: fu protagonista infatti delle lotte intestine al regno, all’impero e alla Provenza. Come Carlo, anche Richilde aveva dovuto fare i conti con i nipoti del marito e per i suoi nemici non fu facile schiodarla dal trono <a name="_ftnref10_8354" href="#_ftn10_8354">[10]</a>. Alla morte del marito, Richilde si trovava al governo e appoggiò la ribellione dei nobili del regno che rifiutavano di prestare giuramento di fedeltà all'erede al trono, al figlio di Carlo ed Ermentrude, Luigi il Balbo <a name="_ftnref11_8354" href="#_ftn11_8354">[11]</a>. Con l'intermediazione del vescovo di Reims, Incmaro, Luigi il Balbo riuscì a raggiungere un compromesso con la nobiltà e a riconciliarsi con Richilde che gli consegnò le insegne reali e l'atto in cui Carlo il Calvo prima di morire aveva nominato Luigi suo erede. Alla morte del figliastro nell’879 Richilde riprese il potere approfittando della tenera età dei figli di Luigi e cercando di prevenire la rivale, Ansgarda <a name="_ftnref12_8354" href="#_ftn12_8354">[12]</a> (che comunque riuscì alla fine nel suo intento e i figli salirono al trono, ma morirono giovani e senza eredi). Richilde cercò di portare sul trono il fratello Bosone, senza però riuscirvi poiché i nobili si opposero, l'accusarono d'incesto col fratello e rifiutarono la sua autorità. Allora Richilde aiutò Bosone a sottrarre (ed a diventarne re) la Provenza ai nipoti del marito, riuscendovi. Alla morte dei due figli di Ansgarda, Richilde tornò al potere una terza volta, ma i grandi del regno, dato lo stato di confusione e la costante minaccia dei Normanni, nominarono re di Francia e d'Aquitania Carlo il Grosso e la costrinsero a ritirarsi in Provenza, presso il fratello, dove morì tra il 910 ed il 914. Esattamente un secolo dopo la morte di Carlo Magno. Meno di un secolo era occorso per sfaldare per sempre il sogno di un Occidente unito sotto un’unica corona e un’unica fede. Richilde aveva dato a Carlo cinque figli, due dei quali gemelli che morirono in tenera età e si ricorda una figlia, Rotilde che sposò il figlio di Ugo il Grande, ma rimasta vedova si ritirò in convento dove divenne badessa e dopo che le fu tolta l’abbazia non si hanno più notizie di lei. I tentativi di Richilde di imporre una propria discendenza fallirono miseramente, ammesso che abbia mai avuto simili piani e ai suoi figli sopravvissero quelli della primogenita di Carlo il Calvo e di Ermentrude: Giuditta, dalla quale discende nientemeno che Goffredo di Buglione quasi dopo due secoli di storia. <p align="right"><a href="#top">Torna all’indice</a><h2><a name="_Toc511920595"></a><a name="_Toc434508087">Carlo il Calvo e la linea di sangue di Goffredo di Buglione</a></h2><p align="center"><a href="https://www.4shared.com/photo/12Gm6sgWca/Discendenti_di_Carlo_il_Calvo_.html" target="_blank"><img src="https://dc602.4shared.com/img/12Gm6sgWca/s23/162de6137c0/Discendenti_di_Carlo_il_Calvo_"></a><h6>Figura 3 – Discendenza di Carlo il Calvo fino a Goffredo di Buglione († 1099)</h6><p><br></p><p>Giuditta, primogenita di Carlo il Calvo, sposò in prime nozze, a soli dodici anni, il Re Ethelwulf del Wessex, già due volte vedovo e sessantenne. Ethelwulf del Wessex faceva ritorno da un pellegrinaggio a Roma e si era fermato presso la corte del re franco nel 856, anno in cui avvenne fidanzamento e matrimonio di Giuditta (in inglese Judith of Flanders). Giuditta era di parecchio più giovane dei figliastri: Ethelwulf dalla precedente moglie aveva avuto tre figli maschi, tra cui Alfredo il Grande, il figlio minore del re che all’epoca era ancora bambino <a name="_ftnref13_8354" href="#_ftn13_8354">[13]</a>. Una cosi giovane e probabilmente anche bella matrigna, che per altro godette di un diritto sino ad allora negato alle regine, menzionate solo come mogli del re e non come regine con del potere reale, rappresentava una minaccia per i figli, sebbene l’età del padre non faceva presupporre che potesse ancora generare <a name="_ftnref14_8354" href="#_ftn14_8354">[14]</a> e di fatti dall’unione non nacquero figli. Ethelwulf morì due anni dopo e salì al trono Ethelbald che aveva tredici anni più della giovane matrigna e non avendo altri legami che lo frenassero, decise di sposarla, ma anche da questa unione non nacque alcun figlio senza contare che per la Chiesa era incesto e il matrimonio fu ritenuto invalido. Ethelbald morì due anni dopo e sul trono salì non Giuditta, ma il secondo fratello Ethelbert <a name="_ftnref15_8354" href="#_ftn15_8354">[15]</a>. In seguito alla morte del secondo marito, secondo gli <em><font color="#ff0000">Annales Bertiniani</font> </em>e gli <em><font color="#ff0000">Hincmari Remensis Annales</font></em>, Giuditta, nell'861, vendette tutte le sue proprietà nel Wessex (ricevute probabilmente come controdote dal marito) e ritornò in Francia rifugiandosi in monastero su suggerimento – o dovremmo dire costrizione – del padre, in attesa di trovare un nuovo partito per lei. Presumibilmente Carlo il Calvo intendeva combinare un nuovo matrimonio per la figlia; in ogni caso, attorno al Natale 861, Giuditta fuggì assieme a Baldovino, futuro conte delle Fiandre, probabilmente dopo essersi sposati nel monastero di Senlis. Il racconto dell'avvenimento negli annali dipinge Giuditta non come la vittima passiva di un rapimento, bensì come parte attiva del fatto, fuggita dietro istigazione di Baldovino e apparentemente con il consenso del fratello Luigi il Balbo. L’ira del re padre si scagliò contro la coppia che rifugiò presso Lotario II e da qui chiesero al Papa di perorare la loro causa, cosa che avvenne e resosi conto di dover cedere, Carlo acconsentì e tornata in Francia la coppia di amanti si sposò pubblicamente e ufficialmente. La <em><font color="#ff0000">Historia Remensis Ecclesiae </font></em>conferma questa storia e pare che Carlo avesse dato al genero un territorio di confine, le Fiandre appunto, per difendere il territorio interno dalle invasioni dei Vichinghi, mossa che però gli costò il giudizio negativo degli storici, essendo tale mossa sospetta di nascondere il desiderio che il genero morisse nelle battaglie contro gli invasori. Baldovino seppe invece reprimere la minaccia vichinga ed espanse rapidamente tanto il suo esercito quanto i suoi territori, divenendo un fedele sostenitore di Carlo il Calvo; la marca di Baldovino divenne ben presto nota come Contea delle Fiandre e sarebbe divenuta una dei principati più potenti di tutta la Francia. Forse a malincuore Carlo dovette ricredersi su quel genero indesiderato, ma potente. Da Baldovino Giuditta ebbe cinque figli, il cui secondogenito Baldovino II successe al padre nella contea di Fiandra. Da lui discende il ramo, per linea di sangue maschile, Goffredo di Buglione, primo Re di Gerusalemme a cui succederà il fratello Baldovino che manderà avanti il Regno e la dinastia a partire dall’Anno di Grazia 1100. <p><br><p align="right"><a href="#top">Torna all’indice</a><h2><a name="_Toc511920596"></a><a name="_Toc434508088">Analisi della figura di Carlo il Calvo</a></h2><p>La vita di Carlo il Calvo la si conosce più che altro attraverso i fatti di cui fu vittima e protagonista al tempo stesso. La sua nascita fu un vero fulmine a ciel sereno nell’integrità territoriale e governativa dell’Impero e le lotte intestine per i domini, compiute dai fratellastri e non solo, anche dai loro discendenti, diedero il via ad una serie di eventi da cui avranno origine le monarchie del Medioevo. Nella vita di Carlo e in quella dei suoi antenati la presenta ed il ruolo delle donne è stato fondamentale sia dal punto di vista della vita privata sia dal punto di vista della loro influenza sugli uomini che governavano al momento, come era accaduto durante il regno dei Merovingi, anche nel periodo in cui visse Carlo, le donne si fecero tra loro quasi la guerra, spingendo da una parte o dall’altra per arrivare al potere, più per loro stesse che per preparare un terreno fertile ai figli. Questo fa presumere che le donne al tempo di Carlo erano tutt’altro che succubi e fragili, specie nei piani più alti del potere. Carlo lo conosciamo indirettamente attraverso la vita dei fratelli prima, del padre e poi dei figli. Non lo si può conoscere da vicino come suo nonno, ed Eginardo era morto quando Carlo venne al mondo, per dirci di più sulle imprese del nipote di Carlomagno. Carlo il Calvo dovette essere per il suo tempo anche un personaggio interessato alle arti e ai libri non meno di suo nonno e numerosi sono i manoscritti a lui attribuiti, in alcuni dei quali è possibile scorgerne un ritratto. Va precisato che i ritratti di questi personaggi erano idealistici e non realistici per cui la persona fisicamente poteva essere anche diversa dal ritratto che ne fanno i contemporanei. I manoscritti attribuiti a Carlo il Calvo sono per lo più testi sacri, ma non mancano anche testi di letteratura profana e classica, custoditi in parte in Francia e in parte in Germania e si riportano di seguito quelli più belli, miniati:<ul><li><i><font color="#ff0000">Évangiles de Saint-Denis</font></i> che gli esperti hanno faticato a datare per via dello stile delle decorazioni e l’assenza di ritratti degli Evangelisti che collocherebbero il manoscritto alla fine del VIII secolo, quando ancora Carlo non era nato per cui potrebbe essere stato fatto realizzare da Carlomagno o da qualcuno molto vicino a lui. Il manoscritto pare essere stato donato all’Abbazia di Saint-Denis durante il regno di Carlo il Calvo, dall’Imperatore nel 864, ma non ci sono fonti sicure al riguardo e la presenza del manoscritto lì è attestata al XIII secolo, durante il quale furono apportate delle modifiche al testo. Oggi è custodito dalla Bibliothèque nationale de France, Latin 9387.<i></i></li><li><i><font color="#ff0000">Opuscula medicalia</font> </i>datato invece tra l’830 e l’870 e si tratterebbe di un testo di medicina e secondo gli esperti il manoscritto sarebbe stato prodotto ad Echternach in parte e continuato per volere di Carlo il Calvo presso lo scriptorium dell’Abbazia di Saint-Denis e anche lo stile interno fa presumere che le mani che hanno lavorato al testo siano di due persone diverse. Anche questo manoscritto è custodito dalla Bibliothèque nationale de France, Latin 11219.</li><li><font color="#000000"><font color="#ff0000"><i>Bible de Vivien</i> </font></font>detta anche <i><font color="#000000"><font color="#ff0000">La prima Bibbia di Carlo il Calvo</font></font></i><font color="#000000"><font color="#ff0000"></font></font>, uno tra i più bei esemplari di miniatura carolingia del IX secolo. Fu realizzata dallo <i>scriptorium</i> di Saint Medard e fu donata a Carlo il Calvo. Il manoscritto deve il suo nome al conte Vivien o Vivian, abate di Tour dal 844 al 851 che lo fece realizzare. Il codice è in materiale pergamenaceo e il testo è scritto con minuscole e capitali rustiche e contiene ben 8 miniature a piena pagina. Il codice, ricchissimo di illustrazioni, si conclude con la miniatura che raffigura l’atto della dedica: Vivian e i monaci Amandus, Sigwaldus e Aregarius che la donano all’Imperatore. Carlo la donò successivamente all’Abbazia di Metz dove rimase fino al 1675 quando divenne proprietà del ministro delle finanze di Luigi XIV e da qui fu dato alla biblioteca reale. Il manoscritto è custodito dalla Bibliothèque nationale de France, Latin 1 <a name="_ftnref16_8354" href="#_ftn16_8354">[16]</a>.</li></ul><p align="center"><img src="https://lh3.googleusercontent.com/-vOQTDFMxhsc/VjuuRa-WFtI/AAAAAAAAoRs/BFUA7Ef4o0k/btv1b8455903b%25255B7%25255D.jpg?imgmax=800"></p><h6>Figura 4 – Donazione del manoscritto all’Imperatore. <em>Bible de Vivien</em>, Bibliothèque nationale de France, Latin 1, folio 423r <a name="_ftnref17_8354" href="#_ftn17_8354">[17]</a>. Si notino i costumi indossati dalle figure della scena, in alcuni mantelli si vede chiaramente la rappresentazione stilizzata del trifoglio, usato anche nella riproduzione della tunica dell’Imperatore.</h6><p><br><p><ul><li><i>La <font color="#ff0000">seconde Bible de Charles le Chauve</font></i>, realizzata da Hucbald de Saint-Amand negli anni ’70 del IX secolo è caratterizzata da particolari decorazioni colorate, ma nessun ritratto ed è ospitata anch’essa come le altre citate dalla Bibliothèque nationale de France, Latin 2. </li><li><i><font color="#ff0000">Psalterium Caroli Calvi</font></i> prodotta dallo <i>scriptorium reale</i> di Carlo il Calvo tra l’842 e l’869 e quindi sarebbe precedente alla <i><font color="#ff0000">Seconda Bibbia</font></i>, e realizzato contemporaneamente a quella di Vivien. Sarebbe stato realizzato da Liutardo, capo del laboratorio della scuola del Palazzo intorno agli anni 869-870. Nell'870, lui e suo fratello, Berengario (Béranger), avrebbero firmato anche la copia del <em><font color="#ff0000">Codex Aureus di St. Emmeram</font></em> di Ratisbona (Monaco di Baviera, BSB, Clm 14000). Il manoscritto è realizzato in materiale pergamenaceo e scritto con caratteri carolini e unciali rustici. La copertina è uno splendido esempio dell’arte carolingia, con copertina in legno intagliato e pietre incastonate, sul davanti il quadretto centrale in avorio riporta una scena sulla vita di Re Davide fanciullo, come era stato profetizzato da Nathan. In questo manoscritto vi sono anche delle ricchissime miniature, decorate con oro e in una vi è il ritratto di Carlo il Calvo. Il <i><font color="#ff0000">Psalterium Psalterium Caroli Calvi</font></i> è oggi custodito presso la Bibliothèque nationale de France, Latin 1152.</li></ul><p><br><p align="center"><img src="https://lh3.googleusercontent.com/-ib0awyQ_VTA/VjuuY0xGiiI/AAAAAAAAoR0/CeZ_6l-Zn9Y/btv1b55001423q%25255B9%25255D.jpg?imgmax=800"><h6>Figura 5 – L’imperatore Carlo il Calvo con i simboli della regalità e del potere. <em>Psalterium Caroli Calvi</em>, Bibliothèque nationale de France, Latin 1152, folio 3v <a name="_ftnref18_8354" href="#_ftn18_8354">[18]</a>.</h6><ul><li><em><font color="#ff0000">Sacramentarium</font></em> [<em><font color="#ff0000">Sacramentaire de Charles le Chauve</font></em>] datato sempre tra 869 e 870 è un libro che contiene pochissime pagine, ma miniature stupende e caratteristica è la miniatura interna, la prima in cui vi è rappresentata una incoronazione di un principe, forse Carlo il Calvo, da parte di Dio (la mano che scende dalla nuvola). Il manoscritto è custodito presso la Bibliothèque nationale de France, Latin 1141.</li></ul><p align="center"><img src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjvb2K6tcVMstnbML5lxVjZq0IEt4qvea8X2PEFWcDFi0ovbDVZMOHrPvOFS-psna88K00572UhBw00A8d405lLq0srm2BKE3_yJ6EWnWCZAzHwRtS8vDZVHWNFIJFD7XE1zOGg2anhpA/?imgmax=800"><h6>Figura 6 – Prima miniatura dell’Incoronazione. In verità non si conosce l’esatta identità della figura centrale che potrebbe essere anche quella di Davide. <em>Sacramentarium</em> [<em>Sacramentaire de Charles le Chauve</em>], Bibliothèque nationale de France, Latin 1141, folio 2v <a name="_ftnref19_8354" href="#_ftn19_8354">[19]</a>.</h6><ul><li><i><font color="#ff0000">Évangiles de Noailles</font> </i>realizzato negli anni cinquanta del IX secolo presso la scuola di palazzo di Carlo il Calvo, è una raccolta di Vangeli, scritti su materiale pergamenaceo in minuscola carolina e caratteri rustici, con iniziali decorate e alcune miniature in oro. Il testo non contiene ritratti, se non una rappresentazione di Cristo nelle prime pagine. Il manoscritto è custodito presso la Bibliothèque nationale de France, Latin 323. </li><li><i><font color="#ff0000">Sacramentarium Sancti Dionysii</font></i> realizzato nella seconda metà del IX secolo, presso l’abbazia di Saint-Amand-en-Pévèle. È scritto su materiale pergamenaceo in minuscola carolina e caratteri rustici mentre alcune pagine sono riccamente decorate per intero e altre hanno le iniziali decorate. Il manoscritto è custodito presso la Bibliothèque nationale de France, Latin 2290. </li><li>Due vangeli, uno dei quali magnificamente decorato come il <font color="#ff0000"><i>Psalterium Caroli Calvi</i> </font>e sembra essere appartenuto a Carlo il Calvo. Questo manoscritto ha la copertina in legno, decorato con pietre preziose e oro, mentre il centro è in avorio raffigurante la scena della crocifissione. Il manoscritto è custodito presso la Bibliothèque nationale de France, Latin 9453. </li></ul><p><ul><li><em><font color="#ff0000">Codex Aureus von St. Emmeram</font></em>, forse il più bello e prestigioso manoscritto tra quelli realizzati in epoca carolingia e quello che reca la miniatura con il ritratto dell’imperatore (folio 14 <a name="_ftnref20_8354" href="#_ftn20_8354">[20]</a>) , a cui ci si è ispirati per la riproduzione della tunica. Il manoscritto proviene da Saint Denis e il miniatore è probabilmente quel Liutardo della Bibbia di Vivien, realizzata insieme al fratello Berengario e pare essere stata realizzato proprio su commissione di Carlo. Il testo è in materiale pergamenaceo e contiene 7 miniature a piena pagina, 12 tavole canoniche ed altrettante ornamentali <a name="_ftnref21_8354" href="#_ftn21_8354">[21]</a>. Arnolfo di Carinzia, Re di Baviera <a name="_ftnref22_8354" href="#_ftn22_8354">[22]</a> lo donò alla fine del IX secolo, 893, all’Abbazia di St. Emmeram (da cui il nome del manoscritto). Dopo vari passaggi, il manoscritto è oggi custodito dalla Bayerische Staatsbibliothek di Monaco di Baviera come BSB Clm 14000 <a name="_ftnref23_8354" href="#_ftn23_8354">[23]</a>. </li></ul><p align="center"><br><p align="center"><img src="https://lh3.googleusercontent.com/-KFPTWc1N0sM/Vjuuk_mTo2I/AAAAAAAAoSE/D-jtWexHXSk/bsb00096095_00010%25255B14%25255D.jpg?imgmax=800"><h6>Figura 7 – Miniatura con il ritratto di Carlo il Calvo, Imperatore del Sacro Romano Impero, assiso in trono nella miniatura del folio 14 del <em>Codex Aureus von St. Emmeram</em>, Bayerische Staatsbibliothek ® Clm 14000 <a name="_ftnref24_8354" href="#_ftn24_8354">[24]</a></h6><p><br><ul><li><em><font color="#ff0000">Bibbia di San Paolo</font></em> (detta anche di San Paolo fuori le mura) è un’altra bibbia carolina commissionata da Carlo il Calvo tra la fine della prima metà e la seconda metà del IX secolo, è quasi sconosciuta al pubblico e custodita oggi presso l’omonima chiesa, a Roma. Contiene alcune miniature a pagina intera, una delle quali contiene un ritratto dell’Imperatore quasi identico a quello contenuto nel Codex Aureus (BSB Clm 14000) e riflette lo stile tardo carolingio. Secondo gli esperti, il manoscritto fu realizzato in occasione del matrimonio tra Richilde e Carlo il Calvo, nel 870 <a name="_ftnref25_8354" href="#_ftn25_8354">[25]</a>. </li></ul><p>L’analisi delle miniature rappresentanti l’imperatore confermano la natura idealistica e non realistica dei ritratti, tanto più che somigliano moltissimo al ritratto che Eginardo aveva fatto di Carlo Magno: <p><br><blockquote><p>“Era di taglia grossa e robusta, di statura alta ma non eccezionale, giacché misurava sette piedi d’altezza. Aveva la testa rotonda, gli occhi molto grandi e vivaci, il naso appena più grosso del normale, i capelli bianchi ma ancora belli, l’espressione allegra e ridente; il collo corto e grasso e il ventre un po’ sporgente; la voce chiara, ma un po’ troppo sottile per la sua stazza.[…] ”<a name="_ftnref26_8354" href="#_ftn26_8354">[26]</a></p></blockquote><p><br><p>Secondo lo storico Alessandro Barbero, nel testo dedicato a Carlo Magno, il ritratto fisico offerto da Eginardo trova conferma nelle raffigurazioni coeve <a name="_ftnref27_8354" href="#_ftn27_8354">[27]</a> dell’imperatore. L’effigie impressa sulle sue monete è quella d’un uomo corpulento, dal collo grasso e i baffi spioventi, coi capelli tagliati corti sulle orecchie, e il capo coronato d’alloro al modo degli imperatori romani. Lo stesso tipo si ritrova in una statuetta equestre di bronzo dorato, alta circa una ventina di centimetri, conservata al Louvre; il soggetto è certamente un sovrano carolingio, che la tradizione identifica con Carlo Magno, anche se molti indizi fanno pensare che l’opera sia più tarda. La statuetta raffigura un uomo robusto, dalla testa rotonda, il viso paffuto, i capelli corti e grossi baffi, con la corona in testa, decisamente somigliante al Carlo Magno descritto da Eginardo; sicché l’ipotesi più verosimile è che si tratti d’un ritratto dell’imperatore commissionato da uno dei suoi successori, probabilmente il nipote Carlo il Calvo <a name="_ftnref28_8354" href="#_ftn28_8354">[28]</a>. Sia nel Codex Aureus (BSB Clm 14000), nella Bibbia di S. Paolo e nel Psalterium il ritratto dell’imperatore Carlo il Calvo è fedele alle descrizioni di Eginardo e alle altre opere contemporanee di Carlo Magno, per cui non si può non supporre che vi sia una certa somiglianza che in realtà corrisponde ad un ritratto più ideale che reale sia dell’Imperatore Carlo Magno sia del nipote Carlo il Calvo, il quale non viene per altro mai rappresentato come un uomo calvo appunto, come voleva il soprannome <a name="_ftnref29_8354" href="#_ftn29_8354">[29]</a>. Anche gli abiti raffigurati nei manoscritti e rappresentati nelle opere sembrano fedeli sia alla descrizione fatta da Eginardo della moda franca e carolingia e anche qui notiamo una certa somiglianza. Carlo, prima ancora di vestirsi, andava ad assistere all’ufficio mattutino, avvolto in un mantello lungo fino ai piedi, «di cui oggi», scrive Notker un secolo dopo, «s’è perduto non solo l’uso, ma perfino il nome»; sotto infilava soltanto la camicia e le mutande di lino, che peraltro non erano una raffinatezza regale o nobiliare, ma erano usate da tutti <a name="_ftnref30_8354" href="#_ftn30_8354">[30]</a>. Terminato il servizio, l’imperatore tornava nella camera, dove il fuoco ardeva nel camino, e lì si vestiva, più o meno lussuosamente a seconda delle circostanze. Sopra la biancheria indossava una tunica lunga fino al ginocchio e stretta in vita da una cintura. Era l’abito comune a tutti i Franchi, e solo il pregio delle stoffe e la presenza di galloni distinguevano il re e i nobili dai contadini, oltre naturalmente al colore: gli abiti dei poveri infatti erano di lana non tinta, e dunque grigi o bruni, mentre i ricchi vestivano stoffe dai colori vivaci, soprattutto rosso e viola. Sotto la tunica Carlo infilava le brache, che erano d’uso corrente ma non universale, giacché si andava anche a gambe nude. Sempre presenti erano invece le calze, che dovevano avere una suola di cuoio, perché si portavano molto spesso senza altre calzature; per fermarle si giravano fasce di stoffa intorno ai piedi e alle gambe. Quando faceva freddo, il re si avvolgeva nella solita cappa, lunga fino ai piedi; durante la sua vita, osserva Notker, la moda tendeva ad accorciarla, ma Carlo ne scoraggiò il commercio. Oltre alla cappa, che preferiva blu, portava se necessario un comune pellicciotto, di lontra, di ratto o d’agnello. Parte integrante dell’abbigliamento quotidiano, infine, erano la spada alla cintura e una mazza nodosa di legno di melo, col pomo d’oro o d’argento <a name="_ftnref31_8354" href="#_ftn31_8354">[31]</a>. Il ritratto corrisponde quasi in tutto e per tutto anche alla raffigurazione di Carlo il Calvo che nel Codex Aureus (BSB Clm 14000) indossa una tunica lunga (di parecchio sotto al ginocchio e non corta come avveniva in precedenza, anche se le altre figure maschili intorno all’imperatore vestono tuniche corte) bordata con un gallone di pietre preziose mentre il mantello è lungo fino ai piedi, di color oro, anch’esso bordato come la tunica ed è portato alla maniera bizantina, aperto cioè da un lato. Le calze, probabilmente suolate son strette da lacci che si incrociano lungo il polpaccio e da qui si presume che a grandi linee la moda carolingia non era cambiata in mezzo secolo, anche se alcuni soldati vengono talvolta rappresentati già con scarpe chiuse e piccoli stivali. Persino la capigliatura, corta e sopra le orecchie e il mento sbarbato rappresentati nei manoscritti trovano ancora una volta conferma nella descrizione degli storici dell’epoca. <p align="right"><a href="#top">Torna all’indice</a><h1><a name="_Toc511920597"></a><a name="_Toc434508091">Fonti bibliografiche</a></h1><h1><a name="_Toc511920598"></a><a name="_Toc434508092">Siti internet</a></h1><ul><li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Charles_the_Bald">http://en.wikipedia.org/wiki/Charles the Bald</a></li><li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Ealhswith">http://en.wikipedia.org/wiki/Ealhswith</a></li><li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Ermengarde_of_Hesbaye">http://en.wikipedia.org/wiki/Ermengarde of Hesbaye</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Alfredo_il_Grande">http://it.wikipedia.org/wiki/Alfredo il Grande</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ansgarda_di_Borgogna">http://it.wikipedia.org/wiki/Ansgarda di Borgogna</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Arnolfo_di_Carinzia">https://it.wikipedia.org/wiki/Arnolfo di Carinzia</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Baldovino_I_delle_Fiandre">http://it.wikipedia.org/wiki/Baldovino I delle Fiandre</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Baldovino_II_delle_Fiandre#Matrimonio_e_discendenza">http://it.wikipedia.org/wiki/Baldovino II delle Fiandre</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Bernardo%20d'Italia">http://it.wikipedia.org/wiki/Bernardo d'Italia</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_di_Provenza">http://it.wikipedia.org/wiki/Carlo di Provenza</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_il_Giovane">http://it.wikipedia.org/wiki/Carlo il Giovane</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Emma_di_Baviera">http://it.wikipedia.org/wiki/Emma di Baviera</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ermengarda_di_Tours">http://it.wikipedia.org/wiki/Ermengarda di Tours</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ermentrude_d%27Orl%C3%A9ans">http://it.wikipedia.org/wiki/Ermentrude d'Orleans</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ethelbald_del_Wessex">http://it.wikipedia.org/wiki/Ethelbald del Wessex</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ethelred_del_Wessex">http://it.wikipedia.org/wiki/Ethelred del Wessex</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ethelwulf_del_Wessex">http://it.wikipedia.org/wiki/Ethelwulf del Wessex</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Giuditta_(figlia_di_Carlo_il_Calvo)">http://it.wikipedia.org/wiki/Giuditta (figlia di Carlo il Calvo)</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Lotario_I">http://it.wikipedia.org/wiki/Lotario I</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Lotario_II_di_Lotaringia">http://it.wikipedia.org/wiki/Lotario II di Lotaringia</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ludovico_II_il_Germanico">http://it.wikipedia.org/wiki/Ludovico II il Germanico</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ludovico_III_della_Francia_Orientale">http://it.wikipedia.org/wiki/Ludovico III della Francia Orientale</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ludovico_il_Pio#Matrimoni_e_discendenza">http://it.wikipedia.org/wiki/Ludovico il Pio</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_II_di_Francia">http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi II di Francia</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Oddone%20d'Orleans">http://it.wikipedia.org/wiki/Oddone d’Orleans</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Osburga">http://it.wikipedia.org/wiki/Osburga</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Pipino%20d'Italia">http://it.wikipedia.org/wiki/Pipino d’Italia</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Richilde_di_Provenza">http://it.wikipedia.org/wiki/Richilde di Provenza</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ringarda_(Pipino_I)">http://it.wikipedia.org/wiki/Ringarda (Pipino I)</a></li><li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ugo_di_Tours">http://it.wikipedia.org/wiki/Ugo di Tours</a></li></ul><h2><a name="_Toc511920599"></a><a name="_Toc434508093">Libri</a></h2><ul><li>Amann, E. Storia della Chiesa. L'epoca carolingia (757-888). San Paolo, 1977.</li><li>Barbero, Alessandro. Carlo Magno. Un padre d'Europa. Laterza, 2002.</li><li>Bardèche, Maurice. Storia della donna. Dai Carolingi al XX secolo. Vol. 1. 2 vol. Mursia, 1973.</li><li>Norbert, Wolf. Capolavori della miniatura. I codici miniati più belli del mondo dal 400 al 1600. Taschen, 2007.</li><li>Treccani, Enciclopedia. Bernardo Re d'Italia. s.d. http://www.treccani.it/enciclopedia/bernardo-re-d-italia/.</li><li>—. Bernardo, re d'Italia (Dizionario Biografico degli Italiani). 1967. http://www.treccani.it/enciclopedia/re-d-italia-bernardo_(Dizionario-Biografico)/.</li><li>—. Carlo II Imperatore, detto il Calvo (Enciclopedia Italiana). A cura di Francesco Cognasso. 1931. http://www.treccani.it/enciclopedia/bernardo-re-d-italia/.</li><li>—. Carlo II imperatore, detto il Calvo. s.d. http://www.treccani.it/enciclopedia/carlo-ii-imperatore-detto-il-calvo/.</li><li>—. Carlo Magno (Enciclopedia Dantesca). A cura di Girolamo Arnaldi. 1970. http://www.treccani.it/enciclopedia/carlomagno_%28Enciclopedia-Dantesca%29/.</li><li>—. Carlo Magno, Imperatore (Enciclopedia dell' Arte Medievale). A cura di F. Mütherich. 1993. http://www.treccani.it/enciclopedia/imperatore-carlo-magno_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/.</li><li>—. Carlomagno (Dizionario di Storia). 2010. http://www.treccani.it/enciclopedia/carlomagno_%28Dizionario-di-Storia%29/.</li><li>—. Carlomagno re dei Franchi imperatore romano. s.d. http://www.treccani.it/enciclopedia/carlomagno-re-dei-franchi-imperatore-romano/.</li><li>—. Lotario I re d'Italia e imperatore. A cura di Augusto Lizier. 1934. http://www.treccani.it/enciclopedia/lotario-i-re-d-italia-e-imperatore_(Enciclopedia-Italiana)/.</li><li>—. Lotàrio I re d'Italia e imperatore. A cura di Francesco Cognasso. s.d. http://www.treccani.it/enciclopedia/lotario-i-re-d-italia-e-imperatore/.</li><li>—. Ludovico I il Pio re dei Franchi e imperatore. A cura di Francesco Cognasso. s.d. http://www.treccani.it/enciclopedia/ludovico-i-il-pio-re-dei-franchi-e-imperatore/.</li></ul><h2><a name="_Toc511920600"></a><a name="_Toc434508094">Manoscritti</a></h2><ul><li><i>Bible de Vivien</i> (<i>Prima Bibbia di Carlo il Calvo</i>) - Bibliothèque nationale de France, Latin 1 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8455903b">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8455903b</a>) </li><li><i>Codex Aureus von St. Emmeram</i>/<i>Evangeliar (Codex Aureus)</i> - Bayerische Staatsbibliothek, BSB Clm 14000 (Rif. <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0009/bsb00096095/images/">http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0009/bsb00096095/images/</a>; <a href="http://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00057171&pimage=00001&v=100&nav=&l=en">Evangeliar (Codex Aureus) - BSB Clm 14000 #Einzelbilder</a> e <a href="http://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&lv=1&bandnummer=bsb00096095&pimage=00096095&suchbegriff=&l=it">Evangeliar (Codex Aureus) - BSB Clm 14000 #Faksimile</a> ) </li><li><i>Evangéliaire – </i>Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 9453 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b52000464r">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b52000464r</a>)</li><li><i>Évangiles de Noailles – </i>Bibliothèque nationale de France, Latin 323 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b550056533">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b550056533</a>) </li><li><i>Évangiles de Saint-Denis </i>[<i>Evangelia quattuor</i>] – Bibliothèque nationale de France, Latin 9387 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b550014262">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b550014262</a>) <i></i></li><li><i>Opuscula medicalia – </i>Bibliothèque nationale de France, Latin 11219 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8438662j">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8438662j</a>)</li><li><i>Psalterium Caroli Calvi</i>, Bibliothèque nationale de France, Latin 1152 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55001423q">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55001423q</a>) </li><li><i>Sacramentarium</i> [<i>Sacramentaire de Charles le Chauve</i>] – Bibliothèque nationale de France, Latin 1141 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b53019391x">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b53019391x</a>) <i></i></li><li><i>Sacramentarium Sancti Dionysii</i> – Bibliothèque nationale de France, Latin 2290 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8423836x">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8423836x</a>) </li></ul><h1>Note<hr></h1><p><p><a name="_ftn1_8354" href="#_ftnref1_8354">[1]</a> Essendo ancora in vita il padre, Lotario svolgeva le funzioni di co-imperatore ed essendo il primogenito gli era stata assegnata con la dignità imperiale, una certa superiorità nella successione rispetto ai fratelli. <p><a name="_ftn2_8354" href="#_ftnref2_8354">[2]</a> Secondo la <i>Vita Hludowici Imperatoris</i> era figlio di Pipino d’Italia e di una sua concubina. Carlo Magno sembra però avergli riconosciuto il diritto alla successione, ma fino a 15 anni fu mandato presso un monastero e si poté insediare sul trono italiano solo nel 812. Pipino era morto due anni prima e senza alcun aiuto forte, Bernardo era una facile preda dei nemici e di chiunque volesse impossessarsi del trono. <p><a name="_ftn3_8354" href="#_ftnref3_8354">[3]</a> <em>Monumenta Germaniae Historica</em>, <em>tomus II: Thegani Vita Hludovici Imperatoris</em>, pag. 596, par. 22<p><a name="_ftn4_8354" href="#_ftnref4_8354">[4]</a> La tecnica di accecare un rivale, specie nelle famiglie regnanti, era una prassi in uso già dall’Antichità e non più in là di un secolo prima l’Imperatrice bizantina Irene aveva fatto la stessa cosa con il proprio figlio per salire al trono. <p><a name="_ftn5_8354" href="#_ftnref5_8354">[5]</a> È sepolto a Milano nella Basilica di Sant'Ambrogio<p><a name="_ftn6_8354" href="#_ftnref6_8354">[6]</a> Questa esclusione fa presumere che la loro intenzione circa il fratellastro ancora bambino era probabilmente quella di eliminarlo o fisicamente o semplicemente chiuderlo in monastero. Non abbiamo troppe fonti al riguardo l’infanzia di Carlo il Calvo. <p><a name="_ftn7_8354" href="#_ftnref7_8354">[7]</a> Secondo gli <i>Annales Fuldenses</i> Oddone che era <i>missus dominicus</i> dell'imperatore, Carlomagno, preso i Sassoni, nell'810, fu fatto prigioniero, sull'Elba, da Wilzi. Le fonti su di lui non sono troppo sicure né concordanti. Secondo gli <i>Einhardi Annales</i>, Oddone fu tra i conti Franchi che, nell'811, parteciparono alle trattative di pace tra l'imperatore ed il re dei Vikinghi, il danese, Henningum mentre secondo la <i>Vita Hludowici Imperatoris</i> divenne conte d'Orleans solo nell'821, alla morte del padre, ma nell'827, non era più conte d'Orleans, infatti, in quell'anno, Matfrid I, era il conte d'Orleans che, assieme a Ugo conte di Tours, fu inviato ad unirsi al re d'Aquitania, Pipino I, per portare aiuto alla città di Barcellona assediata dai Mori. Oddone fu tra i sostenitori di Ludovico il Pio, nelle dispute con i suoi tre figli maggiori, ma sua fedeltà non fu generosamente ricompensata, almeno da Ludovico. Più di un Annale riporta la precarietà del feudo di Orleans che Oddone avrebbe perso più volte: gli <i>Annales Bertiniani</i>, <i>Annales Fuldenses</i> e <i>Annales Xantenses</i> riportano che Oddone perse il feudo, assegnato a Matfrid I. Oddone aveva dunque ogni interesse a imparentarsi con il figlio dell’Imperatore. Morì nel 834, durante una delle ultime battaglie di ribellione tra i figli di Ludovico il Pio e il padre. <p><a name="_ftn8_8354" href="#_ftnref8_8354">[8]</a> <em>Annales Bertiniani</em>, nel Carisiacum palatium di Quierzy.<p><a name="_ftn9_8354" href="#_ftnref9_8354">[9]</a> Figlia del conte dell’Ardenne, Bivin de Gorze, e della moglie che era la figlia di Bosone di Arles. Era inoltre la sorella di Bosone I di Provenza, parente inoltre di Teutberga (o Teoberga, figlia del conte di Valois Bosone il Vecchio, capostipite della dinastia Bosonide, e legittima moglie del re di Lotaringia, Lotario II).<p><a name="_ftn10_8354" href="#_ftnref10_8354">[10]</a> Nell'877, Richilde seguì il marito nella campagna d'Italia, assieme ad un drappello di nobili cavalieri; la maggior parte della nobiltà, tra cui suo fratello Bosone, con l'esercito, avrebbero raggiunto l'imperatore, in un secondo tempo. Dato che l'esercito non arrivava, Carlo, a Tortona, decise di accelerare i tempi e forse per uno scrupolo politico fece incoronare imperatrice Richilde dal papa Giovanni VIII e poi la inviò in Gallia a sollecitare la partenza dell'esercito, che però non partì mai. <p><a name="_ftn11_8354" href="#_ftnref11_8354">[11]</a> Fu secondogenito di Carlo il Calvo e della regina Ermentrude e primo figlio maschio dei nove avuti dalla coppia. Noto anche come Luigi II di Francia, Luigi il Balbo succedette al padre come Re dei Franchi occidentali, Re d’Aquitania, Re di Lotaringia e di Provenza (fino al 879, quando il fratello della matrigna ne divenne il re).<p><a name="_ftn12_8354" href="#_ftnref12_8354">[12]</a> Secondo gli Annales Bertiniani, nel marzo dell'862, all'età di circa 36 anni, Ansgarda di Borgogna sposò segretamente l'erede al trono di Francia, che di anni ne aveva 16, il principe Luigi il Balbo, contro il volere del re Carlo il Calvo il quale si adoperò affinché il matrimonio fosse annullato, ma non ci riuscì. Alla fine Luigi il Balbo, nell'875, per volere del padre ma con la disapprovazione di papa Giovanni VIII divorziò da Ansgarda, che venne ripudiata e allontanata da corte e nello stesso anno (febbraio 875) e Carlo riuscì a fargli sposare la sua prescelta, Adelaide del Friuli, che però, a Troyes, il 7 settembre 878, papa Giovanni VIII rifiutò di incoronarla regina. Quando nell'879, Luigi il Balbo morì, mentre stava preparando una spedizione contro il conte di Poitiers Ranulfo II e quello del Maine, Ragenoldo, Ansgarda lavorò per la successione sul trono dei suoi figli maschi: Luigi e Carlomanno. Spinse l'arcivescovo di Reims a rivedere il suo divorzio, anche se la nuova regina era incinta e poi mise al mondo un erede maschio Carlo il Semplice. Ansgarda e i suoi figli accusarono Adelaide di adulterio e prima della fine dell'879 Luigi III e Carlomanno II salirono congiuntamente sui troni di Francia e di Aquitania; ambedue moriranno, giovani e senza eredi, per una caduta da cavallo, e poco dopo morì anche Ansgarda. <p><a name="_ftn13_8354" href="#_ftnref13_8354">[13]</a> Era nato nel 849 e la madre Osburga era morta che era ancora un bambino di sei anni, mentre i fratelli erano tutti molto più vecchi di lui, specie Ethelbald che aveva 18 anni all’epoca. <p><a name="_ftn14_8354" href="#_ftnref14_8354">[14]</a> In realtà l’età per l’uomo non è influente sulla capacità procreativa come per la donna, anche se ovviamente dopo i cinquant’anni tale capacità diminuisce. Esistono casi storici di sovrani che siano riusciti a procreare a quasi sessant’anni come nel caso di Federico I Barbarossa che a 58 anni ebbe dalla giovane moglie (23 anni in meno) una figlia che però morì prestissimo. Trattasi ovviamente di casi rari, anche perché i matrimoni all’epoca erano fatti dalle famiglie e avvenivano quando gli sposi erano giovanissimi proprio per sfruttarne le capacità riproduttive. <p><a name="_ftn15_8354" href="#_ftnref15_8354">[15]</a> Ethelbert morì nel 865, dopo cinque anni di regno in cui i Danesi avevano invaso l’Inghilterra e gli succedette il terzo fratello Etherelt che però fu ucciso e gli successe a sua volta Alfredo il Grande. <p><a name="_ftn16_8354" href="#_ftnref16_8354">[16]</a> <i>Capolavori della miniatura. I codici miniati più belli del mondo dal 400 al 1600</i> di Norbert Wolf, TASCHEN ed., 2007 – pagg. 96-97<p><a name="_ftn17_8354" href="#_ftnref17_8354">[17]</a> <em>Bible de Vivien</em>, Bibliothèque nationale de France, Latin 1 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8455903b/f853.item">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8455903b/f853.item</a>)<p><a name="_ftn18_8354" href="#_ftnref18_8354">[18]</a> <em>Psalterium Caroli Calvi</em>, Bibliothèque nationale de France, Latin 1152 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55001423q/f12.item">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55001423q/f12.item</a>)<p><a name="_ftn19_8354" href="#_ftnref19_8354">[19]</a> <em>Sacramentarium</em>, Bibliothèque nationale de France, Latin 1141 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b53019391x/f14.item">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b53019391x/f14.item</a>)<p><a name="_ftn20_8354" href="#_ftnref20_8354">[20]</a> <em>Codex Aureus von St. Emmeram</em>, Bayerische Staatsbibliothek Clm 14000 (Rif. <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0009/bsb00096095/images/index.html?seite=10&fip=193.174.98.30">http://daten.digitale-sammlungen.de/BSB Clm 14000 - folio 14</a>) <p><a name="_ftn21_8354" href="#_ftnref21_8354">[21]</a> <em>Capolavori della miniatura. I codici miniati più belli del mondo dal 400 al 1600 </em>di Norbert Wolf, TASCHEN ed., 2007 – pagg. 98-99<p><a name="_ftn22_8354" href="#_ftnref22_8354">[22]</a> Arnolfo di Carinzia era nipote di Ludovico il Germanico da cui ereditò la corona di Baviera, quella di Re dei Franchi orientali, quella d’Italia (che però perse) e infine quella imperiale dall'896 alla sua morte.<p><a name="_ftn23_8354" href="#_ftnref23_8354">[23]</a> <em>Codex Aureus von St. Emmeram</em> o <em>Evangeliar (Codex Aureus</em>) - BSB Clm 14000 Bayerische Staatsbibliothek ®, Muenchen (Rif. <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0009/bsb00096095/images/">http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0009/bsb00096095/images/</a>) <p><a name="_ftn24_8354" href="#_ftnref24_8354">[24]</a> <em>Codex Aureus von St. Emmeram</em>, Bayerische Staatsbibliothek Clm 14000 (Rif. <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0009/bsb00096095/images/index.html?seite=10&fip=193.174.98.30">http://daten.digitale-sammlungen.de/BSB Clm 14000 - folio 14</a>) <p><a name="_ftn25_8354" href="#_ftnref25_8354">[25]</a> <em>Capolavori della miniatura. I codici miniati più belli del mondo dal 400 al 1600</em> di Norbert Wolf, TASCHEN ed., 2007 – pagg. 102-103<p><a name="_ftn26_8354" href="#_ftnref26_8354">[26]</a> <em>Carlo Magno. Un padre dell'Europa</em> di Alessandro Barbero, Laterza ed., 2002 pag. 84<p><a name="_ftn27_8354" href="#_ftnref27_8354">[27]</a> Contemporaneo<p><a name="_ftn28_8354" href="#_ftnref28_8354">[28]</a> <em>Carlo Magno. Un padre dell'Europa</em> di Alessandro Barbero, Laterza ed., 2002 pagg. 84-85<p><a name="_ftn29_8354" href="#_ftnref29_8354">[29]</a> Il soprannome fin dall’antichità (cognomen) tendenva ad identificare una caratteristica personale dell’individuo e veniva posto alla fine del nome (prenomen, nomen e cognomen). In epoca medievale e antica non esistevano i cognomi intesi come oggi, anche se il nomen identificava la gens e quindi la famiglia di appartenenza dell’individuo. L’uso di soprannomi è diffusissimo nell’antichità e nel Medioevo tanto che ancora oggi certe parole sono utilizzate per identificare una persona: “quello è un Cicerone” per indicare un grande oratore. <p><a name="_ftn30_8354" href="#_ftnref30_8354">[30]</a> La camicia in tal senso era usata anche come il nostro pigiama moderno, non solo come indumento intimo.<p><a name="_ftn31_8354" href="#_ftnref31_8354">[31]</a> <em>Carlo Magno. Un padre dell'Europa</em> di Alessandro Barbero, Laterza ed., 2002 pagg. 86-87Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-86639057052363765752018-04-19T15:51:00.000+02:002023-10-09T14:56:39.772+02:00Costanza d’Aragona. Dall’Aragona alla Sicilia, Regina e Imperatrice<h1>Indice</h1><p><a href="#_Toc511914110">Biografia di Costanza</a><p><a href="#_Toc511914111">Fonti bibliografiche</a><p><br><h1><a name="_Toc511914110">Biografia di Costanza</a></h1><p>Costanza nacque presumibilmente nel 1184, secondogenita del re Alfonso Il d'Aragona <a name="_ftnref1_5836" href="#_ftn1_5836">[1]</a> e di Sancia di Castiglia<a name="_ftnref2_5836" href="#_ftn2_5836">[2]</a>. Della sua infanzia non si hanno notizie e le fonti riprendono la storia nel 1199, quando quindicenne sposò il Re Emerico d’Ungheria<a name="_ftnref3_5836" href="#_ftn3_5836">[3]</a> il quale cercava l'appoggio pontificio per rafforzare la propria posizione nei confronti del fratello minore, il futuro Re Andrea <a name="_ftnref4_5836" href="#_ftn4_5836">[4]</a>. <p><br><p>Quale <em>dotario</em> <a name="_ftnref5_5836" href="#_ftn5_5836">[5]</a> Emerico assegnò alla sposa due contee e 30.000 once d'oro. Il destino non fu magnanimo con Emerico che morì qualche anno dopo nel 1204, lasciando Costanza vedova e con un figlio, nato nel 1200 e al quale fu dato il nome di Ladislao. La situazione geopolitica dell’epoca, specie per quanto riguarda l’impero, non fu favorevole nemmeno per Costanza che non riuscì a rivendicare il trono d’Ungheria per il figlio <a name="_ftnref6_5836" href="#_ftn6_5836">[6]</a>, incoronato re (per strategia ovviamente) lo stesso anno della morte del padre. Andrea, cognato di Costanza, approfittò della situazione e usurpato il trono costrinse la regina a fuggire col figlioletto e a trovare ospitalità presso Leopoldo d'Austria. Ancora una tragedia famigliare nella vita di Costanza: nel 1205 morì infante il figlioletto Ladislao, a soli cinque anni <a name="_ftnref7_5836" href="#_ftn7_5836">[7]</a> e rimasta completamente sola, con solo l’aiuto dello zio, Costanza fece ritorno in Ungheria. La situazione geopolitica dell’epoca subì una sorta di pausa, come se il tempo si fosse fermato e proprio in quel momento era necessario studiare una nuova manovra politica per rovesciare la Germania e i partigiani tedeschi. Già in passato però, proprio i tedeschi avevano pensato a fare una mossa simile per girare la situazione a loro vantaggio: l'imperatrice Costanza <a name="_ftnref8_5836" href="#_ftn8_5836">[8]</a>, morta nel 1198, aveva accarezzato l'idea di un matrimonio del figlio Federico con una delle sorelle del re Pietro II d'Aragona <a name="_ftnref9_5836" href="#_ftn9_5836">[9]</a> e fu proprio Innocenzo III <a name="_ftnref10_5836" href="#_ftn10_5836">[10]</a>, il quale assunse la tutela del giovane Federico dopo la morte della madre, a riprendere nel 1202 questo progetto. <p><br><p>Costanza d’Aragona era più vecchia di Federico di ben dieci anni, una cosa un po’ insolita all’epoca vista l’opposta tendenza in cui erano i mariti ad essere più vecchi delle mogli. L’età degli sposi comunque era il problema minore in un certo senso e il Papa mirava a creare un nuovo asse di opposizione alla Germania imperiale, unendo due regni mediterranei: quello Aragonese e quello siciliano che per altro lo riconoscevano come loro signore feudale. La scelta inizialmente non prevedeva Costanza come futura sposa del giovane Federico, anch’essa più vecchia di parecchio del giovane principe, ma alla fine questa venne data in moglie nel 1211 al conte Raimondo di Tolosa. Inoltre nel 1202 non erano ancora accaduti i disastrosi fatti che avevano costretto prima la fuga e poi il rientro di Costanza in Ungheria a causa delle ostilità. Fu proprio il rientro di Costanza a far cambiare la posizione delle pedine sulla scacchiera del Papa e Innocenzo III scelse la sua regina. Le trattative matrimoniali iniziate nel 1204 per Sancia mutarono a favore di Costanza ma si trascinarono fino al 1208, quando il futuro Federico II di Svevia avrebbe raggiunto la maggiore età (14 anni) <a name="_ftnref11_5836" href="#_ftn11_5836">[11]</a> e probabilmente perché la situazione del Regno di Sicilia aveva assunto una certa urgenza. Nel febbraio del 1208 il vescovo di Mazara si recò a Saragozza per conto di Innocenzo III e di Federico II con l'incarico di condurre la sposa nel Regno; ma il risultato della missione fu soltanto la conclusione definitiva del contratto nuziale che fu confermato da Innocenzo III nell'agosto dello stesso anno. In base a questo contratto Costanza assunse il titolo di regina di Sicilia. Verso la metà del 1209 Costanza lasciò finalmente l'Aragona giungendo a Palermo il 15 agosoto 1209. Le nozze furono celebrate alcune settimane più tardi, perché Federico Il si trovava a Messina al momento dell'arrivo della sposa. Federico II assegnò a Cosnza il consueto dotario delle regine siciliane: alcuni feudi nell'isola di Sicilia, tra cui Taormina e Vieste. Come previsto dal contratto nuziale, Costanza era stata condotta in Sicilia dal fratello Alfonso conte di Provenza alla testa di 500 cavalieri che dovevano sostenere Federico II nella lotta contro la nobiltà del Regno. Ancora una volta la sfortuna cagionò danno alla non più giovane regina: l’esercito fu colpito da una grave epidemia e così il corposo aiuto militare si rivelò invece piuttosto modesto. Le fonti attribuiscono a Costanza, sin dai primi anni di matrimonio, una certa influenza nella politica del marito oltre ad un’attiva partecipazione nelle decisioni più importanti. Non va dimenticato che Costanza essendo più vecchia del marito aveva alle spalle anche una maggiore esperienza e gli atti la vedono partecipe negli atti di confisca di Federico II e nell’allontanamento di figure ribelli come Gualtieri di Palearia membro del Consiglio del re <a name="_ftnref12_5836" href="#_ftn12_5836">[12]</a>. Federico II era figlio di Enrico VI imperatore e di Costanza d’Altavilla, ma per nascita non era automaticamente il nuovo imperatore e infatti in quell’epoca regnava Ottone IV, che proprio nel 1210 fu scomunicato da Innocenzo III <a name="_ftnref13_5836" href="#_ftn13_5836">[13]</a>. La scomunica di Ottone IV diede ai sostenitori del partito guelfo il pretesto per mettere un altro al suo posto e in accordo con il papa offrirono la corona imperiale a Federico II, che partì. Costanza vedeva però questa unione, a cui il papa precedentemente si era opposto, come un’avventura incerta e rischiosa. Dopo la partenza di Federico II per la Germania ella assunse la reggenza nel Regno di Sicilia e contemporaneamente la tutela del figlio ed erede al trono Enrico, nato nel 1211, che già era stato incoronato re di Sicilia <a name="_ftnref14_5836" href="#_ftn14_5836">[14]</a>. Costanza soggiornò in Sicilia fino al 1216 e le fonti attestano che la sua residenza preferita fosse Messina. Lo stesso anno partì da qui, insieme al figlio Enrico, all'arcivescovo Berardo di Palermo e dal conte tedesco Alberto di Everstein per raggiungere Federico in Germania. Costanza arrivò a Norimberga nel dicembre 1216 e da allora seguì Federico in tutti i suoi spostamenti in Germania, ma senza distinguersi più con iniziative proprie. Non sappiamo, quindi, se abbia avuto una parte nelle trattative di Federico II con Onorio III relative alle questioni romana e siciliana. Costanza accompagnò il marito nella discesa in Italia e fu incoronata imperatrice da Onorio III in S. Pietro a Roma il 22 novembre 1220 <a name="_ftnref15_5836" href="#_ftn15_5836">[15]</a>. Dopo l'incoronazione l'imperatrice si recò di nuovo in Sicilia, passando per Montecassino, Sessa, Capua, Puglia e Calabria. Dopo il suo ritorno in Sicilia alla fine di maggio 1222, Federico II fu completamente assorbito dall'assedio dei Saraceni a Iato e non rivide più Costanza che nel mentre si trovava invece a Catania dove morì il 23 giugno 1222 <a name="_ftnref16_5836" href="#_ftn16_5836">[16]</a>. <p align="center"><br><p align="center"><img width="600" height="800" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/a/a2/Crown_of_Constance_of_Aragon_-_Cathedral_of_Palermo_-_Italy_2015.JPG/225px-Crown_of_Constance_of_Aragon_-_Cathedral_of_Palermo_-_Italy_2015.JPG"><h6>Figura 1 – Corona di Costanza conservata presso la Cattedrale di Palermo. © José Luiz Bernardes Ribeiro. Fonte immagine: Wikipedia <a name="_ftnref17_5836" href="#_ftn17_5836">[17]</a></h6><p><br><p>Costanza fu deposta in un sarcofago di marmo antico, posto accanto a quelli di porfido in cui riposavano le spoglie di Ruggero II, di Enrico VI e di sua moglie Costanza. Dopo la sua morte Federico promise al papa di sposare Jolanda di Brienne <a name="_ftnref18_5836" href="#_ftn18_5836">[18]</a>, erede al trono di Gerusalemme, e di partire per la crociata entro il 24 giugno del 1225.<p>Sfortunatamente di lei non si hanno ritratti o statue per capire come fosse fisicamente né descrizioni coeve che ci permettano di immaginarla. Di lei riposano gli oggetti sopravvissuti nei secoli e rinvenuti, il ricordo e la memoria. <p align="center"><br><p align="center"><img width="850" height="566" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/6/68/Tomb_of_Constance_of_Aragon_-_Cathedral_of_Palermo_-_Italy_2015.JPG/1280px-Tomb_of_Constance_of_Aragon_-_Cathedral_of_Palermo_-_Italy_2015.JPG"><h6>Figura 2 – Sarcofago romano di Costanza presso la Cattedrale di Palermo. © José Luiz Bernardes Ribeiro. Fonte immagine: Wikipedia <a name="_ftnref19_5836" href="#_ftn19_5836">[19]</a></h6><p><br><h1><a name="_Toc511914111">Fonti bibliografiche</a></h1><ul><li>Backman, C. R. (2002). <i>The Decline and Fall of Medieval Sicily: Politics, Religion, and Economy in the Reign of Frederick III, 1296-1337.</i> Cambridge University Press.</li><li>Daniele, F. (1784). <i>I regali sepolcri del Duomo di Palermo riconosciuti e illustrati</i> (Vol. https://archive.org/details/gri 33125011693732). (F. Marra, A cura di) Palermo.</li><li>Dunbabin, J. (2011). <i>French in the Kingdom of Sicily, 1266-1305.</i> Cambridge University Press.</li><li>Kreutz, B. M. (1991). <i>Before the Normans: Southern Italy in the ninth and tenth centuries.</i> Philadelphia: University of Pennsylvania Press.</li><li>Nicolle, D., & Gravett, C. (2006). <i>The Normans. Warrior Knights and their Castles.</i> Osprey Publishing Ltd.</li><li>Treccani, E. (1984). <i>Costanza d'Aragona, imperatrice, regina d'Ungheria e di Sicilia ( Dizionario Biografico degli Italiani)</i>. (o. Kamp, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/costanza-d-aragona-imperatrice-regina-d-ungheria-e-di-sicilia (Dizionario-Biografico)/</li><li>Treccani, e. (1995). <i>Federico II di Svevia ( Dizionario Biografico degli Italiani)</i>. (N. Kamp, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/federico-ii-di-svevia-imperatore-re-di-sicilia-e-di-gerusalemme-re-dei-romani (Dizionario-Biografico)/</li><li>Treccani, E. (1995). <i>Federico II di Svevia (Dizionario Biografico degli Italiani)</i>. (N. Kamp, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/tesoro-imperiale (Federiciana)/</li><li>Treccani, e. (2004). <i>Isabella o Iolanda di Brienne, regina di Gerusalemme e di Sicilia, imperatrice (Dizionario Biografico degli Italiani)</i>. (F. D. Donne, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/isabella-di-brienne-regina-di-gerusalemme-e-di-sicilia-imperatrice (Dizionario-Biografico)/</li><li>Treccani, e. (2005). <i>Enrico VII di Germania (Federiciana)</i>. (W. Stürner, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/re-di-sicilia-e-di-germania-enrico %28Federiciana%29/</li><li>Treccani, E. (2005). <i>Federico II di Svevia, Imperatore, Re di Sicilia e di Gerusalemme, Re dei Romani (-Federiciana)</i>. (N. Kamp, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/tesoro-imperiale (Federiciana)/</li><li>Treccani, E. (2005). <i>Ottone IV di Germania (Enciclopedia Federiciana)</i>. (E. Boshof, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/ottone-iv-re-di-germania-e-imperatore (Federiciana)/</li><li>Treccani, E. (2005). <i>Tesoro Imperiale (Enciclopedia Federiciana)</i>. (H. Fillitz, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/tesoro-imperiale (Federiciana)/</li><li>Treccani, E. (2010). <i>Federico II di Svevia (Dizionario di storia)</i>. Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/federico-ii-di-svevia %28Dizionario-di-Storia%29/</li></ul><h1>Internet</h1><ul><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Alfonso_II_d'Aragona">https://it.wikipedia.org/wiki/Alfonso II d’Aragona</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Andrea%20II%20d'Ungheria">https://it.wikipedia.org/wiki/Andrea II d’Ungheria</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Emerico_d'Ungheria_(re)">https://it.wikipedia.org/wiki/Emerico d’Ungheria (re)</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Enrico_VII_di_Germania">https://it.wikipedia.org/wiki/Enrico VII di Germania</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Federico_II_di_Svevia">https://it.wikipedia.org/wiki/Federico II di Svevia</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Jolanda_di_Brienne">https://it.wikipedia.org/wiki/Jolanda di Brienne</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Ladislao%20III%20d'Ungheria">https://it.wikipedia.org/wiki/Ladislao III d’Ungheria</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Innocenzo_III">https://it.wikipedia.org/wiki/Papa Innocenzo III</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_II_di_Aragona">https://it.wikipedia.org/wiki/Pietro II di Aragona</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Sancha di Castiglia">https://it.wikipedia.org/wiki/Sancha di Castiglia</a></li></ul><p><br><h1>Note<hr></h1><p><a name="_ftn1_5836" href="#_ftnref1_5836">[1]</a> Alfonso, battezzato Raimondo Berengario, detto il Casto o il Trovatore, fu conte di Barcellona (che includeva quasi tutte le contee della Catalogna) dal 1162, poi, dal 1174, re di Aragona, fu anche conte Alfonso I di Provenza dal 1167 al 1173 e dal 1185 al 1195 e conte Alfonso I di Rossiglione dal 1172 al 1196. <p><a name="_ftn2_5836" href="#_ftnref2_5836">[2]</a> È stata Infanta di Castiglia e poi regina consorte d'Aragona e contessa consorte di Barcellona dal 1174 al 1195.<p><a name="_ftn3_5836" href="#_ftnref3_5836">[3]</a> Fu re d'Ungheria dal 1196 alla morte. Egli venne incoronato mentre il padre era ancora in vita, ma alla sua morte dovette battersi con il fratello Andrea che forzò Emerico a concedergli il dominio su Croazia e Dalmazia. Emerico intervenne anche nelle lotte interne dei paesi vicini ed assistette il legato papale nella propria missione presso i Bogomili della Bosnia, considerati una setta eretica. Durante il regno di Emerico il Doge Enrico Dandolo persuase coloro che parteciparono alla Quarta crociata a prendere Zara dagli ungheresi.<p><a name="_ftn4_5836" href="#_ftnref4_5836">[4]</a> Questo matrimonio sembra essere stato intermediato e voluto dallo stesso pontefice, Innocenzo III. Emerico era inoltre tra i pretendenti al trono imperiale e l’appoggio del papa non poteva che fargli comodo. <p><a name="_ftn5_5836" href="#_ftnref5_5836">[5]</a> Fa riferimento alla controparte, in questo caso, Emerico che da alla sposa una “controdote”, ossia un’ulteriore dote.<p><a name="_ftn6_5836" href="#_ftnref6_5836">[6]</a> Emerico, re dell’Ungheria, nella lotta al trono imperiale aveva appoggiato il futuro imperatore Ottone IV, a sua volta appoggiato dallo stesso Papa Innocenzo III. Il gioco di alleanze, suggellate molto spesso attraverso complicate e calcolate politiche matrimoniali, aveva creato un asse di opposizione al partito ghibellino, che univa l’Ungheria al Mezzogiorno d’Italia e che coinvolgeva anche la Chiesa. <p><a name="_ftn7_5836" href="#_ftnref7_5836">[7]</a> Non deve affatto sorprendere l’altissimo tasso di mortalità infantile in epoca medievale e colpiva tanto il popolo che viveva nella maggior parte dei casi in precarissime condizioni igieniche, quanto le case regnanti dove almeno in teoria un minimo di igiene in più ce lo si poteva permettere.<p><a name="_ftn8_5836" href="#_ftnref8_5836">[8]</a> Costanza I di Sicilia, nota come Costanza d'Altavilla (Palermo, 2 novembre 1154 – Palermo, 27 novembre 1198), ultima della sua stirpe, è stata regina di Sicilia, imperatrice (come moglie di Enrico VI di Svevia) e madre di Federico II di Svevia. Costanza era figlia postuma di Ruggero II re di Sicilia e della sua terza moglie Beatrice di Rethel.<p><a name="_ftn9_5836" href="#_ftnref9_5836">[9]</a> Pietro II di Aragona, detto il Cattolico, Pero in aragonese, Pere in catalano (1174 – Muret, 14 settembre 1213), fu re Aragona e conte di Barcellona, Girona, Osona, Besalú, Cerdanya e di Rossiglione, dal 1196 al 1213.<p><a name="_ftn10_5836" href="#_ftnref10_5836">[10]</a> Innocenzo III, nato Lotario dei conti di Segni (Gavignano, 22 febbraio 1161 – Perugia, 16 luglio 1216), è stato il 176º papa della Chiesa cattolica dal 1198 alla morte. Il papato era in balia delle potenti famiglie romane che con il Senato avevano limitato notevolmente l'autorità pontificia. Innocenzo III dimostrò subito che le cose erano cambiate. L'unico senatore in carica fu rimosso e sostituito da un uomo di sua fiducia. Tale azione, che in passato avrebbe causato la rivolta della popolazione romana, in tale circostanza non incontrò nessun ostacolo. Successivamente sostituì i giudici, che erano quasi tutti esponenti dell'aristocrazia romana, sostituendoli con uomini dell'amministrazione ecclesiastica. Emerse subito la concezione fortemente teocratica del pontefice, ancor prima della sua effettiva incoronazione avvenuta il 22 febbraio. Sul versante dell'Impero si trovò avvantaggiato dal fatto che in quel momento il trono imperiale era vacante dalla morte di Enrico VI di Svevia (1197) e nessun successore era ancora stato eletto. Il Papa approfittò della debolezza di Federico II di Svevia, che all'epoca aveva quattro anni, per ripristinare i diritti feudali della Chiesa sul Regno di Sicilia, chiedendo e ottenendo dall'imperatrice Costanza, vedova di Enrico VI e madre del piccolo Federico II, la restituzione dei privilegi dei Quattro Capitoli, che Guglielmo I di Sicilia aveva precedentemente ottenuto da papa Adriano IV. Solo allora Innocenzo investì Federico II del titolo di re di Sicilia, nel novembre del 1198.<p><a name="_ftn11_5836" href="#_ftnref11_5836">[11]</a> Federico all’epoca aveva solo 14 anni, per la nostra epoca sarebbe ancora un adolescente imberbe, ma in realtà in epoca medievale si trattava di un’età ideale per far convolare a nozze i rampolli delle case nobiliari e regali. <p><a name="_ftn12_5836" href="#_ftnref12_5836">[12]</a> Fu riabilitato nel 1213 per intervento del papa.<p><a name="_ftn13_5836" href="#_ftnref13_5836">[13]</a> È bene fare qui una precisazione: Ottone IV era nipote dell’Imperatore Enrico VI, figlio a sua volte del Barbarossa. Alla morte di Enrico VI, salì al trono il figlio Enrico VII eletto imperatore e di partito ghibellino mentre gli oppositori della dinastia Staufen elessero imperatore il cugino Ottone, invece di partito Guelfo. Enrico era appoggiato dal Re di Francia Filippo Augusto mentre Ottone da Riccardo d’Inghilterra e poi dal fratello Giovanni. La partecipazione di Enrico VII alla crociata cambiò le sorti dell’Impero e la scelta cadde su Ottone, eletto imperatore e incoronato ad Aquisgrana dall’Arcivescovo di Colonia, che era il solo a poter fare un’incoronazione legittima. Ottone non era un cugino qualunque di Enrico VII, era il figlio di Enrico il Leone, cugino a sua volta di Enrico Barbarossa a cui negò l’aiuto nella per la campagna in Italia, favorendo di fatto la disfatta tedesca nella battaglia di Legnano e per questo fu doppiamente condannato al bando nel 1180 perdendo la Sassonia e spogliato ulteriormente di beni e terreni dallo stesso Barbarossa. Il suo tradimento gli costò caro e il figlio che certo non ereditava tutti gli originari feudi paterni sottratti dalla corona, non poteva che essere di partito opposto all’impero e dunque essere guelfo, per questo ottenne il favore del Papa Innocenzo III. La scelta del Papa non fu dettata semplicemente dalla presa del suo partito da parte del giovane rampollo imperiale, piuttosto la sua vera intenzione era impedire l’unificazione del Regno di Sicilia con il Sacro Romano Impero. Ottone giurò dunque fedeltà alla Chiesa in segno di sottomissione e non solo di alleanza, ma col tempo nacquero dei disaccordi, insuperabili per la corona e si giunse dunque alla ribellione al Papato, al tradimento di tutti i giuramenti fatti e Ottone IV venne scomunicato. La situazione di Ottone peggiorò quando anche il cugino di ritorno dalle crociate si fece incoronare alla stessa maniera imperatore e i due vennero alle armi provocando una guerra civile, terminata solo con l’assassinio di Enrico. Come se non bastasse Ottone IV era arrivato a chiedere atto di sottomissione proprio allo stesso Federico II di Svevia, fratello di Enrico VII, atto che né Federico né il papa poterono tollerare. <p><a name="_ftn14_5836" href="#_ftnref14_5836">[14]</a> Anche questa è da intendersi come manovra politica per impedire ad altri di mettere le mani sul Regno di Sicilia.<p><a name="_ftn15_5836" href="#_ftnref15_5836">[15]</a> Nel 1216 morì Papa Innocenzo III. Nato Lotario dei Conti di Segni (Gavignano o Anagni, 22 febbraio 1161 – Perugia, 16 luglio 1216), fu il 176º papa della Chiesa cattolica dal 1198 alla morte. Fu anche autore del <i><font color="#ff0000">De contemptu mundi</font>,</i> tradotto anche come <i>Il disprezzo del mondo</i>, una sorta di risposta per rimproverare e condannare i libertini contenuti dei testi cortesi. Fu tutore di Federico II di Svevia, ruolo nel quale gli succedette Onorio III che fu anche il suo successore. <p><a name="_ftn16_5836" href="#_ftnref16_5836">[16]</a> Costanza non aveva quarant’anni quando morì e anche se non si hanno notizie sulle cause della morte è lecito presumere che potesse aver contratto una malattia grave, forse di natura infettiva, durante il viaggio. <p><a name="_ftn17_5836" href="#_ftnref17_5836">[17]</a> <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Costanza_d%27Aragona_(1183-1222)#/media/File:Crown_of_Constance_of_Aragon_-_Cathedral_of_Palermo_-_Italy_2015.JPG">https://it.wikipedia.org/wiki/Costanza d'Aragona</a><p><a name="_ftn18_5836" href="#_ftnref18_5836">[18]</a> Jolanda o Isabella di Brienne, anche detta Jolanda o Isabella II di Gerusalemme (Tiro o Gerusalemme, 1212 – Andria, 5 maggio 1228), figlia di Giovanni di Brienne, e di Maria di Monferrato, fu regina di Gerusalemme e seconda moglie dell'imperatore Federico II. Il 4 settembre 1210 fu celebrato il matrimonio tra Giovanni di Brienne e Maria di Monferrato i quali vennero poi incoronati re e regina di Gerusalemme, il 3 ottobre 1210, nella cattedrale di Tiro. Nel 1212, Maria del Monferrato diede alla luce una figlia, Isabella (o Yolanda), ma morì poco dopo, probabilmente da febbre puerperale. Giovanni conservò la corona, ma solo come reggente per conto di sua figlia che visse la sua infanzia e giovinezza a Gerusalemme: per lei si preparava un matrimonio che garantisse la sicurezza del Regno. L'unione con Federico II fu soprattutto un accordo diplomatico, fortemente voluto dal papa Onorio III: infatti nel marzo 1223 l'imperatore, che nel 1222 era rimasto vedovo della prima moglie Costanza, incontrò a Ferentino il papa con il quale sottoscrisse un trattato: Jolanda gli avrebbe portato in dote il titolo di regina di Gerusalemme, un titolo meramente onorifico ma molto prestigioso per Federico, che il papa intendeva in tal modo vincolare all'impegno della Crociata. Nell'agosto 1225 Federico inviò a Gerusalemme venti galee per accompagnare in Italia la tredicenne Jolanda col padre<p>Federico, quindi, contraendo il matrimonio con Jolanda, divenne subito reggente di Gerusalemme; alla morte di costei, conservò la reggenza per la minorità del figlio Corrado (1228); poi si autoproclamò re (1229) contro la volontà del papa. Jolanda morì appena sedicenne, dieci giorni dopo aver dato alla luce Corrado. <p><a name="_ftn19_5836" href="#_ftnref19_5836">[19]</a> <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Costanza_d%27Aragona_(1183-1222)#/media/File:Tomb_of_Constance_of_Aragon_-_Cathedral_of_Palermo_-_Italy_2015.JPG">https://it.wikipedia.org/wiki/Costanza d'aragona, sarcofago</a>Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-82220261498304774152018-04-19T15:48:00.000+02:002023-10-09T14:56:42.149+02:00Costanza d’Aragona. Dall’Aragona alla Sicilia, Regina e Imperatrice<p><a name="_Toc484550189"><br></a><h1>Indice</h1><p><a href="#_Toc511914110">Biografia di Costanza</a><p><a href="#_Toc511914111">Fonti bibliografiche</a><p><br><h1><a name="_Toc511914110">Biografia di Costanza</a></h1><p>Costanza nacque presumibilmente nel 1184, secondogenita del re Alfonso Il d'Aragona <a name="_ftnref1_5836" href="#_ftn1_5836">[1]</a> e di Sancia di Castiglia<a name="_ftnref2_5836" href="#_ftn2_5836">[2]</a>. Della sua infanzia non si hanno notizie e le fonti riprendono la storia nel 1199, quando quindicenne sposò il Re Emerico d’Ungheria<a name="_ftnref3_5836" href="#_ftn3_5836">[3]</a> il quale cercava l'appoggio pontificio per rafforzare la propria posizione nei confronti del fratello minore, il futuro Re Andrea <a name="_ftnref4_5836" href="#_ftn4_5836">[4]</a>. <p><br><p>Quale <em>dotario</em> <a name="_ftnref5_5836" href="#_ftn5_5836">[5]</a> Emerico assegnò alla sposa due contee e 30.000 once d'oro. Il destino non fu magnanimo con Emerico che morì qualche anno dopo nel 1204, lasciando Costanza vedova e con un figlio, nato nel 1200 e al quale fu dato il nome di Ladislao. La situazione geopolitica dell’epoca, specie per quanto riguarda l’impero, non fu favorevole nemmeno per Costanza che non riuscì a rivendicare il trono d’Ungheria per il figlio <a name="_ftnref6_5836" href="#_ftn6_5836">[6]</a>, incoronato re (per strategia ovviamente) lo stesso anno della morte del padre. Andrea, cognato di Costanza, approfittò della situazione e usurpato il trono costrinse la regina a fuggire col figlioletto e a trovare ospitalità presso Leopoldo d'Austria. Ancora una tragedia famigliare nella vita di Costanza: nel 1205 morì infante il figlioletto Ladislao, a soli cinque anni <a name="_ftnref7_5836" href="#_ftn7_5836">[7]</a> e rimasta completamente sola, con solo l’aiuto dello zio, Costanza fece ritorno in Ungheria. La situazione geopolitica dell’epoca subì una sorta di pausa, come se il tempo si fosse fermato e proprio in quel momento era necessario studiare una nuova manovra politica per rovesciare la Germania e i partigiani tedeschi. Già in passato però, proprio i tedeschi avevano pensato a fare una mossa simile per girare la situazione a loro vantaggio: l'imperatrice Costanza <a name="_ftnref8_5836" href="#_ftn8_5836">[8]</a>, morta nel 1198, aveva accarezzato l'idea di un matrimonio del figlio Federico con una delle sorelle del re Pietro II d'Aragona <a name="_ftnref9_5836" href="#_ftn9_5836">[9]</a> e fu proprio Innocenzo III <a name="_ftnref10_5836" href="#_ftn10_5836">[10]</a>, il quale assunse la tutela del giovane Federico dopo la morte della madre, a riprendere nel 1202 questo progetto. <p><br><p>Costanza d’Aragona era più vecchia di Federico di ben dieci anni, una cosa un po’ insolita all’epoca vista l’opposta tendenza in cui erano i mariti ad essere più vecchi delle mogli. L’età degli sposi comunque era il problema minore in un certo senso e il Papa mirava a creare un nuovo asse di opposizione alla Germania imperiale, unendo due regni mediterranei: quello Aragonese e quello siciliano che per altro lo riconoscevano come loro signore feudale. La scelta inizialmente non prevedeva Costanza come futura sposa del giovane Federico, anch’essa più vecchia di parecchio del giovane principe, ma alla fine questa venne data in moglie nel 1211 al conte Raimondo di Tolosa. Inoltre nel 1202 non erano ancora accaduti i disastrosi fatti che avevano costretto prima la fuga e poi il rientro di Costanza in Ungheria a causa delle ostilità. Fu proprio il rientro di Costanza a far cambiare la posizione delle pedine sulla scacchiera del Papa e Innocenzo III scelse la sua regina. Le trattative matrimoniali iniziate nel 1204 per Sancia mutarono a favore di Costanza ma si trascinarono fino al 1208, quando il futuro Federico II di Svevia avrebbe raggiunto la maggiore età (14 anni) <a name="_ftnref11_5836" href="#_ftn11_5836">[11]</a> e probabilmente perché la situazione del Regno di Sicilia aveva assunto una certa urgenza. Nel febbraio del 1208 il vescovo di Mazara si recò a Saragozza per conto di Innocenzo III e di Federico II con l'incarico di condurre la sposa nel Regno; ma il risultato della missione fu soltanto la conclusione definitiva del contratto nuziale che fu confermato da Innocenzo III nell'agosto dello stesso anno. In base a questo contratto Costanza assunse il titolo di regina di Sicilia. Verso la metà del 1209 Costanza lasciò finalmente l'Aragona giungendo a Palermo il 15 agosoto 1209. Le nozze furono celebrate alcune settimane più tardi, perché Federico Il si trovava a Messina al momento dell'arrivo della sposa. Federico II assegnò a Cosnza il consueto dotario delle regine siciliane: alcuni feudi nell'isola di Sicilia, tra cui Taormina e Vieste. Come previsto dal contratto nuziale, Costanza era stata condotta in Sicilia dal fratello Alfonso conte di Provenza alla testa di 500 cavalieri che dovevano sostenere Federico II nella lotta contro la nobiltà del Regno. Ancora una volta la sfortuna cagionò danno alla non più giovane regina: l’esercito fu colpito da una grave epidemia e così il corposo aiuto militare si rivelò invece piuttosto modesto. Le fonti attribuiscono a Costanza, sin dai primi anni di matrimonio, una certa influenza nella politica del marito oltre ad un’attiva partecipazione nelle decisioni più importanti. Non va dimenticato che Costanza essendo più vecchia del marito aveva alle spalle anche una maggiore esperienza e gli atti la vedono partecipe negli atti di confisca di Federico II e nell’allontanamento di figure ribelli come Gualtieri di Palearia membro del Consiglio del re <a name="_ftnref12_5836" href="#_ftn12_5836">[12]</a>. Federico II era figlio di Enrico VI imperatore e di Costanza d’Altavilla, ma per nascita non era automaticamente il nuovo imperatore e infatti in quell’epoca regnava Ottone IV, che proprio nel 1210 fu scomunicato da Innocenzo III <a name="_ftnref13_5836" href="#_ftn13_5836">[13]</a>. La scomunica di Ottone IV diede ai sostenitori del partito guelfo il pretesto per mettere un altro al suo posto e in accordo con il papa offrirono la corona imperiale a Federico II, che partì. Costanza vedeva però questa unione, a cui il papa precedentemente si era opposto, come un’avventura incerta e rischiosa. Dopo la partenza di Federico II per la Germania ella assunse la reggenza nel Regno di Sicilia e contemporaneamente la tutela del figlio ed erede al trono Enrico, nato nel 1211, che già era stato incoronato re di Sicilia <a name="_ftnref14_5836" href="#_ftn14_5836">[14]</a>. Costanza soggiornò in Sicilia fino al 1216 e le fonti attestano che la sua residenza preferita fosse Messina. Lo stesso anno partì da qui, insieme al figlio Enrico, all'arcivescovo Berardo di Palermo e dal conte tedesco Alberto di Everstein per raggiungere Federico in Germania. Costanza arrivò a Norimberga nel dicembre 1216 e da allora seguì Federico in tutti i suoi spostamenti in Germania, ma senza distinguersi più con iniziative proprie. Non sappiamo, quindi, se abbia avuto una parte nelle trattative di Federico II con Onorio III relative alle questioni romana e siciliana. Costanza accompagnò il marito nella discesa in Italia e fu incoronata imperatrice da Onorio III in S. Pietro a Roma il 22 novembre 1220 <a name="_ftnref15_5836" href="#_ftn15_5836">[15]</a>. Dopo l'incoronazione l'imperatrice si recò di nuovo in Sicilia, passando per Montecassino, Sessa, Capua, Puglia e Calabria. Dopo il suo ritorno in Sicilia alla fine di maggio 1222, Federico II fu completamente assorbito dall'assedio dei Saraceni a Iato e non rivide più Costanza che nel mentre si trovava invece a Catania dove morì il 23 giugno 1222 <a name="_ftnref16_5836" href="#_ftn16_5836">[16]</a>. <p align="center"><br><p align="center"><img width="600" height="800" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/a/a2/Crown_of_Constance_of_Aragon_-_Cathedral_of_Palermo_-_Italy_2015.JPG/225px-Crown_of_Constance_of_Aragon_-_Cathedral_of_Palermo_-_Italy_2015.JPG"><h6>Figura 1 – Corona di Costanza conservata presso la Cattedrale di Palermo. © José Luiz Bernardes Ribeiro. Fonte immagine: Wikipedia <a name="_ftnref17_5836" href="#_ftn17_5836">[17]</a></h6><p><br><p>Costanza fu deposta in un sarcofago di marmo antico, posto accanto a quelli di porfido in cui riposavano le spoglie di Ruggero II, di Enrico VI e di sua moglie Costanza. Dopo la sua morte Federico promise al papa di sposare Jolanda di Brienne <a name="_ftnref18_5836" href="#_ftn18_5836">[18]</a>, erede al trono di Gerusalemme, e di partire per la crociata entro il 24 giugno del 1225.<p>Sfortunatamente di lei non si hanno ritratti o statue per capire come fosse fisicamente né descrizioni coeve che ci permettano di immaginarla. Di lei riposano gli oggetti sopravvissuti nei secoli e rinvenuti, il ricordo e la memoria. <p align="center"><br><p align="center"><img width="850" height="566" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/6/68/Tomb_of_Constance_of_Aragon_-_Cathedral_of_Palermo_-_Italy_2015.JPG/1280px-Tomb_of_Constance_of_Aragon_-_Cathedral_of_Palermo_-_Italy_2015.JPG"><h6>Figura 2 – Sarcofago romano di Costanza presso la Cattedrale di Palermo. © José Luiz Bernardes Ribeiro. Fonte immagine: Wikipedia <a name="_ftnref19_5836" href="#_ftn19_5836">[19]</a></h6><p><br><h1><a name="_Toc511914111">Fonti bibliografiche</a></h1><ul><li>Backman, C. R. (2002). <i>The Decline and Fall of Medieval Sicily: Politics, Religion, and Economy in the Reign of Frederick III, 1296-1337.</i> Cambridge University Press.</li><li>Daniele, F. (1784). <i>I regali sepolcri del Duomo di Palermo riconosciuti e illustrati</i> (Vol. https://archive.org/details/gri 33125011693732). (F. Marra, A cura di) Palermo.</li><li>Dunbabin, J. (2011). <i>French in the Kingdom of Sicily, 1266-1305.</i> Cambridge University Press.</li><li>Kreutz, B. M. (1991). <i>Before the Normans: Southern Italy in the ninth and tenth centuries.</i> Philadelphia: University of Pennsylvania Press.</li><li>Nicolle, D., & Gravett, C. (2006). <i>The Normans. Warrior Knights and their Castles.</i> Osprey Publishing Ltd.</li><li>Treccani, E. (1984). <i>Costanza d'Aragona, imperatrice, regina d'Ungheria e di Sicilia ( Dizionario Biografico degli Italiani)</i>. (o. Kamp, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/costanza-d-aragona-imperatrice-regina-d-ungheria-e-di-sicilia (Dizionario-Biografico)/</li><li>Treccani, e. (1995). <i>Federico II di Svevia ( Dizionario Biografico degli Italiani)</i>. (N. Kamp, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/federico-ii-di-svevia-imperatore-re-di-sicilia-e-di-gerusalemme-re-dei-romani (Dizionario-Biografico)/</li><li>Treccani, E. (1995). <i>Federico II di Svevia (Dizionario Biografico degli Italiani)</i>. (N. Kamp, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/tesoro-imperiale (Federiciana)/</li><li>Treccani, e. (2004). <i>Isabella o Iolanda di Brienne, regina di Gerusalemme e di Sicilia, imperatrice (Dizionario Biografico degli Italiani)</i>. (F. D. Donne, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/isabella-di-brienne-regina-di-gerusalemme-e-di-sicilia-imperatrice (Dizionario-Biografico)/</li><li>Treccani, e. (2005). <i>Enrico VII di Germania (Federiciana)</i>. (W. Stürner, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/re-di-sicilia-e-di-germania-enrico %28Federiciana%29/</li><li>Treccani, E. (2005). <i>Federico II di Svevia, Imperatore, Re di Sicilia e di Gerusalemme, Re dei Romani (-Federiciana)</i>. (N. Kamp, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/tesoro-imperiale (Federiciana)/</li><li>Treccani, E. (2005). <i>Ottone IV di Germania (Enciclopedia Federiciana)</i>. (E. Boshof, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/ottone-iv-re-di-germania-e-imperatore (Federiciana)/</li><li>Treccani, E. (2005). <i>Tesoro Imperiale (Enciclopedia Federiciana)</i>. (H. Fillitz, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/tesoro-imperiale (Federiciana)/</li><li>Treccani, E. (2010). <i>Federico II di Svevia (Dizionario di storia)</i>. Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/federico-ii-di-svevia %28Dizionario-di-Storia%29/</li></ul><h1>Internet</h1><ul><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Alfonso_II_d'Aragona">https://it.wikipedia.org/wiki/Alfonso II d’Aragona</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Andrea%20II%20d'Ungheria">https://it.wikipedia.org/wiki/Andrea II d’Ungheria</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Emerico_d'Ungheria_(re)">https://it.wikipedia.org/wiki/Emerico d’Ungheria (re)</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Enrico_VII_di_Germania">https://it.wikipedia.org/wiki/Enrico VII di Germania</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Federico_II_di_Svevia">https://it.wikipedia.org/wiki/Federico II di Svevia</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Jolanda_di_Brienne">https://it.wikipedia.org/wiki/Jolanda di Brienne</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Ladislao%20III%20d'Ungheria">https://it.wikipedia.org/wiki/Ladislao III d’Ungheria</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Innocenzo_III">https://it.wikipedia.org/wiki/Papa Innocenzo III</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_II_di_Aragona">https://it.wikipedia.org/wiki/Pietro II di Aragona</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Sancha di Castiglia">https://it.wikipedia.org/wiki/Sancha di Castiglia</a></li></ul><p><br><h1>Note<hr></h1><p><a name="_ftn1_5836" href="#_ftnref1_5836">[1]</a> Alfonso, battezzato Raimondo Berengario, detto il Casto o il Trovatore, fu conte di Barcellona (che includeva quasi tutte le contee della Catalogna) dal 1162, poi, dal 1174, re di Aragona, fu anche conte Alfonso I di Provenza dal 1167 al 1173 e dal 1185 al 1195 e conte Alfonso I di Rossiglione dal 1172 al 1196. <p><a name="_ftn2_5836" href="#_ftnref2_5836">[2]</a> È stata Infanta di Castiglia e poi regina consorte d'Aragona e contessa consorte di Barcellona dal 1174 al 1195.<p><a name="_ftn3_5836" href="#_ftnref3_5836">[3]</a> Fu re d'Ungheria dal 1196 alla morte. Egli venne incoronato mentre il padre era ancora in vita, ma alla sua morte dovette battersi con il fratello Andrea che forzò Emerico a concedergli il dominio su Croazia e Dalmazia. Emerico intervenne anche nelle lotte interne dei paesi vicini ed assistette il legato papale nella propria missione presso i Bogomili della Bosnia, considerati una setta eretica. Durante il regno di Emerico il Doge Enrico Dandolo persuase coloro che parteciparono alla Quarta crociata a prendere Zara dagli ungheresi.<p><a name="_ftn4_5836" href="#_ftnref4_5836">[4]</a> Questo matrimonio sembra essere stato intermediato e voluto dallo stesso pontefice, Innocenzo III. Emerico era inoltre tra i pretendenti al trono imperiale e l’appoggio del papa non poteva che fargli comodo. <p><a name="_ftn5_5836" href="#_ftnref5_5836">[5]</a> Fa riferimento alla controparte, in questo caso, Emerico che da alla sposa una “controdote”, ossia un’ulteriore dote.<p><a name="_ftn6_5836" href="#_ftnref6_5836">[6]</a> Emerico, re dell’Ungheria, nella lotta al trono imperiale aveva appoggiato il futuro imperatore Ottone IV, a sua volta appoggiato dallo stesso Papa Innocenzo III. Il gioco di alleanze, suggellate molto spesso attraverso complicate e calcolate politiche matrimoniali, aveva creato un asse di opposizione al partito ghibellino, che univa l’Ungheria al Mezzogiorno d’Italia e che coinvolgeva anche la Chiesa. <p><a name="_ftn7_5836" href="#_ftnref7_5836">[7]</a> Non deve affatto sorprendere l’altissimo tasso di mortalità infantile in epoca medievale e colpiva tanto il popolo che viveva nella maggior parte dei casi in precarissime condizioni igieniche, quanto le case regnanti dove almeno in teoria un minimo di igiene in più ce lo si poteva permettere.<p><a name="_ftn8_5836" href="#_ftnref8_5836">[8]</a> Costanza I di Sicilia, nota come Costanza d'Altavilla (Palermo, 2 novembre 1154 – Palermo, 27 novembre 1198), ultima della sua stirpe, è stata regina di Sicilia, imperatrice (come moglie di Enrico VI di Svevia) e madre di Federico II di Svevia. Costanza era figlia postuma di Ruggero II re di Sicilia e della sua terza moglie Beatrice di Rethel.<p><a name="_ftn9_5836" href="#_ftnref9_5836">[9]</a> Pietro II di Aragona, detto il Cattolico, Pero in aragonese, Pere in catalano (1174 – Muret, 14 settembre 1213), fu re Aragona e conte di Barcellona, Girona, Osona, Besalú, Cerdanya e di Rossiglione, dal 1196 al 1213.<p><a name="_ftn10_5836" href="#_ftnref10_5836">[10]</a> Innocenzo III, nato Lotario dei conti di Segni (Gavignano, 22 febbraio 1161 – Perugia, 16 luglio 1216), è stato il 176º papa della Chiesa cattolica dal 1198 alla morte. Il papato era in balia delle potenti famiglie romane che con il Senato avevano limitato notevolmente l'autorità pontificia. Innocenzo III dimostrò subito che le cose erano cambiate. L'unico senatore in carica fu rimosso e sostituito da un uomo di sua fiducia. Tale azione, che in passato avrebbe causato la rivolta della popolazione romana, in tale circostanza non incontrò nessun ostacolo. Successivamente sostituì i giudici, che erano quasi tutti esponenti dell'aristocrazia romana, sostituendoli con uomini dell'amministrazione ecclesiastica. Emerse subito la concezione fortemente teocratica del pontefice, ancor prima della sua effettiva incoronazione avvenuta il 22 febbraio. Sul versante dell'Impero si trovò avvantaggiato dal fatto che in quel momento il trono imperiale era vacante dalla morte di Enrico VI di Svevia (1197) e nessun successore era ancora stato eletto. Il Papa approfittò della debolezza di Federico II di Svevia, che all'epoca aveva quattro anni, per ripristinare i diritti feudali della Chiesa sul Regno di Sicilia, chiedendo e ottenendo dall'imperatrice Costanza, vedova di Enrico VI e madre del piccolo Federico II, la restituzione dei privilegi dei Quattro Capitoli, che Guglielmo I di Sicilia aveva precedentemente ottenuto da papa Adriano IV. Solo allora Innocenzo investì Federico II del titolo di re di Sicilia, nel novembre del 1198.<p><a name="_ftn11_5836" href="#_ftnref11_5836">[11]</a> Federico all’epoca aveva solo 14 anni, per la nostra epoca sarebbe ancora un adolescente imberbe, ma in realtà in epoca medievale si trattava di un’età ideale per far convolare a nozze i rampolli delle case nobiliari e regali. <p><a name="_ftn12_5836" href="#_ftnref12_5836">[12]</a> Fu riabilitato nel 1213 per intervento del papa.<p><a name="_ftn13_5836" href="#_ftnref13_5836">[13]</a> È bene fare qui una precisazione: Ottone IV era nipote dell’Imperatore Enrico VI, figlio a sua volte del Barbarossa. Alla morte di Enrico VI, salì al trono il figlio Enrico VII eletto imperatore e di partito ghibellino mentre gli oppositori della dinastia Staufen elessero imperatore il cugino Ottone, invece di partito Guelfo. Enrico era appoggiato dal Re di Francia Filippo Augusto mentre Ottone da Riccardo d’Inghilterra e poi dal fratello Giovanni. La partecipazione di Enrico VII alla crociata cambiò le sorti dell’Impero e la scelta cadde su Ottone, eletto imperatore e incoronato ad Aquisgrana dall’Arcivescovo di Colonia, che era il solo a poter fare un’incoronazione legittima. Ottone non era un cugino qualunque di Enrico VII, era il figlio di Enrico il Leone, cugino a sua volta di Enrico Barbarossa a cui negò l’aiuto nella per la campagna in Italia, favorendo di fatto la disfatta tedesca nella battaglia di Legnano e per questo fu doppiamente condannato al bando nel 1180 perdendo la Sassonia e spogliato ulteriormente di beni e terreni dallo stesso Barbarossa. Il suo tradimento gli costò caro e il figlio che certo non ereditava tutti gli originari feudi paterni sottratti dalla corona, non poteva che essere di partito opposto all’impero e dunque essere guelfo, per questo ottenne il favore del Papa Innocenzo III. La scelta del Papa non fu dettata semplicemente dalla presa del suo partito da parte del giovane rampollo imperiale, piuttosto la sua vera intenzione era impedire l’unificazione del Regno di Sicilia con il Sacro Romano Impero. Ottone giurò dunque fedeltà alla Chiesa in segno di sottomissione e non solo di alleanza, ma col tempo nacquero dei disaccordi, insuperabili per la corona e si giunse dunque alla ribellione al Papato, al tradimento di tutti i giuramenti fatti e Ottone IV venne scomunicato. La situazione di Ottone peggiorò quando anche il cugino di ritorno dalle crociate si fece incoronare alla stessa maniera imperatore e i due vennero alle armi provocando una guerra civile, terminata solo con l’assassinio di Enrico. Come se non bastasse Ottone IV era arrivato a chiedere atto di sottomissione proprio allo stesso Federico II di Svevia, fratello di Enrico VII, atto che né Federico né il papa poterono tollerare. <p><a name="_ftn14_5836" href="#_ftnref14_5836">[14]</a> Anche questa è da intendersi come manovra politica per impedire ad altri di mettere le mani sul Regno di Sicilia.<p><a name="_ftn15_5836" href="#_ftnref15_5836">[15]</a> Nel 1216 morì Papa Innocenzo III. Nato Lotario dei Conti di Segni (Gavignano o Anagni, 22 febbraio 1161 – Perugia, 16 luglio 1216), fu il 176º papa della Chiesa cattolica dal 1198 alla morte. Fu anche autore del <i><font color="#ff0000">De contemptu mundi</font>,</i> tradotto anche come <i>Il disprezzo del mondo</i>, una sorta di risposta per rimproverare e condannare i libertini contenuti dei testi cortesi. Fu tutore di Federico II di Svevia, ruolo nel quale gli succedette Onorio III che fu anche il suo successore. <p><a name="_ftn16_5836" href="#_ftnref16_5836">[16]</a> Costanza non aveva quarant’anni quando morì e anche se non si hanno notizie sulle cause della morte è lecito presumere che potesse aver contratto una malattia grave, forse di natura infettiva, durante il viaggio. <p><a name="_ftn17_5836" href="#_ftnref17_5836">[17]</a> <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Costanza_d%27Aragona_(1183-1222)#/media/File:Crown_of_Constance_of_Aragon_-_Cathedral_of_Palermo_-_Italy_2015.JPG">https://it.wikipedia.org/wiki/Costanza d'Aragona</a><p><a name="_ftn18_5836" href="#_ftnref18_5836">[18]</a> Jolanda o Isabella di Brienne, anche detta Jolanda o Isabella II di Gerusalemme (Tiro o Gerusalemme, 1212 – Andria, 5 maggio 1228), figlia di Giovanni di Brienne, e di Maria di Monferrato, fu regina di Gerusalemme e seconda moglie dell'imperatore Federico II. Il 4 settembre 1210 fu celebrato il matrimonio tra Giovanni di Brienne e Maria di Monferrato i quali vennero poi incoronati re e regina di Gerusalemme, il 3 ottobre 1210, nella cattedrale di Tiro. Nel 1212, Maria del Monferrato diede alla luce una figlia, Isabella (o Yolanda), ma morì poco dopo, probabilmente da febbre puerperale. Giovanni conservò la corona, ma solo come reggente per conto di sua figlia che visse la sua infanzia e giovinezza a Gerusalemme: per lei si preparava un matrimonio che garantisse la sicurezza del Regno. L'unione con Federico II fu soprattutto un accordo diplomatico, fortemente voluto dal papa Onorio III: infatti nel marzo 1223 l'imperatore, che nel 1222 era rimasto vedovo della prima moglie Costanza, incontrò a Ferentino il papa con il quale sottoscrisse un trattato: Jolanda gli avrebbe portato in dote il titolo di regina di Gerusalemme, un titolo meramente onorifico ma molto prestigioso per Federico, che il papa intendeva in tal modo vincolare all'impegno della Crociata. Nell'agosto 1225 Federico inviò a Gerusalemme venti galee per accompagnare in Italia la tredicenne Jolanda col padre<p>Federico, quindi, contraendo il matrimonio con Jolanda, divenne subito reggente di Gerusalemme; alla morte di costei, conservò la reggenza per la minorità del figlio Corrado (1228); poi si autoproclamò re (1229) contro la volontà del papa. Jolanda morì appena sedicenne, dieci giorni dopo aver dato alla luce Corrado. <p><a name="_ftn19_5836" href="#_ftnref19_5836">[19]</a> <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Costanza_d%27Aragona_(1183-1222)#/media/File:Tomb_of_Constance_of_Aragon_-_Cathedral_of_Palermo_-_Italy_2015.JPG">https://it.wikipedia.org/wiki/Costanza d'aragona, sarcofago</a>Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-2928609118947306412018-04-19T14:11:00.000+02:002023-10-09T14:56:45.077+02:00Ruggero II Re di Sicilia. la vita, la famiglia, la storia e il regno<p><br><h1><a name="_Toc511290779">Indice</a></h1><p><a href="#_Toc511908762">Biografia di Ruggero II</a><p> <a href="#_Toc511908763">Ruggero II e le Crociate</a><p> <a href="#_Toc511908764">Ruggero e la sua famiglia e il ritratto di un Re</a><p> <a href="#_Toc511908765">La morte e l’eredità</a><p><a href="#_Toc511908766">Fonti bibliografiche</a><p> <a href="#_Toc511908767">Libri</a><p> <a href="#_Toc511908768">Internet</a><p> <a href="#_Toc511908769">Manoscritti</a><p> <a href="#_Toc511908770">Reperti</a><p><br><h1><a name="_Toc511908762"></a><a name="_Toc511290780">Biografia di Ruggero II</a></h1><p>Ruggero di Sicilia, meglio noto al grande pubblico semplicemente come Ruggero II fu conte di Sicilia dal 1105 e Re di Sicilia, Puglia e Calabria dal 1130 al 1154. Figlio di Ruggero I Altavilla <a name="_ftnref1_5855" href="#_ftn1_5855">[1]</a> e di Adelasia del Vasto (o Adelaide) <a name="_ftnref2_5855" href="#_ftn2_5855">[2]</a> nacque a Mileto (Calabria) nel 1095, lo stesso anno in cui Papa Urbano II proclamava la Prima Crociata. Mentre dei suoi avi, particolarmente del padre, si sa parecchio; di lui si sa molto meno, almeno per quanto riguarda la prima parte della sua vita. Quando Ruggero II nacque, suo padre era al terzo matrimonio e i due precedenti erano stati particolarmente prolifici e non era destinato, almeno all’inizio ad ereditare i feudi paterni come prevedeva la regola di primogenitura di trasmissione dei titoli e del potere. <p align="center"><br><p align="center"><img width="850" height="525" style="margin-right: auto; margin-left: auto; float: none; display: block;" src="https://lh3.googleusercontent.com/-gw4Xhl3EzM0/V61_P_mW4SI/AAAAAAAApGc/1S5zXIT-i8A/image6.png?imgmax=800"><h6>Figura 1 – Discendenza di Tancredi d’Altavilla, padre di Roberto il Guiscardo e Ruggero I d’Altavilla, padre di Ruggero II. In questi alberi genealogici si può creare confusione tra i personaggi, dovuti alle numerose omonimie dei membri dei vari casati, lungo il corso di più generazioni poiché era uso chiamare i figli come i padri o come i propri antenati. Il Tancredi d’Altavilla capostipite del casato non è da confondere con gli altri suoi omonimi tra cui un figlio e un nipote. Immagine tratta da <i>Ruggero II re di Sicilia, Calabria e Puglia: un normanno nel Mediterraneo</i> di Pierre Aubè.</h6><p><br></p><p align="center"><img width="850" height="425" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiC2S0BQhtKO5K3pHPcUwz7NMXtraa8dpsWmAvR-fAgF3cJrMlJbjWtTKskacGO3VLyuUEjqFvTzBZ8OqnpGdP4Y6-fhw-G-ZTloP2PZfNwj8jem3rPHxQ4IusVtTzD56IH64spLP_oKF8/?imgmax=800"></p><h6>Figura 2 – Albero genealogico principale dei discendenti di Roberto il Guiscardo, figlio di Tancredi d’Altavilla. Immagine tratta da <em>Ruggero II re di Sicilia, Calabria e Puglia: un normanno nel Mediterraneo</em> di Pierre Aubè. </h6><p><br></p><p align="center"><a href="https://dc559.4shared.com/img/XYfoHi4jei/s24/162ddb49858/Albero_genealogico_Ruggero_I_c?async&rand=0.07159695285031231" target="_blank"><img width="850" height="221" title="Click to download" alt="Click to download" src="https://dc559.4shared.com/img/XYfoHi4jei/s24/162ddb49858/Albero_genealogico_Ruggero_I_c?async&rand=0.07159695285031231"></a></p><h6>Figura 3 – Albero genealogico intero dei discendenti di Ruggero I, nei suoi tre matrimoni. I numeri tra le parentesi quadre permettono di individuare il matrimonio tra Ruggero I e la sua terza moglie, sorella di suo genero Enrico del Vasto. </h6><p align="center"><br></p><p align="center"><img src="https://lh3.googleusercontent.com/-hZuRz8VeKBo/V61_UGN5_6I/AAAAAAAApGs/NoD7ST6jIKI/image18.png?imgmax=800"></p><h6>Figura 4 – Moneta del XII secolo, trifollaro di Calabria raffigurante Ruggero I</h6><p><br></p><p>Dalla prima moglie, Giuditta d'Evreux, Ruggero I aveva avuto ben cinque figli di cui un solo maschio e le femmine furono tutte sistemate con matrimoni di alleanze con le famiglie Del Vasto (cui apparteneva anche la sua terza moglie) e Monte Sant'Angelo, Montescaglioso mentre una fu data in sposa a Raimondo IV di Tolosa <a name="_ftnref3_5855" href="#_ftn3_5855">[3]</a>. Con questi matrimoni si creava una fitta rete di alleanze concentrate soprattutto nel sud Italia. L’unico figlio maschio di primo letto di Ruggero I, Giordano, destinato ad ereditare la Contea di Sicilia, morì nel settembre del 1092 con molto dolore del padre che in questo modo rimaneva senza erede che gli succedesse. In seconde nozze, Ruggero I aveva sposato una pressoché anonima Eremburga di Mortain <a name="_ftnref4_5855" href="#_ftn4_5855">[4]</a>, di origini inglesi che gli aveva dato ben nove figli, di cui due maschi e sette femmine <a name="_ftnref5_5855" href="#_ftn5_5855">[5]</a>, ma si conosce solo il nome di un figlio, che morì nel 1098, quando Ruggero II aveva appena tre anni. In terze nozze (le ultime) Ruggero I sposò la già citata Adelasia del Vasto, sorella del marito della prima figlia di primo letto di Ruggero, Flandina. Si chiudeva in questo modo anche un anello famigliare, piuttosto complicato dato che i figli di Ruggero avevano sposato donne della famiglia Del Vasto <a name="_ftnref6_5855" href="#_ftn6_5855">[6]</a>. Quando giunse al terzo matrimonio Ruggero I era ormai vecchio per la sua epoca, cinquantaseienne sposò la giovanissima Adelaisa di appena tredici anni con una differenza d’età di ben quarantatré anni. Oggi definiremmo tale differenza scandalosa, ma a quei tempi non era il primo né sarebbe stato l’ultimo caso, specialmente in casi di matrimoni multipli nelle case nobiliari di maggior potere e dimensioni. Come i precedenti matrimoni anche questo non fu meno prolifico dei precedenti e la coppia ebbe quattro figli almeno, due maschi e due femmine. Il primogenito, Simone era stato designato a succedere a Ruggero e così fu per un brevissimo periodo: ereditò la contea a soli otto anni e morì appena quattro anni dopo, nel 1105 allorché unico erede rimase il futuro Ruggero II, destinato a diventare Re di Sicilia. Secondo le cronache di Alessandro di Telese <a name="_ftnref7_5855" href="#_ftn7_5855">[7]</a>, durante la sua infanzia Simone incorse in un curioso incidente con suo fratello Ruggero. Un episodio che alla luce dei successivi sviluppi storici appare quasi profetico:<p><br><blockquote><p>« Come tutti i bambini, [Simone e Ruggero] stavano facendo un gioco con le monete, il loro preferito, e finirono col venire alle mani. Durante la lotta, ciascuno supportato da un proprio gruppo di amici, il più giovane, Ruggero, risultò vincitore. Egli derise il fratello Simone dicendo: «Sarebbe decisamente meglio che toccasse a me l'onore di regnare trionfalmente dopo la morte di nostro padre, piuttosto che a te. In ogni caso, quando riuscirò a farlo ti nominerò vescovo o anche pontefice di Roma – il che sarà per te la migliore delle sistemazioni. »</p></blockquote><p><br><p>L’aneddoto ha tutti i contorni di un evento scritto da un narratore onnisciente che scrive i fatti per un potente protettore, dopo averne avuta l’autorizzazione e aver raccolto le notizie in modo non del tutto imparziale, come accadeva a molti biografi dell’epoca. Ruggero II si ritrovò così ad essere a soli dieci anni signore di molti territori, che governò sotto la reggenza materna fino a quando, maggiorenne, nel 1112 non prese il potere. Si dimostrò subito in grado di governare con autorità e saggezza, continuando la linea di espansionismo del padre. <p>Questo significa che molto probabilmente da tempo la sua famiglia puntava a creare una propria monarchia indipendente, anche se già come contea, la Sicilia insieme ad altri territori del Mezzogiorno era di fatto uno Stato Sovrano indipendente <a name="_ftnref8_5855" href="#_ftn8_5855">[8]</a>. Tuttavia non era uno Stato facile da governare e tenere unito, specie perché i signori feudali successori a Roberto il Guiscardo si litigavano l’eredità rischiando di sgretolare di nuovo il Mezzogiorno, specialmente la Sicilia oggetto dell’interesse dei Musulmani scacciati durante la Conquista Normanna iniziata nel 1072 <a name="_ftnref9_5855" href="#_ftn9_5855">[9]</a>. <p align="center"><br><p align="center"><img width="850" height="495" src="https://lh3.googleusercontent.com/-8XF-liUkirQ/V61_Vr5vO_I/AAAAAAAApGw/jK8nyOAagIk/image9.png?imgmax=800"><h6>Figura 5 – Mediterraneo nel 980 d.C. (X sec.). La Sicilia è sotto il dominio musulmano dopo essere stata strappata ai Bizantini. Nel secolo successivo e nel XII la situazione cambiò drasticamente con la costituzione del Regno di Sicilia. Fonte immagine: <i>Before the Normans: Southern Italy in the ninth and tenth centuries</i> di Kreutz, Barbara M., pag. 16</h6><p align="center"><br></p><p align="center"><img width="397" height="620" src="https://lh3.googleusercontent.com/-1NOwqodMjZE/V61_Wc1GWaI/AAAAAAAApG0/Ux9pIgyu65A/image22.png?imgmax=800"> <img width="510" height="620" style="border: 0px currentcolor; border-image: none; background-image: none;" src="https://lh3.googleusercontent.com/-Zs1gs_TDLR4/V61_XTJG1qI/AAAAAAAApG4/M7oOC4z1JGo/image30.png?imgmax=800" border="0"></p><h6>Figura 6 – Il Mezzogiorno italiano nel 980 d.C. (X sec.), ad esclusione della Sicilia. Puglia e Calabria, parte della Basilicata erano territori Bizantini, mentre a nord rimaneva ampissimo il Ducato di Benevento costituito dai Longobardi nel VI secolo e che costituiva insieme al Ducato di Spoleto la <i>Longobardia Minor</i>. Con la conquista dell’Italia da parte di Carlo Magno e la sconfitta dei Longobardi, il Ducato fu annesso all’Impero e da allora tentò più volte la ribellione senza mai riuscirci. Con l’arrivo dei Normanni in Italia nel XI secolo, fu conquistata da Roberto il Guiscardo che ne dichiarò la sudditanza al Papato e questi gliene riconobbe il governo investendolo del titolo di Duca. Fonte immagine: <i>Before the Normans: Southern Italy in the ninth and tenth centuries</i> di Kreutz, Barbara M., pagg. 17-18</h6><p><br></p><p align="center"><img width="524" height="800" src="https://lh3.googleusercontent.com/-6pZw2OCGn6U/V61_YbROjNI/AAAAAAAApG8/3y0cIyjK-Jw/image40.png?imgmax=800"></p><h6>Figura 7 – La Conquista Normanna nelle sue diverse fasi di espansione durante l’XI secolo. Immagine tratta da Ruggero II re di Sicilia, Calabria e Puglia: un normanno nel Mediterraneo di Pierre Aubè.</h6><p><br><p>Le diatribe intestine dovute alla spartizione dell’eredità, grazie alla mediazione di Callisto II <a name="_ftnref10_5855" href="#_ftn10_5855">[10]</a> furono parzialmente risolte fino a quando morto Callisto II, divenne Papa Onorio II <a name="_ftnref11_5855" href="#_ftn11_5855">[11]</a> che osteggiava l’unione tra i territori di Ruggero II e la Puglia. La situazione mutò nuovamente quando alla morte di Onorio, furono eletti due papi, appoggiati da due diverse fazioni: rispettivamente Innocenzo II <a name="_ftnref12_5855" href="#_ftn12_5855">[12]</a> e Anacleto II <a name="_ftnref13_5855" href="#_ftn13_5855">[13]</a> che mantenne il potere costringendo il rivale a fuggire in Francia. <p>L’appoggio degli Altavilla sotto Ruggero II alla Chiesa costò a quest’ultima il riconoscimento della monarchia e quindi l’incoronazione di Ruggero a Re di Sicilia. Si confermò in questo modo quella situazione stabilita ai tempi di Niccolò II, il Papa che aveva dato il via alla Lotta per le Investiture e che in cambio dell’appoggio alla Chiesa, contro l’Impero, aveva investito il Guiscardo, zio di Ruggero II, a duca di Puglia, Calabria e Sicilia. <p align="center"><br><p align="center"><img width="600" height="420" style="margin-right: auto; margin-left: auto; float: none; display: block;" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/a1/B_Innozenz_II1.jpg"><h6>Figura 8 – Innocenzo II in un mosaico della Chiesa di Santa Maria in Trastevere, a Roma, ricostruita a metà del XII secolo proprio da Innocenzo II. Alla sua sinistra vi sono i Santi Laurenzio e Callisto.</h6><p><br><p>Anacleto II, il 27 settembre 1130 una <i><font color="#ff0000">Bolla</font></i> consegnata al duca di Puglia presso la città di Avellino fece Ruggero Re di Sicilia. L'incoronazione a <i>R<font color="#ff0000">ex Siciliae, ducatus Apuliae et principatus Capuae</font></i> avvenne a Palermo il 25 dicembre 1130. Se alla Chiesa l’appoggio normanno era costato il riconoscimento della monarchia degli Altavilla, a Ruggero II la corona costò i primi dieci anni di regno in una sanguinosa e lunga guerra, promossa e sostenuta da colui che era a tutti gli effetti il legittimo Papa: Innocenzo II. Poiché era stato un antipapa a incoronare Ruggero, non era questi legittimato a governare per il vero capo della Chiesa, tanto che con l’appoggio di Francia e Inghilterra e pure dell’Impero fu messa in piedi, pare da Bernardo di Chiaravalle, una coalizione contro il nuovo monarca. Le cose peggiorarono quando scoppiarono contemporaneamente le ribellioni dei nobili. Il potere e l’immenso regno che Ruggero II aveva creato in breve rischiavano di sgretolarsi definitivamente quando Lotario III iniziò la discesa al sud, che gli imperatori tedeschi non avevano mai veramente rinunciato a riprendersi. Lotario III era appoggiato da numerose città italiane tra cui Genova e Pisa e come se non bastasse dai Bizantini, ora governati da Giovanni II Comneno (figlio di Alessio) che temevano il potere crescente dei Normanni nel Mediterraneo. Tra i ribelli di Ruggero II vi era il cognato Rainulfo di Alife, che aveva sposato Matilde, sua sorella <a name="_ftnref14_5855" href="#_ftn14_5855">[14]</a>. Nel febbraio 1137 Lotario fu raggiunto da Rainulfo e dai suoi alleati e a giugno assalì e prese Bari. Innocenzo II e Lotario concentrarono a maggio 1137 le proprie armate accanto al castello di Lagopesole e assediarono la città di Melfi, costrinsero Ruggero II alla fuga, quindi riuscirono a conquistare la sua ex capitale, Melfi, il 29 giugno. Il Pontefice tenne il Concilio di Melfi V nel castello del Vulture nell'anno 1137: la più probabile data va dal 29 giugno al 4 luglio. I Padri conciliari decisero la deposizione dell'antipapa Anacleto II. Il 4 luglio Innocenzo II, insieme all'Imperatore Lotario II, delegittimò Ruggero II, in favore di Rainulfo di Alife, fatto nuovo duca di Puglia. Ora che Lotario era finalmente tornato a mettere le mani sul sud, dopo una prima campagna più fallita che riuscita, sorsero incomprensioni e contrasti sul possesso del ducato delle Puglie, mentre anche nell'esercito serpeggiava il malcontento. Lotario a quel punto rinunciò e rientrò in Germania e questa fu la fortuna di Ruggero II che nel mentre aveva riacquistato le forze e pur essendo inviso a tutti sul piano politico, decise di passare all’azione, puntando non solo alla vittoria, ma alla riconferma della corona. Come prima cosa però doveva vendicare l’onta del cognato e così messosi in marcia saccheggiò Capua e costrinse Sergio VII ad accettarlo come Signore di Napoli. A Rignano Garganico Rainulfo di nuovo sconfisse il Re, ma nell'aprile del 1139 morì e Ruggero sottomise gli ultimi ribelli senza eccessive difficoltà sottomettendo sotto il suo potere tutto il Meridione. Rainulfo era così scampato alla personale vendetta di Ruggero non morendo per mano sua, ma probabilmente a causa di un’infezione di una ferita procuratasi in guerra che aveva fato infezione e forse anche alle scarsissime condizioni igieniche del tempo e alle rudimentali tecniche chirurgiche. La morte di Rainulfo non placò la sete di vendetta del cognato che giunto a Troia <a name="_ftnref15_5855" href="#_ftn15_5855">[15]</a> per reimporre la sua autorità, Ruggero pretese la riesumazione del cadavere di Rainulfo e la sua degradazione. Secondo Falcone di Benevento, il re avrebbe intimato ai troiani:<p><br><blockquote><p>« Non entrerò in città finché resterà tra voi quel grandissimo traditore di Rainulfo! »<p>[Falcione di Benevento, <em>Chronicon Beneventanum</em>, 1139]</p></blockquote><p><br><p>Il corpo fu a quel punto esumato dalla sepoltura nella cattedrale di Troia, la lastra tombale infranta e la salma, ancora in putrefazione, trascinata dal cavallo di Ruggero per l'intera città. Dopodiché essa fu espulsa simbolicamente dalla città, venendo gettata al di là delle mura. Falcone, commentando la ferocia di Ruggero, poté dire: "<em>per soddisfare la sua rabbia [Ruggero] fece contro un morto quello che non aveva potuto fare contro il vivo</em>" <a name="_ftnref16_5855" href="#_ftn16_5855">[16]</a><p><br><p>Essendo morto il precedente anno (1138) Anacleto II, Ruggero ora doveva farsi riconoscere o quanto meno riconfermare Re dal papa Innocenzo II, ancora restio e che per giunta lo aveva scomunicato. Innocenzo, ancora forte delle sue alleanze tentò un secondo attacco a Ruggero II ma perse, cadendo invece in un’imboscata a Galluccio. A quel punto Innocenzo II si arrese <a name="_ftnref17_5855" href="#_ftn17_5855">[17]</a> e fu costretto a riconoscere e riconfermare a Ruggero il titolo di <em><font color="#ff0000">Rex Siciliae ducatus Apuliae et principatus Capuae. </font></em><p><br><p align="center"><img src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/0/04/Martorana_RogerII2008.jpg/800px-Martorana_RogerII2008.jpg"><h6>Figura 9 – Incoronazione di Ruggero II a Re di Sicilia. La figura di Cristo che incorona il Re serve per simboleggiare la benevolenza divina (ed è anche un richiamo al diritto divino dei Re) in merito alla fondazione del nuovo regno. Questa scena è rappresentata in un mosaico a fondo d’oro, nella Chiesa della Martorana, meglio nota anche come Chiesa di Santa Maria dell'Ammiraglio, a Palermo <a name="_ftnref18_5855" href="#_ftn18_5855">[18]</a>. Come dimostrato da un diploma greco-arabo del 1143, da un'iscrizione greca all'esterno della facciata meridionale e dalla stessa raffigurazione musiva di dedicazione, la chiesa fu fondata nel 1143 per volere di Giorgio, grande ammiraglio siriaco di fede ortodossa al servizio del re normanno Ruggero II dal 1108 al 1151. </h6><p><br><p>Ruggero II era così divenuto uno dei più potenti sovrani d'Europa. Nell'estate del 1140 ad Ariano Irpino promulgò le <i><font color="#ff0000">Assise di Ariano</font></i>, il <i>corpus</i> giuridico che formava la nuova costituzione del Regno di Sicilia. A lui si deve anche l'istituzione del <i><font color="#ff0000">Catalogus baronum</font></i>, l'elenco di tutti i feudatari del regno, stilato per stabilire un più attento controllo del territorio, dei rapporti vassallatici e quindi delle potenzialità del proprio esercito. <p align="center"><br><p align="center"><img width="800" height="766" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/6/63/Roger_II_Sicily.jpg"><h6>Figura 10 – Miniatura che rappresenta Ruggero II prima della sua ascesa al trono, in assetto da combattimento. Si noti il costume che consiste nella tunica a maniche lunghe, decorata sopra l’avambraccio con una striscia di tessuto di colore diverso e il mantello, portato alla maniera bizantina. Il costume normanno, come si vedrà, è frutto dell’eclettismo culturale che fa parte della popolazione Normanna sin dall’epoca delle invasioni. L’immagine è tratta dal manoscritto Liber ad honorem August di Pietro da Eboli, del 1196, quindi molto dopo la morte di Ruggero e infatti nel manoscritto in altre miniature è rappresentata anche la figlia Costanza da cui nascerà Federico II di Svevia. Fonte immagine: Wikipedia <a name="_ftnref19_5855" href="#_ftn19_5855">[19]</a></h6><p><br><p>A Palermo Ruggero attrasse intorno a sé i migliori uomini di ogni etnia, come il famoso geografo arabo al-Idrisi (Idrīsī o Edrisi) <a name="_ftnref20_5855" href="#_ftn20_5855">[20]</a>, lo storico Nilus Doxopatrius, il poeta Abd ar-Rahman al-Itrabanishi che occupava anche posto di segretario e altri eruditi ancora. Il Re mantenne nel regno una completa tolleranza per tutte le fedi, razze e lingue. Egli fu servito da uomini di ogni nazionalità, come l'anglonormanno Thomas Brun nella Curia, il rinnegato musulmano <em>Christodoulos </em>nella flotta e il bizantino Giorgio di Antiochia <a name="_ftnref21_5855" href="#_ftn21_5855">[21]</a>, che nel 1132 fu fatto <em>amiratus amiratorum</em>. <p><br><p>Ruggero rese la Sicilia la potenza dominante del Mediterraneo. Grazie ad una potente flotta, costituita sotto diversi ammiragli, effettuò una serie di conquiste sulla costa africana (1135 - 1153), che andavano da Tripoli (Libia) a Capo Bon (Tunisia) e Bona (Algeria). Ruggero II creò in quei due decenni un "<em><font color="#ff0000">Regno normanno d'Africa</font></em>" che divenne un "protettorato" siciliano, sostenuto in parte dalla residua piccola comunità cristiana nel nord Africa. Stando all’Enciclopedia Federiciana del 2005, i tentativi di Ruggero II di insediarsi in Africa, in primo luogo a Mahdia e poi a Tripoli, sfociarono nella creazione di un piccolo impero normanno lungo le coste dell'Ifriqiya, con la sola eccezione di Tunisi. Gli sceicchi locali si sottomisero all'autorità del re di Sicilia, che tentò di promuovere nella regione nuovi insediamenti cristiani allo scopo di proteggere la modesta popolazione cristiana già esistente <a name="_ftnref22_5855" href="#_ftn22_5855">[22]</a>. I Normanni riuscirono a mantenere le conquiste africane di Ruggero II fino al 1160. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a><h2><a name="_Toc511908763"></a><a name="_Toc511290781"></a><a name="_Toc458751116">Ruggero II e le Crociate</a></h2><p>Ruggero II, ebbe inoltre modo, seppur nell’ultimo periodo della sua vita, di prendere parte attivamente alla Seconda Crociata (1147 - 48) che gli diede l'opportunità di riprendere i progetti di Roberto il Guiscardo sull'Impero Romano d'Oriente. Giorgio di Antiochia fu mandato a Corinto alla fine del 1147 e spedì all'interno un esercito che saccheggiò Tebe. Nel giugno 1149 l'ammiraglio apparve davanti a Costantinopoli e sfidò l'Imperatore bizantino, lanciando frecce incendiarie contro le finestre del palazzo. Tuttavia l'attacco all'Impero non ebbe risultati durevoli, ma Ruggero conservò l'isola di Corfù. Qui è bene aprire una parentesi sull’interesse di Ruggero II per il Medio Oriente. La fine della Prima Crociata aveva segnato non solo l’inizio di una nuova Era per il Mediterraneo e le rotte commerciali, che nonostante invasioni e pirateria araba, grazie all’azione cooperativa delle principali città portuali italiane e l’Impero Bizantino, non erano mai cessate; ma aveva anche segnato l’inizio di un nuovo regno, il Regno di Gerusalemme che durò circa un secolo. All'inizio del 1099, quando era ancora in corso la Prima Crociata, Goffredo era una figura secondaria nella crociata, con Baldovino, Boemondo di Taranto <a name="_ftnref23_5855" href="#_ftn23_5855">[23]</a>, Raimondo IV di Tolosa e Tancredi d'Altavilla <a name="_ftnref24_5855" href="#_ftn24_5855">[24]</a> che determinavano il corso degli eventi. Goffredo fu il primo a presentarsi all'assedio di Nicea ma il suo solo risultato significativo in questa parte della crociata fu il soccorso prestato all'esercito di Boemondo durante la Battaglia di Dorileo allorché questi s'era dovuto arrendere ai turchi selgiuchidi di Qilij Arslan I <a name="_ftnref25_5855" href="#_ftn25_5855">[25]</a>. L'esercito di Goffredo, in realtà, fu anch'esso costretto alla resa finché non giunse un altro gruppo di crociati agli ordini di Ademaro, vescovo di Le Puy che attaccò l'accampamento selgiuchide.<p><br><p>Nel 1099, dopo la conquista di Antiochia al termine di un lungo assedio, i Crociati si divisero su cosa avrebbero dovuto fare. Molti fanti volevano proseguire verso sud alla volta di Gerusalemme ma Raimondo, a quel tempo considerato il capo della Crociata, era esitante nel proseguire la marcia. Goffredo, che sembra fosse influenzato da motivi religiosi piuttosto che politici, convinse Raimondo a condurre l'esercito a Gerusalemme. Goffredo fu attivo nell'assedio della città e il 15 luglio fu tra i primi ad entrare coi suoi Lotaringi in città che vide un massacro generale di musulmani ed ebrei, secondo i canoni d'assedio vigenti all'epoca. I cronisti riportano alcune note sul suo carattere: coraggioso e valoroso, ma anche ripiegato su sé stesso, tormentato, talvolta indeciso, forse ammalato nel fisico.<p><br><p>Questa sua debolezza fu forse ciò che convinse gli altri crociati ad affidargli la corona gerosolimitana, non subendo il veto di alcuna compagine (a differenza per esempio dell'energico Raimondo IV di Tolosa, osteggiato dai Normanni). Si cercava infatti un personaggio non di spicco, vista la rinuncia di Raimondo a brigare il titolo regio, e Goffredo sembrò il candidato ideale, tanto che quando venne incoronato, il 22 luglio, egli decise di prendere il titolo di "<em><font color="#ff0000">Advocatus</font></em>" (cioè difensore, ossia protettore laico) del Santo Sepolcro. Questo attributo inoltre era tipico di chi reggeva beni ecclesiastici, per cui sottintendeva che la Terra santa appartenesse alla Santa Sede. Goffredo rifiutò dunque di essere incoronato "re" nella città in cui il Cristo era morto, assumendo il meno tronfio titolo di <em><font color="#ff0000">Advocatus Sancti Sepulchri</font></em>, "<em><font color="#ff0000">difensore del Santo Sepolcro</font></em>". Per tale scopo, egli fondò l'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Nel corso del suo breve regno di appena un anno, Goffredo dovette difendere il nuovo Regno di Gerusalemme dai Fatimidi d'Egitto, che in agosto furono sconfitti nella Battaglia di Ascalona. <p><br><p>Nel 1100 Goffredo fu in grado d'imporre la sua autorità ad Acri, Arsuf, Giaffa e Caesarea. Nel frattempo il contrasto con Dagoberto continuava: Goffredo e Boemondo avrebbero preferito Arnolfo di Chocques come Patriarca ma Dagoberto voleva trasformare il Regno in una teocrazia, col Papa alla sua guida. Goffredo morì il 18 luglio senza aver conquistato l'Egitto e la questione di chi avrebbe dovuto governare su Gerusalemme rimase senza risposta. I sostenitori di una monarchia secolare chiamarono il fratello di Goffredo, Baldovino (diventato nel frattempo conte di Edessa), affinché assumesse la corona. Dagoberto – che era fuori Gerusalemme con Tancredi per assistere alla conquista di Acri e al massacro della sua popolazione di fede israelita – dovette piegarsi e con riluttanza incoronò Baldovino Re di Gerusalemme il 25 dicembre 1100. Baldovino che le fonti descrivono in modo decisamente diverso e per certi aspetti opposto nei modi e nella mentalità rispetto al fratello Goffredo <a name="_ftnref26_5855" href="#_ftn26_5855">[26]</a>, fin da giovane era stato destinato alla carriera ecclesiastica non essendo destinato ad ereditare, ma ben presto vi aveva rinunciato sposando in prime nozze una certa Godvera <a name="_ftnref27_5855" href="#_ftn27_5855">[27]</a>, che gli aveva dato dei figli e che insieme a questi lo aveva seguito in Crociata, trovandovi la morte <a name="_ftnref28_5855" href="#_ftn28_5855">[28]</a>. Grazie ad una serie astutissima e anche subdola di mosse politiche e militari, Baldovino si era conquistato la stima e l’alleanza di Thoros di Edessa, governatore della città ed ex ufficiale bizantino (<em><font color="#ff0000">curopalate</font></em>) e questi, ormai anziano lo aveva adottato assicurandolo come proprio erede e gli aveva dato in sposa la propria figlia, Arda in modo da garantire una successione <a name="_ftnref29_5855" href="#_ftn29_5855">[29]</a>. Non si conoscono esattamente le dinamiche degli eventi successivi, ma pare che Baldovino amato e considerato eroe dalla popolazione cristiana armena rovesciò Thoros, di fede greco-ortodossa e questi venne assassinato, dopo di chè Baldovino impose la propria autorità e costituì un proprio feudo che è noto come <em><font color="#ff0000">Contea di Edessa</font></em>. Il suo successo cominciò a far paura agli altri capi crociati, coi quali era già entrato in contrasto, in modo particolare Tancredi d’Altavilla <a name="_ftnref30_5855" href="#_ftn30_5855">[30]</a>. Dopo la morte del fratello e la sua incoronazione Baldovino si ritrovò ad essere il più potente capo cristiano occidentale in Oriente ed essendo divenuto Re era pari a tutti gli altri sovrani, incluso l’Imperatore Bizantino. Come Re alla pari degli altri sovrani necessitava anche del riconoscimento da parte del Papa, e il colmo stava proprio nel fatto che era stata la Chiesa tra le prime a mettere gli occhi e ambire al potere sulla Terra Santa. Baldovino era stato scelto come Re per impedire appunto quel tipo di controllo e infatti nel 1101 entrò in contrasto col Papa in merito al Patriarca latino di Gerusalemme, Dagoberto da Pisa, che Baldovino non aveva mai riconosciuto e che aveva tentato di imporre la Chiesa come unico capo della Terra Santa <a name="_ftnref31_5855" href="#_ftn31_5855">[31]</a>. Come Re di Gerusalemme fu il sovrano nominale della Contea di Tripoli, del Principato di Antiochia e della Contea di Edessa che aiutò nella difesa contro i musulmani di Siria, in special modo di Mawdud e di Aq Sunqur, atabeg di Mossul (arabo Mawsil). Nel 1103 pagò il riscatto per Boemondo di Antiochia che era stato catturato in battaglia dai turchi Danishmend. Baldovino preferiva Boemondo a Tancredi, che governava Antiochia in qualità di reggente e che era diventato principe di Galilea nei primi anni di regno di Baldovino. Nel 1108, non si conosce bene la ragione, Baldovino ripudiò la moglie armena accusandola di essere alleata ai Musulmani e la recluse in monastero, convolando cinque anni dopo a nozze, ormai anziano, con una non più giovane Adelaisa del Vasto, vedova di Ruggero I d’Altavilla e madre di Ruggero II. <p align="center"><br><p align="center"><img width="850" height="603" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/proxy/AVvXsEhJQWhU4broyGjf0qFueg5gKSqIa6xXgRaOJlKln9YyY4fnvvZLOdpQVO-dFfbqnNJrRmUQzzSGXJBb388rSoRPS-TwBCBwVCLVBPMTyB6_ZpLhIs6Tioy2FOQY6h9u14c6187208AJ6Pr1025ItFAPsACsfDclrmFOVnFgPSif_TRiKWksOsj3zL4LFAaX0p2mb9A3c1UG8XBetAglxez5hJJ2SRJ0QCa5hXC7FiUHooEh2We2qT9QNgfOXkuR1P-YnAveiLlO8jqouRHBCRNJOnXcg0DmVwKBww2How=s0-d"><h6>Figura 11 – Baldovino di Gerusalemme e Arda di Edessa, figlia di Thoros. L’immagine è tratta dal manoscritto dedicato al Romanzo di Goffredo di Buglione, datato però non al XII ma al XIV secolo. L’immagine non è descritta anche se la scena in cui le monache accolgono Arda, suggerisce che si tratta proprio del momento in cui Baldovino ripudia la seconda moglie costringendola alla vita monastica, per sposare la vedova di Ruggero I. L’immagine è tratta dal Li rommans de Godefroy de Buillon et de Salehadin et de tous lez autres roys qui ont esté outre mer jusques a saint Loys qui darrenierement y fu, Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 22495 <a name="_ftnref32_5855" href="#_ftn32_5855">[32]</a>, foglio 182</h6><p><br><p>Entrambi gli sposi erano anziani per quell’epoca: Baldovino aveva cinquantacinque anni mentre Adelaisa ne aveva sedici in meno. Già con la Prima Crociata e la fondazione del Regno di Gerusalemme gli Altavilla si erano conquistati un posto d’onore in Oriente e Terra Santa, ma con quel matrimonio, Adelaisa nutriva grossi interessi, ma soprattutto grosse speranze sulla possibilità di Ruggero II di succedere al marito un domani, essendo che la coppia non aveva avuto figli. Mai furono tanto mal riposte quelle speranze, poiché il nuovo matrimonio correva il grave rischio di essere annullato, visto che Baldovino risultava ancora marito della moglie armena e perché il Re aveva già speso tutta la dote di Adelaide per pagare il soldo arretrato delle sue truppe e non aveva quindi grandi speranze di incamerare granché d'altro. A tutto ciò si aggiunga la noia della vita di corte per Adelaide, abituata ai fasti della corte normanna siciliana, per cui, approfittando di una grave malattia di Baldovino <a name="_ftnref33_5855" href="#_ftn33_5855">[33]</a>, il Legato Pontificio Arnolfo <a name="_ftnref34_5855" href="#_ftn34_5855">[34]</a> strappò al Re il consenso per l'annullamento del matrimonio con Adelaide malgrado Baldovino non fosse favorevole a rinunciare alla preziosa alleanza con i Normanni di Sicilia. Lei ritornò nel 1117 in Sicilia dove pare che morì, anche per il dolore della separazione, nel 1118, lo stesso anno della morte di Baldovino <a name="_ftnref35_5855" href="#_ftn35_5855">[35]</a> e del suo consigliere Arnolfo. <p align="center"><br><p align="center"><img width="850" height="607" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/proxy/AVvXsEiqIiWD02vL6o7BgnZLVcRRTxqcU_UngOFoh5rX7_8JAGx3tglFYpjCkf_InIKY86NXat3J7CJ9aojC3bvLMM4qPnR58qFYCCYc-wmPSEMQbxDoqS0yzUiYu-wUBM2LGavUX9lSCeL7jyp3PA2mrKL5JwqGa6uzeR5RF9ylyJUNsibzxaA1Cdhqlshyphenhyphen-GZCLCjS_B2Mat0fkBvhEpWdE6REwr6j3OM3uaEWrnnyDKeQXIcyWmOubgSGEQIvQHQKAT-V2RCZ7-vyQKCIf_PMFlhM_iffJhL2RwuO=s0-d"><h6>Figura 12 – Baldovino I di Gerusalemme e Adelaide del Vasto. La scena è per antonomasia attribuita al momento in cui Baldovino dietro consiglio del fedele Arnolfo ripudia anche Adelaide facendo annullare le nozze. La scena non può essere attribuita al loro incontro poiché la scena segue quella in cui il Re cadde malato ed è fedele alle cronache storiche. L’immagine è tratta dal Li rommans de Godefroy de Buillon et de Salehadin et de tous lez autres roys qui ont esté outre mer jusques a saint Loys qui darrenierement y fu, Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 22495 <a name="_ftnref36_5855" href="#_ftn36_5855">[36]</a>, foglio 206</h6><p><br><p>Baldovino di Le Bourg <a name="_ftnref37_5855" href="#_ftn37_5855">[37]</a>, cugino del Re, fu scelto come suo successore <a name="_ftnref38_5855" href="#_ftn38_5855">[38]</a>. La presenza degli Altavilla in Terrasanta non cessò con la separazione di Baldovino I poiché molti esponenti della famiglia avevano preso il controllo ed erano stati investiti di ruoli di prestigio nelle diverse zone in Oriente, specie Antiochia ed Edessa e molti erano anche i legami col nuovo Re <a name="_ftnref39_5855" href="#_ftn39_5855">[39]</a>. Ruggero II, non si sa come abbia preso la vicenda dell’eredità della corona gerosolimitana, probabilmente non bene, ma subito dopo la Prima Crociata, a distanza di pochi anni, ne fu proclamata una seconda alla quale il Re siciliano partecipò attivamente conquistando nuovi territori come descritto nella prima parte di questo paragrafo. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a><h2><a name="_Toc511908764"></a><a name="_Toc511290782"></a><a name="_Toc458751117">Ruggero e la sua famiglia e il ritratto di un Re</a></h2><p>Alla pari dei suoi antenati anche Ruggero II ebbe una vita privata piuttosto intensa, da adulto. In prime nozze sposò, nel 1118, anno della morte di sua madre, Elvira di Castiglia, Prima Regina di Sicilia <a name="_ftnref40_5855" href="#_ftn40_5855">[40]</a>, che gli diede ben sei figli di cui cinque maschi che portavano il nome degli antenati e una figlia che portava il nome di Adelaisa. Elvira morì l'8 febbraio 1135, e la sua morte fece cadere Ruggero in una profonda depressione che lo portò a recludersi per anni confermando che fu un matrimonio felice, allietato dalla nascita di diversi figli. Fu durante il primo matrimonio che avvenne la Prima Incoronazione di Ruggero II a Re di Sicilia e di sua moglie a Regina. Si deduce da ciò che tra i due sposi vi fossero amore ed affetto sinceri e profondi. Dopo ben quattordici anni di vedovanza (con la preoccupazione della successione dinastica dopo la morte in successione dei suoi primi tre figli maschi), nel 1149 si unì in matrimonio con Sibilla di Borgogna <a name="_ftnref41_5855" href="#_ftn41_5855">[41]</a>, che poteva essere quasi sua figlia, dalla quale ebbe due figli che morirono il primo dopo la nascita e il secondo durante il parto causando la morte della stessa Sibilla, di soli ventiquattro anni.<p><br><p align="center"><img width="600" height="517" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/f5/Roger2_Sibyla.jpg"><h6>Figura 13 – Ruggero II e Sibilla di Borgogna. L’immagine è tratta dal manoscritto Liber ad honorem August di Pietro da Eboli, del 1196. Si noti il costume di Sibilla che rispecchia molto il modello altomedievale della tunica, lunga e dritta con maniche corte e strette e bordata sul collo e nella parte alta della manica da strisce, come nel costume della miniatura precedente in cui è rappresentato Ruggero II. Durante il XII secolo in Francia era in uso il bliaut, abito femminile dalle maniche molto ampie e aderente sulla parte alta del corpo, di cui si trovano anche molte testimonianze dell’arte. In Inghilterra entrò in uso questo tipo di abito femminile, ma continuò ad essere di moda anche la classica tunica di origine sassone e quindi germanica con i galloni quale decorazione. Fonte immagine: Wikipedia <a name="_ftnref42_5855" href="#_ftn42_5855">[42]</a></h6><p><br><p>Ultracinquantenne nel 1151 si affrettò a sposare Beatrice di Rethel <a name="_ftnref43_5855" href="#_ftn43_5855">[43]</a>, anche lei giovanissima (vent’anni), dalla quale nacque postuma la sola Costanza (1154 - 1198) <a name="_ftnref44_5855" href="#_ftn44_5855">[44]</a>, imperatrice e regina di Sicilia, sposa di Enrico VI di Germania (1165-1197) e madre di Federico II di Svevia. <p align="center"><br><p align="center"><img width="600" height="462" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/d/d5/Roger2_beatrixzRethelu.jpg"><h6>Figura 14 – Re Ruggero II con Beatrice di Rethel, sua terza e ultima moglie. L’immagine è tratta dal manoscritto Liber ad honorem August di Pietro da Eboli, del 1196. Fonte immagine: Wikipedia <a name="_ftnref45_5855" href="#_ftn45_5855">[45]</a></h6><p><br><p>Del ritratto di Ruggero II non si hanno molte notizie, contrariamente al padre Ruggero I, del quale abbiamo invece una descrizione fisica anche piuttosto dettagliata, e non va dimenticato in questo caso che i personaggi non sempre erano descritti com’erano realmente dai loro estimatori che li vedevano a tutti i costi belli, potenti, ricchi e puri di cuore. fortunatamente la storia ci ha lasciato anche testimonianze obiettive che possiamo, grazie gli storici, reputare fedeli alla realtà. Ruggero I era descritto da Malaterra <a name="_ftnref46_5855" href="#_ftn46_5855">[46]</a> come:<p><br><blockquote><p>“ un giovane assai bello, di alta statura e di proporzioni eleganti, pronto di parola, saggio nel consiglio, lungimirante nel trattare gli affari. Conservò sempre il carattere amichevole e allegro. Era inoltre dotato di grande forza fisica e di gran coraggio nei combattimenti. E in virtù di questi pregi, si guadagnò in breve il favore di tutti”<p>(Goffredo Malaterra)</p></blockquote><p><br><p>Essendo di stirpe e origini normanne e quindi nordiche era normale che fosse anche di elevata statura, cosa insolita per quell’epoca ed essendo la statura un carattere ereditario, anche il figlio Ruggero II doveva essere parecchio alto e sano, robusto come suo padre. Altri dati sul suo aspetto come i capelli (che nell’estremo Nord tendono ad essere biondi) o il colore degli occhi (nell’estremo nord il colore scuro è meno diffuso rispetto all’azzurro) non sono disponibili, malgrado il ritratto della sua incoronazione nella Chiesa della Martorana suggerisca un aspetto molto più mediterraneo e straordinariamente simile al Cristo che lo incorona con capelli e barba lunghi e scuri, una rappresentazione simbolica che non è da considerarsi il ritratto dello storico Ruggero II. <p><br><p align="center"><a href="https://dc559.4shared.com/img/XYfoHi4jei/s24/162ddb49858/Albero_genealogico_Ruggero_I_c?async&rand=0.07159695285031231" target="_blank"><img width="850" height="309" src="https://dc559.4shared.com/img/UAJp6Jiaca/s24/162ddb4a028/Discendenti_di_Ruggero_II_Alta?async&rand=0.6645569172165369"></a><h6>Figura 15 – Albero genealogico di Ruggero II d’Altavilla fino a Federico II di Svevia, del quale era nonno. </h6><p><br><h2><a name="_Toc511908765"></a><a name="_Toc511290783"></a><a name="_Toc458751118">La morte e l’eredità</a></h2><p>Ruggero II morì nel 1154 a 58 anni, a Palermo il 26 febbraio e suo successore fu il quarto dei suoi figli, Guglielmo detto Guglielmo I di Sicilia o Il Malo.<p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a><h1><a name="_Toc511908766"></a><a name="_Toc458751130"></a><a name="_Toc457996073">Fonti bibliografiche</a></h1><h2><a name="_Toc511908767"></a><a name="_Toc458751131">Libri</a></h2><ul><li>Abulafia, D. (1970). <i>Ifriqiyya - Federiciana (2005)</i>. Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/ifriqiyya_(Federiciana)/</li><li>Aubè, P. (2006). <i>Ruggero II re di Sicilia, Calabria e Puglia: un normanno nel Mediterraneo.</i> Milano.</li><li>Distelberger, R. (2009). <i>Il Kunsthistorisches Museum di Vienna: Il tesoro imperiale: arte profana e arte sacra.</i> C.H.Beck.</li><li>Herbert, H., & Yaldiz, M. (1982). <i>Along the Ancient Silk Routes: Central Asian Art from the West Berlin State Museums.</i> New York: The Metropolitan Museum of Art of New York.</li><li>Kreutz, B. M. (1991). <i>Before the Normans: Southern Italy in the ninth and tenth centuries.</i> Philadelphia: University of Pennsylvania Press.</li><li>Lewin-Deuer, E. (2002). <i>Karfunkel Gehnittmustersammlung 2.</i> Karfunkel .</li><li>Nicolle, D., & Gravett, C. (2006). <i>The Normans. Warrior Knights and their Castles.</i> Osprey Publishing Ltd.</li><li>Runciman, S. (1966). <i>Storia delle Crociate.</i> Torino: Einaudi.</li><li>Treccani, E. (1931). <i>Cotta - Enciclopedia Italiana </i>. (G. D.-M. Borgatti, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/cotta_%28Enciclopedia-Italiana%29/</li><li>Treccani, E. (1931). <i>Dalmatica - Enciclopedia Italiana</i>. (P. Romanelli, A. Sant, & G. D. Luca, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/dalmatica_%28Enciclopedia-Italiana%29/</li><li>Treccani, E. (1960). <i>Adelaide del Vasto - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 1</i>. (E. Pontieri, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/adelaide-del-vasto_(Dizionario-Biografico)/</li><li>Treccani, E. (2001). <i>Goffredo Malaterra - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 57</i>. (F. Panarelli, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/goffredo-malaterra_%28Dizionario-Biografico%29/</li><li>Treccani, E. (2006). <i>Normanni - Enciclopedia dei ragazzi</i>. (S. Moretti, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/normanni_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/</li><li>Treccani, E. (2010). <i>Normanni - Dizionario di Storia</i>. Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/normanni_%28Dizionario-di-Storia%29/</li><li>Treccani, E. (s.d.). <i>Altavilla, famiglia - Federiciana (2005)</i>. (S. Tramontana, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/famiglia-altavilla_%28Federiciana%29/</li><li>Treccani, E. (s.d.). <i>Baldovino, Re di Gerusalemme - Enciclopedia Italiana (1930)</i>. (F. Cognasso, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/baldovino-i-re-di-gerusalemme_%28Enciclopedia-Italiana%29/</li><li>Treccani, E. (s.d.). <i>Goffredo conte di Buglione - Enciclopedia Dantesca (1970)</i>. (F. Frascarelli, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/goffredo-conte-di-buglione_%28Enciclopedia-Dantesca%29/</li><li>Treccani, E. (s.d.). <i>Normanni - Enciclopedia dell' Arte Medievale (1997)</i>. (G. Zarnecki, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/normanni_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/</li><li>Treccani, E. (s.d.). <i>Normanni - Enciclopedia Italiana (1934)</i>. (E. Pontieri, A cura di) Tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/normanni_%28Enciclopedia-Italiana%29/</li><li>Weiß, H. (1862-1864). <i>Mittelalter vom 4ten bis zum 14ten Jahrhundert. </i><i>Byzanz und der Osten.</i> Struttgart.</li></ul><strong><p><br></p></strong><p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a></p><h2><a name="_Toc511908768"></a><a name="_Toc458751132">Internet</a></h2><ul><li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Baldwin_I_of_Jerusalem">https://en.wikipedia.org/wiki/Baldwin I of Jerusalem</a></li><li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Baldwin_I_of_Jerusalem">https://en.wikipedia.org/wiki/Baldwin I of Jerusalem</a></li><li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Beatrice_of_Rethel">https://en.wikipedia.org/wiki/Beatrice of Rethel</a></li><li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Eremburga_of_Mortain">https://en.wikipedia.org/wiki/Eremburga of Mortain</a></li><li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/House_of_Tosny">https://en.wikipedia.org/wiki/House of Tosny</a></li><li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Raoul_II_of_Tosny">https://en.wikipedia.org/wiki/Raoul II of Tosny</a></li><li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Robert,_Count_of_Mortain">https://en.wikipedia.org/wiki/Robert, Count of Mortain</a></li><li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Roger_I_of_Sicily?uselang=it">https://en.wikipedia.org/wiki/Roger I of Sicily</a></li><li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/William,_Count_of_Mortain">https://en.wikipedia.org/wiki/William, Count of Mortain</a></li><li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Roman_de_Fauvel">https://fr.wikipedia.org/wiki/Roman de Fauvel</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Abd_ar-Rahman_al-Itrabanishi">https://it.wikipedia.org/wiki/Abd ar-Rahman al-Itrabanishi</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Adelasia_del_Vasto">https://it.wikipedia.org/wiki/Adelasia del Vasto</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Albero_della_vita_(Eden)">https://it.wikipedia.org/wiki/Albero della vita (Eden)</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Albero_della_vita_(cabala)">https://it.wikipedia.org/wiki/Albero della vita (cabala)</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Alessandro_Telesino">https://it.wikipedia.org/wiki/Alessandro Telesino</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Antipapa_Anacleto_II">https://it.wikipedia.org/wiki/Antipapa Anacleto II</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Arnolfo_di_Roeux">https://it.wikipedia.org/wiki/Arnolfo di Roeux</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Baldovino_I_di_Gerusalemme">https://it.wikipedia.org/wiki/Baldovino I di Gerusalemme</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Baldovino_II_di_Gerusalemme">https://it.wikipedia.org/wiki/Baldovino II di Gerusalemme</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Beatrice_di_Rethel">https://it.wikipedia.org/wiki/Beatrice di Rethel</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Boemondo_I_d'Antiochia">https://it.wikipedia.org/wiki/Boemondo I d’Antiochia</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_della_Martorana">https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa della Martorana</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Cloisonné">https://it.wikipedia.org/wiki/Cloisonné</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Contea_di_Sicilia">https://it.wikipedia.org/wiki/Contea di Sicilia</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Costanza_d'Altavilla">https://it.wikipedia.org/wiki/Costanza d’Altavilla (Imperatrice)</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Dagoberto_da_Pisa">https://it.wikipedia.org/wiki/Dagoberto da Pisa</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Del_Vasto">https://it.wikipedia.org/wiki/Del Vasto</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Ducato_di_Benevento">https://it.wikipedia.org/wiki/Ducato di Benevento</a></li><li>https://it.wikipedia.org/wiki/Elvira di Castiglia (regina di Sicilia)</li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Enrico_del_Vasto">https://it.wikipedia.org/wiki/Enrico del Vasto</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Eremburga_di_Mortain">https://it.wikipedia.org/wiki/Eremburga di Mortain</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Felicia_d'Altavilla">https://it.wikipedia.org/wiki/Felicia d’Altavilla</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Giordano_d'Altavilla">https://it.wikipedia.org/wiki/Giordano d’Altavilla</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Giorgio_d'Antiochia_(ammiraglio)">https://it.wikipedia.org/wiki/Giorgio d’Antiochia (ammiraglio)</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_II_Comneno">https://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni II Comneno</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Giuditta_d'Evreux">https://it.wikipedia.org/wiki/Giuditta d’Evreux</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Goffredo_di_Buglione">https://it.wikipedia.org/wiki/Goffredo di Buglione</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Goffredo_Malaterra">https://it.wikipedia.org/wiki/Goffredo Malaterra</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Liber_ad_honorem_Augusti">https://it.wikipedia.org/wiki/Liber ad honorem Augusti</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Lotario_II_di_Supplimburgo">https://it.wikipedia.org/wiki/Lotario II di Supplimburgo</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Madreperla">https://it.wikipedia.org/wiki/Madreperla</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Muhammad_al-Idrisi">https://it.wikipedia.org/wiki/Muhammad al-Idrisi</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Callisto_II">https://it.wikipedia.org/wiki/Papa Callisto II</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Innocenzo_II">https://it.wikipedia.org/wiki/Papa Innocenzo II</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Niccolò_II">https://it.wikipedia.org/wiki/Papa Niccolò II</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Onorio_II">https://it.wikipedia.org/wiki/Papa Onorio II</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_da_Eboli">https://it.wikipedia.org/wiki/Pietro da Eboli</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Qilij_Arslan_I">https://it.wikipedia.org/wiki/Qilij Arslan I</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Raimondo_IV_di_Tolosa">https://it.wikipedia.org/wiki/Raimondo IV di Tolosa</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Roberto_di_Mortain">https://it.wikipedia.org/wiki/Roberto di Mortain</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Roberto_il_Guiscardo">https://it.wikipedia.org/wiki/Roberto il Guiscardo</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Roman_de_Fauvel">https://it.wikipedia.org/wiki/Roman de Fauvel</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Ruggero_I_di_Sicilia">https://it.wikipedia.org/wiki/Ruggero I di Sicilia</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Sibilla_di_Borgogna">https://it.wikipedia.org/wiki/Sibilla di Borgogna</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Simone_di_Sicilia">https://it.wikipedia.org/wiki/Simone di Sicilia</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Tancredi_di_Galilea">https://it.wikipedia.org/wiki/Tancredi di Galilea</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Thoros_di_Edessa">https://it.wikipedia.org/wiki/Thoros di Edessa</a></li><li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Troia_(Italia)">https://it.wikipedia.org/wiki/Troia (Italia)</a></li></ul><h2><a name="_Toc511908769"></a><a name="_Toc458751133">Manoscritti</a></h2><ul><li><i><font color="#ff0000">Histoire de la Terre d' Outremer, par Guillaume de Tyr</font></i> – Primo esemplare, 1231. Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 24208 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b9064018w?rk=42918;4">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b9064018w?rk=42918;4</a>) </li><li><i><font color="#ff0000">Histoire de la Terre d' Outremer, par Guillaume de Tyr</font></i> – Continuazione dell’esemplare del 1261. Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 24209 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b90639623?rk=21459;2">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b90639623?rk=21459;2</a>)</li><li><i><font color="#ff0000">Li rommans de Godefroy de Buillon et de Salehadin et de tous lez autres roys qui ont esté outre mer jusques a saint Loys qui darrenierement y fu</font></i> - Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 22495 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b9062228b">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b9062228b</a>) </li><li><font color="#ff0000"><i>Liber ad honorem Augusti</i> di Pietro da Eboli (o Eboli) </font>del 1196 - "<font color="#ff0000"><i>Libro in Onore dell'Imperatore</i>, <i>ovvero sulle vicende di Sicilia</i></font>": Codex 120 II della Burgerbibliothek di Berna), noto anche come Carmen de motibus Siculis ("<i><font color="#0000ff">Poema sulla rivolta siciliana</font></i>") è un panegirico in latino, scritto a Palermo da Pietro da Eboli nel 1196, e dedicato a Enrico VI di Svevia. Le immagini usate in questo articolo sono tratte da Wikipedia, ma la loro coerenza è verificata poiché non è stato possibile trovare il codice digitalizzato. </li></ul><h2><a name="_Toc511908770"></a><a name="_Toc458751134">Reperti</a></h2><p>Il Tesoro Imperiale e i suoi elementi ospitati presso il Kunsthistorisches Museum di Vienna sono consultabili anche online, ma nel rispetto dei diritti d’autore, presso il link del museo: <a href="http://www.kaiserliche-schatzkammer.at/en/visit/collections/secular-treasury/selected-masterpieces/">http://www.kaiserliche-schatzkammer.at/en/visit/collections/secular-treasury/selected-masterpieces/</a>. Fanno parte della collezione anche la Tunicella blu di Ruggero II, l’originale di cui in questo articolo si recensisce la fedele riproduzione e l’alba di Guglielmo, suo nipote, oltre agli altri esemplari del Tesoro Imperiale.<p><br><h1>Note<hr></h1><p><a name="_ftn1_5855" href="#_ftnref1_5855">[1]</a> Conosciuto anche come il Gran Conte Ruggero o Jarl Rogeirr (Hauteville-la-Guichard, 1031 circa – Mileto, 22 giugno 1101), figlio di Tancredi d'Altavilla e fratello di Roberto il Guiscardo della dinastia degli Altavilla, conte di Calabria, fu il conquistatore e il primo Gran Conte di Sicilia (1062). <p><a name="_ftn2_5855" href="#_ftnref2_5855">[2]</a> Adelasia (Piemonte, 1074 – Patti, 16 aprile 1118), fu la terza moglie di Ruggero I di Sicilia e la madre di Ruggero II. <p>figlia dell'aleramico Manfredi (o Manfredo), fratello di Bonifacio del Vasto, marchese di Savona e della Liguria Occidentale. Nel 1087 Adelasia sposò a Mileto, in Calabria, il gran conte normanno Ruggero, suggellando così un'alleanza tra aleramici e normanni. Dopo la morte del marito, Adelasia divenne reggente del regno fino alla maggiore età del figlio (dal 1101 sino al 1112). Nel periodo di reggenza si circondò di consiglieri conterranei, tra cui il fratello Enrico del Vasto (che aveva sposato Flandina, figlia del marito), e di altra origine, fra cui soprattutto Cristobulo. <p><a name="_ftn3_5855" href="#_ftnref3_5855">[3]</a> Fu la sua seconda moglie.<p><a name="_ftn4_5855" href="#_ftnref4_5855">[4]</a> Era figlia del conte Guglielmo di Mortain e di Matilde di Montgommery. Venne data in sposa nel 1077 al conte Ruggero I di Sicilia, di quarantasei anni, divenendone la seconda moglie. Diede al marito due figli e sette figlie. Di lei non si conosce la data di nascita, morì nel 1087 e fu sepolta a Mileto. Suo nonno, Roberto di Mortain, era fratellastro di Guglielmo I d’Inghilterra e aveva nei confronti del di lui figlio, il futuro Enrico I, un’avversione dovuta alla successione sul trono inglese. Roberto I infatti fu tra i protagonisti delle vicende che portarono all’invasione normanna dell’Inghilterra e all’insediamento di Guglielmo, tanto è vero che fu rappresentato assieme a lui nell’arazzo di Bayeux, fatto realizzare per volere del fratello Oddone, Vescovo di Bayeux. Purtroppo, contrariamente a quanto accade per gli uomini, delle donne in epoca medievale, fatta eccezione per alcuni casi, si sa molto poco. <p><a name="_ftn5_5855" href="#_ftnref5_5855">[5]</a> Questo dato non è del tutto certo, perché si conosce solo il nome di cinque figli di cui si ricorda in modo particolare Costanza, moglie di Corrado di Germania, Re d’Italia, figlio di Enrico IV, Imperatore. Secondo il <i>Bernoldi Chronicon</i>, Corrado a Pisa sposò la figlia del conte di Sicilia, Ruggero I aggiungendo che era ancora molto giovane (<i>adhuc</i> <i>admodum parvulam</i>) ed aveva una cospicua dote (<i>cum inaudita pecunia</i>) Il nome della figlia di Ruggero non viene fatto ma la maggior parte degli storici ritiene che fosse Costanza di Sicilia (1082 - post 1135), figlia di Ruggero I e della sua seconda moglie, mentre altre fonti fanno confusione mettendo Costanza come figlia di terzo letto del padre. Anche sulla sorellastra Flundina le fonti fanno confusione. La sorella di Costanza, Felicia d'Altavilla (secondo alcuni Busilla) andò invece sposa a Colomanno Re d’Ungheria, altro protagonista della Prima Crociata (i suoi territori furono tra i più colpiti durante il passaggio della prima ondata, nota anche come Crociata dei Pezzenti). Felicia sposò Colomanno proprio lo stesso anno in cui i territori Ungheresi venivano percorsi dai pellegrini e dai primi Crociati ed era otto anni più giovane del marito. <p><a name="_ftn6_5855" href="#_ftnref6_5855">[6]</a> I Del Vasto sono una famiglia di discendenza aleramica di origini franche, che acquisì ampi territori nel Piemonte meridionale, fra Alessandria e Saluzzo, e nella Liguria occidentale. I loro domini comprendevano la marca di Savona e una parte delle Langhe e delle contee di Acqui e di Bredulo. Con il matrimonio di Adelasia con il normanno Ruggero d'Altavilla i del Vasto estesero i loro domini anche ad alcuni importanti feudi siciliani e, per una breve parentesi, al Regno di Gerusalemme. <p><a name="_ftn7_5855" href="#_ftnref7_5855">[7]</a> Alessandro successe all'abate Giovanni alla guida dell'Abbazia benedettina del Santissimo Salvatore a Telese, certamente prima del 1127. Si dimostrò uomo colto e astuto. Ad Alife conobbe Matilde di Altavilla, sorella di Ruggero II di Sicilia e moglie del conte Rainulfo III di Alife. Diventato amico della contessa, scrisse la sua opera più importante, la <i>Ystoria Rogerii regis Sicilie Calabrie atque Apulie</i>, biografia accurata di re Ruggero II. È ricordato soprattutto come cronachista e storico. <p><a name="_ftn8_5855" href="#_ftnref8_5855">[8]</a> La Contea di Sicilia denominata anche Gran Contea, esistette dal 1071 (anno in cui Ruggero I di Sicilia divenne Gran conte) fino al 1130 (anno in cui Ruggero II di Sicilia unendo il Ducato di Puglia creò il Regno di Sicilia), fu uno Stato sovrano ed indipendente, fondato sotto investitura papale dal capostipite normanno che comprendeva la Sicilia e Malta. Era governata dal Gran Conte. Roberto il Guiscardo, duca di Puglia e Calabria, aveva ricevuto il titolo di "<i>dux Siciliae</i>" nel 1059 da Papa Niccolò II come incoraggiamento per riconquistare l'isola togliendola ai musulmani. I normanni dalla Calabria sbarcarono nell'isola nel 1060. La Grancontea cominciò a formarsi durante la riconquista cristiana della Sicilia (1061 – 91) dagli Emirati Musulmani che erano stati istituiti nel 948 dopo la completa conquista dell'isola dai bizantini. <p>Dopo che i Musulmani sconfitti furono scacciati o incorporati nei ranghi militari normanni, ci fu un ulteriore periodo di transizione per la Contea ed i siciliani. La Contea di Sicilia fu creata formalmente da Roberto il Guiscardo nel 1071 per il suo fratello minore Ruggero, conte di Calabria, che investì del titolo di "Gran conte" e gli diede piena giurisdizione sull'isola, ad eccezione di Messina e il Val Demone, che Roberto tenne per se stesso. <p><p><a name="_ftn9_5855" href="#_ftnref9_5855">[9]</a> Dopo la bruciante sconfitta per mano normanna, i Musulmani che non furono scacciati furono integrati, pare, nei ranghi dell’esercito normanno per aumentarne probabilmente le forze e da qui ebbe inizio un periodo di transizione. La vicinanza di Musulmani e Cristiani, ma anche Bizantini poiché in primis fu Bisanzio a conquistare la Sicilia e poi ne perse gran parte con le invasioni arabe, contribuì enormemente alla fusione di diversi stili nell’arte che influenzarono anche il costume e la moda dell’Alto Medioevo insulare italiano. <p><a name="_ftn10_5855" href="#_ftnref10_5855">[10]</a> Guido dei Conti di Borgogna (…1124). Fu un ecclesiastico riformatore e aveva un forte punto di vista sulla lotta per le investiture, ma come Papa fu disposto a negoziare con l'imperatore Enrico V. <p><a name="_ftn11_5855" href="#_ftnref11_5855">[11]</a> Nato Lamberto Scannabecchi (…1130). Nacque nel podere Castagnola, nel territorio del castello di Fiagnano nel contado imolese. Callisto II lo nominò legato pontificio (si era nella fase più acuta del periodo detto «lotta per le investiture»). Ricoprendo questa carica Lamberto fu uno degli artefici del Concordato di Worms (1122). Dopo la firma del Concordato, fu Lamberto ad officiare la Messa solenne. <p><a name="_ftn12_5855" href="#_ftnref12_5855">[12]</a> Gregorio Papareschi (…1143). Apparteneva all'antica e nobile famiglia Papareschi dei Guidoni. Ebbe fin da fanciullo un'attenta educazione letteraria e religiosa. A lui erano legati i cardinali del partito ildebrandino che si ispirava alla riforma gregoriana. <p><a name="_ftn13_5855" href="#_ftnref13_5855">[13]</a> Nato Pietro Pierleoni (…1138), fu un benedettino italiano, che divenne cardinale nel 1106 e che fu eletto papa nel 1130, in contrapposizione a papa Innocenzo II, ed è considerato antipapa. <p><a name="_ftn14_5855" href="#_ftnref14_5855">[14]</a> Figlia anch’essa di Adelaide del Vasto<p><a name="_ftn15_5855" href="#_ftnref15_5855">[15]</a> Troia o Troja, è un comune italiano della provincia di Foggia in Puglia. È situata sulle pendici del Subappennino Dauno, a ridosso del Tavoliere delle Puglie. La cittadina ha antichissima fondazione. Secondo la leggenda, fu fondata nel XII-XI secolo a. C. al tempo dell'eroe greco Diomede che, insieme a Ulisse, conquistò la città di Troia dell'Asia Minore. <p><a name="_ftn16_5855" href="#_ftnref16_5855">[16]</a> Falcone di Benevento, <em><font color="#ff0000">Chronicon Beneventanum</font></em><p><a name="_ftn17_5855" href="#_ftnref17_5855">[17]</a> I rimanenti anni del pontificato di Innocenzo furono privi di risultati; egli aveva profuso le sue energie per annullare i comportamenti pericolosi conformatisi a Roma negli anni di Anacleto II. Ma l'insorgere di un contrasto con la città di Tivoli, nel quale fu coinvolto personalmente, vanificò quasi completamente i suoi sforzi. Si deteriorarono anche i rapporti con il re di Francia: a causa di un contrasto con Luigi VII di Francia, il suo regno venne posto sotto interdetto. <p><a name="_ftn18_5855" href="#_ftnref18_5855">[18]</a> La chiesa di Santa Maria dell'Ammiraglio nota come Martorana, è ubicata nel centro storico di Palermo. La chiesa appartiene all'eparchia di Piana degli Albanesi, circoscrizione della Chiesa italo-albanese, e officia la liturgia per gli italo-albanesi residenti in città secondo il rito bizantino.Fra le più affascinanti chiese bizantine del Medioevo in Italia, è testimonianza della cultura religiosa e artistica orientale presente ancora oggi in Italia, ulteriormente apportata dagli esuli albanesi rifugiatisi in Sicilia sotto l'incalzare delle persecuzioni turche nei Balcani. Quest'ultimo influsso ha lasciato notevoli tracce nella pittura delle icone, nel rito religioso, nella lingua, nei costumi tradizionali proprie di alcune colonie albanesi nella provincia di Palermo. La comunità appartiene oggi alla Chiesa cattolica, ma segue il rito e le tradizioni spirituali che la accomunano in gran parte alla Chiesa ortodossa.Dal 3 luglio 2015 fa parte del patrimonio dell'umanità (Unesco) nell'ambito dell'"Itinerario Arabo-Normanno di Palermo, Cefalù e Monreale". Costruita da artisti orientali secondo il gusto bizantino, si trovava nei pressi del vicino monastero benedettino, fondato dalla nobildonna Eloisa Martorana nel 1194, motivo per il quale diventò nota successivamente come "Santa Maria dell'Ammiraglio" o della "Martorana" (precedentemente Giorgio l'Antiocheno fece edificare anche il possente "Ponte Ammiraglio" sul fiume Oreto, noto anche per una battaglia dei garibaldini). All'edificio sacro, che nel corso dei secoli è stato più volte distrutto e restaurato, si accede dal campanile: una costruzione a pianta quadrata del XIII secolo, aperta in basso da arcate a colonne angolari e con tre ordini di grandi bifore. <p><a name="_ftn19_5855" href="#_ftnref19_5855">[19]</a> <a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Roger_II_Sicily.jpg">https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Roger II Sicily.jpg</a><p><a name="_ftn20_5855" href="#_ftnref20_5855">[20]</a> Muhammad al-Idrisi, è stato un geografo e viaggiatore arabo. Fu invitato dal re Ruggero II di Sicilia a Palermo, dove realizzò una raccolta di carte geografiche note con il titolo <i>Il libro di Ruggero</i>. Dopo aver viaggiato per tutti i paesi del mar Mediterraneo, si stabilì a Palermo presso la corte normanna di re Ruggero II, intorno al 1145. <p><a name="_ftn21_5855" href="#_ftnref21_5855">[21]</a> Giorgio d'Antiochia, fu fondamentale per la piena sottomissione della Puglia e della Calabria, entrambe tendenzialmente autonome rispetto al potere di Palermo negli anni che seguirono la successione colà di Ruggero. Nel 1129, Giorgio portò 60 navi per assediare Bari, ribelle sotto il principe Grimoaldo Alferanite. La resa fu imposta ma Ruggero perdonò il principe ribelle. Nel 1131 Ruggero pretese le chiavi della rocca di Amalfi per conseguire il pieno controllo delle difese della città e sottomettere gli abitanti: gli amalfitani rifiutarono e ancora una volta Giorgio bloccò la città e s'impadronì delle navi amalfitane inducendo così la città ad arrendersi. Nel 1132 fu concesso a Giorgio il titolo di <i>amiratus amiratorum</i>, che è stato talora interpretato come <i><font color="#ff0000">ammiraglio degli ammiragli</font></i> ma che significa assai più probabilmente Emiro degli Emiri, ossia "<i><font color="#ff0000">Comandante dei Comandanti</font></i>" (una sorta di <i>Generalissimo</i>): argomentazione suffragata dal fatto che in greco il titolo fu quello di "<i><font color="#ff0000">Arconte degli Arconti</font></i>", che significa all'incirca la stessa cosa. <p>Nel 1135 la flotta siciliana, al comando di Giorgio d'Antiochia, conquistò l'importante isola di Jerba, di fronte alle coste tunisine. Nel 1143, Giorgio portò a termine a Palermo la chiesa greco-ortodossa di Santa Maria dell'Ammiraglio, conosciuta anche come Martorana. In questa chiesa vi è un mosaico dell'epoca che raffigura Giorgio, come pure il famoso mosaico che raffigura Ruggero II incoronato da Gesù Cristo. Nel 1148, Giorgio prese infine Mahdiyya. In precedenza il governatore musulmano di Gabès s'era ribellato al suo sovrano, al-Hasan, e promise di consegnare la città a Ruggero II se ne fosse stato da lui confermato nella carica di governatore. La guerra scoppiò inevitabilmente nell'estate del 1148. Giorgio guidò una flotta contro Mahdiyya. Il Sultano andò volontariamente in esilio, portando con sé un autentico piccolo tesoro, e Mahdiyya capitolò. Le città di Sfax e Susa si arresero poco dopo. <i>L'Ifrīqiya</i> (odierna Tunisia) fu incorporata nel Regno di Sicilia che così raggiunse il suo apogeo grazie alle conquiste di Giorgio, comprendendo non solo la Sicilia ma anche il Sud Italia, Corfù, Malta, alcuni altri territori greci e parte del Nordafrica. Morì poco dopo, nel 544 dell'Egira, secondo il cronista arabo Ibn al-Athīr, corrispondente al 1149 o al 1150[1]. Gli succedette nelle sue funzioni Filippo di Mahdia. Giorgio fu un poliglotta e un uomo di ampia cultura. Fondò la chiesa di San Michele a Mazara del Vallo. <p><p><a name="_ftn22_5855" href="#_ftnref22_5855">[22]</a> (Abulafia 1970)<p><a name="_ftn23_5855" href="#_ftnref23_5855">[23]</a> Boemondo I d'Antiochia, figlio di Roberto il Guiscardo. Boemondo sposò nel 1106 a Chartres Costanza figlia del re di Francia Filippo I, dalla quale ebbe un solo figlio, Boemondo II, che fu Principe di Taranto e d'Antiochia. <p><a name="_ftn24_5855" href="#_ftnref24_5855">[24]</a> Era il figlio di Emma d’Altavilla, figlia di primo letto di Ruggero I. È anche noto come Tancredi di Galilea. <p><a name="_ftn25_5855" href="#_ftnref25_5855">[25]</a> Fu sultano del Sultanato turco di Iconio (o di Rum) dal 1092 fino alla sua morte, nel 1107. Apparteneva alla dinastia selgiuchide.<p><a name="_ftn26_5855" href="#_ftnref26_5855">[26]</a> Mentre Goffredo viene descritto spesso come il “cavaliere perfetto” della cristianità, Baldovino è invece descritto come privo di scrupoli, ambizioso e lussurioso. Le sue gesta militari, descritte anche dalle fonti, sembrano confermare i primi due aspetti, mentre sul terzo le fonti sono piuttosto controverse e non mancò chi ipotizzò, giacché non risultano eredi noti, che fosse addirittura omosessuale, ma su questo aspetto non ci sono prove. <p><a name="_ftn27_5855" href="#_ftnref27_5855">[27]</a> Della prima moglie di Baldovino non si hanno molte notizie. Era una nobildonna normanna, figlia di un certo Raoul II de Tosny, figlio di Roger I de Tosny, figlio di Raoul I de Tosny, signore di Conches, attivo soprattutto in Normandia, Inghilterra e Galles. Raoul II è ricordato soprattutto per aver combattuto insieme a Guglielmo il Conquistatore nella battaglia di Hastings nel 1066. <p><a name="_ftn28_5855" href="#_ftnref28_5855">[28]</a> (Runciman 1966)<p><a name="_ftn29_5855" href="#_ftnref29_5855">[29]</a> Non è certo se l’adozione di Baldovino sia stato un gesto spontaneo di Thoros o se, come sospettano gli storici, il franco avesse indotto il suo ospite a quella mossa col ricatto morale, ossia la partenza per raggiungere gli altri Crociati, dai quali si era diviso per tentare conquiste proprie, incurante dei giuramenti fatti ad Alessio I di Bisanzio. (Runciman 1966)<p><a name="_ftn30_5855" href="#_ftnref30_5855">[30]</a> Vedere nota precedente su Tancredi di Galilea<p><a name="_ftn31_5855" href="#_ftnref31_5855">[31]</a> Non è chiaro in che veste Dagoberto si recò a est; molti storici ritengono che Urbano lo avesse nominato legato pontificio per la crociata quale successore di Ademaro di Le Puy, che era morto nell'agosto 1098. Tuttavia, in una lettera del settembre 1099 al nuovo papa Pasquale II, successore di Urbano che era morto il 29 luglio 1099, Dagoberto si firma semplicemente "arcivescovo di Pisa".Subito dopo Natale il Patriarca latino di Gerusalemme Arnolfo di Roeux fu deposto con la motivazione che la sua elezione era contraria al diritto canonico e con l'appoggio di Boemondo, Dagoberto fu eletto al suo posto il 26 o il 31 dicembre del 1099. L'opinione pubblica aveva sempre sostenuto che la Terra Santa doveva entrare nel patrimonio della chiesa, ma Arnolfo era stato troppo debole per affermare il suo primato. La posizione di Dagoberto era più forte, perché era (probabilmente) legato pontificio ed aveva il supporto della flotta pisana. Subito dopo essere stato eletto <i><font color="#ff0000">Advocatus Sancti Sepulchri</font></i> (<i><font color="#ff0000">Difensore del Santo Sepolcro</font></i>) Goffredo di Buglione si inginocchiò davanti a lui e fu investito del territorio di Gerusalemme, Boemondo fece lo stesso per Antiochia. Baldovino, il futuro re di Gerusalemme, che in quel periodo era Signore di Edessa, non rese omaggio a Daiberto e le loro relazioni non sembra siano state buone. Dagoberto era ansioso di affermare il potere del Patriarcato affinché il Regno di Gerusalemme fosse governato direttamente dalla chiesa con a capo il Papa rappresentato dal Patriarca e chiese che Goffredo gli consegnasse Gerusalemme. Goffredo cedette in parte e in una cerimonia il giorno di Pasqua de primo aprile 1100, annunciò che avrebbe mantenuto il possesso della città fino alla sua morte o fino a quando avesse conquistato altre due grandi città agli infedeli, ma lasciò in eredità Gerusalemme al Patriarca. Tuttavia Goffredo morì nel mese di luglio, mentre Dagoberto accompagnava una campagna contro Jaffa condotta dal nipote di Boemondo, Tancredi d'Altavilla. I nobili approfittarono della sua assenza per proclamare il fratello di Goffredo, Baldovino di Boulogne primo Re di Gerusalemme<p><a name="_ftn32_5855" href="#_ftnref32_5855">[32]</a> <i><font color="#ff0000">Li rommans de Godefroy de Buillon et de Salehadin et de tous lez autres roys qui ont esté outre mer jusques a saint Loys qui darrenierement y fu,</font> </i>Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 22495 - <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b9062228b/f182.item.r=Fran%C3%A7ais%2022495.zoom">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b9062228b/f182.item.r=Fran%C3%A7ais%2022495.zoom</a><p><a name="_ftn33_5855" href="#_ftnref33_5855">[33]</a> Pare secondo alcune fonti che Baldovino fosse ammalato, ma non si conosce la causa della malattia e all’epoca si ipotizzò ad un male “divino” dovuto alla sua bigamia con Adelaisa. In realtà sembra che fosse malato per i decorsi infausti di una ferita subita in battaglia e che non era mai guarita del tutto o al cattivo stile di vita del sovrano. Quel male comunque lo rese debole, pare, anche di mente e il legato pontificio nuovo ne approfittò per fargli rompere il matrimonio. <p><a name="_ftn34_5855" href="#_ftnref34_5855">[34]</a> Arnolfo di Roeux, ebbe un ruolo di guida durante la Prima crociata e fu nominato nel 1099 Patriarca Latino di Gerusalemme. Originario del villaggio di Chocques, nelle Fiandre, era figlio illegittimo di un sacerdote fiammingo. Era il Cappellano dell'esercito crociato normanno. Molto probabilmente fu nominato Legato Pontificio, sottoposto all'autorità del legato generale Ademaro di Monteil e, dopo la morte di quest'ultimo nel 1098 egli divise il controllo del clero con l'altro legato papale, Pietro di Narbona. Alcuni cavalieri non normanni negli altri eserciti crociati lo credevano corrotto e sembra circolassero canzoni volgari su di lui, ma la maggior parte dei Crociati lo rispettavano come un eloquente predicatore. Egli fu uno dei principali scettici circa la genuinità della scoperta della Lancia Sacra in Antiochia, da parte di Pietro Bartolomeo che, di fronte all'opposizione di Arnolfo, si sottopose volontariamente ad un'ordalia del fuoco. Dopo la conquista di Gerusalemme egli scoprì la Vera Croce nella Basilica del Santo Sepolcro. Questa scoperta non fu controversa come quella della Lancia, anche se non fu esente da sospetti. Forse Arnolfo tentò di porre rimedio ai problemi che aveva causato confutando l'autenticità della Lancia, e la Vera Croce divenne la più sacra reliquia del Regno di Gerusalemme. Nel 1112, alla morte di Gibelino di Arles, divenne ufficialmente Patriarca, sebbene molti nel clero diffidassero di lui e lo trovassero inutilmente severo. Egli divenne particolarmente impopolare tra gli ortodossi ed i cristiani siriaci quando proibì la celebrazione di messe non cattoliche nel Santo Sepolcro. Fu accusato di vari crimini: relazioni sessuali con una donna musulmana, simonia e soprattutto tollerare la bigamia di re Baldovino I, che aveva sposato Adelaide del Vasto mentre la sua prima moglie Arda d'Armenia era ancora viva. Egli fu deposto per breve tempo da un legato pontificio nel 1115, ma si appellò a Papa Pasquale II e fu restaurato nel 1116, a condizione che egli annullasse il matrimonio di Baldovino ed Adelaide. Alla morte di Baldovino I, Arnulfo fu uno dei principali artefici dell'ascesa al trono di Baldovino di Le Bourg, nel 1118. Rimase Patriarca fino alla sua morte nel 1118<p><a name="_ftn35_5855" href="#_ftnref35_5855">[35]</a> Baldovino morì dopo un breve periodo di ripresa, durante una spedizione in Egitto, nel corso della quale egli prese Farama. Secondo il suo cronista, Fulcherio di Chartres, Baldovino un giorno era insieme ai suoi amici e si stavano divertendo a infilzare i pesci lungo il Nilo per poi andare a mangiarli. Forse lo sforzo gli aveva riaperto vecchie ferite e forse fece anche indigestione e lungo la strada morì. <p><a name="_ftn36_5855" href="#_ftnref36_5855">[36]</a> <em><font color="#ff0000">Li rommans de Godefroy de Buillon et de Salehadin et de tous lez autres roys qui ont esté outre mer jusques a saint Loys qui darrenierement y fu</font></em>, Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 22495 - <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b9062228b/f206.item.r=Fran%C3%A7ais%2022495.zoom">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b9062228b/f206.item.r=Fran%C3%A7ais%2022495.zoom</a><p><a name="_ftn37_5855" href="#_ftnref37_5855">[37]</a> Baldovino di Le Bourcq o Bourg, fu il secondo conte di Edessa dal 1100 al 1118, e il terzo re di Gerusalemme dal 1118 fino alla sua morte. <p><a name="_ftn38_5855" href="#_ftnref38_5855">[38]</a> Il regno fu offerto al fratello di Baldovino I, Eustachio, che però rifiutò.<p><a name="_ftn39_5855" href="#_ftnref39_5855">[39]</a> Baldovino di Le Bourg entrò al servizio di Boemondo di Taranto, principe di Antiochia, operando come ambasciatore fra Antiochia ed Edessa. Baldovino di Le Bourg divenne anche reggente del Principato quando Boemondo fu preso prigioniero dai Danishmendidi nel 1100. iutò anche a raccogliere il riscatto per Boemondo richiesto dai Danishmendidi, preferendo Boemondo a suo nipote Tancredi d'Altavilla che di Antiochia era intanto diventato reggente. <p><a name="_ftn40_5855" href="#_ftnref40_5855">[40]</a> Elvira di Castiglia (1100 circa – 8 febbraio 1135)<p><a name="_ftn41_5855" href="#_ftnref41_5855">[41]</a> Sibilla era figlia di Ugo II di Borgogna e di Matilda di Mayenne a sua volta figlia di Bosone I di Turenna, visconte di Turenna. Le spoglie mortali della regina Sibilla furono affidate dal re Ruggero II di Sicilia al benedettino Marino Abate della Badia di Cava. Sibilla fu seppellita dai frati benedettini presso la grotta di Sant’Alferio in una tomba ricoperta da mosaici. Purtroppo nel secolo XVIII i mosaici andarono in gran parte distrutti. Attualmente nell'abbazia di Cava, della tomba di Sibilla, sono ancora visibili alcuni frammenti musivi, il sarcofago romano riadoperato e la testa marmorea della regina. Il re Ruggiero II, per disobbligarsi, donò ai monaci dell'abbazia cavense il magnifico ambone musivo che, nonostante sia stato restaurato ed in parte rifatto, brilla ancora oggi nella basilica cavense della SS. Trinità.<p><a name="_ftn42_5855" href="#_ftnref42_5855">[42]</a> <a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Roger2_Sibyla.jpg">https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Roger2 Sibyla.jpg</a><p><a name="_ftn43_5855" href="#_ftnref43_5855">[43]</a> Beatrice di Rethel (1131 circa – 30 marzo 1185) fu la terza moglie di Ruggero II di Sicilia e pertanto regina consorte di Sicilia, dal 1151 al 1154.Beatrice era figlia di Ithier, conte di Rethel, e di Beatrice di Namur. Suo padre, conte di Rethel dal 1158 al 1171, era figlio di Eudes di Vitry e di Matilda, ultima regnante della prima casa regnante di Rethel, entrambi coregnarono fino alla morte di Matilda avvenuta nel 1151, poi Eudes di Vitry regnò da solo fino alla sua morte avvenuta nel 1158. La discendenza maschile di Eudes e di Matilda diede origine alla seconda casa regnante di Rethel.<p><a name="_ftn44_5855" href="#_ftnref44_5855">[44]</a> Lei nacque poco dopo la morte del padre Ruggero II<p><a name="_ftn45_5855" href="#_ftnref45_5855">[45]</a> <a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Roger2_beatrixzRethelu.jpg">https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Roger2 beatrixzRethelu.jpg</a><p><a name="_ftn46_5855" href="#_ftnref46_5855">[46]</a> È stato un monaco benedettino di origine normanna, autore del <i>De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae comitis et Roberti Guiscardi ducis fratris eius</i>, una cronaca sull'origine dei normanni in Italia.Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-61486335371201316932017-12-14T15:06:00.001+01:002020-07-06T14:48:40.151+02:00L’Ordine dei Frati Predicatori (o Ordine Domenicano) e l’Inquisizione<h1><a name="_Toc482020530"></a><a name="_top"></a>Indice</h1> <p><a href="#_Toc501026720">Premessa</a> <p><a href="#_Toc501026721">San Domenico di Guzman</a> <p><a href="#_Toc501026722">Verso l’istituzione della Santa Inquisizione</a> <p><a href="#_Toc501026723">L’inizio della caccia all’eresia in Italia: Dolciniani e Catari</a> <p><a href="#_Toc501026724">Fonti bibliografiche</a> <p><a href="#_Toc501026725"> Siti internet</a> <p><a href="#_Toc501026726"> Libri e saggi</a> <p> <a href="#_Toc501026727">Manoscritti e miniature</a> <p> <h1><a name="_Toc501026720"><font color="#0000ff">Premessa</font></a></h1> <p>L’<font color="#ff0000"><i>Ordine religioso mendicante</i> <i>dei Frati predicatori</i> (<i>Ordo praedicatorum</i>)</font> è un ordine monastico, meglio anche noto semplicemente come <i><font color="#ff0000">Ordine Domenicano</font></i>, nato agli inizi del XIII secolo ad opera di <i><font color="#ff0000">Domenico di Guzmàn</font></i>, da cui l’ordine prese anche il nome. L’Ordine è meglio noto al pubblico per via del fatto che nel corso della storia alcuni dei membri più in vista furono anche tra i più efferati inquisitori della storia della Chiesa e della stessa Inquisizione. È vero che la storia dell’Ordine Domenicano e quella della Santa Inquisizione s’intrecciano, ma deve essere ben chiaro che non sono la medesima cosa. Nel corso del tempo la gente ha finito per guardare all’Inquisizione, specialmente negli ultimi tempi, come a una macchina di morte che non guardava in faccia niente e nessuno e che non si faceva scrupolo di usare mezzi di tortura per estorcere confessioni agli imputati, magari anche quando erano innocenti. L’Inquisizione è vista spesso come un’organizzazione nella quale gli inquirenti cercavano <i>un</i> colpevole e non <i>il</i> colpevole e infine, è spesso vista come una sorta di <i>setta nera</i> della Chiesa che faceva pulizia etnica, discriminazione sessuale contro le donne e i diversi e chiunque non andasse a genio al personaggio di spicco del momento. Pietro Tamburini <a href="#_ftn1_6416" name="_ftnref1_6416">[1]</a>, importante teologo italiano, sul finire del XVIII secolo scrisse un’opera di discernimento sulla storia dell’Inquisizione della Chiesa al fine di «distinguere il falso dalla verità» poiché era ormai necessario «portare accurato esame su quanto è accaduto nella Chiesa, sia per libidine d’impero dei pontefici, sia per egoismo fanatico di frati e sacerdoti, sia per ignoranza superstiziosa» e aggiunge che «dobbiamo purtroppo arrossire per coloro che insanguinarono gli altari, che, fatti ribelli alla voce del Redentore, lasciarono infamata la religione colle violenze» <a href="#_ftn2_6416" name="_ftnref2_6416">[2]</a> L’opera, che fu pubblicata postuma, non esenta la Chiesa e l’organo dell’Inquisizione anche da dure osservazioni, obiettive però, che evidenziano gli aspetti negativi della lotta all’eresia e alla conservazione della dottrina cristiana cattolica. <p>Nella premessa dell’opera Tamburini tiene molto a precisare che «lo stabilimento della Santa Inquisizione <a href="#_ftn3_6416" name="_ftnref3_6416">[3]</a> e le pene con le quali puniva gli eretici ed i sospetti di esserlo, sono contrarie allo spirito di tolleranza, di dolcezza, di carità dal suo divino fondatore impresso alla nostra santa religione, non mancando purtroppo persone di buona fede od idiote <a href="#_ftn4_6416" name="_ftnref4_6416">[4]</a> le quali sogliono riguardare l’inquisizione come antemurale della religione Cattolica». Aggiunge l’autore che «non è in verun modo credibile che Dio produca nelle idee tale cambiamento e che i mezzi adottati dai papi e dai loro seguaci per sostenere la fede sono in contraddizione colla dottrina e con la condotta tenuta da Gesù Cristo, dagli apostoli e dai padri della primitiva Chiesa» <a href="#_ftn5_6416" name="_ftnref5_6416">[5]</a> L’opera richiama a tantissimi riferimenti sia delle Sacre Scritture, in particolar modo ai Vangeli, sia dell’agiografia dei Santi di cui il fondatore dell’Ordine Domenicano fa parte. Domenico di Guzmàn, infatti, è erroneamente a volte associato anche con la fondazione dell’organo dell’Inquisizione, con il quale in realtà non ebbe nulla a che vedere. Domenico di Guzmàn non fu un Inquisitore, sebbene non manchino leggende nere diffamatorie che lo avrebbero addirittura ritratto intento in torture e roghi di Catari <a href="#_ftn6_6416" name="_ftnref6_6416">[6]</a>. Come tiene a precisare il Tamburini, il fondatore dell’Ordine Domenicano ebbe tutt’altro atteggiamento, coerente con gli insegnamenti di Cristo e contrario invece a quello assunto da tanti ecclesiastici appartenuti all’Ordine e che lavorarono come Inquisitori. Dai Santi Apostoli ai primissimi Santi della Chiesa fino a San Domenico di Guzmàn, Tamburini cita tutti gli esempi di cui Domenico fu esempio concreto poiché già prima della sua venuta e della sua attività anti-eresia, la Chiesa aveva usato il braccio pesante contro l’eresia e chi aveva differenti credenze religiose. Domenico di Guzmàn nacque nel 1170 da Felice di Guzmán e di Giovanna d'Aza, di famiglia agiata, anche se non esistono testimonianze certe in proposito <a href="#_ftn7_6416" name="_ftnref7_6416">[7]</a>. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <p> <h1><a name="_Toc501026721"><font color="#0000ff">San Domenico di Guzman</font></a></h1> <p> </p> <p><img style="float: none; margin-left: auto; display: block; margin-right: auto" src="https://lh6.ggpht.com/-54hngZLQW_g/VES9-oc_tII/AAAAAAAAi5I/HtotJjKX2_Y/image19.png?imgmax=800"></p> <h6>Figura 1 – Visione della madre di San Domenico. Miniatura tratta dal <em>Breviarium ad usum fratrum Predicatorum</em> noto meglio anche come <em>Bréviaire de Belleville</em> (Vol. II) <a href="#_ftn8_6416" name="_ftnref8_6416">[8]</a>. Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 10484, folio 270v <a href="#_ftn9_6416" name="_ftnref9_6416">[9]</a> </h6> <p> </p> <p>Inizialmente fu educato in famiglia, dallo zio materno, l'arciprete Gumiel de Izan, fu poi inviato, all'età di quattordici anni, a Palencia, dove frequentò corsi regolari di arti liberali e teologia, per dieci anni. Qui venne a contatto con le miserie causate dalle continue guerre e dalla carestia. durante una di tali carestie, forse intorno al 1191, vendette quanto in suo possesso, incluse le sue preziose pergamene (un grande sacrificio in un'epoca in cui non era stata ancora inventata la stampa), per dare da mangiare ai poveri, affermando: <em>"Come posso studiare su pelli morte, mentre tanti miei fratelli muoiono di fame?</em>" <p align="center"> <p align="center"><img src="https://lh6.ggpht.com/-cX0KVMspUeQ/VES-CrBTvPI/AAAAAAAAi5Q/zpNjrq0WcTk/image28.png?imgmax=800"> <h6>Figura 2 – San Domenico di Guzman, ritratto nell’affresco quattrocentesco del Beato Angelico <a href="#_ftn10_6416" name="_ftnref10_6416">[10]</a>. Il Santo viene rappresentato nella scena del <em>Cristo deriso</em>, uno degli affreschi che decorano il convento di San Marco a Firenze. </h6> <p> </p> <p>Terminati gli studi, all'età di 24 anni, seguì la sua vocazione ed entrò tra i canonici regolari della cattedrale di Osma, il cui abito era ed è tutt’oggi quasi in tutto identico a quello dell’Ordine Domenicano <a href="#_ftn11_6416" name="_ftnref11_6416">[11]</a>. Qui venne consacrato sacerdote dal vescovo Martino di Bazan, che stava riformando il capitolo secondo la regola agostiniana, con l'aiuto di Diego Acevedo. Diego fu eletto vescovo nel 1201, e nominò Domenico sottopriore. Da questo momento in poi, fino al 1211 almeno le notizie su Domenico sono incerte circa il suo incontro con i Catari. La maggior parte delle fonti attesta che l’incontro avvenne durante un viaggio diplomatico dalla Spagna alla Danimarca, il che prevedeva all’epoca l’obbligatorio attraversamento dei Pirenei e della Francia meridionale dove dilagava quasi fosse una peste l’eresia catara e albigese, che come si è detto, differivano per poco e avevano la stessa origine. Tamburini nella sua opera non usa mezzi termini per descrivere la drammatica situazione in cui Domenico si trovò immerso suo malgrado: da una parte gli eretici sempre più potenti e arroganti contro la Chiesa, la Chiesa sempre più debole e impotente come dice l’autore «per la negligenza dei prelati e per la vita poco edificante del clero» e infine v’era la nobiltà in parte convertita al Catarismo e in parte ansiosa di fare la mossa per arricchirsi a discapito delle parti in lotta <a href="#_ftn12_6416" name="_ftnref12_6416">[12]</a>. Intanto da parte della Chiesa non erano comunque mancati, ma pur sempre deboli, tentativi di fronteggiare codesta “invasione” di eretici, rivelatisi in fin inutili tanto da condurre in breve ad una crociata in nome di Cristo per la lotta all’eresia <a href="#_ftn13_6416" name="_ftnref13_6416">[13]</a>. Il contatto con i Catari e il dilagare della loro eresia, l’ipocrisia con cui essi vivevano <a href="#_ftn14_6416" name="_ftnref14_6416">[14]</a> diedero a Domenico l’idea per contrastare l’eresia. Le fonti non sempre concordano tra loro su questo punto: alcune sostengono che le prime fasi dell’attività di apostolato di Domenico furono svolte insieme a Diego, ma altre riferiscono invece che i due non fossero insieme e che dopo la morte del primo, Domenico sarebbe rimasto in Linguadoca come missionario. <p> <p><img style="float: none; margin-left: auto; display: block; margin-right: auto" src="https://lh3.ggpht.com/-iGCYvDbUiNE/VES-G20nnPI/AAAAAAAAi5Y/aikmP5Ryh8M/image34.png?imgmax=800"> <h6>Figura 3 – Predicazione di San Domenico. Miniatura tratta dal <i>Breviarium ad usum fratrum Predicatorum</i> (<i>Bréviaire de Belleville</i>), Vol. II. Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 10484, folio 271r <a href="#_ftn15_6416" name="_ftnref15_6416">[15]</a> </h6> <p> <p>Certo è che Domenico rimase molti anni in Linguadoca come missionario, predicando il Vangelo e tentando di convertire sia i pagani (laddove le tradizioni tribali precristiane erano sopravvissute) sia i Catari o Albigesi che, come si è visto nel paragrafo dedicato al Catarismo, oltre a predicare eresie e fare seguaci, si dilettavano nel provocare in dispute pubbliche i cattolici e i rivali di altre religioni. Domenico era contrario all’uso della forza e la sua attività di apostolato era incentrata su dibattiti pubblici nei quali rispondeva colpo su colpo alle provocazioni dei Catari; in colloqui personali, trattative, predicazione, preghiera e penitenza, appoggiato in questa sua opera da Folchetto di Marsiglia <a href="#_ftn16_6416" name="_ftnref16_6416">[16]</a>, che lo nominò predicatore della sua diocesi. Domenico ebbe modo così di studiare anche i costumi Catari e la mentalità di questi eretici il cui vero peccato e la cui vera eresia non fu sollecitare una Chiesa povera per i poveri come aveva fatto il movimento francescano <a href="#_ftn17_6416" name="_ftnref17_6416">[17]</a>, ma furono la superbia e l’ignoranza che li portarono a sostenere l’assurdo e l’inconcepibile mentre si comportavano, stando al Tamburini, nell’esatto opposto. Domenico, va ricordato, era un missionario e si deve dunque presumere che il suo modo di vestire e vivere fosse molto semplice <a href="#_ftn18_6416" name="_ftnref18_6416">[18]</a>, era dedito ad aiutare i poveri e i bisognosi e la vicinanza con l’eresia e l’ipocrisia dei Catari dovette convincerlo che il solo modo per contrastare gli eretici era batterli sul loro stesso terreno e usando le loro stesse “tattiche”, facendo venire in luce l’incoerenza del loro modo di vivere. Inasprì ulteriormente il proprio modo di vivere, per quei tempi critico anche per la sopravvivenza, e sembra che fosse riuscito a riportare in seno al cattolicesimo alcuni eretici, specialmente donne; istituendo successivamente una comunità femminile che accoglieva <em>ex adepte </em>che avevano abbandonato la setta dei Catari. Da questa comunità derivò una specie di Ordine femminile di domenicane <a href="#_ftn19_6416" name="_ftnref19_6416">[19]</a>. A Domenico si avvicinavano anche uomini, ma questi resistevano poco al rigoroso stile di vita da lui preteso per testimoniare con l'esempio la fede cattolica tra i Càtari. Alla fine però riuscì a riunire un certo numero di uomini idonei e motivati che condividevano i suoi stessi ideali, istituendo un primo nucleo stabile ed organizzato di predicatori. L’Ordine ancora non era nato seppure a Domenico l’idea di fondarne uno fosse venuta, occorreva inoltre all’approvazione ecclesiastica, una regola scritta, una certa organizzazione. L’attività di Domenico portò a dei risultati negli anni che rimase nel sud della Francia, ma sfortunatamente per lui non furono sufficienti a fermare la serie di eventi che portarono alla Crociata contro gli Albigesi e quindi alle guerre ed ai morti che seguirono. <p> <p><img style="float: none; margin-left: auto; display: block; margin-right: auto" src="https://lh4.ggpht.com/-nJp8UPl3oYc/VES-KMMjxKI/AAAAAAAAi5g/X8Gjopv1bTE/image48.png?imgmax=800"> <h6>Figura 4 – Scena di battaglia durante la Crociata contro gli Albigesi. L’immagine è tratta dal manoscritto di Guillaume de Tudèle <a href="#_ftn20_6416" name="_ftnref20_6416">[20]</a>, prima parte dell’opera meglio nota come <em>Chanson de la Croisade contre les Albigeois </em><a href="#_ftn21_6416" name="_ftnref21_6416">[21]</a>. Il manoscritto è realizzato su materiale pergamenaceo ed è il solo esemplare completo sopravvissuto sino ai nostri giorni. Il testo non contiene, contrariamente ad altri manoscritti coevi <a href="#_ftn22_6416" name="_ftnref22_6416">[22]</a>, miniature colorate, ma solo la sinopia delle scene che s’intendeva rappresentare. È probabile che gli autori intendessero riempire successivamente le scene, facendone un codice miniato a tutti gli effetti, ma ciò non avvenne e non se ne conoscono le ragioni. Il manoscritto è custodito presso la Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits (Français 25425). </h6> <p> </p> <p>Le numerose stragi, tra le prime si ricorda quella di Béziers che fu una vera e propria mattanza e non risparmiò niente e nessuno; furono motivo di sdegno e dolore, raccapriccio per Domenico il quale si distinse nel biasimare severamente tali azioni scellerate. <p align="center"> <p align="center"><img src="https://lh6.ggpht.com/-QXv1ElCgQt4/VES-PVd46WI/AAAAAAAAi5o/Hijs7bhrd1Y/image56.png?imgmax=800"> <h6>Figura 5 – Scomunica degli Albigesi da parte di Innocenzo III e nella scena di destra, la Crociata contro di loro. Miniatura tratta dal manoscritto Royal 16 G VI f. 374v, della © British Library di Londra. Immagine di pubblico dominio <a href="#_ftn23_6416" name="_ftnref23_6416">[23]</a>. </h6> <p> <p>Domenico era contrario alla violenza come mezzo di persuasione e non ne fece mai uso, anzi, riferisce uno dei suoi biografi Beato Alano della Rupe, ebbe perfino una visione della Vergine Maria in cui gli consegnava la Corona del Rosario, come richiesta ad una sua preghiera per combattere l'eresia albigese senza violenza <a href="#_ftn24_6416" name="_ftnref24_6416">[24]</a>. In occasione di un viaggio a Roma, nell'ottobre 1215, per accompagnare il vescovo Folchetto, che doveva partecipare al Concilio Laterano IV, Domenico avanzò la proposta a papa Innocenzo III di un nuovo ordine monastico dedicato alla predicazione. Egli trovò grande disponibilità nel Papa che l'approvò verbalmente, ma seguendo i canoni conciliari, da lui stesso promulgati visto il numero crescente di ordini monastici e per contrastare anche l’insorgere di nuove sette camuffate da ordini religiosi, propose di scegliere una regola di quelle già esistenti degli ordini religiosi approvati senza crearne una nuova <a href="#_ftn25_6416" name="_ftnref25_6416">[25]</a>. <p> <p align="center"> <p align="center"><img src="https://lh5.ggpht.com/-uONXvgfL5iU/VES-VZ1HEOI/AAAAAAAAi5w/UVvWEH9mdfA/image62.png?imgmax=800"> <h6>Figura 6 – Il sogno di Papa Innocenzo III. Miniatura tratta dal <i>Breviarium ad usum fratrum Predicatorum</i> (<i>Bréviaire de Belleville</i>), Vol. II. Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 10484, folio 272r <a href="#_ftn26_6416" name="_ftnref26_6416">[26]</a> </h6> <p align="center"> <p align="center"><img src="https://lh4.ggpht.com/-Ggd9pECj0K4/VES-ZPebXlI/AAAAAAAAi54/BuodC718NjM/image69.png?imgmax=800"> <h6>Figura 7 – Il Papa, Innocenzo III consegna la Regola dell’Ordine a San Domenico. A destra, San Domenico di Guzmàn tra i Santi Pietro e Paolo che gli affidano la missione della predicazione. Miniatura tratta dal Breviarium <em>ad usum fratrum Predicatorum</em> (<em>Bréviaire de Belleville</em>), Vol. II. Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 10484, folio 272r <a href="#_ftn27_6416" name="_ftnref27_6416">[27]</a>. </h6> <p> </p> <p>Seguendo il consiglio di papa Innocenzo III, con i suoi sedici seguaci scelse la regola di Sant'Agostino, ma con delle modifiche adatte al suo particolare apostolato della parola e dell'esempio. Nel 1215 Domenico, per i suoi seguaci, prima ricevette in dono la casa in Tolosa di Pietro Cellani <a href="#_ftn28_6416" name="_ftnref28_6416">[28]</a>, divenuto anche lui predicatore, poi ricevette da Simone IV di Montfort <a href="#_ftn29_6416" name="_ftnref29_6416">[29]</a> il castello di Cassanel quale sede del nuovo ordine che andava formandosi. Il 22 dicembre 1216 papa Onorio III conferì l'approvazione ufficiale e definitiva all'ordine fondato da Domenico. Ottenuto il riconoscimento ufficiale, l'ordine crebbe e già l'anno dopo, nel 1217, fu in condizione di inviare monaci in molte parti d'Europa, in particolare nella penisola iberica e nei principali centri universitari del tempo tra cui Parigi e Bologna. Subito incontrarono opposizioni da parte dei vescovi locali, che furono superate dalla bolla papale dell'11 febbraio del 1218, che ordinava a tutti i prelati di dare assistenza ai domenicani <a href="#_ftn30_6416" name="_ftnref30_6416">[30]</a>. A Bologna, l'eloquenza di Reginaldo d'Orléans <a href="#_ftn31_6416" name="_ftnref31_6416">[31]</a> a favore del nuovo ordine stimolò un notevole e vasto sostegno ai seguaci di Domenico Guzmàn, che ricevettero notevoli donazioni; Reginaldo avrebbe voluto accettare, ma Domenico le rifiutò, perché desiderava che i suoi confratelli non avessero proprietà e vivessero di elemosina. Nel 1220 e nel 1221 Domenico presiedette personalmente a Bologna, ai primi due Capitoli Generali destinati a redigere le modifiche della regola agostiniana per l’Ordine. Sfinito dal lavoro apostolico (stava preparando una missione in Cumania e per questo studiava la lingua di quel popolo) ed estenuato dalle grandi penitenze, Domenico morì il 6 agosto 1221, nel suo amatissimo convento di Bologna (Basilica di San Domenico <a href="#_ftn32_6416" name="_ftnref32_6416">[32]</a>), in una cella non sua, perché lui, il fondatore, non l'aveva, circondato dai suoi frati, a cui rivolgeva l'esortazione «<em>ad avere carità, a custodire l'umiltà e a possedere una volontaria povertà</em>». Papa Gregorio IX <a href="#_ftn33_6416" name="_ftnref33_6416">[33]</a> canonizzò Domenico il 13 luglio 1234. Attualmente è celebrato il giorno 8 agosto. Il suo corpo, dal 5 giugno 1267, è custodito in una preziosa arca marmorea, presso l'omonima basilica di Bologna. <p> <p align="center"><img src="https://lh5.ggpht.com/-zcUj2KhXGOQ/VES-e2-BOZI/AAAAAAAAi6A/qP2XGsVGUOA/image75.png?imgmax=800"> <h6>Figura 8 – Traslazione di San Domenico. Miniatura tratta dal <i>Breviarium ad usum fratrum Predicatorum</i> (<i>Bréviaire de Belleville</i>), Vol. I. Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 10483, folio 184r <a href="#_ftn34_6416" name="_ftnref34_6416">[34]</a> </h6> <p align="center"> <p align="center"><img src="https://lh3.ggpht.com/-ZENvH9lS3Ms/VES-jrjI6FI/AAAAAAAAi6I/XyuQ1-VSvT0/image83.png?imgmax=800"> <h6>Figura 9 – Cassa del corpo di San Domenico, trasportata da due monaci Domenicani. Miniatura tratta dal <i>Breviarium ad usum fratrum Predicatorum</i> (<i>Bréviaire de Belleville</i>), Vol. I. Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 10483, folio 184r <a href="#_ftn35_6416" name="_ftnref35_6416">[35]</a> </h6> <p> <p>Il periodo che seguì, fino al 1348 fu il periodo d'oro dell'ordine, che culminò con Bonifacio VIII e si prolungò ancora nella sua espansione esteriore fino alla metà del Trecento, manifestando però gravi segni di decadenza accelerata dalla peste nera (1347-1348), dalla permanenza del papato in Avignone (1306-76) e dai fattori politici, che influirono sinistramente sull'ordine. Solo l’opera di Caterina da Siena fu determinante per un rinnovamento dell’ordine domenicano ed una sua riorganizzazione interna, specie per la vita conventuale. Durante i primi anni l’Ordine domenicano si espanse notevolmente in tutta l’Europa tramite anche la fondazione di nuovi conventi, diffusi anche in Germania già durante il regno di Federico II, il quale non fu mai ostile a tale ordine, anzi, lo favorì quando possibile. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <p> <h1><a name="_Toc501026722"><font color="#0000ff">Verso l’istituzione della Santa Inquisizione</font></a></h1> <p>Nei momenti di crisi tra Papato e Impero, i Domenicani ‒ come del resto i Francescani ‒ vennero spesso utilizzati quali 'ambasciatori' papali presso la corte federiciana <a href="#_ftn36_6416" name="_ftnref36_6416">[36]</a>. È probabile che proprio in questo periodo che la Chiesa iniziò ad affidare all’ordine compiti inquisitori, senza formare ancora ufficialmente l’organo dell’Inquisizione. Già nel 1179 (Concilio Lateranense III voluto da papa Alessandro III) erano state prese le primissime misure inquisitoriali contro l’eresia dei Catari giacché proprio in quel periodo il movimento conobbe il massimo dell’espansione, ma solo sotto il pontificato di Innocenzo III fu attuato il vero piano che portò successivamente all’istituzione dei tribunali ecclesiastici dell’Inquisizione. A differenza di altri ordini come quello Cistercense e Francescano, i Domenicani avevano dimostrato una maggior preparazione culturale e forse anche per questo la loro predicazione sortì più effetti sulle popolazioni in cui predicavano, specie laddove dilagava l’eresia catara, altrimenti non sarebbero stati capaci di affrontare e sconfiggere verbalmente un cataro in una pubblica discussione, specie in materia di teologia <a href="#_ftn37_6416" name="_ftnref37_6416">[37]</a>. Probabilmente in virtù della loro alta preparazione furono anche i migliori candidati per ricoprire il ruolo di inquisitori del S. Uffizio nella lotta all’eresia e per questo si annoverano numerosi i personaggi che facenti parte dell’Ordine domenicano hanno ricoperto cariche di inquisitori, ma non furono i soli. Innocenzo III emanò una serie numerosa di decretali, appoggiato nella lotta all’eresia da Federico II di Svevia, per combattere l’eresia e altrettanto fece il suo successore: Onorio III <a href="#_ftn38_6416" name="_ftnref38_6416">[38]</a>. L'orientamento di Onorio III fu assunto dal successore, fin dall'avvio del pontificato: allora la politica del papato per la prima volta trovò ampio accoglimento in sede locale. Dopo che nell'aprile 1227 Gregorio IX aveva inviato il suo programma d'azione ai vescovi e alle città dell'Italia settentrionale, indicando nella pravità eretica la radice degli attacchi alla libertà della Chiesa, si moltiplicarono gli statuti comunali contro gli eretici nella Pianura Padana: sul modello di Brescia, a Treviso, Vicenza, Ferrara e Milano piccoli gruppi di uomini, scelti dal vescovo e dal podestà, sostenuti dalle autorità comunali, ma agli ordini del presule, furono incaricati di cercare (<em><font color="#ff0000">inquirere</font></em>) e catturare (<em><font color="#ff0000">capere</font></em>) gli eretici per consegnarli al tribunale diocesano. Nell'estate 1231, Federico II diede un posto di rilievo ai temi antiereticali nelle Costituzioni emanate a Melfi introducendo la prima costituzione, dedicata a "eretici e Patarini" <a href="#_ftn39_6416" name="_ftnref39_6416">[39]</a> e, affidando agli ufficiali pubblici il compito della ricerca (<em><font color="#ff0000">inquisitio</font></em>) degli eretici, da consegnare per il giudizio ai chierici. Il primato d'iniziativa dell'ordinamento pubblico per la scoperta degli eretici era fatto notevole, per il momento limitato a una specifica area dei territori dominati dallo Svevo. Quando agli inizi del 1232 si occupò degli eretici di Italia e Germania, Federico II restò infatti nel solco della tradizione. Da Ravenna, dopo aver ribadito in febbraio le decisioni del 1220 (<em><font color="#ff0000">Constitutio contra haereticos</font></em>), in marzo con una nuova costituzione appoggiò gli sforzi degli "inquisitori dati dalla Sede Apostolica" (<em><font color="#ff0000">Constitutiones et acta</font></em>), nelle terre di Germania, incaricati di individuare gli eretici e di procurarne la cattura (<em><font color="#ff0000">Commissi nobis celitus</font></em>). L'importanza riconosciuta ai Frati Predicatori per la cattura degli eretici, destinati poi a "coloro che accederanno e converranno per giudicarli" (ibid., p. 197), non è cosa singolare: tra il 1231 e il 1232 Gregorio IX ordinò ai frati di alcuni conventi dei Predicatori in Germania di cercare gli eretici, pur lasciando verosimilmente il giudizio ai presuli. La competizione tra Sede Apostolica e imperatore si mostrò appieno nel 1233. Nell'epistola al pontefice del 15 giugno 1233, Federico II dava notizia di aver stabilito che in tutto il Regno di Sicilia i giustizieri, assistiti da prelati, indagassero (inquirere) sulla presenza di eretici: sulla base delle loro relazioni, sarebbe stato egli stesso a prendere provvedimenti. Nei primi mesi del 1233, contro il rischio di diffusione dell'eresia nel Nord della Francia a partire dalla villa di La Charité, il Papa coinvolse i Frati Predicatori, tenuti ad agire insieme ai presuli. Contemporaneamente, pure nel Sud della Francia recepì e potenziò l'attività degli stessi frati, già coinvolti da alcuni vescovi, nella ricerca degli eretici. In tale quadro, dall'aprile 1233 Gregorio IX appoggiò in Italia il movimento religioso della <em>Grande Devozione, o Alleluia</em>, che, sorto in Parma per iniziativa di un predicatore errante, rapidamente monopolizzato dai Predicatori, subito affiancati dai Minori, si diffuse negli altri centri urbani del mondo padano. In alcune città i Frati mendicanti si fecero attribuire dai comuni il compito di riforma degli statuti locali, nei quali essi inserirono ‒ oltre a norme per la moralizzazione dei costumi, contro l'usura e contro le leggi nocive della <em>libertas Ecclesiae</em>, nonché per la pacificazione fra gruppi opposti di cittadini ‒ pure disposizioni antiereticali, a vantaggio principalmente dell'autorità episcopale. Si evince da ciò che negli anni seguenti la fondazione ufficiale dell’Ordine e quella dei primi monasteri, i <em><font color="#ff0000">Frati Predicatori</font> </em>o <em><font color="#ff0000">Domenicani</font></em> acquisirono sempre più poteri, vuoi in virtù della loro cultura, vuoi per la loro azione e influenza <a href="#_ftn40_6416" name="_ftnref40_6416">[40]</a>. Gregorio IX mise in atto una strategia multiforme e flessibile, che ora, diversamente dalla fine degli anni Venti del XIV secolo, oscurò l'immagine dell'eresia quale radice dei mali di cui la Chiesa soffriva, ma dell'eresia fece la ragione decisiva per pretendere l'allineamento delle società locali con le Chiese diocesane e con Roma. Fu una strategia perseguita con strumenti diversi quali: una forte sollecitazione nei confronti delle classi dirigenti cittadine, un rinnovato sforzo dei vescovi, la predicazione specializzata per individuare gli eretici e nella quale si distinguevano i Predicatori, l'organizzazione di 'penitenti' armati pronti ad agire a sostegno della fede ortodossa; così i <em>milites Iesu Christi </em>di Parma, che, legati sia all'ordinario diocesano sia ai Frati predicatori, per un momento sembrarono proiettarsi in una dimensione italiana. Dal 1236, man mano che Federico II mostrò interesse a rinnovare la sua presenza nella Pianura Padana, la lotta contro gli eretici in Italia assunse caratteri diversi. La tensione crescente tra Papato e Impero coinvolse, con il tema dei rispettivi iura, anche tale ambito: tuttavia il confronto al riguardo si svolse principalmente sul piano della propaganda, mentre le iniziative antiereticali mirate a incidere sul territorio si ridussero. Negli anni Quaranta la corrispondenza antiereticale del papato per le terre dell'Impero divenne esigua, mentre proseguì abbondante per le terre del Midi. Il ritrovato accordo tra la Sede Apostolica e Raimondo VII, conte di Tolosa, nel maggio 1241, poco prima della morte di Gregorio IX, aprì la strada a un intervento incisivo dei Frati predicatori nella regione. A sostegno di costoro, e in generale degli <em><font color="#ff0000">inquisitores haereticorum </font></em>di Francia, dal 1243 a più riprese intervenne papa Innocenzo IV <a href="#_ftn41_6416" name="_ftnref41_6416">[41]</a>; questi si premurò di precisare le competenze del priore generale dei Predicatori, nonché di coloro che presiedevano alle singole province dell'Ordine, nei confronti dei frati incaricati di <em><font color="#ff0000">inquirere haereticam pravitatem</font></em>: la disposizione al riguardo, già emanata nel 1244, fu ripetuta nel 1246, unitamente ad altra analoga per il ministro generale dei Frati minori. <p> <p>A questo punto l'attività inquisitoriale iniziò ad abbandonare le caratteristiche del decennio precedente ‒ nel quale prevaleva la caccia a eretici pubblicamente riconosciuti come tali ‒, per assumere i tratti di vera e propria indagine giudiziaria seguita da una sentenza. Al confronto l'impegno antiereticale della Sede Apostolica nella difesa della fede in Italia risulta discontinuo. Una lettera del 1243, contenuta nel registro della corrispondenza del primo anno di pontificato, attesta la volontà di Innocenzo IV di combattere gli eretici di Lombardia e Tuscia e documenti (epistole) provano che il papato appoggiava l'impegno dei Frati predicatori a tutela dell'ortodossia nelle due regioni. Tuttavia solo nel 1247 il pontefice fece menzione di uno specifico mandato "<i>ad expurgandos hereticos et hereticam pravitatem</i>" <a href="#_ftn42_6416" name="_ftnref42_6416">[42]</a> affidato a una persona per un'ampia area: a frate Giovanni da Vicenza <a href="#_ftn43_6416" name="_ftnref43_6416">[43]</a> per la Lombardia. Nulla tuttavia si sa sullo svolgimento dell'incarico. In tale quadro frammentario, nel quale le parole del pontefice sembrano soprattutto delineare progetti, si collocano le prime testimonianze prodotte in Italia da uomini dell'Ordine di Domenico nella difesa della fede. Da un lato in alcuni conventi del Nord Italia furono redatti trattati ‒ o <em>summae </em>‒ che sistematizzavano e confutavano il pensiero degli eretici a uso di chi li combatteva: queste opere contribuirono a costruire l'identità dei Frati predicatori come esperti di eterodossia <a href="#_ftn44_6416" name="_ftnref44_6416">[44]</a>. D'altro lato l'opera inquisitoriale aveva coinvolto a fondo gli schieramenti politici delle città finendo per mettere in discussione i rapporti tra Chiesa locale ‒ sostenuta dal pontefice ‒ e organismi comunali, e di conseguenza tra questi ultimi e l’istituzione imperiale. La morte di Federico II nel 1250 segnò una svolta nella riorganizzazione della lotta antiereticale, che allora conobbe un forte e decisivo potenziamento. Innocenzo IV mise in campo una fitta serie di interventi contro gli eretici d'Italia con protagonisti membri del medesimo Ordine domenicano. Il rilancio dell'attività inquisitoriale comportò pure un rinnovato coinvolgimento di tutte le autorità civili. A queste il pontefice inviò norme elaborate a partire da una legislazione alquanto varia: le costituzioni del IV concilio lateranense, quelle di Gregorio IX del 1231, ma anche le disposizioni sulla forza pubblica con funzioni antiereticali introdotte negli statuti di taluni comuni dell'Italia settentrionale alla fine degli anni Venti (bolla <em><font color="#ff0000">Ad extirpanda</font></em>). La bolla <em><font color="#ff0000">Ad extirpanda</font></em> fu la bolla che autorizzò per la prima volta nella storia della Chiesa l’uso della tortura come mezzo di indagine, quando nel IX secolo Nicolò II l’avesse giudicata contraria a ogni legge umana e divina, giudizio poi dato e ripreso anche dal Tamburini. Pure la normativa emanata da Federico II nel corso degli anni Trenta fu ripresa e additata a modello (bolla <em><font color="#ff0000">Cum adversus haereticam</font></em>). Per il papa, insieme alle leggi approntate dalla Chiesa, essa doveva essere introdotta nei corpi statutari comunali e mai più abolita. Dunque, come già aveva cercato di fare Gregorio IX, Innocenzo IV indicò nella disponibilità a seguire i mandati della Chiesa nella lotta contro gli eretici il criterio su cui misurare la legittimità dei poteri civili. Le lettere inviate alle città delineano un quadro nel quale i soggetti che contano sono i comuni, i vescovi e gli inquisitori, siano essi Predicatori o Minori. Preminente appare il ruolo degli inquisitori, mentre quello dei presuli passa in secondo piano, divenendo accessorio per l'esercizio di taluni aspetti dell'azione inquisitoriale. In tale situazione, il lavoro degli inquisitori si configura ormai come <em><font color="#ff0000">inquisitionis officium contra haereticos</font></em>, cioè compito d'ufficio da assolvere secondo modalità che divengono sempre più complesse, così da garantire una continuità nel tempo e un'incisività nelle situazioni locali fino allora impensabili. Indebolitasi l'unica autorità civile ‒ l'Impero ‒ in grado di far valere una propria autonoma competenza nella lotta antiereticale, la direzione di quest'ultima restava alla Chiesa di Roma. Ormai la macchina dell’Inquisizione era stata messa in moto, ormai era solo questione di tempo per gli eretici e i sospetti di esserlo perché fossero stanati, arrestati, processati ed eventualmente condannati a morte. Come si è visto però, l’attività degli inquisitori Domenicani e dei Frati Minori fu spesso e volentieri affiancata anche da autorità e personalità civili e laiche, nel tentativo, mai raggiunto, di rimettere insieme in moto il potere civile dello Stato e quello della Chiesa. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <p> <h1><a name="_Toc501026723"><font color="#0000ff">L’inizio della caccia all’eresia in Italia: Dolciniani e Catari</font></a></h1> <p>Tra le città italiane che più si ricordano con un certo senso d’inquietudine e sgomento dei Domenicani, si annovera Parma, la quale conserva un’immagine vivida di caccia all’eresia e roghi di eretici, tra cui anche Catari e Dolciniani. Il periodo in cui si svolsero i fatti, non troppo precisato dalle fonti, va dagli anni 1260 al 1300, quando ormai anche l’ultima roccaforte dei Catari, Montségur, fu abbattuta e quando ormai dei Catari non restavano che pochi e forse inoffensivi simpatizzanti e seguaci che l’Inquisizione dovette reputare inoffensivi. Eppure come il Catarismo aveva avuto origine dal Manicheismo, non è da escludere la possibilità che dal Catarismo abbiano avuto origine o vi si siano ispirati altri movimenti ereticali come quello degli Apostolici che ebbe origine a Parma. Fra’ Salimbene da Parma <a href="#_ftn45_6416" name="_ftnref45_6416">[45]</a> nella sua Cronica ci riferisce di un tale di nome Gherardo Segalelli o Segarelli, nato ad Alzano<a href="#_ftn46_6416" name="_ftnref46_6416">[46]</a> intorno al 1240 che nel 1260, poco più che ventenne maturò la vocazione e chiese ai Frati Minori di Parma di essere ammesso come frate, ma questi rifiutarono. Salimbene lo definisce «di umili origini, illetterato, sciocco e ignorante» e aggiunge che «non essendo stato esaudito, finché gli fu possibile s’intratteneva tutto il giorno in meditazione nella chiesa; e qui gli maturò l’idea di fare di propria iniziativa ciò che inutilmente chiedeva ai frati. Siccome sopra il coperchio della lampada della fratellanza del beato Francesco erano dipinti tutt’intorno gli apostoli con i sandali ai piedi, avvolti in mantelli sulle spalle, egli rimaneva a lungo a contemplarli e di qui prese la sua decisione. Si lasciò crescere barba e capelli, prese i sandali e il bordone dei frati minori, perché tutti coloro che si propongono di creare una nuova congregazione rubano sempre qualcosa all’ordine francescano. Poi si fece fare una tunica di tela ruvida e un mantello di filo molto grosso, che portava avvolto al collo e alle spalle, convinto così di imitare l’abito degli apostoli». Salimbene probabilmente dovette conoscere o avvicinare questo Segarelli tanto da prenderlo immediatamente in antipatia e nella sua Cronica ne parla male al punto che anche i cronisti che citano Salimbene quasi ne sono influenzati <a href="#_ftn47_6416" name="_ftnref47_6416">[47]</a>. Ricevuto il rifiuto dell’Ordine dei Frati Minori decise quindi, Segarelli, di farsi un ordine tutto suo, ma il canone di Papa Gregorio X, <em>Religionum diversitatem nimiam</em>, del 1274, del II Concilio di Lione sancì che tutti gli Ordini sorti dopo il 1215 (anno dell’approvazione dell’Ordine domenicano) non erano validi poiché non avevano ricevuto l’approvazione ecclesiastica e quindi i membri degli ordini sorti dopo quella data dovevano per forza richiedere di entrare negli ordini preesistenti <a href="#_ftn48_6416" name="_ftnref48_6416">[48]</a>. Per altro Segarelli predicava idee piuttosto affini ai Catari oltre a professare la libertà sessuale degli individui, seppure su questo ultimo scottante punto, le fonti siano scarse <a href="#_ftn49_6416" name="_ftnref49_6416">[49]</a>. Come in tutti i processo inquisitoriali l’insieme delle accuse superava quasi sempre il numero reale dei fatti, e tra questi non gli si perdonò di aver negato il bisogno di una gerarchia, specie quella ecclesiastica quale intermediazione tra l’uomo e Dio. Infine Segarelli, è il caso di dirlo, era anche <em>millenarista</em>, ossia predicava la fine del mondo e celebre è la sua frase, riportata anche come una sorta di motto: <p> </p> <blockquote style="height: 51px; width: 1376px"> <p>« Paenitentiagite, quia appropinquabit regnum caelorum» <p>Pentitevi, il Regno dei Cieli è vicino </p></blockquote> <p> <p>Tale motto diventò successivamente anche quello dei Dolciniani, da Dolcino, seguace ed erede di Segarelli. L’eresia di Segarelli aveva molti punti in comune con il Catarismo e anche se lui ed i suoi compagni si facevano chiamare gli Apostolici, restavano sempre affini ai Catari, tanto che lo stesso Salimbene li paragona ad essi. Segarelli fu arrestato dal vescovo di Parma, Obizzo Sanvitale, che ne ebbe compassione credendolo pazzo e lo imprigionò per vario tempo, finchè questi non ebbe smesso di blaterare le sue eresie e si fosse ravveduto. Non è da escludere un intervento dell’Inquisizione, tramite ammonimenti e forse anche torture e Segarelli più volte ritrattò la sua eresia e più volte vi ricadde fino a che nel 1300, fu condannato a morte per rogo, in quanto recidivo <a href="#_ftn50_6416" name="_ftnref50_6416">[50]</a>, il 18 luglio. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h1><a name="_Toc501026724"></a><a name="_Toc482020537"><font color="#0000ff">Fonti bibliografiche</font></a></h1> <h2><a name="_Toc501026725"></a><a name="_Toc482020538"><font color="#ff0000">Siti internet</font></a></h2> <ul> <li><a href="http://cronologia.leonardo.it/storiologia/socie002.htm">http://cronologia.leonardo.it/storiologia/socie002.htm</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Bogomilism%20-%20Doctrine">http://en.wikipedia.org/wiki/Bogomilism - Doctrine</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Cosmas%20the%20Priest">http://en.wikipedia.org/wiki/Cosmas the Priest</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Basilica_di_San_Domenico_%28Bologna%29">http://it.wikipedia.org/wiki/Basilica di San Domenico (Bologna)</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Beato%20Angelico">http://it.wikipedia.org/wiki/Beato Angelico</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Bogomilismo">http://it.wikipedia.org/wiki/Bogomilismo</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Canzone%20della%20crociata%20albigese">http://it.wikipedia.org/wiki/Canzone della crociata albigese</a> </li> <li><a href="http://fr.wikipedia.org/wiki/Chanson%20de%20la%20croisade%20albigeoise">http://fr.wikipedia.org/wiki/Chanson de la croisade albigeoise</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Gherardo%20Segarelli">http://it.wikipedia.org/wiki/Gherardo Segarelli</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Guglielmo%20di%20Tudela">http://it.wikipedia.org/wiki/Guglielmo di Tudela</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Obizzo%20Sanvitale">http://it.wikipedia.org/wiki/Obizzo Sanvitale</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Pala%20di%20Perugia">http://it.wikipedia.org/wiki/Pala di Perugia</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Papa%20Gregorio%20IX">http://it.wikipedia.org/wiki/Papa Gregorio IX</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Pietro%20Tamburini">http://it.wikipedia.org/wiki/Pietro Tamburini</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Reginaldo_d%27Orl%C3%A9ans">http://it.wikipedia.org/wiki/Reginaldo d'Orléans</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Salimbene%20de%20Adam">http://it.wikipedia.org/wiki/Salimbene de Adam</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Simone%20IV%20di_Montfort">http://it.wikipedia.org/wiki/Simone IV di Montfort</a> </li> <li><a href="http://www.araldicavaticana.com/dizonario_di_abiti_e_stoffe_eccl.htm">http://www.araldicavaticana.com/dizonario_di_abiti_e_stoffe_eccl.htm</a> </li> <li><a href="http://www.bulgaria-italia.com/bg/info/storia/bogomili.asp">http://www.bulgaria-italia.com/bg/info/storia/bogomili.asp</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/albigesi%20(Enciclopedia-Italiana%20(1929))">http://www.treccani.it/enciclopedia/albigesi (Enciclopedia-Italiana (1929))</a> di Pio Paschini </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/ascetismo/">http://www.treccani.it/enciclopedia/ascetismo/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/beato-angelico_%28Enciclopedia-Dantesca%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/beato-angelico (Enciclopedia Dantesca (1970))</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/bogomili%20(Enciclopedia-Italiana%20(1930))">http://www.treccani.it/enciclopedia/bogomili (Enciclopedia-Italiana (1930))</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/candeggio_%28Enciclopedia-Italiana%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/candeggio (Enciclopedia Italiana (1930))</a> di Luigi Caberti </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/catari%20(Dizionario-di-Storia%20(2010))">http://www.treccani.it/enciclopedia/Catari (Dizionario-di-Storia (2010))</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/catari%20(Enciclopedia%20Federiciana%20(2005))">http://www.treccani.it/enciclopedia/Catari (Enciclopedia Federiciana (2005))</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/catari%20(Enciclopedia-Dantesca%20(1970))">http://www.treccani.it/enciclopedia/Catari (Enciclopedia-Dantesca (1970))</a> di Raoul Manselli </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/catari%20(Enciclopedia-Italiana%20(1931))">http://www.treccani.it/enciclopedia/Catari (Enciclopedia-Italiana (1931))</a> di Antonino De Stefano </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/dolcino_%28Enciclopedia-Dantesca%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/dolcino (Enciclopedia Dantesca (1970))</a> di Giovanni Miccoli </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/domenicani%20(Enciclopedia_Italiana%20(1932))">http://www.treccani.it/enciclopedia/domenicani (Enciclopedia_Italiana (1932))</a> di Innocenzo Taurisano </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/domenicani_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/domenicani Enciclopedia dell'arte medievale</a> di S. Romano </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/domenico-di-guzman-san%20(Enciclopedia-dei-ragazzi%20(2005)">http://www.treccani.it/enciclopedia/domenico-di-guzman-san (Enciclopedia-dei-ragazzi (2005)</a> di Raffaele Savigni </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/frati-predicatori%20(Enciclopedia%20Federiciana)">http://www.treccani.it/enciclopedia/frati-predicatori (Enciclopedia Federiciana)</a> di Giulia Barone </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/inquisizione_%28Dizionario-di-Storia%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/inquisizione (Dizionario di Storia (2010))</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/inquisizione_%28Federiciana%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/inquisizione (Enciclopedia federiciana (2005))</a> di Andrea Piazza </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/inquisizione_%28Enciclopedia-Italiana%29/">http://www.treccani.it/enciclopedia/inquisizione (Enciclopedia Italiana (1933))</a> di Mario Niccoli </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/marcione/">http://www.treccani.it/enciclopedia/marcione/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/ordine-domenicano/">http://www.treccani.it/enciclopedia/ordine-domenicano/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/verginita/">http://www.treccani.it/enciclopedia/verginita/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/ascetismo/">http://www.treccani.it/vocabolario/ascetismo/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/bogomili/">http://www.treccani.it/vocabolario/bogomili/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/demiurgo/">http://www.treccani.it/vocabolario/demiurgo/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/manicheo/">http://www.treccani.it/vocabolario/manicheo/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/marcionita/">http://www.treccani.it/vocabolario/marcionita/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/purgatorio2/">http://www.treccani.it/vocabolario/purgatorio2/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/suffragio/">http://www.treccani.it/vocabolario/suffragio/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/tag/adorazione/">http://www.treccani.it/vocabolario/tag/adorazione/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/tag/cosmogonici/">http://www.treccani.it/vocabolario/tag/cosmogonici/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/tag/ipostasi/">http://www.treccani.it/vocabolario/tag/ipostasi/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/transustanziarsi/">http://www.treccani.it/vocabolario/transustanziarsi/</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Cathar%20Perfect">https://en.wikipedia.org/wiki/Cathar Perfect</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Alano%20della%20Rupe">https://it.wikipedia.org/wiki/Alano della Rupe</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Domenico%20di%20Guzman">https://it.wikipedia.org/wiki/Domenico di Guzman</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Immacolata%20Concezione%20le">https://it.wikipedia.org/wiki/Immacolata Concezione </a></li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Ordine%20dei%20frati%20predicatori">https://it.wikipedia.org/wiki/Ordine dei frati predicatori</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Purgatorio.%20Evoluzione%20del%20dogma">https://it.wikipedia.org/wiki/Purgatorio. Evoluzione del dogma</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Santo - Santi non storici">https://it.wikipedia.org/wiki/Santo - Santi non storici</a> </li></ul> <p><a name="_Toc501026726"></a> <h1><a name="_Toc482020539"><font color="#0000ff">Libri e saggi</font></a></h1> <ul> <li><i>Contra haereticos sui temporis, </i>di Hugo Rotomag, 1255 </li> <li><i>A History of Medieval Heresy and Inquisition</i> di Deane, Jennifer Kolpacoff; Rowman & Littlefield Publishers, Inc. 2011 </li> <li><em>Apostoli e flagellanti a Parma nel Duecento secondo nuovi documenti di F. Bernini, 1935</em> <em>pp. 353-357</em><em></em> </li> <li><em>Archivio Corona</em>, gen. 7175; Arch. di Stato di Padova. </li> <li><em>Documents pour servir à l'histoire de l'Inquisition en Languedoc di </em>C. Douais, Parigi 1900 </li> <li><i>Dominicans, Muslims and Jews in the Medieval Crown of Aragon</i> di Robin Vose. Cambridge University Press, ed. 2009 </li> <li><i>Explicatio super officio inquisitionis. Origini e sviluppi della manualistica inquisitoriale tra Due e Trecento</i>, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2012 di Riccardo Parmeggiani </li> <li>Ferdinando del Castello, 1589 </li> <li><em>Histoire et doctrine de la secte des Cathares ou Albigeois</em>, di C. Schmidt, Parigi 1849, voll. 2; </li> <li><i>Historia Generale Di S. Domenico Et Dell'Ordine Suo De'Predicatori</i> di Copertina anteriore </li> <li><i>History of the Inquisition of Middle Age</i> di Ch. Lea, Londra 1888 </li> <li><em>Itinerari ereticali</em>. <em>patari e Catari tra Rimini e Verona</em> di G. Zanella, Roma 1986, pp. 28, 30, 33, 91; </li> <li><i>L'eresia del male</i> di R. Manselli, Napoli 1953 </li> <li><em>L'eresia nel Medioevo</em> di F. Tocco, Firenze 1884, pp. 73-134 </li> <li><em>L'eresia nella Cronica di fra Salimbene</em>, di Mariano da Alatri, in <em>Eretici e inquisitori in Italia</em>. <em>Studi e documenti</em>, I, <em>Il Duecento</em>, Roma 1986, pp. 68, 73; </li> <li><em>Liber antihaeresis di Everardus de Beth, Bibl. PP. Lugd., Parigi 1644, IV, 1073</em><em></em> </li> <li><i>L'inquisitore Florio da Vicenza</i>, in <i>Praedicatores</i> - <i>Inquisitores</i> - I. <i>The Dominicans and the Mediaeval Inquisition. Acts of the first International Seminar on The Dominicans and the Inquisition</i> (Rome, 23-25 February 2002), Roma, <i>Institutum historicum fratrum Praedicatorum</i>, 2004, pp. 681-699 di Riccardo Parmeggiani, Università di Bologna Alma Mater Studiorum, Dipartimento Storia Culture Civilità </li> <li><em>Nascita</em>, <em>vita e morte di un'eresia medievale</em>, a cura di R. Orioli, Novara-Milano 1984, pp. 80, 226; </li> <li><em>Regesti di pergamene di archivi ecclesiastici ferraresi</em>, <em>Inquisizione</em>, A. Franceschini, p. 1 n. ib; <em>Chronicon Parmense ab anno MXXXVIII usque ad annum MCCCXXXVIII</em>, a cura di G. Bonazzi, ibid., XV, 2, pp. 35 s., 41, 52 s.; </li> <li><em>Serm</em>. <em>XIII adv</em>. <em>Catharorum errors</em> di Ekbertus </li> <li><i>St. Francis of Assisi and Nature: Tradition and Innovation in Western Christian Attitudes toward the Environment </i>di Roger D. Sorrell. Oxford University Press, USA, 1988 </li> <li><i>Storia della città di Parma, scritta dal p. Ireneo Affò. </i>Tomo IV, Stamperia Carmignani, Parma, 1795 </li> <li><i>Storia generale dell’Inquisizione</i>, opera postuma di Pietro Tamburini. F.lli Borroni, Milano 1866 Vol I di IV. </li> <li><i>Summa contra haereses</i> di Alanus </li> <li><i>The Medieval Tailor's Assistant: making common garments 1200 -1500</i> di Sarah Thursfield. Ruth Bean Publishers ed., 2001 </li> <li><i>Un traité inédit du XIIIe siècle contre les Cathares, in Ann. de la Fac. de lettres de Bordeaux, V, fasc. 2</i> di Ch. Molinier. </li> <li><i>Vita del glorioso patriarca S. Domenico tratta da' scrittori coetanei di lui, e da altri autori celebri</i> di Francesco Serafino Maria Loddi, 1727 </li> <li><i>Vita haereticorum</i> di Bonaccursus</li></ul> <p> <h1><a name="_Toc501026727"></a><a name="_Toc482020540"><font color="#0000ff">Manoscritti e miniature</font></a></h1> <ul> <li><i>Breviarium ad usum fratrum Predicatorum</i>, dit <i>Bréviaire de Belleville. Bréviaire de Belleville</i>, vol. I. Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 10483 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451634m">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451634m</a>) </li> <li><i>Breviarium ad usum fratrum Predicatorum</i>, dit <i>Bréviaire de Belleville. Bréviaire de Belleville</i>, vol. II. Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 10484 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447295h">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447295h</a>) </li> <li><i>Chanson de la Croisade contre les Albigeois </i>di Guillaume de Tudèle. Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 25425 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60006868">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60006868</a>) </li> <li>Crociata Albigese rappresentata, insieme alla scomunica della setta, nel manoscritto della British Library di Londra Royal 16 G VI f. 374v (Rif. <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/ILLUMIN.ASP?Size=mid&IllID=43733">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/ILLUMIN.ASP?Size=mid&IllID=43733</a>) </li> <li><i>Description de la Terre Sainete.</i> <i>Advis directif pour faire le passaige d'oultre mer, </i>XV secolo. Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 9087 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8449038d">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8449038d</a>) </li> <li><i>Le Livre de l'Information des princes </i>di Jean Golein. Miniature del Maestro della<i> Cité des dames</i>. Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Français 1210 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451599m">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451599m</a>) </li> <li><i>Les Grandes chroniques de Francei </i>del Mahiet e del Maestro del Messale di Cambrai del periodo 1332-1350 ca. The British Library, Royal 16 G VI (Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8469">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8469</a>)</li></ul> <p> <h1>Note <hr> </h1> <p><a href="#_ftnref1_6416" name="_ftn1_6416">[1]</a> Pietro Tamburini fu un teologo italiano. Nato nel 1737 da famiglia borghese, a Brescia, fu inviato dalla famiglia a studiare e poco dopo aver terminato gli studi venne ordinato prete e successivamente divenne professore di teologia e filosofia del seminario di Brescia. In quegli anni scrisse la sua prima opera, dedicata alla Grazia divina, testo che divenne in breve famoso tanto da giungere perfino nelle mani del Papa, all’epoca Clemente XIV, il quale colpito lo chiamò a Roma mettendolo a direzione del Collegio Irlandese, tolto poco prima ai Gesuiti, ordine da poco sciolto dal pontefice stesso, su pressione degli Stati stranieri. La fama di Tamburini crebbe enormemente in virtù anche del suo acume intellettuale, del suo carattere e delle sue azioni volte a ordinare le scuole e imprimere nei giovani cui insegnava l’amore per la verità. Morto Clemente XIV (pontefice per molti aspetti simile al Tamburini) fu eletto Papa Pio VI, papa debole secondo alcuni storici e sobillato dai partigiani dei Gesuiti, fu avverso al Tamburini tanto che egli, capito di non poter più rimanere a Roma partì e si trasferì a Pavia, malgrado gli allettanti inviti in altre importanti città da parte di personaggi illustri. A Pavia si trovava inoltre un caro amico d’infanzia di Tamburini, il Prof. Zola con il quale aveva condiviso studi e al cui nipote, in punto di morte, passò il testimone per l’opera <i>Storia generale dell’Inquisizione</i>. A Pavia Tamburini prese la cattedra di teologia dove mirava a distogliere i giovani da rilassate letture casiste e insegnando loro piuttosto con la Scrittura e la Tradizione al fine di farne sacerdoti sinceri e pastori zelanti, educati al vero ed odiatori di quell’ipocrisia che forma per moltissimi di loro precipuo argomento e pubblicò in quegli anni diverse opere tra cui <i>Etica cristiana e La vera idea della Santa Sede </i>(titoli originali in latino). La sua fama tra gli anni ’60 e ’70 del XVIII secolo toccò l’apogeo tanto che ricevette la visita di due imperatori: Giuseppe II e Leopoldo. Morto Leopoldo in circostante a dir poco misteriose e salito al trono Francesco II, sul quale gli storici non mettono troppe buone parole, su istanza della Curia romana, rimosse Tamburini e Zola dalle loro cattedre e il primo si ritirò privatamente nei suoi studi. Iniziò un periodo turbolento per Tamburini che in breve si vide perseguitato, per le sue idee, dalla Curia Romana e dopo diversi passaggi tra le cattedre, giunto al settantesimo anno di vita iniziò l’opera <i>Storia generale dell’Inquisizione</i> che però fu pubblicata postuma. Di mente arguta ed accesa, fu sempre incline a vedere il lato buono ed utile delle cose che non il contrario; volto a magnificare l’aspettativa degli altri, di memoria tenacissima, modesto, ricercatore della verità fu impassibile anche a fronte della persecuzione della Curia della quale aveva scritto e alla quale aveva cercato di ricordare l’etica cristiana e la sua importanza, così come il dovere di amministrare correttamente i poteri civili ed ecclesiastici nonché essere alleata e non avversa allo Stato. <p><a href="#_ftnref2_6416" name="_ftn2_6416">[2]</a> <i>Storia generale dell’Inquisizione</i>, opera postuma di Pietro Tamburini. F.lli Borroni, Milano 1866 pp. 15-16. <p><a href="#_ftnref3_6416" name="_ftn3_6416">[3]</a> In senso astratto, determinazione di una situazione di fatto. Probabilmente un riferimento indiretto alla Santa Inquisizione che ancora esisteva nel XVIII secolo. <p><a href="#_ftnref4_6416" name="_ftn4_6416">[4]</a> Che rivela o denota una sconcertante stupidità. Dal lat. idiota 'ignorante'. <p><a href="#_ftnref5_6416" name="_ftn5_6416">[5]</a> <em>Storia generale dell’Inquisizione</em>, opera postuma di Pietro Tamburini. F.lli Borroni, Milano 1866 pp. 16 <p><a href="#_ftnref6_6416" name="_ftn6_6416">[6]</a> Storicamente la tortura fu ammessa solo nel 1252, quando con la bolla “<i>Ad extirpanda</i>” fu emanata da Innocenzo IV e di validità confermata sia da papa Alessandro IV il 30 novembre 1259 sia da papa Clemente IV il 3 novembre 1265. Tema di questa era la prima approvazione pontificia della tortura come strumento di ottenimento della confessione del reo, in particolare nei processi dell'Inquisizione. Questa approvazione è dichiaratamente pubblicata per fronteggiare l'insorgere dei numerosi movimenti eretici del XIII secolo. <p><a href="#_ftnref7_6416" name="_ftn7_6416">[7]</a> Come per tutti i Santi del Medioevo e di ogni epoca anche sulla nascita di Domenico non mancano leggende, una vorrebbe che il nome gli fosse stato dato in seguito al sogno della madre in cui ella avrebbe partorito un cane che con una face accesa metteva fuoco al mondo. L’aneddoto può essere considerato in parte vero e in parte falso poiché l’uso del fuoco è un chiaro riferimento alla S. Inquisizione ed alla pena capitale del rogo mentre il Santo in vita era sempre stato contrario alla violenza. Il nome stesso Domenico deriverebbe da una specie di gioco di parole “Domini” e “canis” che insieme in latino significano letteralmente “cani di Dio” relativamente alla simbologia del cane, animale fedele, ma anche come segugio che fiuta l’eresia. L’etimologia del nome non è certa e anche se alcune fonti ne documentino l’uso a partire dal IV sec. d.C. è più probabile che l’uso sia da datarsi a partire dal Santo fondatore dell’omonimo ordine monastico predicatore. <p><a href="#_ftnref8_6416" name="_ftn8_6416">[8]</a> Il manoscritto risale al XIV secolo e la sua origine esatta non è nota. Le prime fonti scritte che documentano l’esistenza del manoscritto risalgono al 1380, ma la sua realizzazione sarebbe di molto anteriore, intorno agli anni ’30 del XIV secolo. Secondo alcuni sarebbe stato fatto realizzare dal conte Olivier V de Clisson per Jeanne de Belleville, da cui il nome del manoscritto. Accusato di tradimento, fu privato dei suoi beni, incamerati poi dal Re di Francia. Da quel momento il manoscritto subì una serie di passaggi di mano fino ad essere dato, dopo la Rivoluzione Francese, alla Biblioteca Nazionale di Francia. L’opera è composta in due volumi, entrambi custoditi presso la stessa BnF. <p><a href="#_ftnref9_6416" name="_ftn9_6416">[9]</a> <i>Breviarium ad usum fratrum Predicatorum</i> (<i>Bréviaire de Belleville</i>). Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 10484 - <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447295h">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447295h</a> <p><a href="#_ftnref10_6416" name="_ftn10_6416">[10]</a> Giovanni da Fiesole, al secolo Guido di Pietro (Vicchio, 1395 circa – Roma, 18 febbraio 1455), detto il Beato Angelico o Fra' Angelico, fu un pittore italiano. Fu effettivamente beatificato da papa Giovanni Paolo II nel 1982, anche se già dopo la sua morte era stato chiamato Beato Angelico sia per l'emozionante religiosità di tutte le sue opere che per le sue personali doti di umanità e umiltà. Fu il Vasari, nelle Vite ad aggiungere al suo nome l'aggettivo "Angelico", usato in precedenza da Fra’ Domenico da Corella e da Cristoforo Landino. Il frate domenicano cercò di saldare i nuovi principi rinascimentali, come la costruzione prospettica e l'attenzione alla figura umana, con i vecchi valori medievali, quali la funzione didattica dell'arte e il valore mistico della luce. <p><a href="#_ftnref11_6416" name="_ftn11_6416">[11]</a> Domenico infatti adottò anche nel proprio ordine l’abito dei Canonici di Osma, seppure bisogna precisare che il costume domenicano subì successivamente qualche lieve modifica. <p><a href="#_ftnref12_6416" name="_ftn12_6416">[12]</a> <em>Storia generale dell’Inquisizione</em>, opera postuma di Pietro Tamburini. F.lli Borroni, Milano 1866 pp.347-348 <p><a href="#_ftnref13_6416" name="_ftn13_6416">[13]</a> Tamburini riferisce che Raimondo di Tolosa che più o meno pubblicamente favoriva gli eretici, si ritrovò a doversi unire alla crociata contro di loro, essendo che al nord ormai la spedizione era decisa e la guerra era imminente. <i>Storia generale dell’Inquisizione</i>, opera postuma di Pietro Tamburini. F.lli Borroni, Milano 1866 pp.350 <p><a href="#_ftnref14_6416" name="_ftn14_6416">[14]</a> Tamburini anche in tal caso accenna al fatto che mentre predicavano agli altri cosa fare per salvare l’anima, gli eretici «s’immergevano nelle più abominevoli e vergognose dissolutezze» <p><a href="#_ftnref15_6416" name="_ftn15_6416">[15]</a> <em>Breviarium ad usum fratrum Predicatorum</em> (Bréviaire de Belleville). Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 10484 - <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447295h">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447295h</a> <p><a href="#_ftnref16_6416" name="_ftn16_6416">[16]</a> Vescovo di Tolosa <p><a href="#_ftnref17_6416" name="_ftn17_6416">[17]</a> Subito dopo la sua conversione e la rinuncia simbolica ad ogni tipo di bene, la decisione di vivere poveramente e la sollecitazione verso la Chiesa ad abbandonare la bramosia di potere e ricchezze per scegliere la vita povera di Cristo fecero sorvolare anche sul capo di Francesco d’Assisi l’accusa di eresia tanto che fu necessario che questi con i suoi confratelli si recassero dal Papa per essere approvati. Si ricorda inoltre che San Francesco d’Assisi visse contemporaneamente sia a S. Domenico nel periodo cruciale di diffusione dell’eresia catara e quindi bastava pochissimo per essere accusati. Va poi aggiunto che San Francesco aveva deciso di imitare Cristo e aveva scelto “sorella Povertà” come compagna di vita, chiedendo certo un rinnovamento spirituale e materiale della Chiesa, povera per i poveri, ma senza costringere nessuno a prendere la sua strada. Francesco non insultò mai la Chiesa che anzi rispettava e le rimase fedele, sottomesso e soprattutto nel suo stile di vita come monaco predicava l’amore per il creato di Dio, l’amore per le sue creature, per la vita ed il Cantico ne è una prova inconfutabile. Francesco sollecitava il rinnovo spirituale della Chiesa rimanendone all’interno, dando esempio pratico e senza condannarne i dogmi, le feste, i precetti, i sacramenti. In un certo senso Francesco era contro il Catarismo. <p><a href="#_ftnref18_6416" name="_ftn18_6416">[18]</a> Non dobbiamo immaginare una tonaca bianca ed uno scapolare di seta con mantello di finissima lana tinta di nero. Domenico vestiva probabilmente con tessuti poveri e dunque la tonaca era probabilmente di lino o lana non tinta così come lo scapolare mentre il mantello scuro doveva essere di una lana grossa seppur tinta. Il modo di vestire, diverso da quello di altri ordini, era certamente dovuto anche alla necessità di distinguersi come appartenenti ad un ordine diverso da un altro, ma la sostanza dei voti e lo stile di vita rimanevano esattamente gli stessi in quasi tutti i movimenti monastici del Medioevo. <p><a href="#_ftnref19_6416" name="_ftn19_6416">[19]</a> Giordano di Sassonia, il successore di Domenico e suo primo biografo, ci fa sapere che Domenico aveva una grande influenza sulle donne e ne capiva i problemi (preferiva parlare con le giovani anziché con le vecchie) e fece delle suore domenicane parte integrante dell'ordine dei predicatori, soggette al superiore come i frati. <p><a href="#_ftnref20_6416" name="_ftn20_6416">[20]</a> È stato l'autore (fl. 1199-1214) della prima parte della <i>Chanson de la Croisade</i> o <i>Cançon de la Crosada</i>, un poema epico in lingua occitana che fornisce un resoconto contemporaneo della crociata contro i Catari. Verso il 1199, Guglielmo di Tudela arriva a Montauban all'età di undici anni. La sua conoscenza del futuro, afferma, per mezzo della geomanzia, lo portò nel 1210 a Bruniquel, appena concessa a Baldovino, fratello del conte Raimondo VI di Tolosa e intrigato con lui. Il risultato di questo mutamento di domicilio (e forse uno dei suoi scopi) lo porta ad entrare al servizio di Baldovino. Diventa dunque canonico di Saint-Antoine (località che Simone IV di Montfort aveva per l'appunto conquistata nel corso della crociata contro gli albigesi e concessa a Baldovino). <p><a href="#_ftnref21_6416" name="_ftn21_6416">[21]</a> È un antico poema epico occitano che narra gli eventi della crociata albigese dal marzo del 1208 al giugno del 1219. Modellata sulla chanson de geste, in lingua d'oïl, essa è composta di due parti distinte: la prima parte è stata scritta da Guilhèm de Tudèla verso il 1213, mentre la seconda e ultima parte da un anonimo redattore. Tuttavia, studi recenti hanno portato a suggerire come autore della seconda parte il trovatore Gui de Cavalhon.La chanson rappresenta uno dei tre più importanti racconti della crociata albigese, insieme alla Historia Albigensis di Pierre des Vaux-de-Cernay e la Chronica di Guilhèm de Puèglaurenç. Del testo completo della Canso esiste un solo manoscritto (fr. 25425, conservato nella Bibliothèque Nationale), redatto a Tolosa o nei suoi pressi, verso il 1275. La prima edizione critica venne pubblicata con traduzione in francese — <i>Chanson de la croisade contre les albigeois</i>— da Paul Meyer in due volumi (1875–1879). La seconda parte comprende i restanti 6811 versi del poema (lasse 131-214). L'identità dell'autore è incerta, sebbene sia stato proposto di recente, come detto precedentemente, il nome di Gui de Cavalhon. Questa seconda parte comprende gli eventi che vanno dal 1213 in poi, considerando differenti punti di vista, criticando i crociati ed è decisamente favorevole ai "meridionali" non Catari. Gli storici considerano la Canso un documento importante di questo intero periodo perché rappresenta la sola maggiore fonte di narrazione che tratta un punto di vista meridionale; particolarmente importante è il periodo che va dall'aprile del 1216 al giugno del 1219, in quanto il racconto in prosa di Pierre des Vaux-de-Cernay diventa molto vago e lacunoso a cominciare proprio dal 1216 in avanti. L'autore era apparentemente un uomo colto, dimostrando una qualche conoscenza in teologia e in legge, e apparteneva alla diocesi di Tolosa. <p><a href="#_ftnref22_6416" name="_ftn22_6416">[22]</a> È vero che la maggior parte dei manoscritti miniati sono completi, ma è altresì vero che esistono anche esemplari in cui non tutte le scene sono rifinite e colorate, ma vi è sulle pagine solo la sinopia, non sempre ben distinta sullo sfondo pergamenaceo delle pagine. Un esempio è offerto dal <i>La Quête du Saint Graal et la Mort d'Arthus</i> di Gautier Map o Moab (Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 343). <p><a href="#_ftnref23_6416" name="_ftn23_6416">[23]</a> <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/ILLUMIN.ASP?Size=mid&IllID=43733">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/ILLUMIN.ASP?Size=mid&IllID=43733</a> <p><a href="#_ftnref24_6416" name="_ftn24_6416">[24]</a> Da allora il rosario divenne la preghiera più diffusa per combattere le eresie e nel tempo una delle più tradizionali preghiere cattoliche. Inoltre il Rosario, appeso alla cintura dei Domenicani, è tra i simboli distintivi dei membri di questo Ordine. Va aggiunto che le vite dei Santi di qualunque epoca sono caratterizzate anche da fatti che fanno parte più dell’agiografia e delle leggende che non della storia reale dei personaggi; inoltre l’uso della corona del Rosario sarebbe entrato successivamente nella tradizione della preghiera cattolica e la devozione mariana. <p><a href="#_ftnref25_6416" name="_ftn25_6416">[25]</a> Conc. Laterano IV can. 13 <p><a href="#_ftnref26_6416" name="_ftn26_6416">[26]</a> <i>Breviarium ad usum fratrum Predicatorum</i> (<i>Bréviaire de Belleville</i>). Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 10484 - <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447295h">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447295h</a> <p><a href="#_ftnref27_6416" name="_ftn27_6416">[27]</a> <i>Breviarium ad usum fratrum Predicatorum</i> (<i>Bréviaire de Belleville</i>). Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 10484 - <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447295h">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447295h</a> <p><a href="#_ftnref28_6416" name="_ftn28_6416">[28]</a> Originario di Tolosa, fu uno tra i primi compagni di S. Domenico oltre che uno dei suoi biografi. Stando alle fonti in nostro possesso divenne priore del convento domenicano di Limoges. <p><a href="#_ftnref29_6416" name="_ftn29_6416">[29]</a> Conte d'Évreux e di Leicester, nacque nel 1165, fu tra i personaggi di spicco della crociata albigese. Fu scelto come capitano nelle prime battaglie contro gli Albigesi, nelle quali si distinse per il vigore e la ferocia. È noto per aver guidato la battaglia di Béziers nel 1209. Successivamente divenne anche nuovo feudatario dei territori conquistati e strappati agli eretici ed ai nobili di quella regione. Morì 1218 durante il tentativo di sedare una ribellione nei suoi territori. <p><a href="#_ftnref30_6416" name="_ftn30_6416">[30]</a> Tale bolla fu probabilmente strumentalizzata nei secoli successivi fino a travisarne il contenuto in termini di assistenza e aiuti pur di combattere l’eresia e tutto ciò che agli occhi degli inquisitori appariva come tale. <p><a href="#_ftnref31_6416" name="_ftn31_6416">[31]</a> Fu un monaco domenicano, venerato come Beato dalla Chiesa Cattolica. Fu stretto collaboratore di San Domenico <p><a href="#_ftnref32_6416" name="_ftn32_6416">[32]</a> La basilica di San Domenico è uno dei più importanti luoghi di culto di Bologna, sede principale dell'ordine Domenicano. Nella chiesa, all'interno dell'Arca di San Domenico sono conservati infatti i resti di san Domenico, fondatore dell'ordine religioso dei Frati Predicatori. Il 22 dicembre 1216 papa Onorio III approvò la regola dell'ordine fondato da Domenico di Guzman, che così l'anno successivo crebbe fino a riuscire ad inviare monaci nei principali centri europei, primi fra i quali Bologna e Parigi, città popolose e sedi di università. Domenico giunse a Bologna nel gennaio del 1218, stabilendosi insieme ai suoi monaci nel convento di una chiesa che allora era fuori mura, dedicata a Santa Maria della Purificazione, nota col nome della Mascarella (ora all'angolo tra via Irnerio e via Mascarella e ricostruita dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale). Avendo necessità di spazi più ampi, nel 1219 Domenico si stabilì definitivamente nel convento di San Nicolò delle Vigne (lo stesso luogo ove ora sorge la basilica domenicana). Qui (tra il 1220 ed il 1221) San Domenico presiedette personalmente ai primi due capitoli generali destinati a precisare gli elementi fondamentali dell'ordine. Sempre qui, il 6 agosto 1221, Domenico morì e fu sepolto dietro l'altare di San Nicolò. La chiesa subì ulteriori ampliamenti e rimaneggiamenti nei secoli XIV-XVIII, munendosi di cappelle, di un campanile, e accumulando nel tempo una vasta collezione di opere d'arte dei maggiori artisti, fra cui Niccolò dell'Arca, Michelangelo, Filippino Lippi, Guido Reni, Ludovico Carracci e il Guercino. Nel 1728-1732 Carlo Francesco Dotti conferì all'interno della chiesa l'aspetto barocco attuale. <p><a href="#_ftnref33_6416" name="_ftn33_6416">[33]</a> Nato Ugolino di Anagni fu il 178º papa della Chiesa cattolica dal 19 marzo 1227 alla sua morte. Fu consacrato nella Basilica di San Pietro il 21 marzo. In continuità con la tradizione, e convinto assertore della superiorità morale e autoritaria del Papato, riprese l'azione teocratica dei suoi più recenti predecessori, che comportava la necessità di indebolire la potenza dell'Impero con ogni mezzo. Seguì in ciò la tradizione storica di due grandi pontefici: Gregorio VII e Innocenzo III. Venne considerato spesso il fondatore dell'Inquisizione, di cui istituì i primi tribunali nel 1231, anche se in realtà l'Inquisizione trova le prime origini nel pontificato di papa Lucio III (con la sua bolla Ad abolendam del 1184) e in quello di Innocenzo III (con il Concilio lateranense del 1215). <p><a href="#_ftnref34_6416" name="_ftn34_6416">[34]</a> <i>Breviarium ad usum fratrum Predicatorum</i> (<i>Bréviaire de Belleville</i>). Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 10483 (<a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451634m">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451634m</a>) <p><a href="#_ftnref35_6416" name="_ftn35_6416">[35]</a> <i>Breviarium ad usum fratrum Predicatorum</i> (<i>Bréviaire de Belleville</i>). Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 10483 (<a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451634m">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451634m</a>) <p><a href="#_ftnref36_6416" name="_ftn36_6416">[36]</a> La situazione cambiò, naturalmente, dopo la scomunica del 1239, e soprattutto dopo quella del 1245, che comportò anche la formale deposizione di Federico da parte di Innocenzo IV. Il papato, infatti, per ottenere la massima pubblicizzazione delle scomuniche incaricò proprio i Mendicanti di dar lettura delle condanne papali all'interno delle loro chiese in occasione delle celebrazioni domenicali e di impegnarsi attivamente in una campagna 'propagandistica' contro l'imperatore. Pare che, in questa difficile situazione, i Frati predicatori abbiano cercato di mantenere una sorta di equidistanza tra le parti. Furono frati domenicani a stilare una sorta di 'certificato di ortodossia' in favore di Federico, che il papa fece comunque condannare nel concilio di Lione come eretico. E, ancora nel 1246, l'imperatore si rivolse ai frati, riuniti in capitolo generale a Parigi, per chieder loro di non schierarsi contro di lui. Probabilmente il fatto che, in quegli anni, alla guida dell'Ordine, fosse un suddito dell'Impero, Giovanni Teutonico, contribuì a mantenere i Frati predicatori relativamente al di fuori del conflitto. Anche se, negli ultimi anni di regno, Federico II si lamentò dell'ostilità dei Domenicani, non sono testimoniati casi di condanne a morte di membri dell'Ordine come nemici dell'Impero e istigatori al tradimento, condanne che colpirono invece alcuni Minori. <p><a href="#_ftnref37_6416" name="_ftn37_6416">[37]</a> Il loro successo presso i fedeli e i privilegi concessi dal papato ‒ che diede ai Frati predicatori la possibilità di confessare, di celebrare pubblicamente la messa nelle loro chiese e di accogliervi, dopo la morte, i corpi dei loro devoti ‒ mise però non di rado i Domenicani in conflitto con il clero secolare, che temeva di perdere il proprio ascendente sui fedeli, con conseguenti danni sul piano economico, e vedeva minacciato il tradizionale assetto della Chiesa. D'altra parte la buona preparazione culturale e la fedeltà a Roma favorì un precoce inserimento dei Frati predicatori nei più alti gradi della gerarchia ecclesiastica. I vescovi domenicani sono numerosi sin dal pontificato di Innocenzo IV, cui si deve anche la prima promozione cardinalizia di un frate predicatore nella persona del maestro di teologia e penitenziere papale Ugo di Saint-Cher (1244). <p><a href="#_ftnref38_6416" name="_ftn38_6416">[38]</a> L'importanza che la Curia romana attribuiva alla collaborazione con l'Impero per indurre i centri urbani a una più incisiva politica antiereticale si manifestò più volte negli anni Venti. Allorché nel 1224 Federico II emanò una nuova legge sugli eretici, ora espressamente minacciati di morte mediante rogo o di carcere perpetuo con il taglio della lingua qualora non si fossero convertiti (<i>Cum ad conservandum</i>). Onorio III, attraverso i suoi legati nella Pianura Padana, sollecitò le città di Lombardia ad andare al di là dell'accoglimento delle norme emanate dai vertici della cristianità e a elaborare propri statuti contro i nemici della fede. <p><a href="#_ftnref39_6416" name="_ftn39_6416">[39]</a> <i>Die Konstitutionen Friedrichs</i> <i>II</i>., 1996, pp. 148-151 <p><a href="#_ftnref40_6416" name="_ftn40_6416">[40]</a> Alcuni esponenti dell’Ordine raggiunsero anche importanti posizioni nella gerarchia ecclesiastica <p><a href="#_ftnref41_6416" name="_ftn41_6416">[41]</a> Successore di Celestino IV, a sua volta successore di Gregorio IX <p><a href="#_ftnref42_6416" name="_ftn42_6416">[42]</a> Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, <em>Reg. Vat.</em> 21, cc. 433<em>v</em>-434<em>r</em>, nr. 129 <p><a href="#_ftnref43_6416" name="_ftn43_6416">[43]</a> Fra' Giovanni da Schio o da Vicenza (1200 circa – 1265 circa) è stato un religioso italiano, frate domenicano che svolse un'intensa attività pastorale e politica in Italia Settentrionale nel XIII secolo. Dal 1247 al 1251 fu inquisitore nella provincia di Lombardia. <p><a href="#_ftnref44_6416" name="_ftn44_6416">[44]</a> Bernardo Gui (Royères, 1261 – Lauroux, 30 dicembre 1331), fu tra questi. È noto soprattutto per la sua opera come inquisitore e soprattutto per il famoso "Manuale dell'inquisitore" (la <i>Practica Officii Inquisitionis Hereticae Pravitat</i>is). Fu vescovo di Lodève ed è considerato uno dei più prolifici scrittori del Medioevo. Il suo lavoro più famoso è la <i>Practica Officii Inquisitionis Hereticae Pravitatis</i>, un trattato in cinque parti in cui fornisce una lista di importanti eresie dell'inizio del XIV secolo e dà consigli agli inquisitori su come interrogare membri di un particolare gruppo. Si tratta di un manuale delle prerogative e dei compiti dell'inquisitore: le citazioni, le condanne, le istruzioni per gl'interrogatori costituiscono un documento unico per lo studio dell'Inquisizione ai suoi inizi. Quest'opera, di cui si persero le notizie per lungo tempo, fu infine pubblicata in versione completa dall'abate Douais a Tolosa nel 1886. <p><a href="#_ftnref45_6416" name="_ftn45_6416">[45]</a> Fra' Salimbene de Adam da Parma (Parma, 9 ottobre 1221 – San Polo d'Enza, 1288) è stato un religioso e scrittore italiano, frate minore, seguace di Gioacchino da Fiore e autore della <i>Cronica</i>. Dalla sua <i>Cronica</i> si apprende che entrò nell'ordine dei Francescani nel 1238, contro la volontà del padre, e iniziò a vagabondare tra i conventi di Firenze, Ravenna, Reggio Emilia, Lucca e Parma. Di Salimbene de Adam ci è giunta solo una copia, parzialmente mutila, della sua Cronica, scritta in un latino che spesso muta in volgare, ricchissima di racconti e notizie, tanto da farne una delle fonti storiche più interessanti per il secolo XIII. L'autore attinse largamente dalla <i>Cronica Universalis di Sicardo</i>, di poco precedente. Si tratta di una cronaca della vita religiosa e politica italiana dei 120 anni che vanno dal 1168 al 1287, scritta con uno stile molto personale, dal quale traspaiono le caratteristiche di un autore complesso e multiforme: colto e vicino al volgo, spirituale e focoso, attento alla storia e cultore della Bibbia. Diversi dettagli rivelano la sua conoscenza contadina: ad esempio la calura che danneggia il frumento, o i frutti dei mandorli in Provenza quando a Genova stanno ancora fiorendo. È un'opera tanto viva quanto storicamente importante: restituisce in modo vivido il flagello delle guerre nello scontro tra Chiesa ed Impero, tratteggia le figure di papi e cardinali come di donne e popolani, mendicanti e profeti, tutti visti da lui da vicino. Quest'opera è anche la principale fonte per costruire la biografia del suo autore, che in essa parla con dovizia di particolari della propria vita e delle opere da lui scritte, che tuttavia non ci sono giunte. <p><a href="#_ftnref46_6416" name="_ftn46_6416">[46]</a> Secondo altre fonti sarebbe nato a Segalara, frazione di Sala Baganza, da cui deriverebbe anche il cognome. <p><a href="#_ftnref47_6416" name="_ftn47_6416">[47]</a> <em>Storia della città di Parma</em>, scritta dal p. Ireneo Affò. Tomo IV, Stamperia Carmignani, Parma, 1795 <p><a href="#_ftnref48_6416" name="_ftn48_6416">[48]</a> Probabilmente fu una misura di sicurezza che Papa Gregorio X attuò per contrastare ulteriormente il dilagarsi dell’eresia: l’aumento del numero di ordini religiosi mendicanti e pauperistici era stato molto rapido e al contempo andava dilagando l’eresia catara, ma non solo. Si volle dunque evitare che gruppi di sette eretiche ottenessero l’approvazione ecclesiastica camuffandosi da ordini mendicanti, evitando così anche controlli dell’Inquisizione. <p><a href="#_ftnref49_6416" name="_ftn49_6416">[49]</a> Da alcuni documenti del processo risulta che Segarelli quando fu interrogato, avrebbe dichiarato che non era peccato il palpeggiamento di uomini e donne sia tra membri di sesso opposto sia tra membri dello stesso sesso. Paolini Lorenzo (a cura di), <i>Acta S. Offici Bononie ab anno 1291 usque ad annum 1310</i>, in "<i>Fonti per la storia d'Italia</i>", Istituto storico italiano per il Medio Evo, Roma, 1982 <p><a href="#_ftnref50_6416" name="_ftn50_6416">[50]</a> Il nome dell’Inquisitore non è noto. Stando alle fonti dopo una rivolta del 1279 i Domenicani lasciarono volontariamente Parma, dove si trovava anche un monastero di Domenicani, però non è da escludere che lì comunque anche dopo l’Inquisizione abbia continuato a esercitare la propria giurisdizione quando occorreva. </p>Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-79115752447567307812017-12-14T11:48:00.001+01:002017-12-14T12:01:24.110+01:00L’Eresia dei Catari e la Santa Inquisizione<h1>Indice</h1> <p><a href="#_Toc501013964">Premessa</a> <p><a href="#_Toc501013965">Il movimento Cataro</a> <p><a href="#_Toc501013966">L’eresia catara a Parma: Elina de’ Fredolfi e Florio da Vicenza</a> <p><a href="#_Toc501013967">Fonti bibliografiche</a> <p><a href="#_Toc501013968"> Siti internet</a> <p> <a href="#_Toc501013969">Libri e saggi</a> <p> <a href="#_Toc501013970">Manoscritti e miniature</a> <p> <h1><a name="_Toc501013964">Premessa</a></h1> <p>La storia dell’eresia e dei movimenti ereticali, quella di numerose città italiane e quella della Santa Inquisizione s’intrecciano spesso tra loro nel periodo medievale, ma non solo, anche nei secoli successivi. La storia che viene qui presentata, e che ha come obiettivo anche la descrizione dei costumi realizzati per rappresentare due figure non indifferenti della società medievale italiana ed europea, ha come sfondo la Parma dei secoli XIII e XIV e i protagonisti sono Elina (o Elena) de’ Fredolfi e Florio da Vicenza, inquisitore dell’Ordine dei Domenicani. Trovare notizie su questi due personaggi non è stato facile e devo ringraziare due cari amici per avermi aiutata a trovare alcune fonti. <p> <p align="right"><a href="#top">Torna all’indice</a> <p><a name="_Toc501013965"></a> <h1><a name="_Toc482020529">Il movimento Cataro</a></h1> <p>I Catari <a href="#_ftn1_6105" name="_ftnref1_6105">[1]</a> erano un movimento ereticale medievale, originato probabilmente nel XII secolo in seno al periodo di crisi della Chiesa, durante il periodo della Lotta alle Investiture e in netta contrapposizione per ideologie e pratiche con la proposta di rinnovamento spirituale proveniente da Cluny. La provenienza geografica del movimento cataro non è certa, probabilmente erano originari dei Balcani, ma si diffusero rapidamente in tutta l’Europa occidentale tanto che già nel XII secolo si hanno tracce scritte della loro presenza in Renania, in Germania <a href="#_ftn2_6105" name="_ftnref2_6105">[2]</a>. Si spinsero presto fino a Tolosa e raggiunsero anche l’Italia, specie al nord. Le fonti su questo movimento sono numerosissime e non sempre troppo chiare, tanto che gli storici hanno potuto individuare tante sfumature di questo movimento, noto con altri nomi e varianti nelle ideologie predicate nel corso dei secoli del Medioevo. I Catari ebbero infatti nomi diversi, indicanti i diversi focolari dell'eresia e anche le diverse tendenze di essa. D'origine balcanica sono i nomi di <i><font color="#ff0000">Publicani</font></i> o <i><font color="#ff0000">Poplicani</font></i> (Pauliciani), e di Bougres (<i><font color="#ff0000">Bulgari</font></i>), dati loro nelle Fiandre e nella Francia settentrionale. Nella Francia meridionale vennero designati con il nome di <i><font color="#ff0000">Albigesi</font></i> (da Albi, nella Linguadoca), Tolosani, ecc. La drammatica e sanguinosissima Crociata contro gli Albigesi, fu nientemeno che una crociata contro un gruppo di assidui seguaci dei Catari, ma da loro leggermente diversi per alcune varianti dell’ideologia. Il solo caso della crociata apre una vastissima parentesi che qui, in questo contesto ci porterebbe fuori argomento <a href="#_ftn3_6105" name="_ftnref3_6105">[3]</a>. L’eresia dei Catari e quindi la loro dottrina non aveva caratteri unici, ma derivava principalmente da quella bogomila e manichea, oltre ad avere alcune sfumature del tutto simili alle ideologie di altre sette religiose dell’epoca e della tarda antichità. <p> <p>Descrivere precisamente la dottrina non è affatto facile proprio per la somiglianza e la distorsione di varie caratteristiche prese da altre religioni, oltre al Cristianesimo ed al Bogomilismo <a href="#_ftn4_6105" name="_ftnref4_6105">[4]</a> vi era il Manicheismo <a href="#_ftn5_6105" name="_ftnref5_6105">[5]</a>, e la setta dei Marcioniti <a href="#_ftn6_6105" name="_ftnref6_6105">[6]</a>. Altra cosa che non permette di capire bene la vera origine dell’eresia catara è dovuta al fatto che a differenza di altre sette religiose antiche, medievali e moderne, i Catari non avevano un proprio fondatore, anche se non è da escludere la possibilità che tutto sia nato da individui – rimasti del tutto anonimi – che intendevano ribellarsi alle politiche ed alle regole delle due chiese principali dell’epoca, quella cattolica e quella bizantina ortodossa, le quali a loro volta non andavano molto d’accordo né erano sempre tolleranti l’una con l’altra nè verso le nuove religioni o sette. La distorsione e la mescolanza delle caratteristiche prese da varie religioni è certamente stato strumento per alcuni per raggiungere scopi personali, come il potere sulle masse e si vedrà, proseguendo la lettura, che i Catari più che perseguire la salvezza della propria anima perseguivano scopi molteplici ben diversi. Anche l’organizzazione del movimento cataro ne conferma l’aspetto settario, pur imitando esso per certi versi la struttura interna della gerarchia ecclesiastica cattolica, motivo che tra gli altri scatenò l’ira della Chiesa. In assenza di un fondatore è logico e lecito presumere che il movimento fosse guidato da dei <i><font color="#ff0000">maestri</font></i> o,<i> </i>come diremmo oggi,<i> guru</i> che si rifacevano a modo loro ai modelli di fondatori di altre sette da cui discendevano: distorcendo tutto quello che si poteva distorcere e condannando tutto quello che si poteva condannare alle due Chiese principali dell’epoca, specialmente quella Cattolica, che tra X e XII secolo attraversò forse il peggior periodo di crisi spirituale e morale della storia. La stessa idea che avevano i Catari di Dio, di Cristo è completamente stravolta e deformata rispetto alle principali dottrine cristiane dell’era paleocristiana e medievale e non riprende solo un modello dualistico, tipico di alcune religioni orientali, in cui Bene e Male sono antitetici. La visione del mondo e l’interpretazione delle Sacre Scritture dall’Antico Testamento all’Apocalisse era del tutto capovolta rispetto alla dottrina cristiana così come era nata nel I secolo d.C. <p> <p>La visione dualistica della religione catara discendeva probabilmente da quella bogomila e manichea, tra loro simili. Secondo i miti cosmogonici <a href="#_ftn7_6105" name="_ftnref7_6105">[7]</a> Catari, all'origine dell'universo stavano due princìpi sovrani, coeterni e antitetici i quali si combattevano per il dominio del mondo: Dio e Satana, spirito e materia, Bene e Male. Opera divina erano le creature angeliche e spirituali, sia che esse scaturissero per via di emanazione e d'ipostasi <a href="#_ftn8_6105" name="_ftnref8_6105">[8]</a> dall'essenza divina e siano pertanto coeterne con Dio, sia che esse siano state tratte per virtù creativa dal nulla; opera demoniaca erano invece le creature materiali e terrene, sia che esse fossero state prodotte per virtù demiurgica <a href="#_ftn9_6105" name="_ftnref9_6105">[9]</a> da Satana, cui Dio permise di organizzare la materia, separando e poi combinando diversamente i quattro elementi essenziali del caos: il fuoco, l'aria, l'acqua e la terra (Concorezziani e Bagnolesi), sia che esse siano state create dal nulla, dal principio del male. Nell'uomo, dotato d'una duplice natura, spirituale e materiale, s'incontrano e si oppongono i due principî supremi <a href="#_ftn10_6105" name="_ftnref10_6105">[10]</a>. L’anima, ossia la parte spirituale dell’uomo era la parte buona, quella gradita a Dio mentre il corpo essendo materia, era stato creato dal Demonio e imprigionava l’anima. Di conseguenza la salvezza dell'uomo, per i Catari, era possibile solo a patto della separazione dell'anima (lo spirito) dal corpo (la materia), che poteva essere conquistata solamente attraverso la sofferenza fisica e la morte. Quanto alla figura di Cristo per i Catari, mosso a compassione dell'uomo, Dio inviò nel mondo il Cristo, suo figlio, perché redimesse l'umanità dal demonio. Anche la nascita di Cristo nell’ideologia catara non è ancora ben chiara: per alcune fonti essi non ne riconoscevano la natura divina, ossia non credevano fosse figlio di Dio e come Lui, divino, ma semplicemente un angelo mandato sulla terra in sembianze umane e concepito da un altro angelo (Maria) che a sua volta avrebbe avuto solo in apparenza sembianze umane <a href="#_ftn11_6105" name="_ftnref11_6105">[11]</a>. Questa credenza dei Catari contrastava con il dogma della nascita umana e verginale di Cristo, oltre che con i Vangeli secondo i quali Maria era vergine e senza peccato <a href="#_ftn12_6105" name="_ftnref12_6105">[12]</a> (<i>piena di grazia</i>); i Catari negavano così anche la natura divina di Cristo in quanto figlio di Dio, concepito per volere di Dio <a href="#_ftn13_6105" name="_ftnref13_6105">[13]</a> per opera dello Spirito Santo, riconosciuto in quanto spirito divino. Sempre secondo i Catari, e similmente all'antica concezione del docetismo gnostico, Cristo avrebbe rivelato all'uomo la sua vera natura, e come imprigionato al tempo stesso nella materia potesse raggiungere la liberazione dell’anima. Per la dottrina catara, essendo Cristo puro spirito e venendo sulla terra a liberare gli uomini senza però assoggettarsi alla loro stessa schiavitù, il corpo che egli prese e gli atti materiali che compì, dall'incarnazione sino alla passione, non furono che pura apparenza <a href="#_ftn14_6105" name="_ftnref14_6105">[14]</a>. Come conseguenza di queste loro dottrine, i Catari negavano parecchi dogmi del cattolicismo, come la <em><font color="#ff0000">transustanziazione </font></em><a href="#_ftn15_6105" name="_ftnref15_6105">[15]</a> e il sacrificio della messa <a href="#_ftn16_6105" name="_ftnref16_6105">[16]</a>, il battesimo materiale <a href="#_ftn17_6105" name="_ftnref17_6105">[17]</a>, l'esistenza del purgatorio <a href="#_ftn18_6105" name="_ftnref18_6105">[18]</a> e l'utilità dei suffragi <a href="#_ftn19_6105" name="_ftnref19_6105">[19]</a>, la venerazione delle immagini e il culto delle chiese <a href="#_ftn20_6105" name="_ftnref20_6105">[20]</a>; conservarono però alcune delle grandi feste cristiane, come il Natale, la Pasqua e la Pentecoste. Appare certamente contradditorio il festeggiamento da parte dei Catari di due delle più importanti festività cristiane se si pensa che dall’incarnazione alla passione di Cristo per essi era stata in realtà tutta apparenza e si fa anche fatica a trovare diverse interpretazioni del termine “apparenza” in questo contesto. <p> <p>Dalle loro dottrine teologiche e metafisiche i Catari derivarono i principî della loro morale individuale e sociale. Poiché la salvezza consisteva nella separazione dell'anima dalla materia, era necessario mettere in pratica anche una durissima serie di precetti: ascetismo <a href="#_ftn21_6105" name="_ftnref21_6105">[21]</a>, verginità <a href="#_ftn22_6105" name="_ftnref22_6105">[22]</a>, astinenza dalla carne, povertà, condanna del matrimonio e della procreazione. Il radicale spiritualismo e il desiderio di liberarsi dai lacci corporali sfociavano talvolta nel ricorso alla morte volontaria per digiuno, l'<em><font color="#ff0000">endura</font></em>. <p> <p>Per quanto riguarda l'astinenza, occorre precisa che essa era una delle pratiche più caratteristiche della morale catara, permetteva infatti d'incorporare il meno possibile di materia e attenuava o sopprimeva l'azione esercitata dal corpo sull'anima, in pratica si cercava di raggiungere proprio l’<em><font color="#ff0000">endura</font></em>, vissuta da loro come un martirio <a href="#_ftn23_6105" name="_ftnref23_6105">[23]</a>. In tempi in cui il tasso di mortalità era altissimo, specie nei periodi di carestia, si fa fatica pensare ai Catari che rinunciano a qualcosa che molto probabilmente non potevano avere, almeno i credenti più poveri che avevano aderito alla loro dottrina e i <em>Perfetti </em>più fanatici; seppure non manchino documenti e testi che invece parlano di un’infiltrazione catara nell’alta società, nella nobiltà del mezzogiorno francese che tutt’altro era che povera e dedita al digiuno <a href="#_ftn24_6105" name="_ftnref24_6105">[24]</a>. L’astinenza dei Catari consisteva inoltre nel consacrare al digiuno tre periodi dell'anno di 40 giorni ciascuno e nel praticare un ferreo regime vegetariano <a href="#_ftn25_6105" name="_ftnref25_6105">[25]</a>. L'uso delle carni degli animali e di tutto ciò che da essi deriva, come il latte, il formaggio, e le uova, era considerato come un <i>peccato mortale</i>. Ammettevano solo il pesce nella loro dieta, poiché credevano che i pesci fossero animali a sangue freddo e quindi erano meno materiali <a href="#_ftn26_6105" name="_ftnref26_6105">[26]</a> di quelli a sangue caldo, sia soprattutto perché credevano che non fossero generati per accoppiamento <a href="#_ftn27_6105" name="_ftnref27_6105">[27]</a>. Il rifiuto di mangiare carni animali e loro derivati (uova e latte, quindi anche formaggi) era dovuto al fatto che gli animali che vivevano sulla terra oltre ad essere creature a sangue caldo si riproducevano per mezzo di rapporti sessuali e l’accoppiamento era visto alla stregua di un gravissimo peccato mortale. Ne derivava che essi rifiutassero anche a livello umano il matrimonio e quindi la procreazione che sono, invece, nel Cristianesimo il fulcro della formazione della famiglia, della comunità e della società. Questa fu tra le più gravi eresie predicate dal movimento cataro poiché andava contro le S. Scritture che essi stessi predicavano: in più passi della Bibbia si parla di matrimonio come fondamenta della famiglia e della società; un uomo e una donna uniti da Dio si uniscono e fanno figli. Nella Genesi (Gen 1,28) è scritto chiaramente che “<i>Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra». </i>E ancora si dice in Gen 2,24 “<i>Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne</i> “, parole riprese anche da Gesù e se per i Catari anche quello che aveva detto Cristo in realtà era stato solo mera apparenza, allora non si spiega come mai essi utilizzassero i Vangeli per predicare alle masse <a href="#_ftn28_6105" name="_ftnref28_6105">[28]</a>. Il rifiuto del matrimonio e della procreazione derivavano probabilmente da quella convinzione, formulatasi grazie alla loro mitologia cosmogonica, che tutto ciò che era materia imprigionava l’anima, di conseguenza procreare era sinonimo di cedimento alla lussuria e ad imprigionare una nuova anima. L’atto sessuale era l'atto materiale per eccellenza, che, oltre ad avere invischiato nella materia Adamo e tutta la sua discendenza, era lo strumento più acconcio ad estendere e a perpetuare il regno di Satana, chiamando nuovi esseri alla vita terrestre e materiale dicono le fonti. La castità perpetua fu perciò una delle pratiche fondamentali del Catarismo e vi erano tenuti tutti gli aderenti al movimento, che ne facevano voto durante l’<i>iniziazione</i>. Come l'astinenza spinta sino alla pratica dell'endura tendeva a soffocare la vita individuale, così l'assoluta verginità era destinata a sopprimere la vita sociale nella sua radice. Lo stesso concetto pessimistico, che a torto si voleva derivare dal Vangelo, ispirava l'avversione dei Catari alle istituzioni fondamentali della società, come la proprietà privata e l'esercizio della giustizia. Peccato mortale era per gl'iniziati il possesso di beni terreni e quindi s’era obbligati a praticare la più assoluta povertà, sebbene le fonti abbiano evidenziato una contradditoria ricchezza nel sud della Francia al tempo della Crociata contro gli Albigesi e vedremo in seguito perché. <p> <p align="center"><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="https://lh3.googleusercontent.com/-KO5NNtBJRHE/WjJW5cW9tkI/AAAAAAAApeo/146SlLyT2q0CO39ncUtganzVfpdyKajtACHMYCw/image%255B5%255D?imgmax=800" width="800" height="411"> <h6>Figura 1 – Papa Innocenzo III scomunica i Catari ed indice una Crociata contro di loro. Miniatura tratta dalle Grandes chroniques de France del Mahiet e del Maestro del Messale di Cambrai (1332 e 1350). © The British Library, Royal 16 G VI, f. 374v <a href="#_ftn29_6105" name="_ftnref29_6105">[29]</a>. </h6> <p> </p> <p>Allo Stato negavano il diritto di repressione dei delitti, soprattutto quello della condanna alla pena capitale <a href="#_ftn30_6105" name="_ftnref30_6105">[30]</a>, e il diritto di muover guerre, sia pure difensive. Pur predicando contro la ricchezza dei signori e specialmente della Chiesa, in un’epoca in cui anche i vescovi erano diventati veri e propri feudatari, i Catari riuscirono a infiltrarsi persino nella nobiltà del sud della Francia convertendo o comunque facendo simpatizzanti tra i nobili. L’organizzazione interna della setta catara permette di capire meglio questo fatto, che portò poi allo scoppio della Crociata e la nobiltà del nord della Francia a sostituire quella del sud. I seguaci del Catarismo si dividevano in due classi fondamentali: i <i><font color="#ff0000">Perfetti</font></i> e i <i><font color="#ff0000">Credenti</font></i>. Ai <i>Perfetti</i> incombevano gli obblighi più essenziali del Catarismo: la povertà assoluta, l'astinenza dalle carni, la castità perpetua, ecc. All'iniziazione erano ammessi così gli uomini come le donne. L'iniziato che avesse già contratto matrimonio doveva separarsi per sempre dal proprio congiunto <a href="#_ftn31_6105" name="_ftnref31_6105">[31]</a>. Sottoposti a una severa disciplina, i <em>Perfetti</em> facevano vita comune, vivendo in specie di conventi dei due sessi, e, quando viaggiavano, andavano come gli apostoli a due a due. Sull'esempio della primitiva comunità cristiana, la chiesa catara era governata da una gerarchia formata da vescovi e diaconi. Qualche antico scrittore parla anche d'un papa cataro, senza che si abbiano testimonianze certe al riguardo. È invece da ritenersi che il Catarismo formasse una specie di federazione di circoscrizioni ecclesiastiche, a capo d'ognuna delle quali stava un vescovo <a href="#_ftn32_6105" name="_ftnref32_6105">[32]</a> <a href="#_ftn33_6105" name="_ftnref33_6105">[33]</a>. I <i>Credenti</i> o simpatizzanti facevano invece professione di Catarismo, accordavano ai <i>Perfetti</i> protezione ed aiuto, ne accettavano la direzione spirituale, ne favorivano la propaganda, ne accoglievano la dottrina, senza però spingere all'estremo il loro ascetismo e continuando a vivere nel mondo, non distinguendosi apparentemente affatto dai cattolici. Frequentavano anzi, al pari di questi, le chiese e le funzioni religiose, e come essi lavoravano, mangiavano, assistevano alla predica dei <i>Perfetti</i> (<i>appareillamentum</i> "apparecchiamento"), durante la quale essi facevano una specie d'esame di coscienza, rendevano omaggio ai <i>Perfetti</i> (adorazione <a href="#_ftn34_6105" name="_ftnref34_6105">[34]</a>), ne ricevevano la benedizione. In sostanza, i <em>Credenti</em> erano dei candidati all'iniziazione e allo stato di perfezione, che consisteva nel ricevere il <em>consolamentum</em>. Questo rito era una specie di battesimo spirituale, conferito con l'imposizione delle mani, e grazie al quale si entrava a far parte della comunità dei <i>Perfetti</i>. Esso faceva del credente un <i>perfetto</i>, capace di somministrare agli altri il <i>consolamentum</i> e di esercitare i riti della setta. Morendo "consolati", i membri della chiesa catara erano accolti nella beatitudine eterna, mentre gli altri che non erano stati <i>“consolati”</i> erano condannati a far penitenza trasmigrando di corpo in corpo <a href="#_ftn35_6105" name="_ftnref35_6105">[35]</a>. Perciò i <em>Credenti</em> preferivano generalmente ricevere il <em>consolamentum</em> sul punto di morte, e di ciò prendevano impegno (<em>convenientia</em>) con i <em>Perfetti</em>. Talvolta se, appena "consolati", la morte tardava a venire, essi l'affrettavano lasciandosi morire di fame o suicidandosi <a href="#_ftn36_6105" name="_ftnref36_6105">[36]</a>. <p> <p>Viste queste caratteristiche del Catarismo è difficile pensare che l’accusa di eresia abbia tardato a venire, e non solo dalla Chiesa, per cui era fondamentale per i membri o le autorità catare cercare dei protettori, ma questi non potevano essere certo poveri, mendicanti e contadini (elementi del popolo che furono tra i più fervidi accoglitori della loro propaganda); e chi meglio di nobili o comunque persone agiate e opportunamente convertite (<i>Credenti</i>) potevano proteggere i membri della chiesa catara? Chi meglio di un <i>Credente</i> altolocato poteva realmente aiutare i Catari (magari con denaro <a href="#_ftn37_6105" name="_ftnref37_6105">[37]</a>, vestiario, cibo) e favorirne la propaganda? Le fonti attestano che numerose e fiorenti scuole catare, in cui, oltre alla grammatica, si studiavano i testi biblici e s'insegnavano ed illustravano le dottrine della setta, erano disseminate in varie regioni e ad alcune di esse era annesso una specie di collegio, in cui fanciulli e fanciulle venivano raccolti ed allevati nello spirito della setta. Da tali scuole uscivano dottori assai versati nella conoscenza dei testi biblici e molto abili nel darne quelle interpretazioni letterali ed allegoriche che meglio servissero a difendere e illustrare le loro dottrine. Tale istruzione permetteva loro di potere, nei periodi di maggiore libertà e specialmente in Provenza, affrontare in pubbliche dispute, tanto i teologi cattolici quanto gli eretici rivali, i Valdesi. Molti <i>Perfetti</i> furono anche assai versati nella medicina, e di essa si servivano come strumento di propaganda. Tutto questo richiedeva un certo patrimonio in un’epoca come il Medioevo, non poteva essere fatto tutto nello spirito del baratto, dell’elemosina, specie se ad aderire all’eresia vi era anche la nobiltà che tanto povera non era e quando per la dottrina catara bisognava vivere poveramente. O era solo una regola per i <i>Perfetti</i>? Come poterono i Catari che predicavano e pretendevano la povertà aver accettato dei simpatizzanti altolocati che però alle ambizioni di ricchezza, specie a discapito della Chiesa non volevano rinunciare? E viene da chiedersi anche se veramente i Catari, specie i semplici <i>Credenti</i> di cui anche la nobiltà, fossero veramente fedeli alla dottrina e dunque poveri. <p> <p>Nel XII sec., S. Bernardo lamentava con accenti accorati gli strepitosi successi degli eretici. Verso la fine del secolo l'eresia aveva, specialmente in Provenza, conquistato tutte le classi sociali, la nobiltà non meno che il popolo. Lo stesso clero non solo si mostrava impotente a neutralizzare la propaganda ereticale, ma spesso si mostrava tollerante e talvolta simpatizzante con essa. Forti dell'appoggio dei baroni e del popolo, i Catari non temevano di organizzare pubbliche conferenze in contraddittorio con i cattolici, di compiere pubblicamente i loro riti, predicare e cantare perfino nelle chiese stesse dei cattolici. Anche in Italia, specialmente a Milano, Parma, Firenze, Viterbo e in altri luoghi, gli eretici avevano conquistato una libertà e una forza notevoli. La Chiesa sembrava impotente di fronte a questa specie di “contro-chiesa” catara. Invano i papi avevano organizzato missioni e concilî per fiaccarne l'audacia e il proselitismo. S. Bernardo, verso la metà del sec. XII, Pietro cardinale di S. Crisogono nel 1177, Enrico abate di Chiaravalle nel 1281 avevano capeggiato le varie missioni, ma, nonostante l'ardore del loro apostolato e il loro prestigio personale, tutti i loro sforzi erano rimasti vani. La lotta riprese nuovo vigore per opera di Innocenzo III ma con scarsi successi, tanto più che invano questi si era perfino appellato al re di Francia Filippo Augusto. Intanto Diego, vescovo di Osuña nella Spagna, e il sottopriore del suo capitolo Domenico di Guzman (futuro fondatore dei Domenicani) si misero ad usare la predicazione e imitando la vita dei <em>Perfetti</em> come arma contro gli eretici, in modo probabilmente da rivolgere contro di loro la loro stessa eresia. In breve però i capi dei Catari divennero violenti man a mano che gli eretici si tornavano a convertire al cattolicesimo. La situazione degenerò fino alla Crociata che si trasformò in sterminio, senza selezione di eretici e non e permise in breve alla nobiltà del nord di rimpiazzare quella al sud riannettendo così quei feudi al regno di Francia. <p> <p align="center"><img src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/8/82/Het_Kasteel_van_Monts%C3%A9gur.jpg/800px-Het_Kasteel_van_Monts%C3%A9gur.jpg"> <h6>Figura 2 – Immagine della Rocca di Montsegur, dei suoi resti oggi. Il castello di Montségur è uno dei castelli catari, e poi francesi, posti nella regione dei Midi-Pirenei, abbandonato alla fine del XVII secolo. La fortezza venne costruita nel 1204 sotto la direzione di Raymond de Péreille, signore del luogo, come estremo rifugio per i catari. Fonte immagine: Wikipedia <a href="#_ftn38_6105" name="_ftnref38_6105">[38]</a></h6> <p> </p> <p>È probabile che alcuni superstiti ai massacri, incluso l’ultimo di Montsegur del 1255, abbiano continuato a fare proselitismi a dispetto della Chiesa perché altrimenti non si sarebbero verificati i diversi processi per eresia catara che seguirono l’eliminazione della parte più grossa e potente della setta catara. La lotta all’eresia ormai aveva però dato il via ad una serie di eventi che portarono alla creazione di una macchina che tutti ben conoscono: la <i><font color="#ff0000"><strong>Santa Inquisizione</strong></font></i>. <p> <h1><a name="_Toc501013966"></a><a name="_Toc482020531">L’eresia catara a Parma: Elina de’ Fredolfi e Florio da Vicenza</a></h1> <p>Fra’ Salimbene non dà molte notizie sull’evento che vide coinvolta una seguace dei Catari (o del Segarelli) e le informazioni che possiamo trovare su di lei sono reperibili solo attraverso la <i>Cronica</i> e pochissime altre fonti che non si contano sulle dita di una mano<i>. </i>Non è dunque stato facile indagare per trarre notizie che permettano di fare chiarezza sulla vicenda che vide condurre al rogo due donne nell’Anno 1279 per eresia: Elina de’Fredolfi e Tedesca. Nella <i>Storia della città di Parma</i> di Ireneo Affò, l’autore riferisce che nella <i>Cronica</i> Salimbene la chiama <i>Elina de’Fredolfi</i>. Di lei non si conosce né l’età né lo stato sociale, anche è più probabile che si trattasse di una donna del popolo, come lo erano la maggior parte dei seguaci dei Catari (e poi degli Apostolici), sebbene gli storici confermino che tale eresia avesse attecchito anche nella nobiltà. Elina era natia di Parma, all’epoca facente parte della Lombardia ove erano in vigore le leggi anti-ereticali di Federico II e nei cui territori aveva giurisdizione anche il Tribunale dell’Inquisizione lombardo. La donna fu trovata rea di aver abbracciato le idee dei Catari «simili in gran parte a quelle del Segarello, non ancora bastantemente noto per la sua ipocrisia » <a href="#_ftn39_6105" name="_ftnref39_6105">[39]</a> Chi è affezionato alle teorie cospirative e si è ormai convinto della leggenda nera della S. Inquisizione, penserà certamente che questa donna fosse stata scelta per mandarla al rogo per motivi diversi dalle accuse che le furono mosse e che tutto il suo processo fosse un castello di carte; ma questa volta la rea era veramente colpevole <a href="#_ftn40_6105" name="_ftnref40_6105">[40]</a>. Le pochissime fonti che abbiamo di lei attestano che trovata rea di eresia, probabilmente nel bel mezzo di una predicazione <a href="#_ftn41_6105" name="_ftnref41_6105">[41]</a>, fu arrestata e consegnata al Tribunale dell’Inquisizione. A quel tempo era inquisitore in Lombardia con giurisdizione sul territorio e quindi anche su Parma, un tale Florio da Vicenza, alcune fonti lo chiamano anche Ilario, ma può essere un errore di trascrizione. Di costui abbiamo un numero maggiore di fonti cui attingere informazioni, tra cui le opere di Salimbene e il <em>Chronicon Parmense </em><a href="#_ftn42_6105" name="_ftnref42_6105">[42]</a>. Attorno alla precisa identità di Florio gravano molteplici dubbi, legati più che altro agli ultimi anni di vita e di attività inquisitoriale. Sembra invece comunemente accettata l’identificazione del futuro inquisitore nella persona del priore dei domenicani di Vicenza, il cui ufficio risulterebbe documentato dal 1266 al 1275. Le fonti esistenti ci consentono in realtà di anticipare al 1265 l’anno di inizio del priorato di Florio, non spingendolo con certezza oltre al 1270. Di certo sappiamo che fu successivamente <em>subprior </em>del convento di Venezia, incarico dal quale venne sollevato al momento della nomina ad inquisitore, il 2 ottobre 1278 <a href="#_ftn43_6105" name="_ftnref43_6105">[43]</a><a href="#_ftn44_6105" name="_ftnref44_6105">[44]</a>. Quello stesso anno infatti successe come Inquisitore al confratello Aldobrandino nella città di Ferrara <a href="#_ftn45_6105" name="_ftnref45_6105">[45]</a>. L’anno successivo Florio risulta attivo sempre come Inquisitore anche a Bologna e a Modena: il 17 giugno di quell'anno, infatti, esaminò a Bologna un <em>borsarius </em><a href="#_ftn46_6105" name="_ftnref46_6105">[46]</a> di nome Giuliano, sospettato di eresia; dopo averlo di nuovo sottoposto ad esame il 13 luglio successivo, il 29 agosto emise la sentenza definitiva. Poco dopo era a Modena: il 20 settembre, in seguito al rogo di un eretico, scoppiò in quella città una sommossa contro di lui, nel corso della quale venne devastato il convento dei domenicani e trovò la morte un religioso <a href="#_ftn47_6105" name="_ftnref47_6105">[47]</a>. Le fonti per quell’anno ormai lontano, il 1279 non parlano di ulteriori processi e condanne ad opera di Florio da Vicenza, ma questo non significa assolutamente nulla, per quanto riguarda i fatti di Parma. È vero che la maggior parte delle fonti lo vede attivo come inquisitore nell’area tra Modena, Bologna e Ferrara, molto lontana da quella di Parma, ma la sua presenza in questa città non deve apparire al lettore come una cosa eccezionale, essendo egli anche Inquisitore della Lombardia <a href="#_ftn48_6105" name="_ftnref48_6105">[48]</a>. I documenti e le cronache su Florio da Vicenza relativamente ai fatti di Parma del 1279, tra cui anche la bolla <i>Olim sicut accepimus</i> del 7 maggio 1286 non lo citano espressamente con nome e <i>cognomen toponomasticum</i>, ma permettono di dedurre che si trattasse proprio di lui. Il dubbio sui fatti di Parma deriva anche dal fatto che le fonti fanno menzione di altri tre domenicani attivi nell’area di Emilia e Veneto tra la fine del Duecento ed il primo decennio del Trecento, e che portarono il nome di Florio. Per uno solo di essi è ricordato anche il <i>cognomen toponomasticum</i>. Così stando le cose, è problematico stabilire anche in via ipotetica collegamenti tra Florio da Vicenza ed i frati predicatori coevi suoi omonimi. I fatti successivi al rogo di Parma del 1279 come la rivolta che ne seguì e le sommosse contro i Domenicani del periodo successivo che portarono l’Inquisitore a dover rivedere il proprio atteggiamento nella caccia all’eresia e nelle modalità di processo, confermano che si trattasse proprio del Florio da Vicenza di cui è specificato il <i>toponomasticum. </i>Mancando atti processuali ufficiali del processo in cui si citi anche il nome dell’Inquisitore che tenne gli interrogatori ed emise la sentenza, si possono solo fare delle ipotesi su cosa avvenne veramente a Parma nel 1279 <a href="#_ftn49_6105" name="_ftnref49_6105">[49]</a>. Arrestata e condotta al Tribunale dell’Inquisizione, Elina fu interrogata. Anche sull’interrogatorio, in mancanza di atti, non si hanno notizie e nella <em>Storia della città di Parma </em>l’autore sostiene che questa fu solamente ammonita e non fa nomi di inquisitori, per cui è lecito supporre che Florio forse non era presente, non ancora <a href="#_ftn50_6105" name="_ftnref50_6105">[50]</a>, anche se le notizie che si hanno su di lui e sulla sua attività fanno pensare che fosse solito anche interrogare gli imputati. Non va dimenticato in questo punto che si è al tempo in cui gli Apostolici avevano iniziato la loro attività e in cui Segarelli si era già ribellato e a Parma la diocesi era governata da Obizzo Sanvitale, lo stesso che incarcerò per compassione il Segarelli nella speranza che abiurasse, credendolo perfino pazzo. Accusata di essere una seguace dei Catari – accusa molto probabilmente mossa anche al Segarelli per l’affinità delle ideologie con quelle del Catarismo – Elina fu persuasa ad abiurare e poi fu rilasciata. Nella <i>Storia della città di Parma</i>si parla di un dolce ammonimento ma è dubito, salvo l’eretica non abbia avuto la fortuna di essere interrogata da Obizzo, lo stesso Vescovo, figura che forse all’epoca in un caso del genere poteva concedere la grazia. Nella più sfortunata delle ipotesi, Elina potrebbe essere stata interrogata proprio da Florio da Vicenza ed eventualmente anche torturata, sebbene sull’uso della tortura da parte dell’Inquisitore vicentino le fonti dicono poco e sono molto vaghe <a href="#_ftn51_6105" name="_ftnref51_6105">[51]</a>, ma il permesso papale da parte del pontefice ad usare eventualmente la tortura per far confessare gli imputati era già in vigore dal 1252. Molte sono le leggende metropolitane sulle modalità di tortura delle donne in epoca medievale da parte dell’Inquisizione e non mancano dettagli raccapriccianti indegni di essere pronunciati, ma le fonti storiche in possesso agli studiosi hanno evidenziato che il più delle volte si sottoponeva l’imputato, maschio o femmina che fosse, alla ruota (che tirava le membra fino a lacerarle) o si ustionavano varie parti del corpo (in genere braccia, gambe e petto) con tizzoni ardenti. In questi casi era richiesta anche la presenza di un medico che doveva curare le ferite provocate all’imputato, sulle quali l’inquisitore avrebbe opportunamente tornato a calcare la mano in fasi successive, qualora non fosse riuscito a ottenere una confessione. Brutale certamente, indegno se si pensa che a operare in tal modo furono dei monaci e uomini di Chiesa, contrario a ogni messaggio divino, ma questa è la verità storica. Non mancano certamente talvolta descrizioni dell’epoca di chi parteggiava per certi eretici o movimenti ereticali e spesso i sopravvissuti alle torture <a href="#_ftn52_6105" name="_ftnref52_6105">[52]</a> avevano ben motivo di screditare l’Inquisizione in tutti i modi e la fantasia era un grande aiuto, ma proprio per la peculiare parzialità di queste fonti, spesso tramesse prima oralmente e poi trascritte, non è prudente prenderle per oro colato, anche quando la tortura fosse stata usata su delle donne. Certamente l’uso della tortura, in qualunque epoca e indipendentemente da chi la esercitava fu uno strumento che assicurava il 99,9 % delle confessioni degli imputati e qualora fosse stata usata anche su Elina, è lecito presumere che questa in un primo tempo abbia deciso di confessare e abiurare, altrimenti non si spiega perché rilasciarla, come racconta l’autore della Storia della città di Parma. Tornata in libertà, ricadde nell’errore o probabilmente non ne era mai uscita. Potrebbe aver ritrattato per assicurarsi la libertà, convinta di riuscire in un secondo tempo a continuare il suo apostolato il che evidenzia una certa arroganza di questa donna, una superbia eguale a quella che avevano tutti gli eretici che non tornavano mai veramente sui loro passi. Uscita dal carcere Elina riprese più accanita di prima le sue predicazioni e fece persino una nuova seguace, una certa Tedesca, moglie dell’albergatore Ubertino Biancardo, della Vicinanza di San Giacomo. Colta di nuovo in flagranza di reato, questa volta fu consegnata insieme alla seguace al braccio secolare, processate, probabilmente torturate e condannate a morte per rogo. In tal caso è certa la presenza di Florio da Vicenza come documentato dalle cronache. Sulla Piazza della Ghiaia di Parma, fu preparato il rogo delle due donne, con pali, fascine e con il popolo spettatore. Per quanto assurdo possa sembrare le esecuzioni pubbliche in epoca medievale sollecitavano un perverso piacere nel popolo osservatore che subito dopo inveiva e faceva sommosse contro gli esecutori delle condanne. Dopo aver assistito al rogo finchè le due donne non furono incenerite, mossi da piacere perverso e falsa compassione, il popolo si ribellò contro l’Inquisizione iniziando ad accusare il domenicano di essere snaturato e crudele. In breve l’ira del popolo raggiunse picchi critici e armati di qualsiasi cosa capitasse loro a mano, i popolani si recarono a saccheggiare il convento dei domenicani, uccidendone perfino uno che era vecchio e cieco, del tutto estraneo ai fatti. Qui si rivela una strana somiglianza con eguale evento del 1278 di Modena che vide sempre come inquisitore Florio da Vicenza. Secondo Parmeggiani, si tratterebbe di un errore di Zanella <a href="#_ftn53_6105" name="_ftnref53_6105">[53]</a> che ritiene che la rivolta sia avvenuta a Modena, ma in realtà, come dimostrano anche le fonti dell’epoca, avvenne a Parma. In seguito alla rivolta i Domenicani lasciarono Parma ma poco dopo la città fu colpita da interdetto e scomunica per diversi anni. Il fatto che la rivolta prese di mira non già la singola persona di Florio, bensì l’intero convento dei Predicatori, è sintomatico dell’estensione della “colpa” dell’inquisitore all’intero ordine. Questa assimilazione di identità sembra del resto confermata dalla lettura di alcuni passi della Cronica di Salimbene, quando vengono indicati come responsabili del rogo i domenicani tout-court. Come è già stato notato, l’episodio di Parma non rimase un caso isolato: sommosse analoghe furono, anzi, numerose , a testimonianza dell’insofferenza popolare – ma anche da parte delle autorità comunali – nei confronti della presenza del tribunale inquisitoriale che proprio in quegli anni andava radicandosi sempre più concretamente nel contesto urbano. Quello che colpisce, e dovette pesantemente condizionare lo stesso Florio, fu la proporzione e la violenza del tumulto, la cui eco era ancora viva a più di vent’anni di distanza nelle parole dei rivoltosi che contestarono pesantemente nel 1299 a Bologna le condanne al rogo decretate dall’inquisitore Guido da Vicenza <a href="#_ftn54_6105" name="_ftnref54_6105">[54]</a>. Le fonti fino a noi giunte non testimoniano, successivamente ai fatti di Parma, alcuna condanna “al braccio secolare”, mostrando – piuttosto – una certa prudenza da parte dell’inquisitore, se non talvolta una marcata attitudine alla clemenza ed al perdono <a href="#_ftn55_6105" name="_ftnref55_6105">[55]</a>. Verso la fine del secolo Florio cessò probabilmente l’attività d’inquisitore venendo progressivamente sostituito da un confratello vicentino, tale Guido, citato sopra e in altri casi fu sostituito dal vicario, Galvano da Budrio. Dopo il febbraio del 1298, egli non appare più ricordato dalle fonti per diversi anni, sino al 1308, quando venne coinvolto nell'inchiesta ordinata, il 28 agosto 1307, dal papa Clemente V sull'operato degli inquisitori dell'Italia settentrionale <a href="#_ftn56_6105" name="_ftnref56_6105">[56]</a>. Con lettere del 3 aprile, dell'11 giugno e del 19 luglio 1308, infatti, il pontefice disponeva che s’indagasse in particolare sulla consistenza delle accuse di malversazione <a href="#_ftn57_6105" name="_ftnref57_6105">[57]</a> mosse sia contro Florio ed un suo confratello Parisio da Mantova, "<em>un tempo inquisitori</em>", sia contro i vescovi di Ferrara, Guido, e di Comacchio, Pietro. È questa l'ultima notizia sicura su Florio da Vicenza che sia giunta sino a noi <a href="#_ftn58_6105" name="_ftnref58_6105">[58]</a>. Alla fine anche l’Inquisitore fu inquisito, ma non fu mai indagato per i metodi e le procedure da lui usate durante la sua attività di inquisitore. Il giudizio che si ha di quest’uomo non è certo positivo agli occhi degli storici, seppure nessuno gli abbia mai attribuito la fama di uomo spietato e sanguinario, ottuso e perverso, malgrado le fonti facciano pensare che talvolta si sia servito della tortura per ottenere una confessione. Fermo, impassibile, determinato, colto e sicuramente anche intelligente fu apprezzato dai colleghi, ma questo certo non basta a togliere l’ombra dal suo <em>curriculum</em> né a toglierla purtroppo dall’Ordine di cui faceva parte. <p align="right"><a href="#top">Torna all’indice</a> <h1><a name="_Toc501013967"></a><a name="_Toc482020537">Fonti bibliografiche</a></h1> <h2><a name="_Toc501013968"></a><a name="_Toc482020538"><font color="#0000ff">Siti internet</font></a></h2> <ul> <li><a href="https://cronologia.leonardo.it/storiologia/socie002.htm">https://cronologia.leonardo.it/storiologia/socie002.htm</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Bogomilism - Doctrine">https://en.wikipedia.org/wiki/Bogomilism - Doctrine</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Cathar%20Perfect">https://en.wikipedia.org/wiki/Cathar Perfect</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Cosmas%20the%20Priest">https://en.wikipedia.org/wiki/Cosmas the Priest</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Pope Innocent III">https://en.wikipedia.org/wiki/Pope Innocent III</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Chanson de la croisade albigeoise">https://fr.wikipedia.org/wiki/Chanson de la croisade albigeoise</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Alano%20della%20Rupe">https://it.wikipedia.org/wiki/Alano della Rupe</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Basilica_di_San_Domenico_%28Bologna%29">https://it.wikipedia.org/wiki/Basilica di San Domenico (Bologna)</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Beato%20Angelico">https://it.wikipedia.org/wiki/Beato Angelico</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Bogomilismo">https://it.wikipedia.org/wiki/Bogomilismo</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Canzone%20della%20crociata%20albigese">https://it.wikipedia.org/wiki/Canzone della crociata albigese</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Domenico%20di%20Guzman">https://it.wikipedia.org/wiki/Domenico di Guzman</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Gherardo%20Segarelli">https://it.wikipedia.org/wiki/Gherardo Segarelli</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Guglielmo%20di%20Tudela">https://it.wikipedia.org/wiki/Guglielmo di Tudela</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Immacolata%20Concezione%20le">https://it.wikipedia.org/wiki/Immacolata Concezione </a></li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Obizzo%20Sanvitale">https://it.wikipedia.org/wiki/Obizzo Sanvitale</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Ordine%20dei%20frati%20predicatori">https://it.wikipedia.org/wiki/Ordine dei frati predicatori</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Pala%20di%20Perugia">https://it.wikipedia.org/wiki/Pala di Perugia</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Papa%20Gregorio%20IX">https://it.wikipedia.org/wiki/Papa Gregorio IX</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Pietro%20Tamburini">https://it.wikipedia.org/wiki/Pietro Tamburini</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Purgatorio.%20Evoluzione%20del%20dogma">https://it.wikipedia.org/wiki/Purgatorio. Evoluzione del dogma</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Reginaldo_d%27Orl%C3%A9ans">https://it.wikipedia.org/wiki/Reginaldo d'Orléans</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Salimbene%20de%20Adam">https://it.wikipedia.org/wiki/Salimbene de Adam</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Santo%20-%20Santi%20non%20storici">https://it.wikipedia.org/wiki/Santo - Santi non storici</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Simone IV di Montfort">https://it.wikipedia.org/wiki/Simone IV di Montfort</a> </li> <li><a href="https://www.bulgaria-italia.com/bg/info/storia/bogomili.asp">https://www.bulgaria-italia.com/bg/info/storia/bogomili.asp</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/albigesi%20(Enciclopedia-Italiana%20(1929))">https://www.treccani.it/enciclopedia/albigesi (Enciclopedia-Italiana (1929))</a> di Pio Paschini </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/ascetismo/">https://www.treccani.it/enciclopedia/ascetismo/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/beato-angelico_%28Enciclopedia-Dantesca%29/">https://www.treccani.it/enciclopedia/beato-angelico (Enciclopedia Dantesca (1970))</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/bogomili%20(Enciclopedia-Italiana%20(1930))">https://www.treccani.it/enciclopedia/bogomili (Enciclopedia-Italiana (1930))</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/candeggio_%28Enciclopedia-Italiana%29/">https://www.treccani.it/enciclopedia/candeggio (Enciclopedia Italiana (1930))</a> di Luigi Caberti </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/catari%20(Dizionario-di-Storia%20(2010))">https://www.treccani.it/enciclopedia/Catari (Dizionario-di-Storia (2010))</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/catari%20(Enciclopedia%20Federiciana%20(2005))">https://www.treccani.it/enciclopedia/Catari (Enciclopedia Federiciana (2005))</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/catari%20(Enciclopedia-Dantesca%20(1970))">https://www.treccani.it/enciclopedia/Catari (Enciclopedia-Dantesca (1970))</a> di Raoul Manselli </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/catari%20(Enciclopedia-Italiana%20(1931))">https://www.treccani.it/enciclopedia/Catari (Enciclopedia-Italiana (1931))</a> di Antonino De Stefano </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/dolcino_%28Enciclopedia-Dantesca%29/">https://www.treccani.it/enciclopedia/dolcino (Enciclopedia Dantesca (1970))</a> di Giovanni Miccoli </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/domenicani%20(Enciclopedia_Italiana%20(1932))">https://www.treccani.it/enciclopedia/domenicani (Enciclopedia_Italiana (1932))</a> di Innocenzo Taurisano </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/domenicani_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/">https://www.treccani.it/enciclopedia/domenicani Enciclopedia dell'arte medievale</a> di S. Romano </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/domenico-di-guzman-san%20(Enciclopedia-dei-ragazzi%20(2005)">https://www.treccani.it/enciclopedia/domenico-di-guzman-san (Enciclopedia-dei-ragazzi (2005)</a> di Raffaele Savigni </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/frati-predicatori%20(Enciclopedia%20Federiciana)">https://www.treccani.it/enciclopedia/frati-predicatori (Enciclopedia Federiciana)</a> di Giulia Barone </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/inquisizione_%28Dizionario-di-Storia%29/">https://www.treccani.it/enciclopedia/inquisizione (Dizionario di Storia (2010))</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/inquisizione_%28Federiciana%29/">https://www.treccani.it/enciclopedia/inquisizione (Enciclopedia federiciana (2005))</a> di Andrea Piazza </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/inquisizione_%28Enciclopedia-Italiana%29/">https://www.treccani.it/enciclopedia/inquisizione (Enciclopedia Italiana (1933))</a> di Mario Niccoli </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/marcione/">https://www.treccani.it/enciclopedia/marcione/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/ordine-domenicano/">https://www.treccani.it/enciclopedia/ordine-domenicano/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/verginita/">https://www.treccani.it/enciclopedia/verginita/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/ascetismo/">https://www.treccani.it/vocabolario/ascetismo/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/bogomili/">https://www.treccani.it/vocabolario/bogomili/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/demiurgo/">https://www.treccani.it/vocabolario/demiurgo/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/manicheo/">https://www.treccani.it/vocabolario/manicheo/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/marcionita/">https://www.treccani.it/vocabolario/marcionita/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/purgatorio2/">https://www.treccani.it/vocabolario/purgatorio2/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/suffragio/">https://www.treccani.it/vocabolario/suffragio/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/tag/adorazione/">https://www.treccani.it/vocabolario/tag/adorazione/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/tag/cosmogonici/">https://www.treccani.it/vocabolario/tag/cosmogonici/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/tag/ipostasi/">https://www.treccani.it/vocabolario/tag/ipostasi/</a> </li> <li><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/transustanziarsi/">https://www.treccani.it/vocabolario/transustanziarsi/</a></li></ul> <h2><a name="_Toc501013969"></a><a name="_Toc482020539"><font color="#0000ff">Libri e saggi</font></a></h2> <ul> <li><i>Contra haereticos sui temporis, </i>di Hugo Rotomag, 1255 </li> <li><i>A History of Medieval Heresy and Inquisition</i> di Deane, Jennifer Kolpacoff; Rowman & Littlefield Publishers, Inc. 2011 </li> <li><em>Apostoli e flagellanti a Parma nel Duecento secondo nuovi documenti di F. Bernini, 1935</em> <em>pp. 353-357</em><em></em> </li> <li><em>Archivio Corona</em>, gen. 7175; Arch. di Stato di Padova. </li> <li><em>Documents pour servir à l'histoire de l'Inquisition en Languedoc di </em>C. Douais, Parigi 1900 </li> <li><i>Dominicans, Muslims and Jews in the Medieval Crown of Aragon</i> di Robin Vose. Cambridge University Press, ed. 2009 </li> <li><i>Explicatio super officio inquisitionis. Origini e sviluppi della manualistica inquisitoriale tra Due e Trecento</i>, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2012 di Riccardo Parmeggiani </li> <li>Ferdinando del Castello, 1589 </li> <li><em>Histoire et doctrine de la secte des Cathares ou Albigeois</em>, di C. Schmidt, Parigi 1849, voll. 2; </li> <li><i>Historia Generale Di S. Domenico Et Dell'Ordine Suo De'Predicatori</i> di Copertina anteriore </li> <li><i>History of the Inquisition of Middle Age</i> di Ch. Lea, Londra 1888 </li> <li><em>Itinerari ereticali</em>. <em>patari e Catari tra Rimini e Verona</em> di G. Zanella, Roma 1986, pp. 28, 30, 33, 91; </li> <li><i>L'eresia del male</i> di R. Manselli, Napoli 1953 </li> <li><em>L'eresia nel Medioevo</em> di F. Tocco, Firenze 1884, pp. 73-134 </li> <li><em>L'eresia nella Cronica di fra Salimbene</em>, di Mariano da Alatri, in <em>Eretici e inquisitori in Italia</em>. <em>Studi e documenti</em>, I, <em>Il Duecento</em>, Roma 1986, pp. 68, 73; </li> <li><em>Liber antihaeresis di Everardus de Beth, Bibl. PP. Lugd., Parigi 1644, IV, 1073</em><em></em> </li> <li><i>L'inquisitore Florio da Vicenza</i>, in <i>Praedicatores</i> - <i>Inquisitores</i> - I. <i>The Dominicans and the Mediaeval Inquisition. Acts of the first International Seminar on The Dominicans and the Inquisition</i> (Rome, 23-25 February 2002), Roma, <i>Institutum historicum fratrum Praedicatorum</i>, 2004, pp. 681-699 di Riccardo Parmeggiani, Università di Bologna Alma Mater Studiorum, Dipartimento Storia Culture Civilità </li> <li><em>Nascita</em>, <em>vita e morte di un'eresia medievale</em>, a cura di R. Orioli, Novara-Milano 1984, pp. 80, 226; </li> <li><em>Regesti di pergamene di archivi ecclesiastici ferraresi</em>, <em>Inquisizione</em>, A. Franceschini, p. 1 n. ib; <em>Chronicon Parmense ab anno MXXXVIII usque ad annum MCCCXXXVIII</em>, a cura di G. Bonazzi, ibid., XV, 2, pp. 35 s., 41, 52 s.; </li> <li><em>Serm</em>. <em>XIII adv</em>. <em>Catharorum errors</em> di Ekbertus </li> <li><i>St. Francis of Assisi and Nature: Tradition and Innovation in Western Christian Attitudes toward the Environment </i>di Roger D. Sorrell. Oxford University Press, USA, 1988 </li> <li><i>Storia della città di Parma, scritta dal p. Ireneo Affò. </i>Tomo IV, Stamperia Carmignani, Parma, 1795 </li> <li><i>Storia generale dell’Inquisizione</i>, opera postuma di Pietro Tamburini. F.lli Borroni, Milano 1866 Vol I di IV. </li> <li><i>Summa contra haereses</i> di Alanus </li> <li><i>The Medieval Tailor's Assistant: making common garments 1200 -1500</i> di Sarah Thursfield. Ruth Bean Publishers ed., 2001 </li> <li><i>Un traité inédit du XIIIe siècle contre les Cathares, in Ann. de la Fac. de lettres de Bordeaux, V, fasc. 2</i> di Ch. Molinier. </li> <li><i>Vita del glorioso patriarca S. Domenico tratta da' scrittori coetanei di lui, e da altri autori celebri</i> di Francesco Serafino Maria Loddi, 1727 </li> <li><i>Vita haereticorum</i> di Bonaccursus</li></ul> <p> <p> <h2><a name="_Toc501013970"></a><a name="_Toc482020540"><font color="#0000ff">Manoscritti e miniature</font></a></h2> <ul> <li><i>Breviarium ad usum fratrum Predicatorum</i>, dit <i>Bréviaire de Belleville. Bréviaire de Belleville</i>, vol. I. Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 10483 (Rif. <a href="https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451634m">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451634m</a>) </li> <li><i>Breviarium ad usum fratrum Predicatorum</i>, dit <i>Bréviaire de Belleville. Bréviaire de Belleville</i>, vol. II. Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 10484 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447295h">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447295h</a>) </li> <li><i>Chanson de la Croisade contre les Albigeois </i>di Guillaume de Tudèle. Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 25425 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60006868">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60006868</a>) </li> <li>Crociata Albigese rappresentata, insieme alla scomunica della setta, nel manoscritto della British Library di Londra Royal 16 G VI f. 374v (Rif. <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/ILLUMIN.ASP?Size=mid&IllID=43733">https://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/ILLUMIN.ASP?Size=mid&IllID=43733</a>) </li> <li><i>Description de la Terre Sainete.</i> <i>Advis directif pour faire le passaige d'oultre mer, </i>XV secolo. Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 9087 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8449038d">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8449038d</a>) </li> <li><i>Le Livre de l'Information des princes </i>di Jean Golein. Miniature del Maestro della<i> Cité des dames</i>. Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Français 1210 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451599m">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451599m</a>) </li> <li><i>Les Grandes chroniques de Francei </i>del Mahiet e del Maestro del Messale di Cambrai del periodo 1332-1350 ca. The British Library, Royal 16 G VI </li> <li>Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8469">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8469</a> <p> </p></li></ul> <p align="right"><a href="#top">Torna all’indice</a> <h1 align="right">Note <hr> </h1> <p><a href="#_ftnref1_6105" name="_ftn1_6105">[1]</a> Càtaro, dal greco <i>katharòs</i> cioè i <i>puri</i> <p><a href="#_ftnref2_6105" name="_ftn2_6105">[2]</a> <a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/catari_%28Enciclopedia-Dantesca%29/">https://www.treccani.it/enciclopedia/Catari Enciclopedia Dantesca (1970)</a> <p><a href="#_ftnref3_6105" name="_ftn3_6105">[3]</a> Con questo nome sono designati comunemente, dalla città di Albi, gruppi di eretici affini ai Catari, del mezzodì della Francia; sebbene più esattamente si sarebbero dovuti designare dalla città di Tolosa, dove erano più numerosi e potenti. Affini ai Catari avevano nella loro ideologia anche aspetti comuni ad altre sette ereticali tardo antiche e medievali. Man a mano, come del resto avevano fatto e fecero altri movimenti ereticali, tra cui i Catari, anche gli Albigesi si misero a predicare contro la Chiesa, approfittando dell’ignoranza del popolo, ignoranza di cui loro stessi non erano per nulla carenti, sfruttandone tutti i possibili difetti, a partire dal fatto che oltre ad avere un potere spirituale, la Chiesa esercitava anche un potere temporale: i vescovi e gli ecclesiastici erano anche signori feudali, ed erano ricchi. Siccome in epoca medievale a stare male non erano i signori ma fondamentalmente i ceti più poveri del popolo, l’eresia attecchì in questi ceti più che mai. Le fonti attestano che nel mezzogiorno francese, in Linguadoca, l’eresia aveva fatto curiosamente radici anche nella nobiltà locale. Si può dire che in alcuni luoghi, come nell'alta Linguadoca, quasi tutta la nobiltà era favorevole all'eresia, e questa esercitava tanta influenza, che i <i>Perfetti</i> furono talora scelti come arbitri nelle questioni dei signori. Questa influenza, e con essa il largo diffondersi della setta, sono dovute a cause molteplici. L'autorità del potere sovrano era ridotta quasi a nulla nel paese, che era diviso in grandi signorie ecclesiastiche e laiche, le quali rivaleggiavano fra loro per il predominio. Quasi dappertutto i signori laici cercavano d'ingrandirsi a danno delle signorie e dei possessi della Chiesa; e la dottrina albigese, per la quale la Chiesa non aveva alcun diritto di possedere, anzi piaceva a Dio che la si spogliasse, corrispondeva alle ambizioni della nobiltà. Ciò mette certamente in risalto agli occhi degli storici e dei lettori una forte contraddizione ed il paradosso. La situazione portò a sfiorare la guerra civile dato che il potere regio era quasi nullo, il Papa aveva invano sollecitato il Re di Francia Filippo Augusto che si era assolutamente disinteressato della cosa e i soli a rispondere furono il Vescovo di Narbona ed il fondatore dei Domenicani: Domenico di Guzman che per contrastare con la predicazione albigese si misero a loro volta a predicare scegliendo la povertà assoluta. Tuttavia poco servì e l’arroganza dell’eresia aumentò tanto da portare alla morte di un canonico che aveva combattuto gli Albigesi, ucciso da un vassallo del conte di Tolosa e giacché la nobiltà in quei luoghi era dalla parte degli eretici, il conte fu accusato di complicità e costretto a penitenza. La morte del canonico fu la proverbiale goccia e in breve fu indetta la crociata contro gli Albigesi che si tradusse in un vero e proprio massacro del nord contro il sud della Francia e la nobiltà del nord pensò che forse era ora di fare “pulizia etnica” tanto da sostituirne completamente la nobiltà locale. L’ultima roccaforte degli Albigesi cadde nel 1255 dopo decenni di lotte ponendo fine per sempre al potere dell’eresia albigese nel mezzogiorno francese. Questo non segnò la fine dei Catari o delle sette affini, anzi, questi continuarono anche dopo, forse con un po’ meno arroganza per evitare altri stermini, ma ormai la mano della Santa Inquisizione era già stata armata e messa all’opera. Quando si sente parlare quindi di Albigesi, qui si chiude la nostra parentesi, non si intende solo Catari, ma una setta affine ai Catari, con alcune varianti ideologiche. <p><a href="#_ftnref4_6105" name="_ftn4_6105">[4]</a> Il Bogomilismo fu una setta eretica cristiana, sorta nel X secolo come derivazione dalla setta affine dei pauliciani che si erano trasferiti nella Tracia e successivamente in Bulgaria. Successivamente si sviluppò nel XIII secolo anche in Serbia e Bosnia. Il bogomilismo rappresentò uno sviluppo del dualismo orientale, che riteneva che la realtà fosse retta dai principi di Bene e Male, ed influenzò la nascita e lo sviluppo del movimento dei Catari. La dottrina bogomila aveva dell’inverosimile ed assurdo perfino all’epoca in cui sorse dato che predicava oltre al dualismo, anche un certo legame tra le due controparti, ovviamente tutto quello che era mortale e materiale era opera del demonio, il mondo era il grande tranello di Satana, la croce era un simbolo blasfemo, ecc. erano inoltre avversi all’ortodossia e quindi contrari anche alla Chiesa Bizantina Ortodossa. <p><a href="#_ftnref5_6105" name="_ftn5_6105">[5]</a> Dal lat. tardo <i>Manichaeus</i>, che si rifà al nome del fondatore di questa dottrina, Mani (216-277 d. C.) o, come fu chiamato in Occidente, Manicheo. <p><a href="#_ftnref6_6105" name="_ftn6_6105">[6]</a> Si riferisce all’opera, alla dottrina di Marcione, al movimento religioso da lui iniziato. Eretico (n. Sinope 85 d. C. circa - m. 160 circa). Di agiata condizione, si trasferì a Roma; quando espose le sue tesi sulla totale inconciliabilità tra Nuovo e Vecchio Testamento fu subito scomunicato. Dalla sua predicazione sorse un movimento religioso, il marcionismo che ebbe vasta diffusione fino al 5° secolo. <p><a href="#_ftnref7_6105" name="_ftn7_6105">[7]</a> Si riferisce alla <i>cosmogonia</i>, intesa come mito, dottrina o poema che hanno per oggetto la formazione dell’Universo e del Creato. <p><a href="#_ftnref8_6105" name="_ftn8_6105">[8]</a> Nel linguaggio teologico la parola assunse anche il significato di «persona», con riferimento alla Trinità (per cui in Dio vi sono tre ipostasi e una sola natura), oppure quello di «natura divina», con riferimento a Cristo. L’ambivalenza del termine ha dato luogo, nei primi secoli della storia della Chiesa, a numerose e lunghe controversie in campo sia trinitario sia cristologico. Sempre in teologia indica anche ognuna delle entità divine rispetto all'identica loro sostanza. Nel linguaggio letterario significa personificazione, rappresentazione concreta di una realtà astratta o ideale. <p><a href="#_ftnref9_6105" name="_ftn9_6105">[9]</a> Nella filosofia platonica, il dio artefice dell’universo, principio dell’ordine cosmico. Nella filosofia gnostica, divinità ordinatrice del mondo, distinta dal dio supremo. <p><a href="#_ftnref10_6105" name="_ftn10_6105">[10]</a> Da questo dualismo, spiegato dagli eretici miticamente attraverso narrazioni diverse, deriva l'intima lotta che lacera la coscienza dell'uomo, la cui anima è schiava della materia. <p><a href="#_ftnref11_6105" name="_ftn11_6105">[11]</a> Questa concezione andava a minare il dogma della nascita verginale di Cristo, che non deve essere confusa con quello dell’Immacolata Concezione (assenza del peccato originale in Maria), dogma invece proclamato da papa Pio IX l'8 dicembre 1854. Il dogma dell’Immacolata concezione fu in un certo senso confermato nel 1854, ma era oggetto di studi, dibattiti, trattati teologici fin dall’Alto Medioevo. <p><a href="#_ftnref12_6105" name="_ftn12_6105">[12]</a> Il dogma dell’Immacolata Concezione ci mise parecchi secoli e incontrò molti ostacoli prima di prendere forma ed essere ammesso e ufficializzato. Si tratta di un dogma difficile da comprendere, con fondamenti biblici che hanno a loro volta una esaustiva spiegazione anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica: <a href="http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p122a3p2_it.htm">http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p122a3p2_it.htm</a>. Con la teologia scolastica medievale iniziò però la discussione sulle effettive modalità con cui descrivere teologicamente il concetto per cui Maria era senza peccato: i teologi precedenti, orientali e latini, sono concordi nell'affermarlo, ma non entrano nel merito della ragione teologica, lasciando dunque la cosa come una sorta di eccezione ad hoc immotivata, lasciando in filigrana il contrasto col dogma della natura umana universalmente corrotta e con la redenzione universale operata da Cristo. Anselmo d'Aosta (m. 1109) sostenne che Maria, concepita come tutti gli uomini nel peccato originale, fu anticipatamente redenta da Cristo, prima della nascita del Salvatore. La redenzione anticipata di Anselmo è sostanzialmente ripresa dai grandi teologi scolastici. È solo con Duns Scoto che prende forma il dogma come poi fu fissato dal magistero: il teologo francescano sostiene non la "redenzione anticipata" di Anselmo e degli scolastici, ma la "redenzione preventiva" o "preservativa". Diversamente dai predecessori infatti non dice che Maria fu concepita nel peccato originale e poi redenta, ma che fu concepita senza peccato originale. Il suo ragionamento ribaltò i termini della questione: Maria non fu un'anomala eccezione (o un caso anticipato) dell'opera redentiva di Cristo, ma la conseguenza della più perfetta ed efficace azione salvifica dell'unico mediatore. Nei secoli successivi i teologi cattolici furono sostanzialmente divisi sulla questione: a grandi linee, i domenicani sostenevano la redenzione anticipata degli scolastici ("macolisti"), mentre i francescani sostenevano la redenzione preventiva di Scoto ("immacolisti"). Lungo i secoli la posizione del magistero è stata prudente: per quanto il chiaro e definitivo pronunciamento pontificio si ebbe solo nel 1854, furono diversi gli interventi a favore della posizione immacolista. Papa Sisto IV (m. 1484) introdusse a Roma la festa liturgica della Concezione. Sul piano dogmatico non si pronunciò, ma con le bolle Cum Praeexcelsa (1477) e Grave Nimis (1482) proibì a macolisti e immacolisti di accusarsi vicendevolmente di eresia. Papa Alessandro VII emanò nel 1661 la bolla (che non ha l'autorevolezza e il significato teologico dell'enciclica) <i>Sollicitudo</i>, dove si dice a favore dell'Immacolata Concezione. Clemente XI nel 1708 rende universale la festa dell'Immacolata, già localmente celebrata a Roma e in altre zone della cristianità. Solo nel 1854 però la Chiesa ufficializzò il dogma e fissò la data della festività. <p><a href="#_ftnref13_6105" name="_ftn13_6105">[13]</a> Furono molti già nei primi secoli della storia del Cristianesimo a non riconoscere la nascita verginale di Cristo per opera di Dio, vuoi per la difficoltà umana a capire e accettare una cosa simile, vuoi in parte anche per la mentalità dell’epoca. <p><a href="#_ftnref14_6105" name="_ftn14_6105">[14]</a> Si tratta di un non-senso oltre che un’eresia vera e propria essendo esplicitamente scritto nei Vangeli che Cristo operò miracoli guarendo ciechi, muti, indemoniati, ecc.; sempre nei Vangeli è scritto che fu tradito, arrestato, flagellato, morì crocefisso, fu sepolto e resuscitò in corpo e spirito dopo tre giorni come lui stesso aveva preannunciato; tanto è vero che gli apostoli trovarono il sepolcro vuoto con la pietra spostata da una parte. Non poteva essere pura apparenza così come non potevano esserlo la tortura della flagellazione e quindi la Passione e la Crocefissione. Non potevano essere apparenza la morte fisica ed il corpo resuscitato che Tommaso toccò nei segni dei chiodi delle mani. Inoltre la pratica della crocefissione era tra le peggiori pene capitali praticate dall’Impero Romano, che non era certamente pura apparenza. Ci si domanda quindi, con un certo sgomento, come, pur con la mentalità dell’epoca, gli eretici potessero ad un’eresia che negava la realtà storica dei fatti senza però spiegarla in nessun altro modo. <p><a href="#_ftnref15_6105" name="_ftn15_6105">[15]</a> Nella teologia cattolica, mutare di sostanza, con riferimento al pane e al vino che cambiano la loro sostanza in quella del corpo e del sangue di Cristo, nella consacrazione. Raro con uso attivo:... sebbene Cristo assuma e transustanzii nelle sue carni e nel suo sangue la sostanza del pane e del vino (Rosmini). <p><a href="#_ftnref16_6105" name="_ftn16_6105">[16]</a> Anche in merito a questo passo nel corso del Medioevo a partire dal IX secolo si ebbero diversi dibattiti, e non tutti accettarono il dogma ed il suo simbolismo. Alcuni arrivarono a paragonare il dogma della transustanziazione al cannibalismo rifiutando così la stessa eucarestia come sacramento; tra questi vi erano i Catari stessi. <p><a href="#_ftnref17_6105" name="_ftn17_6105">[17]</a> Anche in questo caso i Catari si auto-accusavano di eresia poiché proprio nei Vangeli Cristo si fa battezzare con acqua nel Giordano e i Catari conoscevano le Sacre Scritture e le predicavano, quindi non potevano non conoscere questi passi. <p><a href="#_ftnref18_6105" name="_ftn18_6105">[18]</a> Uno dei tre regni dell’oltretomba cristiano, insieme all’inferno e al paradiso; nella tradizione, affermatasi nel 12° secolo e divenuta dottrina di fede per la Chiesa cattolica dopo il Concilio di Trento, lo stato intermedio e transitorio di espiazione, rappresentato come il luogo in cui le anime dei giusti, morti nello stato di grazia imperfetta, si purificano dalle colpe veniali come dalle mortali già rimesse, in attesa di venire ammesse in paradiso alla visione di Dio. Nel Pastore di Erma, un testo del II secolo, vi sono chiari ed espliciti riferimenti ad uno stato, successivo alla morte terrena, in cui è necessario purificarsi prima dell'ingresso in Paradiso. Tale testo non rientra però nel canone muratoriano dei testi considerati ispirati da Dio, nonostante il canone risalga ad un'epoca successiva a quella del testo. Inoltre esso in diversi punti contraddice alcuni dogmi e non è un testo didascalico ma un racconto di presunte visioni. In modo più specifico, la dottrina del Purgatorio venne definita dal secondo Concilio di Lione del 1274, da quello di Firenze del 1438 e infine ribadita nel Concilio di Trento, nel 1563. <p><a href="#_ftnref19_6105" name="_ftn19_6105">[19]</a> Le messe e tutte le funzioni religiose, cerimonie, preghiere per la salvezza delle anime del purgatorio. Nella teologia cattolica, qualunque favore spirituale che un fedele fa a un altro perché membro della stessa Chiesa, corpo mistico di Cristo; in senso più stretto, opera buona fatta da un fedele per ottenere ad altra persona la remissione della pena temporale dovuta al peccato già perdonato. <p><a href="#_ftnref20_6105" name="_ftn20_6105">[20]</a> Il culto dei Santi è fondamentale nella dottrina cristiana cattolica e diffuso anche in quella ortodossa greca sebbene con alcune varianti, mentre non è riconosciuto dai protestanti e dalle religioni discendenti dalle chiese riformate. Il concetto che più si avvicina a quello di santo nell'Ebraismo, è quello dello <i>tzadik</i>, una persona retta. Il Talmud dice che in qualsiasi momento almeno 36 anonimi <i>tzaddikim</i> vivono tra di noi per evitare che il mondo venga distrutto. Il Talmud e la cabala offrono varie idee circa la natura e il ruolo di questi 36 tzaddikim. Il termine può essere usato genericamente per indicare una qualsiasi persona giusta. Per quanto riguarda invece l’Islam, benché la religione islamica non preveda differenze tra gli uomini, e l'ortodossia escluda perciò di contemplare una categoria "speciale" di persone ad un livello superiore rispetto agli altri uomini in termini di santità, la religiosità popolare ha sempre amato distinguere, con vari tipi di riconoscimento, delle persone dotate di "santità". Il termine genericamente impiegato per indicare questi "santi" islamici è quello di <i>wali</i>, "<i>amico (di Dio)</i>". Ad essi vengono attribuite non solo doti di zelo religioso ma anche qualità taumaturgiche, profetiche, di intercessione. È opinione diffusa nel mondo islamico che nel mondo siano sempre presenti, mescolati alla gente comune, trecento "santi", persone particolarmente dotate di favori divini, ignoti gli uni agli altri e distribuiti in modo gerarchico. <p><a href="#_ftnref21_6105" name="_ftn21_6105">[21]</a> Il complesso delle pratiche esteriori (rinunce, penitenze, mortificazioni, ecc.), dell’atteggiamento spirituale e anche delle dottrine, miranti al raggiungimento di una purificazione rituale e spirituale e alla conquista della perfezione religiosa in un assoluto distacco dal mondo. Termine inizialmente legato alla concezione cristiana ma poi usato nella storia delle religioni per indicare un fenomeno presente in diverse aree e culture: quel modo di vita e quel complesso di pratiche rituali che tendono a rendere possibile all’uomo una condizione diversa da quella ordinaria, realizzando uno stato considerato superiore dal punto di vista dei valori religiosi. Se nell’uso prevalente il termine indica un complesso di pratiche negative (solitudine, mortificazioni, astinenze, digiuni, flagellazioni ecc.), in connessione a una svalutazione della sfera del corporeo contrapposta alla sfera dello spirituale, in culture ove non si presenta un dualismo spirito-corpo esistono esperienze diverse e anche positive, sicché possono entrare nella pratica ascetica anche pratiche che concernono positivamente la sfera del corporeo (potenziamento e controllo di certe capacità fisiche e organiche). I Catari probabilmente vissero l’ascetismo in modo negativo, in virtù della loro ideologia poiché per loro la morte era la sola modalità per liberare l’anima dopo aver praticato eventualmente ogni sorta di vessazione corporale. Questo mette la religione catara in netta contrapposizione con il Cristianesimo che non vieta l’ascetismo, e lo vive decisamente in modo diverso e si contrappone inoltre anche alle vite di molti eremiti, divenuti poi anche Santi, in cui l’agiografia è ricca. <p><a href="#_ftnref22_6105" name="_ftn22_6105">[22]</a> Per verginità si intende quasi sempre certamente quella fisica, ossia la mai avvenuta consumazione di un rapporto sessuale che nella donna ha come conseguenza la deflorazione, ma in senso più ampio verginità è anche sinonimo di castità, purezza, continenza davanti alla tentazione, alle passioni di ogni genere. Nella teologia cattolica, virtù che consiste nella rinuncia a ogni rapporto sessuale; in una vita consacrata solo a Dio lo stato verginale è quindi considerato uno stato perfetto della castità. La Benedizione delle vergini è un antico rito cristiano caduto in disuso alla fine del Medioevo, per consacrare il voto di verginità delle religiose. Per i Catari la verginità era fondamentale, specie per gli eletti anche se secondo alcune fonti si tratterebbe di un’ipocrisia della setta dato che <p><a href="#_ftnref23_6105" name="_ftn23_6105">[23]</a> Per liberare più rapidamente l'anima dal corpo, specialmente dopo aver ricevuto il battesimo spirituale, i Catari non raramente ricorrevano al suicidio, o meglio alla morte volontaria e liberatrice provocata dall'astinenza completa da ogni nutrimento. Questa morte per fame era nota specialmente nella Francia meridionale sotto il nome di endura. Essa serviva a far sì che il carisma spirituale ricevuto con l'imposizione delle mani non andasse compromesso e perduto. Qualche volta gli stessi ministri Catari condannavano alla morte per digiuno coloro che erano stati purificati in virtù dell'iniziazione. Questo era anche il segreto per cui il cataro, libero da ogni legame materiale e morale, da ogni vincolo domestico e sociale, solo preoccupato di prepararsi a morire in modo da eludere le insidie di Satana e ricongiungersi all'essenza divina, affrontava con lieto coraggio, nei periodi di persecuzione, la morte. <p><a href="#_ftnref24_6105" name="_ftn24_6105">[24]</a> Quando scoppiò il caso della Crociata albigese, il mezzogiorno francese aveva la nobiltà quasi tutta convertita al Catarismo. <p><a href="#_ftnref25_6105" name="_ftn25_6105">[25]</a> Basti pensare in tempi di carestie e saccheggi, quando l’agricoltura e gli allevamenti erano i primi a risentirne, non solo i Catari, ma tutta la popolazione era stretta dalla morsa della fame. <p><a href="#_ftnref26_6105" name="_ftn26_6105">[26]</a> La fonte da cui è tratta questa descrizione della dieta catara non fornisce alcuna interpretazione della visione dei Catari circa il fatto che i pesci sembrassero meno materiali delle altre specie animali sulla terra e che per il fatto di essere a sangue freddo, potessero essere mangiati. Probabilmente quanti hanno scritto in epoca medievale sul mondo cataro, altrimenti oggi non si saprebbe nulla in merito, devono essere stati membri o aver convissuto a fianco di membri del movimento per conoscerne così bene anche le convinzioni in materia alimentare, pur non fornendo a loro volta alcuna spiegazione di alcun genere. È dubbio e non credibile ipotizzare che i Catari potessero ritenere l’elemento acqua meno materiale degli altri tre. È probabilmente un altro dei grossi non-sensi che caratterizzarono l’eresia catara. <p><a href="#_ftnref27_6105" name="_ftn27_6105">[27]</a> Questo orrore per la carne si traduceva anche nel divieto di uccidere gli animali, nei quali alcune sette credevano anche risiedessero le anime dei morti fuori della loro chiesa. Altri poi consideravano lecita solo l'uccisione dei serpenti. <p><a href="#_ftnref28_6105" name="_ftn28_6105">[28]</a> Ovviamente, come accade in tutte le sette religiose, solo gli appartenenti alla setta hanno capito tutto, interpretato correttamente come se fossero stati presenti mentre succedevano quanto è scritto nei Vangeli e negli Atti. <p><a href="#_ftnref29_6105" name="_ftn29_6105">[29]</a> <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/ILLUMIN.ASP?Size=mid&IllID=43733">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/ILLUMIN.ASP?Size=mid&IllID=43733</a> <p><a href="#_ftnref30_6105" name="_ftn30_6105">[30]</a> In una società in cui la giustizia era amministrata secondo la legge della vendetta tra le faide e della pena capitale era difficile predicare, anche per gli ordini monastici cattolici, il concetto di pace. I legislatori fin dai tempi dei Longobardi avevano dovuto ingegnarsi per arginare i fiumi di sangue che scorrevano tra le famiglie, imponendo sanzioni economiche e materiali per i colpevoli e i recidivi. Reprimere i crimini all’epoca non sempre consisteva nell’esecuzione della pena capitale, ma anche nella prigionia, nella conversione in schiavi o servi dei colpevoli, nelle multe economiche e i pignoramenti, quindi negare il diritto alle autorità di reprimere i delitti da parte dei Catari, equivaleva ad un’altra grave eresia, ossia l’essere favorevoli a violenza e caos. <p><a href="#_ftnref31_6105" name="_ftn31_6105">[31]</a> Anche questo fu tra le eresie più gravi della setta in merito alla politica matrimoniale poiché nella Bibbia, specie nei Vangeli è scritto chiaramente che gli sposi sono una cosa sola, una sola carne e un solo spirito davanti a Dio e che ciò che Dio unisce l’uomo non divida. Obbligando la separazione delle coppie nonché lo scardinamento delle famiglie, i Catari si comportavano alla stessa maniera di una setta oltre a profanare il sacramento ecclesiastico del matrimonio. <p><a href="#_ftnref32_6105" name="_ftn32_6105">[32]</a> In pratica i Catari condannavano la Chiesa Cattolica ma ne avevano copiato lo scheletro della organizzazione gerarchica. Il vescovo cataro presiedeva alle assemblee ed era assistito da due prefetti, specie di vicarî generali e intraprendeva regolari visite pastorali nel proprio territorio. Di tanto in tanto i vescovi delle varie contrade si riunivano in sinodi e concilî. I diaconi, che assistevano i vescovi nella loro missione spirituale, percorrevano di continuo la propria regione e mantenevano il collegamento tra i <i>Perfetti</i> e i credenti, predicando e presiedendo le assemblee particolari e le riunioni liturgiche della setta. <p><a href="#_ftnref33_6105" name="_ftn33_6105">[33]</a> In questo caso come nei precedenti, i Catari peccarono di eresia poiché i vescovi potevano essere ordinati e nominati solo ed esclusivamente dalla principale autorità ecclesiastica che era appunto il Papa, ma quello della Chiesa Cattolica e copiarne la struttura gerarchica fece solo peggiorare le cose. <p><a href="#_ftnref34_6105" name="_ftn34_6105">[34]</a> Il termine adorazione in questo caso crea una certa confusione poiché nella religione cattolica, è l’atto col quale si esprime l’omaggio a Dio, si rende culto a Lui. Nel caso dei Catari questo atteggiamento fu certamente etichettato come idolatria e quindi eresia. <p><a href="#_ftnref35_6105" name="_ftn35_6105">[35]</a> Qualche storico ha accennato a questo proposito come a una credenza dei Catari nella reincarnazione per cui un’anima che non arrivava alla beatitudine eterna, era costretta a trasferirsi in un altro corpo materiale. Forse anche per questo i Catari non disdegnavano il suicidio (anche con l’endura) che per altro è tra i peggiori peccati mortali delle principali fedi (Cattolicesimo, Ebraismo ed Islam) e condannato anche da dottrine e filosofie orientali di vario genere, specie quelle che pur predicando e favorendo l’ascetismo hanno come scopo quello di migliorare la vita e non sopprimerla. <p><a href="#_ftnref36_6105" name="_ftn36_6105">[36]</a> Vedasi nota precedente <p><a href="#_ftnref37_6105" name="_ftn37_6105">[37]</a> Non sarebbe però errato supporre che malgrado la loro dottrina, accettassero le elemosine impiegate poi magari per acquistare cibo e vestiario. <p><a href="#_ftnref38_6105" name="_ftn38_6105">[38]</a> <a href="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/8/82/Het_Kasteel_van_Monts%C3%A9gur.jpg/120px-Het_Kasteel_van_Monts%C3%A9gur.jpg">https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/_Kasteel_van_Montsègur.jpg</a> <p><a href="#_ftnref39_6105" name="_ftn39_6105">[39]</a> <i>Storia della città di Parma</i>, scritta dal p. Ireneo Affò. Tomo IV, Stamperia Carmignani, Parma, 1795 pp. 37 <p><a href="#_ftnref40_6105" name="_ftn40_6105">[40]</a> Non esistono atti del processo, se ci sono mai stati non sono giunti sino ad oggi e lo stesso vale per le opere del suo inquisitore, quello che la condannò al rogo insieme ad una seguace che aveva convertito. In mancanza di atti ufficiali di questo processo anche ricostruire la dinamica dei fatti non è possibile, si possono formulare solo delle ipotesi. <p><a href="#_ftnref41_6105" name="_ftn41_6105">[41]</a> Difficile pensare che fosse stata tradita perché sono troppe le fonti, certamente di parte, che attestano una certa arroganza e spavalderia negli eretici che predicavano pubblicamente; nel caso dei Catari c’è anche la conferma che questi sfidavano apertamente in dispute pubbliche i cattolici. <p><a href="#_ftnref42_6105" name="_ftn42_6105">[42]</a> In una trascrizione trecentesca della <i>Chronica</i> viene riportata la rivolta popolare in seguito al rogo, ma viene citato un altro inquisitore domenicano, certo Giovanni da Cornazzano. Fonte: <i>L'inquisitore Florio da Vicenza</i> di Riccardo Parmeggiani <p><a href="#_ftnref43_6105" name="_ftn43_6105">[43]</a> L’atto di designazione di Florio da parte del provinciale dei Predicatori di Lombardia, Bonanno da Ripa, è conservato in una preziosa copia coeva custodita presso l’Archivio Storico Diocesano di Ferrara. Il raro documento riporta la citazione integrale della decretale <i>Licet ex omnibus</i> nella versione di Clemente IV e ci informa di come la designazione di Florio sia avvenuta mediante la consultazione di altri frati del medesimo ordine. La stessa bolla pontificia concedeva tra l’altro al provinciale o al proprio vicario la piena libertà di rimuovere dalla carica in qualsiasi momento e per qualunque ragione l’inquisitore nominato. Il fatto che Florio abbia conservato il proprio mandato per almeno quindici anni (1278-1293) – un periodo eccezionalmente lungo se confrontato con l’attività di altri inquisitori coevi ci testimonia di quale considerazione dovette godere presso i superiori del proprio ordine. Di certo fu un personaggio di notevole rilievo, se è vero – tra l’altro – che rinunciò all’episcopato Vicentino offertogli da un pontefice in data non precisata 8 : se, come molto probabilmente fu, ciò avvenne una volta terminato l’<i>officium</i> inquisitoriale, avremmo un’ulteriore riprova di come tale ufficio rappresentasse spesso l’anticamera per l’episcopato. Fonte: <i>L'inquisitore Florio da Vicenza</i> di Riccardo Parmeggiani. <p><a href="#_ftnref44_6105" name="_ftn44_6105">[44]</a> Teoricamente all’epoca di Florio doveva valere il principio di perpetuità dell’incarico, conformemente a quanto stabilito dalla decretale <i>Ne aliqui dubitationem</i> di Clemente IV. La bolla è rivolta agli inquisitori francescani, ma si può supporre per analogia non formale che lo stesso principio dovesse valere anche per i domenicani già prima del 1290, data in cui l’identica decretale venne diretta ai Predicatori. Fonte: <i>L'inquisitore Florio da Vicenza</i> di Riccardo Parmeggiani. <p><a href="#_ftnref45_6105" name="_ftn45_6105">[45]</a> Il 16 febbraio ed il 25 agosto dell'anno successivo ricevette dal cardinal legato di Romagna e Tuscia Latino Orsini inviti a intervenire sia contro gli ebrei ferraresi, che perseguitavano un ebreo convertitosi al cristianesimo, sia contro ebrei di Aquileia, di Venezia, di Mantova e della stessa Ferrara, i quali, abbracciata la fede cattolica, erano poi tornati alla loro antica religione: il cardinale disponeva che si procedesse nei loro confronti e nei confronti di chi li avesse favoriti, adottando le medesime misure con cui si procedeva nei riguardi degli eretici, facendo ricorso - se necessario - al braccio secolare. Non bisogna dimenticare che l’Inquisizione arrivò in molti casi a prendersela anche con chi non era eretico, ma aveva semplicemente altro credo, specificamente se la prendevano molto con gli Ebrei e non per ragioni razziste, ma si presume per ragioni economiche e politiche dato che gli Ebrei nel Medioevo e non solo erano tra coloro che potevano prestare denaro dietro interesse poiché nella loro cultura non era considerato peccato, contrariamente al cattolicesimo. <p><a href="#_ftnref46_6105" name="_ftn46_6105">[46]</a> Una sorta di cassiere, esattore delle tasse. Il termine deriva a bursa, la borsa che era all’epoca fatta di pelle e serviva per contenere denaro e altri piccoli oggetti. <p><a href="#_ftnref47_6105" name="_ftn47_6105">[47]</a> Il fatto in realtà non avvenne a Modena ma a Parma come documentano le fonti. In seguito alla ribellione i Domenicani se ne andarono da Parma e questa fu colpita immediatamente dal papa con l’interdetto e la scomunica. Si chiarirà questo punto successivamente, nella parte dedicata al rogo vero e proprio. Fonte: <i>L'inquisitore Florio da Vicenza</i> di Riccardo Parmeggiani. <p><a href="#_ftnref48_6105" name="_ftn48_6105">[48]</a> Florio tenne quel titolo almeno fino alla fine del secolo, anche se nell’ultimo decennio sembra aver cessato l’attività di inquisitore tornando ad essere semplicemente un Frate predicatore. Fonte: Dizionario Biografico Treccani <p><a href="#_ftnref49_6105" name="_ftn49_6105">[49]</a> Purtroppo nessuna delle opere di Florio si è conservata fino ai nostri giorni; possediamo soltanto un doppio esempio di formulario inquisitoriale, redatto da un suo notaio. <p><a href="#_ftnref50_6105" name="_ftn50_6105">[50]</a> Potrebbe aver svolto il secondo interrogatorio che la condusse al rogo, ma come detto è solo un’ipotesi. <p><a href="#_ftnref51_6105" name="_ftn51_6105">[51]</a> Risulta infatti che egli aprì un'inchiesta contro un certo Bonpietro, ma che non riuscì a trovare prove per muovergli addebiti di particolare rilevanza: dovette infatti rimetterlo alla fine in libertà, dopo averlo fatto sottoporre a una non grave punizione corporale. Nel 1283 costrinse alla confessione un tale Bociarino, cui però poi concesse l'assoluzione. Allo stesso modo dovette condursi nell'azione contro una Rosafiore ed una Rengarda, promossa in quel medesimo giro di tempo (impossibile precisare l'anno a causa della laconicità delle fonti). Sempre in quel periodo - anche in questo caso ignoriamo la data esatta del fatto - ricevette da un cittadino di Firenze, certo Donato, garanzie per un altro fiorentino di nome Lippo. <p><a href="#_ftnref52_6105" name="_ftn52_6105">[52]</a> Qualcuno c’è stato, abiurarono le loro idee confessando le loro colpe e trovarono clemenza scampando il rogo. Uno di questi fu imputato sotto Florio da Vicenza. Vedere nota precedente. <p><a href="#_ftnref53_6105" name="_ftn53_6105">[53]</a> Autore della voce di Florio da Vicenza nel Dizionario Biografico Treccani <p><a href="#_ftnref54_6105" name="_ftn54_6105">[54]</a> Coinquisitore di Florio da Vicenza. <p><a href="#_ftnref55_6105" name="_ftn55_6105">[55]</a> Fonte: <i>L'inquisitore Florio da Vicenza</i> di Riccardo Parmeggiani pp. 686 <p><a href="#_ftnref56_6105" name="_ftn56_6105">[56]</a> Il 22 giugno del 1297, data in cui è presente – diversamente a quanto asserito da Zanella – alla cessione in favore dell’Inquisizione di un’area di pertinenza dei domenicani, Florio risulta già, semplicemente, come uno dei frati testimoni dell’atto. Fonte <i>L'inquisitore Florio da Vicenza</i> di Riccardo Parmeggiani pp. 691 <p><a href="#_ftnref57_6105" name="_ftn57_6105">[57]</a> Impiego illecito o illegittimo di denari, beni mobili, da parte di un amministratore o di un pubblico funzionario. <p><a href="#_ftnref58_6105" name="_ftn58_6105">[58]</a> Dizionario Biografico Treccani Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-7690223378196337392017-06-02T23:02:00.001+02:002017-07-31T15:39:43.993+02:00I Manoscritti miniati. Parte prima sul manoscritto miniato quale fonte storica iconografica.<h1><a name="_Toc473708301"></a><a name="_Toc472961638"></a><a name="_Toc472961541"></a><a name="_top"></a>Indice</h1> <p><a href="#_Toc483753719">Il manoscritto</a> <p><a href="#_Toc483753720">La miniatura</a> <p><a href="#_Toc483753721"> Storia della miniatura dalla Tarda Antichità al Medioevo, stili e influenze artistiche in Occidente</a> <p><a href="#_Toc483753722"> Miniatura romanica e gotica</a> <p> <a href="#_Toc483753723">La realizzazione della miniatura</a> <p><a href="#_Toc483753724"> I colori del Miniatore</a> <p><a href="#_Toc483753725"> Il blu</a> <p> <a href="#_Toc483753726">Il rosso</a> <p> <a href="#_Toc483753727">Il giallo</a> <p> <a href="#_Toc483753728">Il verde</a> <p><a href="#_Toc483753729"> Bianco e nero</a> <p><a href="#_Toc483753730">I Manoscritti e la miniatura nell’Islam medievale</a> <p><a href="#_Toc483753731">Fonti bibliografiche</a> <p><a href="#_Toc483753732"> Libri</a> <p><a href="#_Toc483753733"> Siti internet</a> <p> <a href="#_Toc483753734">Tedesche</a> <p> <a href="#_Toc483753735">Inglesi</a> <p> <a href="#_Toc483753736">Francesi</a> <p><a href="#_Toc483753737"> Italiane</a> <p><a href="#_Toc483753738"> Siti di Enti pubblici e privati</a> <p><a href="#_Toc483753739">Manoscritti, miniature e copertine</a> <p><a href="#_Toc483753740">Testi consultati scaricabili online</a> <p> <h1><a name="_Toc483753719"></a><a name="_Toc483731550"></a><a name="_Toc473708302"></a><a name="_Toc459017798">Il manoscritto</a></h1> <p>Il manoscritto, dal latino manu scriptus è come dice il termine, un libro “scritto a mano” <a href="#_ftn1_5573" name="_ftnref1_5573">[1]</a>. La più antica forma di manoscritto nel mondo mediterraneo, è il <i><font color="#ff0000">rotolo di papiro</font></i>, usato dagli Egizi e poi adottato dai Greci e dai Romani; la scrittura era disposta nel senso della maggiore larghezza del rotolo in colonne uniformi scritte l’una accanto all’altra e il rotolo si leggeva svolgendolo in senso orizzontale, in un senso o nell’altro a seconda dell’orientamento della scrittura di una cultura. Il papiro, preservato grazie all’uso di olio di Cedro (Cedrus libani) applicato sul retro, fu utilizzato secondo Middleton <a href="#_ftn2_5573" name="_ftnref2_5573">[2]</a> fino al Medioevo o quanto meno al VII secolo d.C. e non era meno comune della pergamena, ma fu presto da questa sostituito, forse per via del lungo procedimento per ottenere i fogli e utilizzato solo per documenti brevi come lettere. <p> <p>La seconda materia, usata come supporto scrittorio è la <i><font color="#ff0000">pergamena (vellum) </font></i><a href="#_ftn3_5573" name="_ftnref3_5573">[3]</a>, probabilmente la più famosa e diffusa prima della carta ed era pelle animale variamente conciata, detta anche <i><font color="#ff0000">cartapecora</font></i>, usata nell’antichità in quanto pregiata e durevole. Il nome deriva probabilmente da Pergamo di Misia, al centro dell’Asia Minore dove si credeva che fosse stata inventata <a href="#_ftn4_5573" name="_ftnref4_5573">[4]</a>. L’etimologia del nome deriva forse anche dal fatto che erano gli ovini gli animali la cui pelle era utilizzata per ottenere questi supporti cartacei: basti pensare che per realizzare una Bibbia completa occorreva macellare qualche centinaio di pecore <a href="#_ftn5_5573" name="_ftnref5_5573">[5]</a>. Anche altri animali però furono utilizzati come il vitello e il maiale <a href="#_ftn6_5573" name="_ftnref6_5573">[6]</a>. L’uso della pergamena al posto del papiro è piuttosto antico e non si deve erroneamente attribuire al Medioevo: già in età classica essa cominciò a divenir usata al posto del papiro fino a soppiantarlo tra III e VI secolo d.C., e affermandosi in campo documentario nell’VIII secolo, lo stesso periodo in cui la produzione dei manoscritti subì un decisivo aumento, durante il governo carolingio. La pergamena a differenza del papiro poteva essere scritta su entrambi i lati in quanto più spessa e offriva il vantaggio di poter cancellare, tramite l’uso di spugne e pietra pomice eventuali errori o scritture ritenute inutili senza rovinare il supporto. Questo ha fatto sì che numerosi fossero i cosiddetti <b><i><font color="#ff0000">palinsesti </font></i></b><a href="#_ftn7_5573" name="_ftnref7_5573">[7]</a> pervenuti sino ad oggi e il loro studio ha consentito di recuperare porzioni di testi più antichi scritti sul fondo e non del tutto cancellati dalla raschiatura <a href="#_ftn8_5573" name="_ftnref8_5573">[8]</a>. Nell’Alto Medioevo era diffusa la tendenza a cancellare scritti di alcuni autori classici per soppiantarli, recuperando il supporto pergamenaceo, con scritti di altri autori ritenuti più importanti <a href="#_ftn9_5573" name="_ftnref9_5573">[9]</a>. Il numero esatto di questo genere di manoscritti non è noto, specie se si considera che durante le incursioni barbariche moltissimi testi, non necessariamente <b><i>palinsesti </i></b>sono andati rubati, smarriti o addirittura distrutti e quindi è incalcolabile anche la perdita d’informazioni in essi contenuti. <p> <p>I primi ottocento anni dell’era cristiana ci hanno tramandato in tutto 1800 codici manoscritti latini, mentre per il IX secolo ne sono sopravvissuti più di 7000. A beneficiare di quest’attività furono innanzitutto quegli indispensabili attrezzi di lavoro del Clero che erano la Bibbia e i codici liturgici. Per fare un esempio, lo scriptorium di San Martino a Tours produceva ogni anno almeno due Bibbie complete, che attraverso la corte imperiale raggiungevano le più lontane sedi episcopali e monastiche. L’incremento della produzione libraria non giovò soltanto alla diffusione della Bibbia e dei Padri della Chiesa. Anche gli annalisti e gli agiografi contemporanei videro apprezzata e diffusa la loro opera, come pure gli autori della classicità latina, quasi sempre sopravvissuti fino ad oggi proprio grazie ai manoscritti carolingi. Accanto ai testi sacri, la biblioteca di Carlo Magno conteneva Lucano, Terenzio, Giovenale, Tibullo, Orazio, Marziale, Cicerone, Livio e Sallustio, e molti di questi testi furono copiati a palazzo per le più importanti biblioteche monastiche. Questo interesse per la letteratura profana dell’Antichità è caratteristico dell’età di Carlo Magno, ed è fra i tratti che giustificano, almeno superficialmente, il nome di Rinascita dato al rilancio culturale dell’età carolingia; anche se, per conservare le giuste proporzioni, bisogna ricordare che tutti gli inventari dell’epoca rivelano una schiacciante prevalenza della letteratura sacra sulla profana: fra i 400 codici della Biblioteca di San Gallo erano rappresentati soltanto quattro autori pagani <a href="#_ftn10_5573" name="_ftnref10_5573">[10]</a>. <p> <p>Per quanto riguarda invece la <b><i><font color="#ff0000">carta</font></i></b> come supporto per la produzione libraria, il suo uso è meno antico rispetto alla <b><i><font color="#ff0000">pergamena</font></i></b><i> </i>ed è di origini cinesi: per ottenerla inizialmente lavoravano fibre vegetali e stracci minuziosamente tagliati e amalgamati. Gli esemplari più antichi della carta sono datati dal II al VI sec. d.C. e il segreto della sua produzione è da imputare ad alcuni prigionieri cinesi che lo avrebbero trasmesso agli Arabi. Nel IX secolo, il Califfo Harun-Al-Rashid aveva ordinato ai suoi cancellieri di Bagdad di non redigere più i documenti ufficiali su papiro o pergamena ma su carta. In Occidente, le prime testimonianze dell’uso della carta sono invece più tarde e risalgono alla Sicilia dell’XI secolo, all’epoca sotto il dominio arabo. Benché la carta prendesse sempre più piede in Occidente come materiale privilegiato per la realizzazione di libri, la pergamena non perse mai il suo primato per la produzione di codici pregiatissimi e lussuosi, nemmeno dopo l’invenzione della stampa nel XV secolo <a href="#_ftn11_5573" name="_ftnref11_5573">[11]</a>. Soprattutto in ambito ecclesiastico si riteneva inoltre che la sacralità del libro, custode della parola divina, esigesse anche un decoro particolarmente sfarzoso. Questa credenza portò alla realizzazione di rilegature impreziosite da materiali di enorme valore quali oro, argento, avorio, perle, pietre preziose, sbalzi, simboli cristiani ed altri ornamenti di varia natura. <p> <p>Il canone estetico dell’Alto Medioevo considerò piuttosto la rilegatura uno specchio che rifletteva la bellezza ultraterrena e la verità divina. Gli elevatissimi costi e l’estrema perizia artistica necessari alla miniatura dei libri liturgici documentano non solo l’alone sacrale che circondava il codice, ma anche la straordinaria munificenza dei committenti. L’involucro divenne quindi una specie di reliquiario che racchiudeva un oggetto dal valore inestimabile, proteggendolo e accrescendone ulteriormente lo splendore. <p>Per custodire e impreziosire i libri liturgici, specialmente <i><font color="#ff0000">Evangeliari</font></i> e <i><font color="#ff0000">Sacramentari</font></i>, nei primi secoli del Medioevo si usarono presumibilmente custodie simili a scrigni, di cui si conservano ancora alcuni splendidi esemplari in Irlanda. Nella maggior parte dei casi venivano però usati dei <em><font color="#ff0000">piatti</font></em> <a href="#_ftn12_5573" name="_ftnref12_5573">[12]</a> per svolgere questa duplice funzione e tra i più antichi esemplari si ricorda quello del Duomo di Monza, vero e proprio capolavoro di oreficeria che la Regina Teodolinda ricevette in dono dal Papa Gregorio Magno nel VII secolo. <p> <p>Mentre nel corso del Medioevo queste sfarzose copertine rispecchiavano il valore sacrale o almeno simbolico dei codici, dagli involucri realizzati dal XV secolo in poi, nel Basso Medioevo, nell’Umanesimo e nel Rinascimento, traspare invece il crescente desiderio di protagonismo da parte del committente o del collezionista, a segnalare un’emblematica testimonianza della progressiva secolarizzazione del libro. Le rilegature in pelle, un tempo riservate esclusivamente ai libri di uso quotidiano vennero impreziosite da decori di vario tipo con ornamentazioni a stampo mentre sulla pagina iniziale e sul dorso venivano apposte oltre al titolo anche i simboli del proprietario. I ricchi collezionisti commissionavano quindi ai cartolai la creazione di copertine di valore inestimabile. <p> <p>Nessun’opera d’arte come il manoscritto medievale, meglio descrive le diverse fasi della propria realizzazione e vi sono alcuni testi come il <em><font color="#ff0000">Manoscritto di Ambrosio</font></em>, risalente alla seconda metà del XII secolo e ospitato nella Biblioteca di Bamberga <a href="#_ftn13_5573" name="_ftnref13_5573">[13]</a> dove ogni singola fase è stata rappresentata in una miniatura, il che rende anche bene l’idea di come la realizzazione di un manoscritto, specialmente quelli miniati, fosse molto simile ad una catena di montaggio oltre ad essere un lavoro estremamente lungo e meticoloso. Ogni convento medievale possedeva un laboratorio attrezzato per la produzione libraria ed era noto come Scriptorium. Fino al XII secolo i libri venivano trascritti dai monaci che lavoravano in gruppo, ma col passare del tempo nella catena di montaggio si inserirono figure esterne, anche laici, specialmente artisti che provenivano da diverse classi sociali. Questo fece la loro fortuna, sia artistica sia economica: questi artisti infatti non si consideravano proprio artigiani al servizio di Dio, come i monaci e con la nascita e l’affermazione delle corporazioni e delle gilde, a partire dal XIV secolo i miniatori formarono una sorta di classe propria e non prestavano la loro opera solo ai monasteri, ovviamente i più prestigiosi per le opere con ricche miniature, ma anche alle università che a loro volta, concorrenti dei monasteri, crearono al loro interno degli scriptorium per la produzione di testi. Le figure quali lo <i><font color="#ff0000">scrivano</font></i> e il <i><font color="#ff0000">miniatore</font></i> divennero veri e propri mestieri, molto redditizi per quell’epoca e il loro compito era così importante che non si può più parlare di un’operazione compiuta al servizio di Dio, come accadeva per i monaci, ma di un vero e proprio lavoro pari a quello di un artista. Non ci si limitava più a scrivere o copiare un testo al fine di salvare l’opera originale, ma ci si cominciò ad adoperare per arricchire i testi con una grafia comprensibile e delle decorazioni, delle iniziali di maggiori dimensioni rispetto al resto del testo o addirittura colorare certe parole per evidenziarne il significato, mentre il resto era disposto in modo ordinato, preciso, con i paragrafi tutti ben allineati come se fossero stati scritti oggi da un computer. La trascrizione dei testi divenne non solo più ordinata e leggibile, ma anche priva di errori di ortografia e si usò maggiormente la punteggiatura. Il ruolo degli amanuensi nel Medioevo era considerato importante e per ogni lettera, punto o parola si diceva che venisse rimesso un peccato e questo è senz’altro da leggere come un’interpretazione del lavoro del monaco come di un lavoro gradito a Dio: il monaco scrivendo, copiando testi preservava la conoscenza e la sapienza che sono doni di Dio <a href="#_ftn14_5573" name="_ftnref14_5573">[14]</a>. Ovviamente non erano trascritti solo testi sacri, come si è già detto, ma anche testi profani, letterari, diari, cronache, ecc. Il mestiere dello scrivano divenne col tempo anche oggetto di numerose leggende, tuttavia non bisogna perdere di vista il ruolo storico di queste figure e l’obiettivo del loro lavoro e la loro importanza. Molte miniature medievali dimostrano che allo scrivano era conferita dignità molto simile a quella dell’autore dell’opera o addirittura, nel caso di testi sacri, all’Evangelista. Se ci si fa caso, già nei Vangeli altomedievali, la miniatura che apre ogni Vangelo, reca la rappresentazione dell’Evangelista autore, ma in realtà l’uomo rappresentato con la piuma in mano e la pergamena o rotolo altri non è che il miniatore o lo scrivano. Si trattava di una sorta di autoritratto. <p> <p>Ad un manoscritto potevano lavorare anche più scrivani, specialmente quando si trattava di opere particolarmente lunghe e complesse, aiutati dagli assistenti come nella rubricazione delle pagine (dal latino ruber, rosso) che era la decorazione degli ornamenti del <em><font color="#ff0000">rubricatore</font></em> <a href="#_ftn15_5573" name="_ftnref15_5573">[15]</a>. Col passare del tempo, sin dall’Alto Medioevo la decorazione dei testi, specialmente la miniatura, si affrancò sempre più dagli ambienti ecclesiastici e divenne come detto un vero e proprio mestiere. Venne coniato il termine <i><font color="#ff0000">craxare</font></i> per indicare un individuo che fungeva sia da miniatore sia da scrivano mentre in lingua gotico-tedesca si definiva <i><font color="#ff0000">meljan</font></i> e si riferiva sia alla scrittura che alla pittura. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h1><a name="_Toc483753720"></a><a name="_Toc483731551"></a><a name="_Toc473708303"></a><a name="_Toc459017799">La miniatura</a></h1> <h2><a name="_Toc483753721"></a><a name="_Toc483731552"></a><a name="_Toc473708304"></a><a name="_Toc459017800"><font color="#ff0000">Storia della miniatura dalla Tarda Antichità al Medioevo, stili e influenze artistiche in Occidente</font></a></h2> <p> <p>La <font color="#ff0000"><i>miniatura</i> <i>è ogni tipo di decorazione figurata di un codice e si applica al decoro delle iniziali istoriate e dei bordi</i></font>, anche se comunemente si crede che miniature siano solo le illustrazioni dove sono rappresentate scene e personaggi di una certa epoca. Il termine “<b><i><font color="#ff0000">miniatura</font></i></b>” originerebbe da <i><font color="#ff0000">minium</font></i> (il <i><font color="#ff0000">minio</font></i>) un ossido salino di piombo, di color rosso, usato nella fabbricazione di vetri a piombo e per la preparazione di smalti e vernici antiruggine. Inizialmente per miniatura veniva intesa la sola decorazione o il capolettera istoriato e decorato nei capitoli di un testo, ma successivamente le rappresentazioni di scene e personaggi divennero sempre più importanti e si evolsero divenendo veri e propri quadretti di piccole o medie dimensioni in proporzione alle esigenze del miniatore o dello spazio disponibile nel libro e infatti per miniatura si intese nel corso del tempo anche <i><font color="#ff0000">una pittura di minuscole dimensioni</font></i>. Così il termine <i><font color="#ff0000">miniatore</font></i> avrebbe avuto origine da miniatura e quindi da <i><font color="#ff0000">minio</font></i>, ma non ha alcuna correlazione etimologica col termine <i><font color="#ff0000">minuto</font></i> cioè ‘<i><font color="#ff0000">piccolo’</font></i> che avrebbe origine dal latino <i><font color="#ff0000">minus</font>, <font color="#ff0000">minutus</font></i>. Col tempo la miniatura non fu più realizzata solo con i pigmenti vermigli, ma si aggiunsero altri colori di riempimento che diedero poi vita alle scene che tutti conoscono nei manoscritti. I testi più antichi in assoluto difficilmente sono miniati e si ricorda il celebre <i><font color="#ff0000">Libro dei Morti</font></i>, in Egitto, che è riccamente decorato ai bordi del rotolo di papiro mentre sembra poco diffusa la tradizione di miniare nell’Antica Grecia. Al contrario, l’usanza di illustrare un testo non era insolito per i Romani alla fine Repubblica: essi usavano decorare con immagini colorate i loro testi e lo testimonia Plinio nella sua raccolta <i><font color="#ff0000">Historia Naturalis</font> </i>citando la biblioteca di Varro nel I sec. a.C. dove sarebbero stati presenti almeno 700 ritratti illustrati di personaggi e, inoltre, viene riportato dal Middleton che nello stesso testo di architettura di Vitruvio vi sono dettagliate illustrazioni <a href="#_ftn16_5573" name="_ftnref16_5573">[16]</a>. In epoca romana sembra poi diffondersi l’uso delle lettere in oro su sfondo porpora che nel Medioevo si ritrovano molto di frequente, specialmente nei testi liturgici <a href="#_ftn17_5573" name="_ftnref17_5573">[17]</a>. La tecnica della miniatura medievale evolse probabilmente da quella classica ma fu oggetto di un interesse particolare da parte degli stessi miniatori che ne fecero una vera e propria forma d’arte e, come si è detto prima, anche un mestiere. Mentre nei manoscritti classici le figure sono rappresentate come scene a sé senza spiegazioni, nei manoscritti medievali molto spesso sono accompagnate e legate con il testo. Nel corso dei secoli, specie nel Basso Medioevo, i manoscritti miniati presentarono sempre più frequentemente nelle scene rappresentate delle descrizioni in rosso, talvolta incluse nella cornice della scena, mentre i rigidi contorni decorati dei bordi delle pagine divennero sempre più armonici e liberi, con motivi fogliari e floreali che s’intersecavano e si fondevano addirittura con le decorazioni delle iniziali dei capitoli a loro volta decorate. Alla pari dei dipinti e degli affreschi degli edifici anche lo stile e la ricchezza delle miniature dei manoscritti divennero sempre più dettagliati al punto da essere dei <i><font color="#ff0000">dipinti in miniatura</font></i>. A parte qualche eccezione dovuta alla firma autografa del miniatore, la maggior parte di loro ci sono rimasti anonimi o meglio conosciuti con il nome della loro opera preceduta dal titolo “<i><font color="#0000ff">Maestro di/del</font></i>” (in francese <i><font color="#0000ff">Maître</font>; </i>in inglese<i> <font color="#0000ff">Master of</font></i> e in tedesco <i><font color="#0000ff">Meister</font></i>) <a href="#_ftn18_5573" name="_ftnref18_5573">[18]</a>. Obiettivo del miniatore era la gloria del codice e non la propria e dovevano studiare e aggiornarsi costantemente sulle tecniche artistiche più belle, particolari in uso, prima di mettere mano al codice <a href="#_ftn19_5573" name="_ftnref19_5573">[19]</a>. II miniatori più celebri erano quasi sempre anche celebri pittori e questo vale soprattutto per quelli fiamminghi e francesi del secoli XIV e XV come i <i><font color="#ff0000">Fratelli Limbourgh</font></i> o <i><font color="#ff0000">Jean Fouquet</font></i>. La vera arte della miniatura non consisteva sempre nel riprodurre una certa immagine (e quindi copiarla), ma anche nell’inventare forme nuove e originali che molto spesso nei manoscritti hanno consentito di individuare tra le mille, la mano di un miniatore o di una scuola per stile, colori usati ecc. I primi manoscritti illustrati, specie quelli greci e bizantini dal V secolo d.C. sono spesso basati proprio sul principio del copiare gli originali dei secoli precedenti, dei quali per altro non sopravvive praticamente quasi nulla. I manoscritti bizantini hanno alla pari dei manoscritti arabi un percorso un po’ a sé, rispetto a quelli che furono realizzati sul continente nel corso del Medioevo. In Russia e nelle regioni dell’Est un tempo sotto il dominio imperiale di Costantinopoli, ad esempio, lo stile bizantino ancora esiste, seppure in stato di degrado e rappresenta l’ultimo legame <i><font color="#ff0000">mai interrotto</font></i> con la tradizione artistica che risale alla prima parte del IV secolo d.C. durante il regno di Costantino <a href="#_ftn20_5573" name="_ftnref20_5573">[20]</a>. Essendo esattamente al centro tra Oriente e Occidente lo <em><strong>stile bizantino</strong></em> risentì moltissimo degli stili provenienti da est e da ovest e la combinazione di questi permise la nascita di <i><font color="#ff0000">uno stile unico nel suo genere</font></i> che fu poi distintivo della scuola d’arte bizantina <a href="#_ftn21_5573" name="_ftnref21_5573">[21]</a>. <strong><em><font color="#ccb400">Oro</font></em></strong> e <strong><em><font color="#d16349">porpora</font></em></strong> erano i colori più usati nei manoscritti, già presenti dall’età romana. Non solo, lo stile bizantino ebbe come particolarità l’assenza nel corso del tempo di cambiamenti anche dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453 <a href="#_ftn22_5573" name="_ftnref22_5573">[22]</a>. Norbert Wolf ha tentato di dare una spiegazione diversa da quella del Middleton, poiché nel V secolo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente compromise drammaticamente la produzione dei codici antichi. All’epoca delle invasioni barbariche la trasmissione dei libri segnò una battuta d’arresto e divenne per lo più appannaggio dei centri scrittori monastici. Passando in rassegna il periodo compreso tra il IV e il VII secolo, s’intuisce come l’enorme perdita di codici di quest’epoca renda praticamente impossibile ricostruirne la cronologia. Si può tuttavia ragionevolmente affermare che la rinascita dei secoli successivi attinse al prezioso patrimonio di forme e tipi dell’Antichità pagana, prima che nell’Alto Medioevo si diffondesse l’uso di forme più stilizzate. Molti dei manoscritti più antichi provengono proprio dal mondo bizantino: benché lo scisma definitivo avvenne formalmente solo nel 1054, le due tradizioni artistiche avevano cominciato a svilupparsi in direzioni diverse da molto tempo. Fu proprio Bisanzio ad assicurare la trasmissione ai posteri dell’inestimabile patrimonio artistico. Mentre il mondo occidentale si trovava in balia dei barbari, la corte di Costantinopoli assicurò la continuazione di una tradizione artistica che si caratterizzò per la particolare eleganza e l’originalità delle forme <a href="#_ftn23_5573" name="_ftnref23_5573">[23]</a>. Una spiegazione non rende invalida l’altra, anzi, si confermano a vicenda e insieme confermano la reciproca influenza fino a quando quella bizantina non decise di uniformarsi a precisi standard che rimasero inalterati nel corso del tempo. <p align="center"> <p align="center"><img title="image" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="image" src="https://lh3.googleusercontent.com/-pI7GWR7DWMo/WTHSOG0ud8I/AAAAAAAApb8/-n8ovJhKrXEUK2z3ElTyYawg67EOviePQCHM/image4?imgmax=800" width="650" height="544"> <h6>Figura 1 – Schema delle influenze culturali sugli stili artistici dei manoscritti miniati dalla Tarda Antichità all'Alto Medioevo. Le zone con più colori sfumati sono quelle dove diverse culture hanno influito insieme contemporaneamente o nel corso del tempo senza che nessuna prevalesse sulle altre.</h6> <p> </p> <p>Mentre in Oriente si diffondeva lo <b><i><font color="#ff0000">stile bizantino</font></i></b>, in Occidente, specialmente durante l’Impero Carolingio e prima ancora il Regno Capetingio andarono fondendosi tra loro diversi stili che derivavano in parte dalle tradizioni germaniche e in parte da quelle celtiche preesistenti e provenienti dal nordovest insulare: lo <font color="#ff0000"><i>stile</i> </font><i><font color="#ff0000">celtico</font> </i>e<i> </i>quello <i><font color="#ff0000">carolingio</font></i> da cui derivò quello <i><font color="#ff0000">Ottoniano</font></i>. Lo <i><font color="#ff0000">stile celtico</font></i> e <i><font color="#ff0000">quello carolingio</font></i> coesistettero per un certo periodo, fino a quando quello celtico non scomparve. <p align="center"> <p align="center"><img title="image" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="image" src="https://lh3.googleusercontent.com/-oqkInh0LGzs/WTHSOmzJIaI/AAAAAAAApcA/OGF-4bMFbHwNG-PGgplkUmKqcyNO4hJ2wCHM/image9?imgmax=800" width="750" height="262"> <h6>Figura 2 – Schema degli stili presenti nell’Europa nord-occidentale</h6> <p> <p>Middleton attribuisce l’influenza dell’arte celtica su quella germanica <a href="#_ftn24_5573" name="_ftnref24_5573">[24]</a> e del Nord allo scambio culturale che avvenne durante il Regno di Carlo Magno con le Isole Britanniche, precisamente quando Re Offa di Mercia iniziò a intrattenere con il futuro imperatore delle relazioni diplomatiche e inviò quale ambasciatore l’allora Diacono della Cattedra di York, Alcuino nella prima metà degli anni ’80 del VIII secolo <a href="#_ftn25_5573" name="_ftnref25_5573">[25]</a>. In realtà i territori che fanno parte dell’attuale Francia e della Gran Bretagna in epoca tardo-antica erano da poco stati convertiti al Cristianesimo, e, prima ancora, avevano subito la forte influenza della cultura romana come province dell’Impero Romano. Al contempo era presente sul territorio una cultura di tipo celtico, per cui è difficile pensare che la tradizione celtica così forte e radicata in quei territori sia stata importata e abbia rappresentato una cosa nuova per i miniatori altomedievali dell’epoca di Carlo Magno; ma si può piuttosto parlare di <i>riscoperta</i> di una tradizione. Molti manoscritti miniati dell’epoca di Carlo, presentano però decorazioni particolari di ispirazione celtica che erano ancora presenti nel secolo successivo durante l’Impero di Carlo il Calvo come nel caso della <i><font color="#ff0000">Bibbia di Vivien</font></i> e nella <i><font color="#ff0000">Seconda Bibbia di Carlo il Calvo </font></i><a href="#_ftn26_5573" name="_ftnref26_5573">[26]</a>, altro caso il Codex Aureus custodito oggi presso la Bayerische Staatsbibliothek (Clm 14000) dove sono presenti decorazioni di ispirazione celtica e li si ritrova anche in altri manoscritti coevi o di poco successivi. <p align="center"><img alt="" src="http://gallica.bnf.fr/iiif/ark:/12148/btv1b8455903b/f667/184.1813203325432,643.8904461930554,2512.937118993441,3179.47836701914/328,415/0/native.jpg" width="320" height="405"> <img alt="http://gallica.bnf.fr/iiif/ark:/12148/btv1b8455903b/f189/79.26535827703037,2104.3664366762123,1646.664169356078,2833.6345914335852/240,413/0/native.jpg" src="http://gallica.bnf.fr/iiif/ark:/12148/btv1b8455903b/f189/79.26535827703037,2104.3664366762123,1646.664169356078,2833.6345914335852/240,413/0/native.jpg" width="235" height="405"> <h6>Figura 3 – Iniziali istoriate e decorate con stile celtico nella <em>Bibbia di Vivien</em>. © Bibliothèque nationale de France, Latin 1, folio 91r e 330r <a href="#_ftn27_5573" name="_ftnref27_5573">[27]</a></h6> <p> <p>Caratteristica dei manoscritti carolingi, che rappresentarono un punto cardine della rinascita culturale carolingia, sono i caratteri con cui sono scritti i testi che presentano la novità di una calligrafia “standardizzata” come quella dei nostri computer, più ordinata nella disposizione e nelle dimensioni in modo da essere leggibile a chiunque: la minuscola carolina. Rimasero in uso anche altri caratteri, come l’onciale e il semionciale <a href="#_ftn28_5573" name="_ftnref28_5573">[28]</a>. Va precisato che al di là dello stile celtico presente in alcune decorazioni delle pagine, i manoscritti carolingi presentano caratteristiche molto diverse dai manoscritti insulari, specialmente la rappresentazione delle scene e dei personaggi nei Vangeli: nei manoscritti iberno-sassoni si trovano immagini fortemente stilizzate e non sempre proporzionate nelle forme del corpo, mentre nei manoscritti carolingi le figure sono molto più comprensibili e armoniose, di derivazione romana <a href="#_ftn29_5573" name="_ftnref29_5573">[29]</a> e riflettono lo stile classico anche nei colori, forte è la loro somiglianza con gli affreschi di età romana. Dalla miniatura carolingia, con molti elementi d’influenza bizantina, derivò il cosiddetto stile ottoniano, che fiorì tra la metà del X secolo e la prima parte dell’XI, sopravvivendo in alcuni rari esemplari fino al 1100 e si ritrova esclusivamente nei monasteri sotto il controllo del Sacro Romano Impero e fu fortemente voluto dagli stessi imperatori e dai più importanti esponenti nelle diverse istituzioni ecclesiastiche. Qui bisogna ricordare che lo stile ottoniano deve la sua fortuna nella divisione dei territori dell’Impero tra i figli di Carlo Magno dopo la sua morte, come da suo testamento. Dalla divisione di quel grande e immenso impero, derivarono le attuali Francia e Germania che all’epoca comprendeva anche buona parte del nord Italia. I manoscritti ottoniani nacquero anche in risposta alla concorrenza dei monasteri francesi che con la Riforma Cluniacense subirono un forte impulso alla produzione di codici <a href="#_ftn30_5573" name="_ftnref30_5573">[30]</a>. <p> <p align="center"><img alt="http://gallica.bnf.fr/iiif/ark:/12148/btv1b8452767n/f580/836.9084793694462,736.4675336364093,2530.8365163371072,2783.3190191545855/421,463/0/native.jpg" src="http://gallica.bnf.fr/iiif/ark:/12148/btv1b8452767n/f580/836.9084793694462,736.4675336364093,2530.8365163371072,2783.3190191545855/421,463/0/native.jpg" width="320" height="352"> <h6>Figura 4 – Iniziale istoriata tratta dalla <em>Seconda Bibbia di Carlo il Calvo</em> (<em>Seconde Bible de Charles le Chauve</em>), Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 2, folio folio 285v <a href="#_ftn31_5573" name="_ftnref31_5573">[31]</a></h6> <p> <p>Nei secoli successivi, probabilmente in conseguenza dei rapporti diplomatici e commerciali con la parte orientale e nordica dell’attuale Europa e in parte in conseguenza delle conquiste da parte dell’Impero tedesco, lo stile dei manoscritti occidentali cambiò di molto e lo stile celtico, tipico dei manoscritti altomedievali iberno-sassoni, svanì lentamente uniformandosi a quello continentale. Lo stile celtico di per sé è uno stile anch’esso unico nel suo genere e lo si ritrova spesso anche nelle decorazioni di monumenti come chiese e monasteri ma anche altri edifici di età romanica. Questo stile si contraddistingue anche per i modi di rappresentare le figure e i personaggi nei Vangeli, ma anche per le particolarissime pagine tappeto (carpet page) che si trovano in alcuni Evangeliari come quelli di <em><font color="#ff0000">Lindisfarne</font></em> e il <em><font color="#ff0000">Libro di Kells</font></em>, il <em><font color="#ff0000">Libro di Durrow </font></em><a href="#_ftn32_5573" name="_ftnref32_5573">[32]</a> e il <em><font color="#ff0000">Libro di Deer </font></em><a href="#_ftn33_5573" name="_ftnref33_5573">[33]</a>. <p> <p align="center"><img title="" alt="" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/8e/KellsFol292rIncipJohn.jpg" width="600" height="799"> <h6>Figura 5 – Pagina tappeto tratta dal <i>Libro di Kells</i>, Vangelo di Giovanni, Incipit, folio 292r. Immagine tratta da Wikipedia <a href="#_ftn34_5573" name="_ftnref34_5573">[34]</a></h6> <p align="center"> </p> <p align="center"><img title="lindisfarne_lg" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="lindisfarne_lg" src="https://lh3.googleusercontent.com/-4gL8OWaPzy8/WTHSPMI0IyI/AAAAAAAApcE/Egx4nulX4eoQSNAeLLYAGi_gPRAEbXhIACHM/lindisfarne_lg10?imgmax=800" width="600" height="723"></p> <h6>Figura 6 – Incipit del Vangelo di Matteo dell’Evangeliario di Lindisfarne. Folio 27r. Fonte immagine: Wikipedia <a href="#_ftn35_5573" name="_ftnref35_5573">[35]</a></h6> <p> <p>Questo particolare stile, molto antico, subì come molti altri stili artistici l’influenza del Cristianesimo e, infatti, risulta che i primi manoscritti che riportano le decorazioni in stile celtico risalgono, almeno i più antichi in assoluto, al V secolo d.C. quando i monaci dalla Britannia dovevano essersi spostati prima verso la Scozia e poi da lì all’Irlanda del nord. Fu la mancanza d’incursioni barbariche a consentire ai monaci di sviluppare questi manoscritti prima della conquista Normanna <a href="#_ftn36_5573" name="_ftnref36_5573">[36]</a>. Seppure Seppure la maggior parte degli storici sostiene che lo <i>stile <font color="#ff0000">celtico</font></i> sia unico nel suo genere poiché nativo della terra in cui si diffuse, dove la cultura e la religione celtica erano insediate da prima della conquista romana; Middleton nel suo studio sui manoscritti antichi e medievali asserisce, invece, che è stata trovata una <i><font color="#ff0000">curiosa influenza di origine araba</font></i> nei motivi ornamentali dei bordi delle pagine di alcuni manoscritti miniati del XII secolo, pur senza citare i titoli e lo attribuisce al tentativo di imitare i motivi ornamentali arabi dei tessuti provenienti dal continente che si diffusero verso il nord dell’Europa e furono impiegati soprattutto in ambito ecclesiastico <a href="#_ftn37_5573" name="_ftnref37_5573">[37]</a> <a href="#_ftn38_5573" name="_ftnref38_5573">[38]</a>. Non si spiega altrimenti la possibile influenza araba, ma sarebbe meglio dire <em>somiglianza</em>, poiché gli Arabi durante l’espansione dei loro territori non arrivarono mai oltre alla linea di confine naturale rappresentata dai Pirenei e non sono note incursioni via mare da parte dei pirati arabi lungo le coste inglesi o irlandesi, perché gli atti di pirateria nell’Europa insulare risultano invece a carico di Danesi, Irlandesi e Normanni. Inoltre la pirateria araba era soprattutto concentrata nel Mediterraneo, dove il flusso di navi cariche di merci era di gran lunga più ricco e interessante di quello che collegava, specie nell’Alto Medioevo, le Isole Britanniche con il resto del continente. Fu proprio il fatto di essere delle isole nell’oceano ad offrire vantaggi e svantaggi all’arte insulare britannica e al suo evolversi, specie l’<i><font color="#ff0000">isolazionismo</font></i>. Anche nelle tecniche di colore e decorazione delle miniature i manoscritti celtici si distinguono poiché sembra che usassero colori molto vivaci che ancora oggi non hanno risentito troppo del passare del tempo e sono ancora vividi; l’uso delle decorazioni in oro o argento sembra essere stato introdotto molto dopo la nascita della miniatura celtica. Simile all’arte celtica era quella <i><font color="#ff0000">vichinga</font></i> o, come alcuni la chiamano, <i><font color="#ff0000">arte</font> <font color="#ff0000">scandinava</font></i>. Gli Scandinavi <a href="#_ftn39_5573" name="_ftnref39_5573">[39]</a> non erano una razza particolarmente letterata e vivevano soprattutto d’incursioni, razzie che servivano a sviluppare ai loro commerci <a href="#_ftn40_5573" name="_ftnref40_5573">[40]</a>. Di proprio avevano la straordinaria abilità di lavorare i metalli e creare gioielli di bellezza unica e grazie ai loro contatti – dovuti più che altro alle loro spedizioni e invasioni – entrarono in contatto con una grandissima quantità di culture nel Mediterraneo, specie quella araba e quella bizantina e nell’Europa Insulare vicina, quindi la Britannia e l’Irlanda e l’Islanda; e non mancarono anche contatti con il continente, dove era grande l’influenza germanica. Con una storia che ricorda l’evolversi dell’arte bizantina quella scandinava sembra essere un ibrido in continua evoluzione con marcati caratteri di arte celtica, dovuti probabilmente alla stretta vicinanza con le isole britanniche. L’<font color="#ff0000"><i>arte</i> <i>vichinga</i> </font>conobbe il suo massimo splendore nell’Alto Medioevo, fino al secolo X almeno. Alla pari dei disegni celtici anche quelli vichinghi erano fortemente stilizzati e inizialmente erano caratterizzati da motivi animali astratti e i motivi ornamentali vegetali entrarono solo a partire dal tardo X secolo in quanto considerati di scarsa importanza dagli artisti scandinavi. A partire da quel periodo, specie nello <strong><em><font color="#ff0000">stile Mammen</font></em></strong> il motivo fogliare prese a combinarsi a quello animale <a href="#_ftn41_5573" name="_ftnref41_5573">[41]</a>. Tali combinazioni sono osservabili anche nei manoscritti Iberno-sassoni dei secoli dall’VIII al X. Lo <em><font color="#ff0000">stile vichingo o scandinavo</font></em> rimase tuttavia più apprezzabile nei gioielli e nei manufatti metallici che nei manoscritti. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc483753722"></a><a name="_Toc483731553"></a><a name="_Toc473708305"><font color="#ff0000">Miniatura romanica e gotica</font></a></h2> <p>La <b><i><font color="#ff0000">miniatura romanica</font></i></b> fiorì tra XI e XIII secolo ed ebbe una produzione artistica tanto articolata da rendere l’analisi di ogni variante regionale irrimediabilmente riduttiva. Nella miniatura romanica confluirono infatti tradizioni e influssi di varia provenienza. Si caratterizzo così per la sua crescente specializzazione regionale: la sua produzione straordinariamente varia si concentrò in Francia e in Inghilterra, specialmente a Winchester e Canterbury. Inoltre nel XII secolo cominciarono ad emergere i primi segni della secolarizzazione e profonde trasformazioni culturali che avrebbero inciso radicalmente sulla produzione libraria occidentale. Oltre alla miniatura tradizionale vennero anche messe a punto nuove tecniche che in epoca romaica raggiunsero il loro apice: lettere ornamentali e iniziali figurate e arricchite da elementi fogliacei. All’originalità di questo linguaggio contribuirono anche energetiche pennellate di colore <a href="#_ftn42_5573" name="_ftnref42_5573">[42]</a>. <p> <p>La <font color="#ff0000"><b><i>miniatura</i></b> <b><i>gotica</i></b></font>, invece, nacque almeno mezzo secolo dopo l’architettura, la scultura e la pittura vetraria gotica: le prime testimonianze risalgono all’arte francese del XII secolo, come documenta il <font color="#ff0000"><i>Salterio di</i> <i>Ingeborg</i></font> conservato nel castello di Chantilly. Dalla Francia, terra divenuta celebre per le magnifiche cattedrali gotiche, si diffusero infatti numerosi impulsi innovativi, che intorno al 1220 confluirono nella miniatura inglese. I codici di questo periodo documentano in modo emblematico la crescente secolarizzazione della cultura occidentale. Con la nascita delle prime università si diffusero nuovi centri del sapere. La progressiva secolarizzazione portò alla ribalta la committenza nobiliare, che col passare del tempo surclassò <a href="#_ftn43_5573" name="_ftnref43_5573">[43]</a> il mecenatismo ecclesiastico. Durante il regno di Luigi IX il Santo (reg. 1226-1270), l’arte francese si assicurò il primato assoluto, che mantenne fino all’inizio del XV secolo. La <em><font color="#ff0000">Bibbia dei Crociati</font></em> esemplifica in modo emblematico il felice sodalizio tra miniatura e pittura vetraria. Dal XIII secolo, in Francia, cominciarono a diffondersi i nomi dei miniatori, che come si è detto prima ci sono rimasti per lo più anonimi poiché non tutti solevano firmare la propria opera. Nel XIV secolo la più celebre officina gotica, la bottega parigina in cui lavorò anche Jean Pucelle dal 1320 al 1334 documenta gli influissi della pittura italiana del trecento sui miniatori d’oltralpe, in particolare per quanto riguarda gli <font color="#0000ff"><i>esperimenti</i> <i>prospettici</i></font>, la <i><font color="#0000ff">spazialità</font></i> e la <i><font color="#0000ff">tecnica del grisaille </font></i><a href="#_ftn44_5573" name="_ftnref44_5573">[44]</a>. Nel XIII e XIV secolo anche la miniatura della corona inglese, titolare di vasti territori in Francia, beneficiò dell’incontro di diverse correnti artistiche. Così in Francia e in Inghilterra fiorì lo <i><font color="#ff0000">stile fleuronnè</font> (<font color="#ff0000">fiorone</font>)</i>, un tipo di decoro a viticcio in filigrana che nasce nelle iniziali, per poi estendersi anche sui margini come una serie di delicate figure e scene. Anche durante il regno di Carlo V (fine del XIV secolo), la miniatura francese visse un periodo di straordinario splendore: sotto la sua egida <a href="#_ftn45_5573" name="_ftnref45_5573">[45]</a> molti artisti stranieri, specie italiani e olandesi, si recarono a Parigi, dove diffusero lo stile delle loro miniature a moduli più naturalistici. Intorno <p>Intorno al 1400 si creò una straordinaria simbiosi tra il gotico internazionale e quello della corte francese, tra le tecniche innovative del Trecento italiano e la rappresentazione naturalistica della realtà. Si ricordano i già citati <i><font color="#ff0000">Fratelli Limbourg</font></i>, il <font color="#ff0000"><i>Maestro di</i> <i>Boucicant</i></font>, il <i><font color="#ff0000">Maestro di Bedford</font></i>. Accanto agli impulsi artistici locali, l’influenza italiana e francese svolse un ruolo fondamentale nella straordinaria fioritura della miniatura presso la corte di Praga dell’Imperatore Carlo IV che visse a lungo a Parigi. Per tutto il secolo XV il mecenatismo del ducato di Borgogna, tra il 1384 e il 1477, favorì la rinascita di una cultura cortese-borghese di ineguagliabile splendore. La raffinatezza e il lusso da <i><font color="#ff0000">Mille e una notte</font></i> che regnavano alla corte di Borgogna divennero celebri in tutta Europa. nei laboratori di molti pittori alto-olandesi, estremamente sensibili all’arte burgunda, vennero eseguiti capolavori indimenticabili che portano la firma di artisti del regno di Jean Van Eyck e Blarthelèmy Van Eyck: le loro geniali innovazioni nella rappresentazione della luce e nell’attenta osservazione della natura prefiguravano già i capolavori della pittura fiamminga. Colonia svolse il ruolo di crocevia tra le zone della Renania centrale e settentrionale e l’Olanda, come documentano alcuni manoscritti. Tra il 1470 e il 1520, all’epoca in cui il Rinascimento italiano era già alle porti nelle regioni a nord delle Alpi, le botteghe fiamminghe di Bruxelles, Gand e Bruges e di numerose altre città non produssero soltanto opere di lusso, soprattutto ricchi libri d’ore destinati a ricchi committenti, ma anche una vastissima tipologia di libri per il più articolato mercato borghese. Fiorì in quel periodo anche la tecnica del <i><font color="#ff0000">trompe-l’oeil </font></i><a href="#_ftn46_5573" name="_ftnref46_5573">[46]</a>. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2></h2> <h2><a name="_Toc483753723"></a><a name="_Toc483731554"></a><a name="_Toc473708306"><font color="#ff0000">La realizzazione della miniatura</font></a></h2> <p><i></i> <p>La realizzazione della miniatura avveniva come per il manoscritto, attraverso vari passaggi, e il più meticoloso era sia la realizzazione del disegno (<strong><em><font color="#ff0000">sinopia</font></em></strong> <a href="#_ftn47_5573" name="_ftnref47_5573">[47]</a>) sia sia la creazione dei colori; per questo occorreva procurarsi pigmenti di varia natura: <i><font color="#ff0000">animali</font></i>, <i><font color="#008000">vegetali</font></i> o <i><strong>minerali</strong></i> che venivano miscelati con sostanze leganti come <strong><i>albume</i> o <i>gomme vegetali</i></strong> dopo essere stati minuziosamente triturati in modo da ottenere una pasta fluida a sufficienza per poter essere spalmata sulla superficie da colorare. Molto spesso i colori più pregiati e quindi costosi venivano acquistati da mercanti che le importavano da terre lontane come per esempio il celebre azzurro <em><font color="#ff0000">lapislazzuli</font></em> <a href="#_ftn48_5573" name="_ftnref48_5573">[48]</a> o l’indaco (<i>Indigofera tinctoria</i>, Fabaceae) <a href="#_ftn49_5573" name="_ftnref49_5573">[49]</a>. In epoca antica il riempimento a colori era fatto con <strong><em>pigmenti tempera </em></strong><a href="#_ftn50_5573" name="_ftnref50_5573">[50]</a>, opachi e pesanti e eccessivo era l’uso del piombo come addensante per i colori, in particolar modo il giallo (giallo di piombo e stagno <a href="#_ftn51_5573" name="_ftnref51_5573">[51]</a>) ed il <strong><em>bianco</em></strong> (detta anche <em>biacca</em> <a href="#_ftn52_5573" name="_ftnref52_5573">[52]</a>). Altro pigmento utilizzato sin dall’antichità era l’ocra rossa <a href="#_ftn53_5573" name="_ftnref53_5573">[53]</a>, e fino al IV secolo d.C. fu utilizzata l’ocra gialla al posto dell’oro. Per Per le tonalità di rosso era utilizzato oltre al <b><i><font color="#ff0000">minio</font></i></b>, anche il <i><strong><font color="#ff0000">kermes</font></strong></i>, ottenuto da un insetto noto anche come <em>Cocciniglia</em> (<i>Dactylopius coccus</i>) e la <i><font color="#ff0000">porpora</font></i>, ottenuta dal mollusco del <em><strong>Murice</strong></em> (<i>Bolinus brandaris</i>) <a href="#_ftn54_5573" name="_ftnref54_5573">[54]</a>. AA partire dal V secolo d.C. entrò in uso la <font color="#aa9500"><strong><em>doratura</em></strong></font>, realizzata <i>non con lamine</i> ma con <i><strong>oro fuso</strong> </i>ed era impiegata soprattutto per definire alcuni dettagli dei paesaggi e degli ambienti, mentre la <i>porpora</i> era impiegata per alcuni arredi disegnati <a href="#_ftn55_5573" name="_ftnref55_5573">[55]</a>. Fu in questo periodo che, parallelamente alla caduta dell’Impero d’Occidente, venne a decadere anche l’arte della miniatura mentre in Oriente sopravvisse ed ebbe un periodo di particolare splendore in epoca giustinianea. <p> <p>Caratteristica della miniatura sin dall’Alto Medioevo è la <b><i><font color="#aa9500">doratura</font></i></b> che era in sé, a sua volta, una vera e propria arte e lo è tutt’ora quando viene impiegata per la riproduzione di fedeli fac-simile o per altre tecniche artistiche. Come prima cosa veniva coperto il fondo del foglio come un composto di gesso, colla di pesce e miele che fungevano da collante e successivamente veniva applicata una <i><font color="#aa9500">lamina d’oro</font></i>, successivamente soggetta alla lucidatura. L’applicazione dell’oro musivo era più semplice. Difficili sono da trovare oggi, invece, le miniature rappresentate con <i>disegni a penna</i> o a <i>china</i>. <p> <p>Circa invece il riempimento a colori delle miniature, come è stato già scritto, era necessario procurarsi i pigmenti di varia natura e varia origine, al fine di miscelarli e poi applicarli alle immagini che si desiderava colorare, esattamente come avveniva per i pittori. Sarebbe più corretto dire, come sostiene anche Middleton <a href="#_ftn56_5573" name="_ftnref56_5573">[56]</a> che in realtà sin dall’età antica, ma soprattutto nel Medioevo, erano i tre colori primari ad essere utilizzati più di tutti e miscelati tra loro per ottenerne dei nuovi, resi più chiari o più scuri dall’impiego di altre materie, quasi sempre di origine minerale. Inoltre era possibile ottenere più di una sfumatura di un colore, a seconda di come lo si miscelava o di come si lavorava la materia prima. Oltre ai colori già citati, la maggior parte delle sfumature dell’attuale cartella colori si otteneva esclusivamente per miscelazione o per estrazione dalle materie prime che erano note per produrre i pigmenti. Uno schema può aiutare a conoscere meglio i colori impiegati da miniatori e artisti del passato. Non è noto se, alla fine del riempimento che era la fase finale della realizzazione della miniatura, fossero applicate delle sostanze per impedire il deterioramento dei colori e permettere la conservazione delle immagini visto che alcuni manoscritti oggi presentano ancora colori brillanti mentre altri hanno immagini sbiadite e talvolta incomplete o irrimediabilmente rovinate e incomprensibili <a href="#_ftn57_5573" name="_ftnref57_5573">[57]</a>. Pare che l’ultimissima fase consistesse nella laccatura, che veniva applicata però solo per le scene miniate e l’oro, ma non sempre, probabilmente solo per i manoscritti più pregiati, trattandosi non solo di una sorta di resina, ma anche di un pigmento colorato e trasparente che si ricavava da un insetto. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc483753724"></a><a name="_Toc483731555"></a><a name="_Toc473708307"><font color="#ff0000">I colori del Miniatore</font></a></h2> <h3><a name="_Toc483753725"></a><a name="_Toc483731556"></a><a name="_Toc473708308"><font color="#0000ff">Il blu</font></a></h3> <p>Il colore <i>blu</i>, chiamato in araldica ‘<i>azzurro’ </i>è stato tra i pigmenti più usati e tra i più resistenti. Ottenuto quasi sempre dal <i><font color="#0000ff">Lapislazzuli</font></i> o dall’<i><font color="#0000ff">Indaco</font></i>, era un prodotto per lo più di importazione in Europa, proveniente soprattutto dai Paesi arabi come la Persia. Middleton accenna anche all’<font color="#0000ff"><i>azzurrum</i> <i>transmarinum</i> </font>(attuale <i><font color="#0000ff">blu oltremare</font></i>) <a href="#_ftn58_5573" name="_ftnref58_5573">[58]</a> e da una breve descrizione del processo di ottenimento dal minerale del Lapislazzuli. La pietra madre, già difficile da trovare e rarissima, era sbriciolata minuziosamente facendo in modo da separare le particelle blu dal resto della pietra e successivamente erano effettuati vari lavaggi per evitare di perdere anche le più piccole particelle. In ultimo, prima dell’utilizzo la polvere poteva essere calcinata col calore <a href="#_ftn59_5573" name="_ftnref59_5573">[59]</a>, procedura per lo più moderna, utilizzata raramente in epoca medievale poiché comprometteva la profondità e la brillantezza del colore. Il Il Lapislazzulo(i) è in vero l’antica denominazione della <i><font color="#0000ff">Lazurite</font></i>, oggi usata per indicare un'associazione di vari minerali del gruppo della sodalite (con prevalenza della lazurite), di colore azzurro-oltremare intenso. Il suo nome deriva dal latino medievale <i>lapis lazüli</i> <i>'pietra del lazülum’</i> a sua volta di origine araba ‘<i>lázuward’ </i>che significa 'azzurro'. Il Lapislazzulo è composto da lazurite e calcite ma anche da <i>pirosseni </i><a href="#_ftn60_5573" name="_ftnref60_5573">[60]</a> <em>anfiboli</em> <a href="#_ftn61_5573" name="_ftnref61_5573">[61]</a>, <em>miche</em> <a href="#_ftn62_5573" name="_ftnref62_5573">[62]</a> e <em>pirite</em> <a href="#_ftn63_5573" name="_ftnref63_5573">[63]</a>. La pietra è di colore azzurro oltremare intenso, anche se le pietre femmine hanno una colorazione più tenue; presenta una lucentezza vitrea ed è opaca o appena traslucida ai bordi. Si trova soprattutto in Tibet, Iran e Cina e in piccolissime quantità anche in Italia nelle regioni vulcaniche <a href="#_ftn64_5573" name="_ftnref64_5573">[64]</a>. È noto sin dall’Antichità e impiegato sia nell’oreficeria sia nell’arte come prezioso pigmento. Essendo molto raro, era di per sé molto costoso e Middleton sostiene che il valore del pigmento fosse venduto a peso d’oro, poiché oltre ad essere raro per pitturare gli artisti ne comprassero quantità considerevoli. Era inoltre utilizzato anche come pigmento per tingere alcuni tessuti, alla pari dell’indaco e a maggior ragione aveva un costo elevato. Il <i><font color="#0000ff">lapislazzulo</font></i> è stato ampiamente utilizzato anche nell’arte, negli affreschi. Infine il lapislazzulo era utilizzato per ottenere <i><font color="#0000ff">impasti</font></i> (strati di colore) e <i><font color="#0000ff">smalti</font></i>. Il blu, come si è accennato, era ottenuto anche tramite la pianta nota come <i>Indigofera tinctoria, I. argentea</i> e <i>I. arrecta </i>(Papilionacee), ossia l’<i>indaco</i>, una delle principali sostanze vegetali coloranti. La pianta è di origine asiatica, specie indiana da cui deriverebbe il nome: dal lat. <i>Indïcum</i> (<i>folium</i>): '(<i>foglia</i>) <i>indiana'</i> poiché è nelle foglie della pianta che si trova la sostanza colorante. Il pigmento si trova sotto forma di glicoside e oggi è ottenibile tramite procedimento di sintesi chimica. Il pigmento viene ottenuto per macerazione delle foglie in soluzione alcalina (tramite calce o ammoniaca). Avvenuta la fermentazione, si esegue una filtrazione e si ottiene un precipitato che però non è puro: può infatti contenere tracce di <i><font color="#ff0000">rosso d’indaco</font></i> (<em><font color="#ff0000">indirubina</font></em>) non oltre il 15%; il <i><font color="#4f2700">bruno d’indaco</font></i> (1-5%) e una percentuale residua di minerali, gomme e acqua. Occorre oggi un’ulteriore purificazione per ottenere la pura polvere azzurra, che si presenta con aspetto cristallino a riflessi metallici, insolubile in acqua, alcool ed etere ma non al cloroformio. È altamente resistente alla luce (che tende a deteriorare i colori), al lavaggio, agli alcali e agli acidi e quindi viene molto usato per la colorazione di tessuti e filati. Il bagno oggi utilizzato prevede l’utilizzo di <b><i>bianco d’indaco</i></b> che si ottiene mescolando la polvere d’indaco in soda o calce (molto usata nel Medioevo) e il pigmento si fissa sulla fibra diventando azzurro per ossidazione all’aria. In epoca medievale l’indaco non era usato solo in ambito tessile ma anche come pigmento per la pittura. L’indaco differisce leggermente dall’azzurro lapislazzuli in quanto più scuro e inoltre può essere impiegato per ottenere altre colorazioni, a seconda della sostanza aggiunta, come: rossi (tra cui il <b><i><font color="#ff0000">rosso carminio</font></i></b> e il <b><i><font color="#ff0000">porpora</font></i></b>), verdi e azzurri tra cui l’<i><font color="#0000ff">Azzurro di Sassonia</font></i>. Per ottenere tonalità di azzurro, in modo particolare il <i><font color="#0000ff">ciano</font> </i>(secondo alcune fonti noto come <i><font color="#0000ff">Azzurro Fiordaliso</font></i>) era utilizzato anche il rame, specialmente le paste vitree a contenuto rameico, note sin dall’antichità. Lo <i><font color="#9b00d3">smalto ciano</font></i> era impiegato soprattutto nelle iniziali dei manoscritti. Un altro tipo di blu noto anche come <font color="#0000ff"><em>Azzurro tedesco</em></font> o <em><font color="#0000ff">Azzurro della Magna</font></em>, un carbonato del rame, come riportato da Middleton <a href="#_ftn65_5573" name="_ftnref65_5573">[65]</a>, era usato dai miniatori come alternativa al Lapislazzuli ed era meno pregiato oltre ad essere usato per adulterare le polveri di lapislazzulo, ma tale frode era facilmente rivelabile tramite calcinazione e lasciava sfumature nerastre. Esistono inoltre altri pigmenti, ma erano usati più che altro nella tintura dei tessuti e qui ci si limiterà ad indicare le principali fonti dei pigmenti dei colori più usati nella miniatura. <p> <p align="center"><img title="" alt="" src="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8452550p/f44.highres" width="600" height="864"> <h6>Figura 7 – Evangelista Matteo con manto azzurro. L’immagine è tratta dall’<i>Evangeliario</i> <i>di Saint-Médard de Soissons</i>, IX secolo. © Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 8850, folio 17v <a href="#_ftn66_5573" name="_ftnref66_5573">[66]</a></h6> <p> </p> <p><img style="float: none; margin-left: auto; display: block; margin-right: auto" border="0" alt="Archangels" src="http://www.bl.uk/IllImages/Ekta/mid/E075/E075132b.jpg" width="600" height="557"></p> <h6>Figura 8 – <em>Arcangeli</em>. Immagine tratta dal <em>Carmina Regia</em>, attribuita a Pacino di Buonaguida <a href="#_ftn67_5573" name="_ftnref67_5573">[67]</a> mentre il resto è di Convenevole da Prato <a href="#_ftn68_5573" name="_ftnref68_5573">[68]</a>. Il manoscritto è attualmente custodito presso la © The British Library. Royal 6 E IX f. 7. Immagine distribuita con Pubblico Dominio <a href="#_ftn69_5573" name="_ftnref69_5573">[69]</a></h6> <p align="center"> </p> <p align="center"><img title="©Photo. R.M.N. / R.-G. Ojéda" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="©Photo. R.M.N. / R.-G. Ojéda" src="https://lh3.googleusercontent.com/-TN2jBuzXjzE/WTHSPs9W14I/AAAAAAAApcI/cNDPLmfH71Ey3y1MvVLuOd2XCLc-YidOACHM/012_MS_65_F4_V13?imgmax=800" width="350" height="554"> <img title="©Photo. R.M.N. / R.-G. Ojéda" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="©Photo. R.M.N. / R.-G. Ojéda" src="https://lh3.googleusercontent.com/-UgmSYfNokn4/WTHSQF7QjTI/AAAAAAAApcM/DDnDY8ZrKOggQkNZ8Xoukdow_ryJYXpogCHM/022_MS_65_F9_V12?imgmax=800" width="341" height="554"></p> <h6>Figura 9 – Due Due miniature a pagina intera del celebre manoscritto <i>Très Riches Heures</i> del Duca di Berry, del XV secolo (1411-1416). Le miniature sono tratte dal <i>Ciclo dei Mesi </i>e fanno riferimento ai mesi di Aprile (sinistra) e Settembre (destra). Le miniature sono state realizzate dai Fratelli Limbourgh e il blu che spicca ancora oggi luminoso e intenso sugli sfondi e sulle vesti è proprio il blu ultramarino tratto dal Lapislazzulo <a href="#_ftn70_5573" name="_ftnref70_5573">[70]</a>. Il manoscritto è ospitato presso il Castello di Chantilly, Musée Condé, MS 65 f. 4v. Fonte immagini: Wikipedia <a href="#_ftn71_5573" name="_ftnref71_5573">[71]</a></h6> <p> <p>L’azzurro era utilizzato soprattutto negli sfondi delle ambientazioni e nelle vesti dei personaggi di rango più alto, che in genere vengono identificati nei committenti ricchissimi di questi preziosi manoscritti, ma era molto utilizzato anche come colore dei mantelli di Santi e della Madonna sia nella miniatura sia nell’arte, italiana e straniera dei secoli dal XIV e XV. In ultimo, essendo l’azzurro un colore araldico, scelto per la sua affinità col colore del cielo era utilizzato per indicare e simboleggiare tutte le virtù più elevate sia spirituali sia cavalleresche. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h3><a name="_Toc483753726"></a><a name="_Toc483731557"></a><a name="_Toc473708309"><font color="#ff0000">Il rosso</font></a></h3> <p>Seppure se ne è già accennato nei paragrafi precedenti riguardo alla miniatura, il rosso è un altro dei colori primari più utilizzato nei manoscritti e nelle miniature, ma soprattutto nelle decorazioni delle pagine sin dall’Antichità <a href="#_ftn72_5573" name="_ftnref72_5573">[72]</a>. Come Come il blu aveva origini sia minerali sia vegetali, ma anche animali come nel caso della <b><i><font color="#ff0000">porpora</font></i></b>, ricavata dal Murice<i>, </i>che più che un rosso è una colorazione simile al viola ma dal quale, tramite diversi procedimenti era possibile ottenere altre colorazioni, anche per la tintura dei tessuti, come il <i>blu</i> e i <i>rossi </i><a href="#_ftn73_5573" name="_ftnref73_5573">[73]</a>. Moltissimi pigmenti rossi erano a base di piombo e di ferro, ma anche mercurio specie quelli minerali e il primo usato come addensante. Oltre al <b><i><font color="#ff0000">minio</font> </i></b>(Ossido di Piombo; Pb<sub>3</sub>O<sub>4</sub>) e alla <b><i><font color="#ff0000">porpora</font> </i></b>(prodotta dal Murice) era utilizzato anche il <b><i><font color="#ff0000">Cinabro</font></i></b> (Solforato di mercurio; HgS) che viene anche chiamato <b><i><font color="#ff0000">Rosso vermiglio</font></i></b><i> </i>o semplicemente <b><i><font color="#ff0000">Vermiglio</font></i></b>. Il <b><i>minio</i></b>, già citato (Ossido di Piombo; Pb<sub>3</sub>O<sub>4</sub>) è stato tra i principali pigmenti usati sin dall’Antichità e si presenta come una polvere pesante molto densa di varie gradazioni di colore, dall’arancio al rosso vivo, gradazioni dovute alla percentuale di particelle estranee presenti. Le principali riserve si trovano nel Baden <a href="#_ftn74_5573" name="_ftnref74_5573">[74]</a> e in Vestfalia, ma anche in Scozia. Si può ottenere anche tramite calcinazione del Piombo, pratica molto probabilmente già nota in epoca medievale. Come altri pigmenti a base di Piombo è insolubile all’acqua e tossico <a href="#_ftn75_5573" name="_ftnref75_5573">[75]</a>. <p>Veniva impiegato anche nelle vernici e negli smalti di rivestimento. Oltre al <b><i>minio di piombo</i> </b>esistono anche quello di <i>ferro</i> e <i>alluminio</i>, meno tossici ma ugualmente molto densi e usati come pigmento e che hanno i due elementi succitati come base al posto del piombo e il loro utilizzo in epoca medievale non è da escludere essendo il territorio europeo ricco di queste risorse. Il <b><i>minio</i></b> era usato dai miniatori soprattutto nelle intestazioni e nei capolettera di un paragrafo. <p align="center"> <p align="center"><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLPN8vAKPQRDGze2Yygfuuf2fZOY-K5POOzZHETenhd8tzCEJNJTYKxa6VatIZ-HDPCGT9HU80YOuS9XjLMtB2FT_MDBnyyk9MsVm6MgFHIVpJW2NjosOF11OQ_nA-rWevRlIDWRedVzQ/?imgmax=800" width="500" height="385"> <h6>Figura 10 – Capolettera di paragrafi in un Vangelo del VIII secolo. sono numerosissimi i capolettera e le iniziali istoriate decorate di rosso o oro di manoscritti dell’Alto Medioevo. L’immagine è tratta da <i>Evangelia</i>, © Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 263, folio 126r <a href="#_ftn76_5573" name="_ftnref76_5573">[76]</a>.</h6> <p>L’altro pigmento era invece il <b><i><font color="#ff0000">Cinabro o Vermiglio</font></i></b>, un pigmento minerale, presente in diverse rocce e si presenta in masse granulari, più che in cristalli. Le principali riserve sono situate in Italia, Spagna e Russia. Dal <b><i><font color="#ff0000">Vermiglio</font></i></b> deriva anche il <b><i><font color="#ff0000">Vermiglione</font></i></b>, termine usato come sinonimo dello stesso colore, ma che in realtà è una sofisticazione ottenuta per aggiunta di zolfo e si ottiene un colore tendente allo <b><i><font color="#ff0000">Scarlatto</font></i></b>, ottenuto anche dalla lavorazione del pigmento indaco e utilizzato anche nell’arte tintoria tessile. Tra i derivati del ferro, specie gli ossidi si ottenevano anche altri pigmenti di colore rosso, specie la cosiddetta <i><font color="#ff0000">Rubrica</font></i> o <i><font color="#ff0000">Rosso indiano</font></i>, usata dal <i><font color="#ff0000">Rubricatore</font> </i>per decorare le pagine. Un altro pigmento rosso ferroso è l’<i><font color="#ff0000">Ocra rossa </font></i>(Ossido di ferro; Fe<sub>2</sub>O<sub>3</sub>), già citata e che sarebbe una variazione della <i><font color="#ff0000">Rubrica</font></i> e della <i><font color="#ff0000">Sinopia</font></i> usata, quest’ultima, per le bozze preparatorie degli artisti e nota anche come <i><font color="#ff0000">Rosso di Sinope </font></i><a href="#_ftn77_5573" name="_ftnref77_5573">[77]</a>. Dai pigmenti ferrosi rossi era poi possibile ottenere anche altre tinte come <b><i><font color="#4f2700">marrone</font></i></b>, <b><i><font color="#ffc000">giallo</font></i></b> e <b><i>nero</i></b>. Si ricordano i citati <i><font color="#ff0000">Murice</font></i> e <i><font color="#ff0000">Kermes</font></i>, tra i pigmenti di origine animale che davano colorazioni rosse. Il <strong><em><font color="#ff0000">Kermes</font></em></strong>, nome di origine araba, è ottenuto dalla Cocciniglia che vive soprattutto sulla pianta del Leccio (<i>Ilex</i> gen.), un genere della famiglia della Quercia (<i>Quercus</i> gen. Fagaceae) delle regioni della Siria e del Peloponneso. Si tratta di un rosso molto intenso e acceso, usato anche per tingere i tessuti. Il <font color="#ff0000">Kermes</font> era noto anche col nome latino di <i>rubenm <font color="#ff0000">de grana</font></i>, quando era utilizzato per tingere i tessuti <a href="#_ftn78_5573" name="_ftnref78_5573">[78]</a>. Da un altro insetto noto anche come <i>Laccifer</i> <i>lacca</i> (secondo altre fonti è la <i>Kerria Lacca</i>, una specie di cimice) è ricavato un pigmento rosso, meglio una resina gommosa, nota anche come <b><i><font color="#ff0000">Lacca rossa</font></i></b> o semplicemente <b><i><font color="#ff0000">Lacca</font></i></b>, citata anche dal Cennini e usata nelle miniature e nell’arte italiana nel XV secolo, soprattutto sull’oro. <p align="center"> <p align="center"><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="https://lh3.googleusercontent.com/-GVvhiwpNDsY/WTHSRR85tZI/AAAAAAAApcU/Gjyqiy-O__YLA8vvePoooOLCt8jkZfR5gCHM/index9?imgmax=800" width="500" height="527"> <h6>Figura 11 – <i>Evangelista Matteo</i>. Notare la presenza del rosso sul cielo dello sfondo, alcuni arredi e il contorno della miniatura. Il rosso è molto utilizzato nelle decorazioni e nelle miniature di questo manoscritto. Immagine tratta dall’<i>Evangeliario detto di Loisel</i>, IX secolo. © Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 17968, folio 15 <a href="#_ftn79_5573" name="_ftnref79_5573">[79]</a></h6> <p> <p>Altro rosso era il <i>Rosso Robbia </i>o semplicemente<i> <font color="#ff0000">Robbia</font></i>, dall’omonima pianta: <i><font color="#ff0000">Rubia rinctorium</font> </i>(Rubiaceae), anch’essa usata in campo tessile. Altri pigmenti rossi sono il <i><font color="#ff0000">Brasile</font></i> (da cui viene il nome dell’omonimo Stato) noto nel Trecento come <b><i><font color="#ff0000">Verzino</font></i></b> e citato anche da Cennino Cennini come derivato non della pianta della Sequoia ma come derivato rosso del Lapislazzulo <a href="#_ftn80_5573" name="_ftnref80_5573">[80]</a> <a href="#_ftn81_5573" name="_ftnref81_5573">[81]</a>. In realtà si tratta di due pigmenti diversi con diversa origine che però hanno tonalità molto simili. Altro composto naturale, abbastanza ubiquitario nelle specie botaniche con frutti rossi e viola sono le <strong><em><font color="#ff0000">antocianine</font></em></strong> che pur non essendo conosciute sino all’avvento della chimica moderna, sono utilizzate nella loro forma naturale sin dall’età Romana. Da Vitruvio a Cennino Cennini viene citato l’uso di frutti e parti di piante contenenti queste sostanze sia per la produzione di acquerelli per le decorazioni artistiche sia nella tintura dei tessuti <a href="#_ftn82_5573" name="_ftnref82_5573">[82]</a>. <p><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin-left: auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px; margin-right: auto" border="0" alt="" src="https://lh3.googleusercontent.com/-zZXubl3qnBo/WTHSSICt75I/AAAAAAAApcY/esDRoY4-tRYl_RV76bm0YyAHMJY0gOTFwCHM/image161?imgmax=800" width="400" height="608"> <h6>Figura 12 - <em>Madonna con bambino tra gli angeli e i Santi</em>. XXVIII Biennale dell'Antiquariato (2013). Collezione Moretti <a href="#_ftn83_5573" name="_ftnref83_5573">[83]</a></h6> <p>Nell’opera di Cennino Cennini Madonna con bambino tra gli angeli e i Santi il rosso spicca in modo particolare nel vestito della Madonna e nelle ali degli angeli che sovrastano la scena centrale, così come parte del pavimento della stanza dove oro e rosso del tappeto formano motivi decorati di draghi e ornamenti vegetali. <p> <p align="center"><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="https://lh3.googleusercontent.com/-DZpCIDLqp_k/WTHSSk8G23I/AAAAAAAApcc/wUUeODJ9mVcwGHwB_ZRf43v47fTEXbk9gCHM/image28?imgmax=800" width="400" height="268"> <h6>Figura 13 – Forma base di un’antocianina. Si tratta di glicosidi che variano nella formula e nella composizione a seconda della specie da cui provengono. Il loro nome deriva dal greco <i>anthos</i> + <i>kyanos</i> che significa blu scuro, ma danno origine a colorazioni rosse </h6> <p> <p>Il <strong><em><font color="#ff0000">Sangue di Drago</font></em></strong>, un particolare tipo di rosso carico e denso era ottenuto dalla <em>Dracaena draco</em> e dalla Dracaena cinnabari (Liliaceae) originarie delle Canarie <a href="#_ftn84_5573" name="_ftnref84_5573">[84]</a>. Il pigmento si ricava dalla resina della pianta. Altra specie che fornirebbe lo stesso colore è la Daemonorops draco (Arecaceae), insieme al Calamo aromatico di cui viene usata la radice (Acorus gen.) e allo Pterocarpus (Fabaceae) di origini africane e asiatiche. <p align="center"> <p align="center"><img title="©Photo. R.M.N. / R.-G. Ojéda" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="©Photo. R.M.N. / R.-G. Ojéda" src="https://lh3.googleusercontent.com/-t3PjVi7g_qE/WTHSTEb-zEI/AAAAAAAApcg/sSLLBjRg70ALplPPPxZLfU_Z2mpUjKP2QCHM/146_MS_65_F71_V10?imgmax=800" width="600" height="193"> <h6>Figura 14 – <i>Processione di San Gregorio</i>. Notare l’intensità del colore rosso del mantello papale e delle vesti cardinalizie. L’immagine è tratta dalle <i>Très Riches Heures du Duc de Berry</i>. Il manoscritto è ospitato presso il Castello di Chantilly, Musée Condé, MS 65, folio 71v. Fonte immagini: Wikipedia <a href="#_ftn85_5573" name="_ftnref85_5573">[85]</a></h6> <p align="center"> <p align="center"><img title="©Photo. R.M.N. / R.-G. Ojéda" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="©Photo. R.M.N. / R.-G. Ojéda" src="https://lh3.googleusercontent.com/-H3murNXKK2s/WTHSTj7XXOI/AAAAAAAApck/U2viUuoEcogjlqC92CGvr_ab7WSctCsxACHM/397_MS_65_F19710?imgmax=800" width="300" height="508"> <h6>Figura 15 – <i>Papa e due cardinali</i>. L’immagine è tratta dalle <i>Très Riches Heures du Duc de Berry</i>. Il manoscritto è ospitato presso il Castello di Chantilly, Musée Condé, MS 65, folio 71v. Fonte immagini: Wikipedia <a href="#_ftn86_5573" name="_ftnref86_5573">[86]</a></h6> <p> <p>Il rosso normalmente veniva usato oltre che come inchiostro per testi e capolettera, nelle decorazioni e per quanto riguarda strettamente le miniature e le scene rappresentate nei vari tipi di manoscritto, era utilizzato per rappresentare l’abito corale cardinalizio <a href="#_ftn87_5573" name="_ftnref87_5573">[87]</a> come nelle miniature mostrate sopra; ma era anche molto usato nelle vesti nobiliari e mantelli soprattutto femminili, specialmente nei secoli XIV e XV e ciò avveniva anche nell’arte italiana e fiamminga dello stesso periodo storico. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h3><a name="_Toc483753727"></a><a name="_Toc483731558"></a><a name="_Toc473708310"><font color="#d7a200"><font style="font-weight: bold">Il giallo</font></font></a><font color="#d7a200"><font style="font-weight: bold"> </font></font></h3> <p>Il <b><i><font color="#d7a200">giallo</font></i></b> che in araldica identifica l’oro, fu ampiamente usato in epoca medievale sia nella miniatura sia nell’arte, come colore primario per ottenere nuovi colori e anche singolo creando meravigliosi contrasti che ancora oggi possiamo ammirare. Come per i colori rosso e blu, anche nel caso del giallo, le origini dei pigmenti potevano essere varie. Si ricorda tra quelli di origine minerale <font color="#d7a200">l’<b><i>ocra gialla</i></b></font>, un composto ferroso ed il principale usato dai miniatori. Di per sé l’<b><i><font color="#d7a200">ocra</font></i></b> è il nome generico col quale vengono indicate le varietà terrose di ematite (rosse) e limonite (gialle). Si trovano in natura alcune pietre che presentano ocra di colore giallo-marrone nota anche <b><i><font color="#d7a200">ocra d'antimonio</font></i></b> (varietà di stibiconite) e <b><i><font color="#d7a200">ocra di molibdeno</font></i></b> (varietà di molibdite). Lo zolfo è tra i principali componenti dei pigmenti di colore giallo, Cennini ne parla anche nel suo trattato col nome di <b><i><font color="#d7a200">Orpimento</font></i></b> (Solforato di Arsenico; AsO<sub>12</sub>S<sub>3</sub><sup>3-</sup>) che risulta un giallo particolarmente intenso e brillante, molto più del <b><i><font color="#d7a200">giallo limone</font></i></b><i>. </i>Sempre di origine inorganica si ricorda il <font color="#d7a200"><b><i>giallo di piombo</i></b><i> </i></font>o<font color="#d7a200"><i> <b>piombo giallo</b></i></font>, o ancora, <b><i><font color="#d7a200">Litargirio </font></i></b><a href="#_ftn88_5573" name="_ftnref88_5573">[88]</a> (un ossido del piombo) che però tende all’arancione e infatti la polvere si presenta aranciata. Era utilizzato soprattutto in pittura ad olio nel XIV e XV secolo. La famosa <strong><em><font color="#d7a200">Terra di Siena</font></em></strong> che prende il nome dalla città è una varietà di giallo piuttosto scura e così la sua varietà ancora più scura, quasi marrone nota come <strong><em><font color="#d7a200">Terra di Siena bruciata</font></em></strong>, ottenuta per combustione della prima<a href="#_ftn89_5573" name="_ftnref89_5573">[89]</a>. Le fonti di origine vegetale da cui è possibile ottenere pigmenti gialli sono tantissime e la famiglia chimica cui appartengono questi pigmenti è nota come <em>flavonoidi</em> da <em>flavone</em>, dal latino flavus che significa ‘<em>giallo’</em>. si tratta di pigmenti purtroppo poco resistenti rispetto ai blu ed ai rossi. Responsabile del colore giallo nelle piante è il <em><strong>cromatoforo</strong></em> <a href="#_ftn90_5573" name="_ftnref90_5573">[90]</a> del flavone. Sono presenti soprattutto nelle foglie, ma sono stati trovati anche in altre parti della pianta come radici, corteccia e fiori. <p align="center"> <p align="center"><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0Pt0r0wmSgSPzoKe49llDDRQRQNKPH5gaye33nmwB-VIRjuzJbELl2DRkkpkzFJLMhxrTDZAGYv0ptXf_6BT16MVnSI2vPlNh8fJimd-4dm-1NJkbl7GLJWpg9IaGqWP70CPq0As3BnQ/?imgmax=800" width="300" height="238"> <h6>Figura 16 – Struttura chimica del flavone </h6> <p> <p>I due composti più importanti di colore giallo sono la <b><i><font color="#d7a200">apigenina</font></i></b> e la <b><i><font color="#d7a200">luteolina</font></i> </b>che nelle piante si trovano in forma glicosidica <a href="#_ftn91_5573" name="_ftnref91_5573">[91]</a>. La prima si trova in moltissime specie di diverso genere e famiglia botanica e tra le fonti più ricche si ricordano il sedano (<i>Apium graveolensis, </i>Apiaceae), la camomilla (<i>Matricaria</i>, Asteraceae) ed il prezzemolo (<i>Petroselinum crispum</i>, Apiaceae), presenti sul continente europeo e anche sul nostro territorio, un tempo impiegate anche per la tintura dei tessuti. La seconda, la <i>luteolina</i>, si trova soprattutto nella specie <i>Reseda luteola</i> (Resendaceae), una pianta originaria del Nord Africa, Europa e Asia occidentale. Anche i <i>flavonoli</i>, derivati sempre dal <i>flavone</i> sono tra i principali pigmenti di color giallo presenti in natura e sono molto diffusi anche se più concentrati in alcune specie rispetto ad altre: in modo particolare la ruta comune (<i>Ruta graveolens</i>, Rutaceae), il grano saraceno (<i>Fagopyrum esclulentum</i>, Poligonaceae) e il sambuco (<i>Sambucus</i> <i>nigra</i>, Caprifoliaceae), la senna (<i>Cassia senna</i>, Fabaceae), l’equiseto (<i>Equisetum</i>, Equisetaceae), l’ortica bianca (<i>Lamium album</i>, Lamiaceae) e la bistorta (<i>Persicaria</i> bistorta, Poligonaceae). Si tratta di specie presenti sul nostro territorio, coltivate e usate sin dall’antichità anche per le loro proprietà nutritive e curative, ma anche come fonte di tinture per il settore tessile e artistico, oltre ad essere talvolta anche fonti per altri pigmenti, ricavati come nel caso del sambuco, dal frutto maturo. Alcune specie sono la <i>Bacca persiana</i> (<i>Rhamnus</i> spp. Rhamnaceae), lo Scotano giovane (<i>Cotinus coggygria</i>, Anacardiaceae), la Verga d’oro (<i>Solidago virgaurea</i>, Asteraceae), la pelle della cipolla (<i>Allium cepa</i>, Liliaceae), la serratula (<i>Serratula tinctoria</i>, Asteraceae), Ginestra minore (<i>Genista tinctoria</i>, Fabaceae), la calendula (<i>Chrysanthemum</i> spp. Asteraceae), margherita (<i>Anthemis tinctoria</i>), la dittinella (<i>Daphne gnidium</i>, Thymelaeceae), lo zafferano (<i>Crocus sativus</i>, Iridaceae) la cui molecola colorante, la <i>crocetina</i> non è un flavonoide ma un <b><i><font color="#000000">carotenoide</font></i></b>; della famiglia omonima i cui pigmenti sono a loro volta impiegati per la realizzazione di pigmenti <b><i><font color="#f35305">arancioni </font></i></b><a href="#_ftn92_5573" name="_ftnref92_5573">[92]</a>. <p align="center"> <p align="center"><img title="©Photo. R.M.N. / R.-G. Ojéda" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="©Photo. R.M.N. / R.-G. Ojéda" src="https://lh3.googleusercontent.com/-ZloRC4fx3c4/WTHSUqZXzgI/AAAAAAAApcs/EkNplktF_gYPqXT1M7QU7tjeAWE0gNDHQCHM/161_MS_65_F796?imgmax=800" width="600" height="855"> <h6>Figura 17 – <em>Pentecoste</em>, tratta dalle <em>Très Riches Heures du Duc de Berry</em>. Il manoscritto è ospitato presso il Castello di Chantilly, Musée Condé, MS 65 f. 79. Fonte immagini: Wikipedia <a href="#_ftn93_5573" name="_ftnref93_5573">[93]</a> </h6> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h3><a name="_Toc483753728"></a><a name="_Toc483731559"></a><a name="_Toc473708311"><font color="#008000">Il verde</font></a> </h3> <p>Anche il <i>verde</i> è un colore che ricorre frequentemente sia nelle scene delle miniature sia nell’arte ed era altresì impiegato anche nella tintura tessile. Il verde è un colore presente in natura ovunque, soprattutto nelle foglie che producono <b><i><font color="#008000">clorofilla</font></i></b>, il pigmento verde per eccellenza e si trova esclusivamente nelle foglie delle piante. Rispetto agli altri, il colore verde utilizzato per la produzione dei colori necessari al miniatore e all’artista era soprattutto di origine minerale, cioè proveniva da pietre contenenti soprattutto rame (Cu). Sono pochi i pigmenti verdi conosciuti di epoca antica e medievale: la<font color="#008000"> <b><i>terra verde</i></b></font><i> o <b><font color="#008000">Terra di Verona</font></b></i>, un colore già noto a Greci e Romani e utilizzato sino al Rinascimento di origine minerale, contenuto soprattutto nella glauconite, a sua volta del gruppo della <i>mica</i>, già citata nella parte dedicata al blu ed è composta principalmente da silicati di ferro e potassi, ma anche manganese e rame. Dal rame prende nome l’omonimo <b><i><font color="#008000">verderame</font></i></b>, in vero il carbonato del rame ottenuto per lavaggio del rame metallico con aceto o per esposizione al vapore dell’aceto in un vaso chiuso come descritto anche da Teofilo <a href="#_ftn94_5573" name="_ftnref94_5573">[94]</a>. Fu molto utilizzato dai miniatori e dagli artisti durante il XV secolo. Un altro verde è il <b><i><font color="#008000">Prasiniun</font></i></b> ottenuto per mescolanza del gesso in polvere con la parte verde del porro (<i>Allium ampeloprasum</i>, Liliaceae). Cennino Cennini raccomanda anche la mescolanza di zolfo, arsenico e indaco per ottenere una particolare tonalità di verde e sempre in epoca medievale era utilizzata anche la mescolanza di ocra gialla con smalto blu al fine di ottenere il verde. In arte il verde è un colore che ricorre piuttosto spesso, specie a partire dal XIV secolo sia in Italia che nell’arte straniera, specie quella fiamminga. Il verde è utilizzato soprattutto nelle ambientazioni paesaggistiche ma anche nelle vesti e coloranti naturali verdi erano utilizzati anche per la tintura dei tessuti. <p align="center"> <p align="center"><img title="©Photo. R.M.N. / R.-G. Ojéda" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="©Photo. R.M.N. / R.-G. Ojéda" src="https://lh3.googleusercontent.com/-7NnhJe1BSjM/WTHSVDlgH_I/AAAAAAAApcw/lDgA0EAeWfM893BiCh28VIIYhHCEdc6XgCHM/014_MS_65_F5_V11?imgmax=800" width="600" height="947"> <h6>Figura 18 – <i>Maggio. </i>Scena con paesaggio primaverile e una corte con dame e cavalieri a cavallo, durante una battuta di caccia. Si noti la brillantezza dei colori e del verde. Tratto dalle <i>Très Riches Heures du Duc de Berry</i>. Il manoscritto è ospitato presso il Castello di Chantilly, Musée Condé, MS 65, f. 5v. Fonte immagini: Wikipedia <a href="#_ftn95_5573" name="_ftnref95_5573">[95]</a> </h6> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h3><a name="_Toc483753729">Bianco e nero</a></h3> <p>Si tratta dei due colori forse più importanti per i miniatori perché insieme ai colori primari e a quelli ‘speciali’ già presenti in natura, servivano per ottenere le tonalità più chiare o più scure dei colori e creare così giochi di luci ed ombre e sfumature nei manoscritti, specie le vesti e i paesaggi. La maggior parte dei pigmenti bianchi, come accennato in parte all’inizio, erano a base di piombo; si ricordano in particolar modo la <b><i>biacca </i></b>(bianco di piombo), il <b><i>bianco di San Giovanni</i></b> (carbonato di calcio) ottenuto riducendo in polvere il marmo lavato in abbondante acqua pura. Anche la <b><i>gomma arabica</i></b> era utilizzata per ottenere il colore bianco e non ultimi i gusci d’uovo triturati insieme al gesso e si otteneva un tono di bianco più freddo di quello di San Giovanni. <p align="center"> <p align="center"><img title="©Photo. R.M.N. / R.-G. Ojéda" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="©Photo. R.M.N. / R.-G. Ojéda" src="https://lh3.googleusercontent.com/-OClTyDbHncM/WTHSW-iKGrI/AAAAAAAApc0/q21UGKtn2JcXSURNK7vP2C2oAvSGjEGnwCHM/008_MS_65_F2_V8?imgmax=800" width="600" height="978"> <h6>Figura 19 – <i>Febbraio. Paesaggio innevato e scene di vita quotidiana in inverno. </i>Tratto dalle <i>Très Riches Heures du Duc de Berry</i>. Il manoscritto è ospitato presso il Castello di Chantilly, Musée Condé, MS 65, f. 2v. Fonte immagini: Wikipedia <a href="#_ftn96_5573" name="_ftnref96_5573">[96]</a> </h6> <p> <p>Il <b><i>nero</i></b> era il colore più difficile da ottenere in natura anche se le fonti non mancano, specie quelle inorganiche. Una delle fonti più facili da cui ricavare il <b><i>nero</i></b> era il <b><i>carbone</i></b><i> </i>seppure è bene precisare che quello ottenuto dalla combustione di materia organica non è puro, ma contiene anche delle ceneri per cui era necessario un processo di purificazione e una volta ottenuto il carbone puro, esso poteva essere utilizzato sia come riempimento sia per realizzare le bozze dei disegni per pittori e miniatori ma anche come riempimento. In realtà il nero proveniente dal carbone era noto sin dall’antichità ed esistevano termini diversi a seconda dell’uso. I Romani chiamarono <b><i>atramentum</i></b> il nero usato per qualsiasi uso; l’<b><i>atramentum</i></b> <b><i>librarium</i></b><i> </i>era usato invece per scrivere mentre l’<b><i>atramentum</i></b><i> <b>sutorium</b></i> era usato dai calzolai per tingere le pelli e infine vi era l’<b><i>atramentum</i></b><i> <b>tectorium</b> </i>(o <b><i>pidorium</i></b>) usato specificamente per la pittura ed era una specie di vernice. Il nero poteva essere ottenuto anche da derivati del ferro e miscelato al carbone nero dava origine a un pigmento molto pesante e denso usato dal XII al XIX secolo. In natura esistono anche sostanze vegetali da cui ricavare pigmenti neri o affini al nero e il più celebre di tutti è senz’altro la <b><i>galla della</i></b> <b><i>quercia</i></b>, nota per le sue proprietà anche medicamentose ed antiveleno dovute ai <b><i>tannini</i></b> in essa contenuti. La galla non è una parte propria delle specie su cui si forma, ma è un’aberrazione che si sviluppa su foglie e rami, radici e tronco di alcune specie ed è prodotta per parassitosi fungina di batteri, insetti, specie acari. È una sorta di <i>‘cancro’</i> delle piante e non tutte le galle sono uguali, dipende dal parassita che le causa, il più diffuso è l’imenottero <i>Andricus quercusalicis. </i>Le galle, ricchissime di tannini, possono essere fatte reagire con solfato ferroso per produrre inchiostri, procedimento probabilmente molto noto in epoca antica e medievale. Quando ottenuto dalle galle di quercia per reazione con solfato di ferro o vetriolo, l’inchiostro nero prendeva il nome di <b><i>eucaustum</i></b> e fu molto utilizzato dai miniatori medievali. Gli inchiostri neri erano solitamente utilizzati miscelati con la <b><i>gomma arabica</i></b>. Nell’arte tintoria tessile, invece, erano usate soprattutto le galle e il nero era tra i colori più costosi e viene riprodotto sia nella miniatura nell’abbigliamento e in alcuni accessori e così pure avviene nell’arte italiana e fiamminga dei secoli del Basso Medioevo. <p align="center"> <p align="center"><img title="©Photo. R.M.N. / R.-G. Ojéda" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="©Photo. R.M.N. / R.-G. Ojéda" src="https://lh3.googleusercontent.com/-oUSt-Cipb30/WTHSXvl4aRI/AAAAAAAApc4/HQiGtIYsiLkbcCEden0rPPDfzIuA86MGACHM/020_MS_65_F8_V11?imgmax=800" width="600" height="982"> <h6>Figura 20 – <i>Agosto</i>, scene di caccia e vita di campagna. Si noti il nero dell’abito della dama a cavallo e quello del cavaliere più a sinistra, quasi nascosto dalla figura vestita di blu. Tratto dalle <i>Très Riches Heures du Duc de Berry</i>. Il manoscritto è ospitato presso il Castello di Chantilly, Musée Condé, MS 65, f. 8v. Fonte immagini: Wikipedia <a href="#_ftn97_5573" name="_ftnref97_5573">[97]</a> </h6> <p align="center"> </p> <p align="center"><img title="©Photo. R.M.N. / R.-G. Ojéda" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="©Photo. R.M.N. / R.-G. Ojéda" src="https://lh3.googleusercontent.com/-vtJU8aSAS10/WTHSYE9sKBI/AAAAAAAApc8/2AXL75jWQcIXKYGgN4mJz9BuYeDBth9RACHM/309_MS_65_F1536?imgmax=800" width="600" height="855"></p> <h6>Figura 21 – Scena dell’oscuramento successivo alla morte di Cristo sulla Croce. Tratto dalle <i>Très Riches Heures du Duc de Berry</i>. Il manoscritto è ospitato presso il Castello di Chantilly, Musée Condé, MS 65, f.153. Fonte immagini: Wikipedia <a href="#_ftn98_5573" name="_ftnref98_5573">[98]</a> </h6> <p> <p>Il nero ha avuto molteplici significati in epoca medievale, specie negativi legati alla mortificazione, alla morte ed è stato utilizzato soprattutto con questi significati nel vestiario di alcuni ordini monastici come i Domenicani ed i Benedettini. L’uso del nero in alcuni sontuosi manti della Madonna nell’Arte italiana del Tre e Quattrocento dà al nero un significato del tutto diverso, poiché molto spesso si tratta di Madonne con bambino. Si ricordano Allegretto Nuzi, Ambrogio Lorenzetti e Angelo Puccinelli, Antoniazzo Romano e Bartolo di Fredi e molti altri. <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc483753730"></a><a name="_Toc483731561"></a><a name="_Toc473708313"></a><a name="_Toc459017801"><font color="#ff0000">I Manoscritti e la miniatura nell’Islam medievale</font></a><font color="#ff0000"> </font></h2> <p>A parte, e in ultimo, è da citare il caso dei manoscritti arabi che ricoprono un capitolo un po’ a sé per gli stili, i tipi di rappresentazioni più degli stessi contenuti che riguardano soprattutto copie del Corano e testi di medicina, astronomia e botanica. <p align="center"> <p align="center"><img title="01islam" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="01islam" src="https://lh3.googleusercontent.com/-S_hY3-6ATJ8/WTHSY0yS9zI/AAAAAAAApdA/qHbfDONvKMAsX_WszJ65LSaydDSWo99GACHM/01islam11?imgmax=800" width="500" height="484"> <h6>Figura 22 – Pagina decorata tratta da un frammento del Corano (al-Qurʼān) datato al IX-X secolo d.C. dell’Era Cristiana (III-IV secolo H.). Il manoscritto coranico è custodito presso la Biblioteca dell’Università di Cambridge (versione digitale presso la © Cambridge Digital Library), MS Add.2964, folio 2r <a href="#_ftn99_5573" name="_ftnref99_5573">[99]</a>. </h6> <p align="center"> <p align="center"><img title="Pentateuque__btv1b84192173" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; padding-top: 0px; padding-left: 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="Pentateuque__btv1b84192173" src="https://lh3.googleusercontent.com/-xON7kZWqe_U/WTHSZWxQf5I/AAAAAAAApdE/e0MGQGrvv24tABEeFJSLVWpeORpotw_QACHM/Pentateuque__btv1b841921738?imgmax=800" width="600" height="801"> <h6>Figura 23 – <i>Pentateuco</i>, f. 13. Decorazione a pagina intera con decorazioni geometriche a fondo oro ed azzurro. Il manoscritto sarebbe una copia araba della Bibbia ebraica (Antico Testamento) realizzata per un tale Ǧirǧis figlio di Abū al-Mufaḍḍal nel XIV secolo. Il manoscritto, di cui si hanno pochissime informazioni, è custodito presso la © Bibliothèque nationale de France, Arabe 12 <a href="#_ftn100_5573" name="_ftnref100_5573">[100]</a>. </h6> <p> <p>La miniatura dei Paesi islamici produsse esemplari di altissimo livello, che raggiunsero un grado di perfezione non dissimile da quello delle miniature più celebri della tradizione europea. Degli antichi manoscritti islamici ci sono tuttavia pervenuti solo parti di testo o fogli staccati. Questa deprecabile frammentazione non è dovuta all’imperizia dei moderni collezionisti d’arte, ma deriva dall’antica usanza del mondo islamico di smembrare le varie parti dei manoscritti per poi riunirle in <i>albi</i> che raccoglievano fogli della provenienza e dell’epoca più disparate. A differenza dei manoscritti europei, non è possibile quindi analizzare i codici islamici in pagine o alla provenienza. Anche gli studi più recenti, specie quelli condotti nell’ambito dell’orientalistica, spesso non forniscono tutte le informazioni che interessano agli appassionati. <p> <p>Anche l’Islam, come il Cristianesimo e l’Ebraismo, è una religione che ruota intorno al proprio libro di culto. La religione islamica tuttavia attribuisce ai propri testi sacri una funzione completamente diversa da quella del Cristianesimo. Il Corano non rappresenta tanto la trascrizione della rivelazione di Dio ad uso dei posteri, quanto la rivelazione stessa. Il divieto di raffigurare la divinità, che del resto non trae origine dal testo coranico, nacque con l’intenzione di impedire che la sacralità della creazione divina venisse riprodotta da immagini umane, e trovò applicazione anche nel Corano: le edizioni di lusso dei manoscritti sacri infatti traboccano di ornamenti e calligrafismo di straordinaria bellezza, ma bandiscono completamente l’uso delle immagini <a href="#_ftn101_5573" name="_ftnref101_5573">[101]</a>. L’Islam non amava raffigurare le immagini. In origine, infatti, la rappresentazione della realtà umana era considerata peccato in quanto segno di idolatria. Per l’Islam era pertanto peccaminoso raffigurare soggetti umani e animali: la letteratura Hadir nel IX secolo codificò le parole e le azioni del Profeta attenendosi scrupolosamente a questo divieto religioso. Questa è comunque solo una faccia della medaglia. L’altra rivela invece, al contrario, una grande tolleranza religiosa e culturale proprio da parte dell’Islam. Alcuni gruppi ortodossi si attennero all’assoluto divieto di immagini di qualsiasi genere, ma negli ambienti intellettualmente più aperti e nelle corti l’astinenza dalle immagini non si praticò con particolare rigore, per la gioia degli amanti dell’arte. Anche nei Paesi islamici nel corso del Medioevo si realizzarono così quelle opere fiabesche che ancora oggi ci tolgono il fiato per l’inimitabile fantasia. <p align="center"> <p align="center"><img title="" alt="" src="http://gallica.bnf.fr/iiif/ark:/12148/btv1b8427195m/f16/472.32083131947076,2189.051797623237,2931.783065922249,2050.7290875621957/579,405/0/native.jpg" width="600" height="420"> <h6>Figura 24 – Di questo manoscritto non si hanno notizie, se non che potrebbe trattarsi di una specie di biografia del Profetto Maometto e della Sua Ascensione. Si tratta di un volume di due, in caratteri turco-orientali, scritti nella lingua mongola del XV secolo dell’etnia dei Uiguri <a href="#_ftn102_5573" name="_ftnref102_5573">[102]</a>, a cui è datato anche il manoscritto. Si notino i colori, il tipo di sfondi e le decorazioni, ma soprattutto è da osservare la particolarità dei costumi e dei copricapi maschili. Nel manoscritto il colore azzurro è tra i più utilizzati, insieme ad altre tinte vivaci. © Bibliothèque nationale de France, Supplément turc 190, folio 9v <a href="#_ftn103_5573" name="_ftnref103_5573">[103]</a>. </h6> <p> <p>Middleton conferma Wolf nel trattare la parte, seppur superficialmente, dedicata ai manoscritti arabi, attribuendo l’influenza dell’arte araba anche nei manoscritti medievali italiani, specialmente quelli Veneziani e siciliani durante il XV secolo, nella decorazione dei bordi <a href="#_ftn104_5573" name="_ftnref104_5573">[104]</a>. Seppure v’è da dire che il Middleton tende a mettere un po’ insieme, sotto la stessa etichetta, manoscritti miniati che fossero Persiani, Indiani e Siriani solo perché realizzati nei Paesi conquistati dagli Arabi musulmani. Questi manoscritti, alcuni consultabili anche online nelle biblioteche digitali tra cui la BnF, sono una fonte importante nell’iconografia storica medievale, per la ricostruzione di costumi arabi poiché laddove come si è detto prima, non vi era una rigidissima ortodossia, le immagini si trovano e forniscono un’importante testimonianza del costume arabo medievale, quasi mai presente nelle rievocazioni italiane. La presenza del costume islamico è limitata (<b><i>e da limitarsi</i></b>) esclusivamente a quelle zone dove vi sia stata una forte influenza islamica nell’arte e nella cultura o laddove gli scambi culturali tra Islam e Occidente erano molto marcati (come nella cultura spagnola) perché altrimenti si rischia di voler rievocare a tutti i costi figure da <i>Mille e una notte</i> in rievocazioni ed eventi in cui la presenza araba non centra nulla non essendoci mai stata. Per altro v’è da aggiungere che pochi sono i testi moderni che si servono di antiche fonti storiche figurate, come i manoscritti miniati arabi e persiani, per descrivere la storia del costume islamico che, in tal modo, rimane confinato nel cliché in cui la gente è ormai abituata a vederlo e che di filologico e storico non ha nulla. Il cinema hollywoodiano ci ha abituati a costumi arabi che pur essendo abbastanza filologici in alcuni casi, sembrano divise fatte in serie con colori pressoché spenti e deprimenti, senza alcuna fantasia; con calligrafismi arabi che insistono nel confinare quel mondo al suo cliché, come se mille anni di storia non fossero mai passati. La miniatura islamica fornisce poi informazioni che vanno oltre al costume: fornisce informazioni riguardo all’uso dei colori e del loro significato che era spesso molto diverso rispetto al Cristianesimo occidentale. <p align="center"> <p align="center"><img title="" alt="" src="http://gallica.bnf.fr/iiif/ark:/12148/btv1b8427195m/f89/1181.0951973120175,1361.5269654590331,2943.390339179724,2272.090788138734/570,440/0/native.jpg" width="600" height="463"> <h6>Figura 25 – Scena tratta dallo stesso manoscritto della scena presentata in precedenza. Notare i colori utilizzati, specie il verde ed il viola degli abiti indossati dai personaggi ai margini della miniatura. © Bibliothèque nationale de France, Supplément turc 190, folio 42r <a href="#_ftn105_5573" name="_ftnref105_5573">[105]</a> </h6> <p> <p>Nella miniatura islamica si scopre una realtà artistica che presenta, accanto a profonde differenze, sorprendenti parallelismi con il metodo della miniatura occidentale, almeno per quanto riguarda le fasi del lavoro e il tipo di figure professionali artigianali che vi lavoravano. Le maggiori informazioni sui materiali che si usavano provengono dai luoghi caratterizzati da una copiosa produzione scritta, specie per quanto riguarda la miniatura persiana del XV e XVI secolo e quella Moghul del XVI e XVII secolo. <p align="center"> <p align="center"><img title="" alt="" src="http://gallica.bnf.fr/iiif/ark:/12148/btv1b8410888f/f25/579.3597640666025,1155.2623941964118,1865.2428794631423,1729.4436120075818/467,433/0/native.jpg" width="600" height="556"> <h6>Figura 26 – Angelo con scettro presiede il passaggio del sole dal segno dell’Acquario a quello dei Pesci. La miniatura è tratta da un manoscritto persiano dedicato all’astronomia e all’astrologia. Il testo è una copia anonima e non datata, attribuita a Nasir al-Din al-Tusi, un astronomo e matematico persiano vissuto nel XIII secolo dell’Era Cristiana. Fu anche fisico, chimico, biologo, filosofo, teologo, ma soprattutto uno studioso con approccio interdisciplinare, al servizio di Hülegü (Hulagu Khan). Il manoscritto fa parte della collezione dei manoscritti orientali della BnF. © Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Persan 174, folio 9r <a href="#_ftn106_5573" name="_ftnref106_5573">[106]</a> </h6> <p align="center"> <p align="center"><img title="" alt="" src="http://gallica.bnf.fr/iiif/ark:/12148/btv1b8406159w/f48/202.7877015483678,1395.5243147220049,2762.3947047410484,2211.8307687874594/577,462/0/native.jpg" width="600" height="480"> <h6>Figura 27 – Libro dei Re (Shâhnâmeh). Farīdūn assiso in trono affida il suo regno ai suoi tre figli: Salm, Tur e Īrāj <a href="#_ftn107_5573" name="_ftnref107_5573">[107]</a>. Lo Shāh-Nāmeh, o Shāh-Nāmé (persiano: شاهنامه), alternative ortografiche sono Shahnama, Shahnameh, Shahname, letteralmente «Il Libro dei Re»), è una vasta opera poetica scritta dal poeta persiano Ferdowsi attorno al 1000 d.C. e costituisce l'epica nazionale del mondo di lingua persiana. Lo Shāh-Nāmeh racconta il passato mitico e storico del suo paese, l'Iran, dalla creazione del mondo, fino alla conquista islamica del VII secolo <a href="#_ftn108_5573" name="_ftnref108_5573">[108]</a>. © Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Persan 228, folio 21v <a href="#_ftn109_5573" name="_ftnref109_5573">[109]</a> </h6> <p align="center"> <p align="center"><img title="" alt="" src="http://gallica.bnf.fr/iiif/ark:/12148/btv1b84229930/f141/726.7201743869704,1608.7850874936785,1847.8183350622412,1231.8788900414947/717,478/0/native.jpg" width="600" height="400"> <h6>Figura 28 – <i>Storia della conquista del mondo</i>. <i>Battaglia di Bolnisii. </i>Notare i colori dei costumi dei cavalieri e le armature, molto diverse da quelle in uso in Occidente. Il manoscritto attribuito a ‛Alā al-Dīn ‛Aṭā Malik b. Bahā al-Dīn Muḥammad Al-Ğuvaynī è una copia realizzata da Djoveyni nel XV secolo. © Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Supplément Persan 206, folio 67r <a href="#_ftn110_5573" name="_ftnref110_5573">[110]</a> </h6> <p> <p>Si sa con certezza, come è stato annunciato nella parte introduttiva, che mentre in Occidente la pergamena era considerata il materiale migliore, gli arabi usavano la carta che variava per spessore e levigatezza. La carta si prestava meglio alla lavorazione, poiché era più chiara rispetto alla pergamena e tendeva a non ‘falsare’ i colori e le sfumature e inoltre poteva essere addirittura colorata o decorata in molti modi. Nel mondo islamico, il copista era più importante però del miniatore e molto più generosamente retribuito e questo è da attribuire all’importanza enorme che aveva la calligrafia, che dal X secolo divenne la forma artistica più importante in assoluto. Il suo uso è anche testimoniato nel costume realizzato dalle botteghe arabe, come nel caso del Mantello dell’Incoronazione di Ruggero II che presenta al bordo una scritta in caratteri arabi che documenta la realizzazione del mantello con tanto di data. La <em><font color="#ff0000">calligrafia</font></em> nel mondo arabo aveva anche delle proprie varianti e alcune erano esclusivamente riservate agli scritti coranici: <i><font color="#ff0000">kufi</font></i>, la <i><font color="#ff0000">thulut</font></i> e la <i><font color="#ff0000">nastalik</font></i> dalle forme elegantemente arcuate, realizzate con penne tubolari e inchiostro nero molto denso. Alla pari dell’Occidente anche in Oriente nacquero le botteghe specializzate per la produzione di codici. I contorni erano molto più precisi e fini e venivano poi riempiti con colore o oro. I miniatori erano soliti usare arabeschi o forme geometriche per i titoli dei capitoli e le parti del testo che si voleva mettere in rilievo. Altri artigiani erano invece dediti esclusivamente alla realizzazione e alla ricerca dei colori, con tendenza molto forte ad utilizzare le tonalità di turchese e di blu. Era utilizzata l’acqua come legante mentre in Occidente si tendevano ad utilizzare altri leganti come l’albume. Diversa era la tecnica di distribuzione del colore che diveniva stratificato e resistente come uno smalto ceramico, si usavano l’agata ed il cristallo per levigare, che non rompevano le fibre di carta e al posto della piuma d’oca si usavano piume di volatili rilegare con pelo di capra o scoiattolo, probabilmente per evitare che la durezza della punta bucasse o incidesse il foglio. La rilegatura del testo e la laccatura delle pitture erano riservate, alla pari dei manoscritti occidentali, ad altri artigiani specializzati che si occupavano anche della concia delle pelli. Come in Occidente anche in Oriente fine del miniatore/artista era quello di trovare un grande mecenate che lo finanziasse perché da soli era difficile fare strada, se non si faceva parte di qualche corporazione e questo perché alla pari degli artisti occidentali anche in Oriente l’estrazione sociale degli artisti era sempre varia, ma era quella del committente che contava più di tutto, perché entrati nelle grazie dei Sultani si poteva contare anche su generosissime elargizioni e quindi anche l’artista dalle condizioni più basse poteva diventare membro di una corte nobile. In Occidente l’ascesa dei miniatori come liberi professionisti fu anche più dura finchè il monopolio dell’arte manoscritta fu tenuta dai monaci. Come in Occidente si erano diffuse vari stili artistici a seconda della cultura che dominava in una determinata regione, lo stesso avvenne in Oriente lungo il succedersi delle varie dinastie a partire dalla morte del Profeta Maometto. Dopo la sua dipartita i successori si contesero il califfato dando origine a quelle che ancora oggi sono le due fazioni in lotta: Sunniti e Sciiti (quella maggioritaria). Gli <i><font color="#ff0000">Omayyadi </font></i><a href="#_ftn111_5573" name="_ftnref111_5573">[111]</a>, nobile famiglia de La Mecca (661-750 d.C. e in Spagna presenti fino al 1031), trasferirono la capitale del loro regno a Damasco (Siria). I seguaci di Maometto continuarono la sua politica di espansione fino a Bisanzio e in India. La <em><font color="#ff0000">dinastia Abbaside </font></em><a href="#_ftn112_5573" name="_ftnref112_5573">[112]</a> a cui apparteneva anche Harun-Al-Rashid che fu anche uno dei suoi primi califfi, eresse in Iraq una nuova capitale: Baghdad, nel cui territorio la cultura persiana esercitò una forte influenza artistica. Sotto questa dinastia furono prodotte opere molto importanti, soprattutto codici scientifici e di intrattenimento come i Makamen e i manoscritti del Kalila-wa-Dimna, una raccolta di racconti indiani e la più antica. Dal X secolo furono islamizzati anche popoli nomadi di origine turca, come i <i><font color="#ff0000">Selgiuchidi</font></i>, protagonisti tra i nemici dei Cristiani nella Prima Crociata. Successe la <i><font color="#ff0000">Dinastia Fatimide</font></i>, che ebbe un ruolo importante soprattutto in Egitto e che riuscì ad ottenere l’indipendenza da Baghdad. La cultura islamica subì una forte influenza da quella persiana sin dalle sue origini, specialmente dopo caduta di Tamerlano, i cui successori furono convertiti all’Islam e gli trasmisero le proprie influenze culturali ed artistiche. Anche la cultura turca, specie in epoca Ottomana, ebbe una notevole influenza in campo artistico su quella persiana e islamica e particolarmente sulla calligrafia che si ricorda, fu il centro dell’arte della miniatura nel mondo islamico. Concludendo, il parallelismo più importante che emerge tra l’arte della miniatura in Occidente e quella nel mondo Islamico è legato soprattutto alla tematica della fede di ognuna delle due culture: Islam e Cristianesimo, molto differenti tra loro. In Occidente si arrivò a creare addirittura delle Bibbie istoriate <a href="#_ftn113_5573" name="_ftnref113_5573">[113]</a> e soprattutto nel XIV e XV secolo si trovano esemplari di bellezza unica e dal valore inestimabile per il materiale, le tecniche e i dettagli delle scene rappresentate. <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h1><a name="_Toc483753731"></a><a name="_Toc483731562"></a><a name="_Toc473708319"></a><a name="_Toc459017804">Fonti bibliografiche</a> </h1> <h2><a name="_Toc459017806"></a><a name="_Toc483753732"></a><a name="_Toc483731563"></a><a name="_Toc473708320"></a><a name="_Toc459017805"><font color="#ff0000">Libri</font></a> </h2> <ul> <li>AA.VV., 1864. <i>The Lindisfarne and Rushworth Gospels. </i>Durham: s.n. </li> <li>AA.VV., 1971. <i>The Cloisters Apocalypse. </i>New York: Metropolitan Museum of Art. </li> <li>AA.VV., 1977. <i>Treasures of Early Irish Art 1500 BC to 1500 AD. </i>New York: Metropolitan Museum fo New York. </li> <li>AA.VV., 1997. <i>The Robert Lehman Collection. </i>New York: Metropolitan Museum of Art. </li> <li>AA.VV., 2006. <i>Islamic Codicology / an Introduction to the Study of Manuscripts in Arabic Script. </i>London: Al-Furqan Islamic Heritage Foundation. </li> <li>Ariès, P. & Duby, G., 2001. <i>La vita privata. Dall'impero romano all'anno Mille. </i>s.l.:Laterza. </li> <li>Ashdown, C. M., s.d. <i>British costume during XIX centuries (civil and ecclesiastical). </i>London: Thomas Nelson and sons Ltd. . </li> <li>Baker, P. L., 1986. <i>A history of islamic court dress in the middle east. </i>London: University of London. </li> <li>Barbero, A., 2002. <i>Carlo Magno. Un padre d'Europa. </i>s.l.:Laterza. </li> <li>Bechtold, T. & Mussak, R., 2009. <i>Handbook of natural colorants. </i>s.l.:Wiley. </li> <li>Benton, J. R., 2009. <i>Materials, methods, and masterpieces of medieval art. </i>Santa Barbara, California : ABC-CLIO, LLC. </li> <li>Berzelius, G., 1841. <i>Trattato di chimica. </i>s.l.:Puzziello Tipografo Editore. </li> <li>Binney, E., 1973. <i>Turkish Miniature Paintings and Manuscripts/from the collection of Edwin Binney. </i>New York: Metropolitan Museum of Art. </li> <li>Birch, W. d. G. 1.-1., 1876. <i>The history, art and palaeography of the manuscript styled the Utrecht psalter. </i>London: s.n. </li> <li>Bradley, J., 2008. <i>‘You Shall surely not Die’. The Concepts of Sin and Death as Expressed in the Manuscript Art of Northwestern Europe, c. 800–1200. </i>Boston: Brill. </li> <li>Burns, E. J., 2004. <i>Medieval fabrications : dress, textiles, clothwork, and other cultural. </i>New York: Palgrave Macmillan . </li> <li>Calthrop, D. C., 1906. <i>English Costume.. </i>Londra: Adam and Charles Black. </li> <li>Caskey, J., Cohen, A. & Safran, L., 2011. <i>Confronting the borders of medieval art. </i>Boston: Brill. </li> <li>Cennini, C., 1859. <i>Il libro dell'arte, o Trattato della pittura di Cennino Cennini. </i>Firenze: Le Monnier. </li> <li>Cennini, C., Inizi del XV secolo. <i>Libro dell'Arte. </i>Padova: s.n. </li> <li>Challamel, M. A., 1882. <i>History of fashion in France or, the dress of women from the gallo-roman period to the present time.. </i>New York: Scribner and Welford. </li> <li>Coatsworth, E. & Pinder, M., 2002. <i>The Art of the Anglo-Saxon Goldsmith. Fine Metalwork in Anglo-Saxon England its Practice and Practitioners. </i>Woodbridge: Boydell Press . </li> <li>Cortese, D., 2003. <i>Arabic Ismaili Manuscripts. The Zåhid’ Alí Collection in the Library of The Institute of Ismaili Studies. </i>London: I.B.Tauris Publishers. </li> <li>Crone, R. A., 2000. <i>A History of Color. The Evolution ofTheories of Lights and Color. </i>Dordrecht, The Netherlands : Kluwer Academic Publishers . </li> <li>Crowfoot, E., Pritchard, F. & Staniland, K., 2001. <i>Textiles and Clothing: Medieval Finds from Excavations in London, c.1150-c.1450. </i>London: Boydell Press. </li> <li>Denny-Brown, A., 2012. <i>Fashioning change: the trope of clothing in high- and late-medieval England. </i>s.l.:Ohio State University. </li> <li>Deroche, F., 2006. <i>Islamic Codicology: an Introduction to the Study of Manuscripts in Arabic Script. </i>London: Al-Furqan Islamic Heritage Foundation. </li> <li>Dodwell, C., 1954. <i>The Canterbury School of illumination (1066 - 1200). </i>Cambridge: Cambridge University Press. </li> <li>Dodwell, C., 1954. <i>The Canterbury school of illumination 1066-1200. </i>New York: Cambridge University Press. </li> <li>Donizone, 2008. <i>Vita di Matilde di Canossa. </i>Milano: Jaca Book. </li> <li>Dückers, R. & Roelofs, P., 2009. <i>The Limbourg Brothers: Reflections on the Origins and the Legacy of Three Illuminators from Nijmegen. </i>Boston: Brill. </li> <li>Ellis, P. B. & Ellsworth, R., s.d. <i>The Book of Deer. Library of Celtic Illuminated manuscripts. </i>s.l.:Constable London. </li> <li>Embleton, G., 2000. <i>Medieval military costume. </i>s.l.:Crowood press. </li> <li>Fairholt, F. W., 1860. <i>Costume in England: a history of dress from the earliest period until the close of the end of the eighteenth century. </i>London: Chapman and Hall. </li> <li>Ferrario, G., 1823. <i>Il costume antico e moderno o storia del governo, della milizia, della religione, delle arti scienze ed usanze di tutti i popoli antichi e moderni. </i>Firenze: s.n. </li> <li>Frazer, M. E., 1986. Medieval Church Treasuries. <i>The Metropolitan Museum of Art Bulletin, v. 43, no. 3.</i> </li> <li>Freeman, M. B., 1956. A Book of Hours Made for The Duke of Berry. <i>The Metropolitan Museum of Art Bulletin.</i> </li> <li>Gacek, A., 2009. <i>Arabic Manuscripts. A Vademecum for Readers. </i>Boston: Brill. </li> <li>Gale, R. O., 1976. <i>Anglo Saxon Costume a Study of Secular Civilian Clothing and Jewellery Fashions. </i>Newcastle: University of Newcastle upon Tyne. </li> <li>Gervers, V., 1982. <i>The Influence of Ottoman Turkish Textiles and Costume in Eastern Europe with particular reference to Hungary.. </i>s.l.:Royal Ontario Museum Publications in History, Technology, and Art. </li> <li>Golinelli, P., 1991. <i>Matilde e i Canossa nel cuore del Medioevo. </i>Milano: Camunia. </li> <li>Gulácsi, Z., 2005. <i>Mediaeval Manichaean Book Art. A Codicological Study of Iranian and Turkic Illuminated Book Fragments from 8th–11th Century East Central Asia. </i>Boston: Brill. </li> <li>Hangard-Maugè, 1858. <i>Les arts somptuaires. Histoire du costume et de l’Ameublement et des arts et industries qui sy rattachent. </i>Parigi: s.n. </li> <li>Hartley, D., 2003. <i>Medieval costume and how to ricreate it. </i>Republication of "Medieval Costume and Life" a cura di New York: Dover Publications. </li> <li>Hedeman, A. D., s.d. <i>The Royal Image. Illustrations of the Grandes Chroniques de France, 1274–1422. </i>Los Angeles: University of California Press. </li> <li>Heller, S. G., 2007. <i>Fashion in medieval France. </i>Cambridge: D.S. Brewer. </li> <li>Herbert, D., 1906. <i>A Manual of Costume as Illustrated by Monumental Brasses. </i>Ill. a cura di London: Alexander Moring Ltd.. </li> <li>Hinton, H. L., 1868. <i>Select historical costumes compiled from the most reliable sources. </i>New York: Wynkoop & Sherwood. </li> <li>Hoffman, E. R., 2007. <i>Late Antique and Medieval Art of the Mediterranean (World Blackwell Anthologies in Art History). </i>s.l.:Blackwell Publishing. </li> <li>Hoffman, K., 1970. <i>The Year 1200: A Centennial Exhibition at The Metropolitan Museum of Art. </i>New York: The Metropolitan Museum of Art. </li> <li>Holkeboer, K. S., s.d. <i>Patterns for Theatrical costumes: Garments, trimes and accessories from Ancient Egypt to 1915. </i>s.l.:s.n. </li> <li>Hope, T., 1812. <i>Costume of the Ancients. </i>London: William Miller. </li> <li>Houston, M. G., 1871. <i>Ancient Egyptian, Assyrian, and Persian costumes and decorations. </i>London: s.n. </li> <li>Houston, M. G., 1996. <i>Medieval costume in England and France. The 13th, 14th and 15th centuries. </i>New York: Dover Publications. </li> <li>Huang, A. L. & Jahnke, C., 2015. <i>Textiles and the medieval economy. Production, trade and consumption of textiles 8th–16th centuries. </i>s.l.:Oxbow Books. </li> <li>Hunt, E. M., 2006. <i>Illuminating the Borders of Northern French and Flemish Manuscripts, 1270-1310. </i>New York & London: Routledge. </li> <li>Husband, T. B., 2010. <i>The Art of Illumination The Limbourg Brothers and the Belles Heures of Jean de France Duc de Berry. </i>New York: Metropolitan Museum of Art. </li> <li>Kessler, H. L., 2000. <i>Spiritual Seeing: Picturing God's Invisibility in Medieval Art. </i>s.l.:Pennsylvania State University Press. </li> <li>Kiernan, K. S., 1996. <i>Beowulf and the Beowulf manuscript. </i>s.l.: University of Michigan. </li> <li>Kogman-Appel, K., 2004. <i>Jewish book art between Islam and Christianity: the decoration of Hebrew bibles in medieval Spain. </i>Boston: Brill. </li> <li>Kohler, C., 1930. <i>A history of costume. </i>II a cura di New York: G. Howard Watt. </li> <li>Komaroff, L., 1992. <i>Islamic Art in Metropolitan Museum. Historical context. </i>Nwe York: Metropolitan Museum of Art. </li> <li>Kren, T. & McKendrick, S., 2003. <i>Illuminating the Renaissance: The Triumph of Flemish Manuscript Painting in Europe. </i>Los Angeles, California: Getty Publications. </li> <li>Kren, T. & Morrison, E., 2006. <i>Flemish Manuscript Painting in Context. Recent Research. </i>Los Angeles, California: Getty Publications. </li> <li>Kren, T., Teviotdale, E. C. & Barstow, A. S. C. a. K., 1997. <i>Capolavori del J. Paul Getty Museum: Manoscritti miniati. </i>Los Angeles: The J. Paul Getty Museum . </li> <li>Kuiper, K., 2010. <i>Islamic Art, Literature, and Culture (the Islamic world). </i>New York: Britannica Education Publishing in association with Rosen Educational Services, LLC. </li> <li>Lacroix, P., 1860. <i>Costumes historiques de la France. </i>Paris: Ch. De Lamotte. </li> <li>Láng, B., 2008. <i>Unlocked books: manuscripts of learned magic in the medieval libraries of Central Europe. </i>s.l.:Pennsylvania State University Press. </li> <li>Langlois, E., 1910. <i>Les manuscrits du Roman de la Rose: description et classement. </i>Lille - Paris: Tallandier; H. Champion. </li> <li>Levi Pizetsky, R., 1978. <i>Il costume e la moda nella società italiana. </i>Milano: Einaudi ed.. </li> <li>Madan, F., 1920. <i>Books In Manuscript. A Short Introduction to their Study and Use. With eight Illustrations.. </i>London: Kegan Paul, Trench, Trubner & Co., Ltd. . </li> <li>Madden, S. F., 1833. <i>Illuminated ornaments selected from manuscripts and early printed books from the sixth to the seventeenth centuries. </i>London: s.n. </li> <li>Markale, J., 1980. <i>Eleonora d'Aquitania. La regina dei trovatori. </i>s.l.:Rusconi Libri. </li> <li>Mathews, T. F., 2001. <i>The Armenian Gospels of Gladzor: The life of Christ illuminated. </i>Los Angeles, California: Getty Publications. </li> <li>Middleton, J. H., 1892. <i>Illuminated manuscripts in classical and medieval times: their art and their technique. </i>Cambridge: s.n. </li> <li>Milanesi, G., 1850. <i>Storia della miniatura italiana con documenti inediti. </i>Firenze: s.n. </li> <li>Moser, T. C., 2004. <i>A cosmos of desire: the medieval Latin erotic lyric in English manuscripts. </i>s.l.:The University of Michigan Press . </li> <li>Nicholas Eastaugh, V. W. T. C. R. S., 2004. <i>The Pigment Compendium. A Dictionary of Historical Pigments. </i>Oxford: Elsevier. </li> <li>Norbert, W., 2007. <i>Capolavori della miniatura. I codici miniati più belli del mondo dal 400 al 1600. </i>s.l.:Taschen. </li> <li>Norris, H., 1931. <i>Costume & fashion. The evolution of European dress through the earlier ages. </i>London and Toronto: J. M. Dent & Sons LTD.. </li> <li>Norris, H., 1998. <i>Medieval Costume and Fashion. </i>New York: Dover Pubblications. </li> <li>Norris, H., 1999. <i>Ancient European Costume and Fashion. </i>s.l.:Dover Publications. </li> <li>Norris, M., 2005. <i>Medieval Art: A Resource for Educators. </i>New York: The Metropolitan Museum of Art. </li> <li>Northmore Pugin, A. W., 1868. <i>Glossary of Ecclesiastical Ornament and Costume. </i>London: Bernard Quaritch. </li> <li>Owst, G. R., 2010. <i>Preaching in Medieval England: An Introduction to Sermon Manuscripts of the Period c.1350-1450. </i>New York: Cambridge University Press. </li> <li>Pastoreau, M., 2008. <i>Black. History of a color. </i>s.l.:Princeton University Press. </li> <li>Pisetzky, R. L., 1964. <i>Storia del costume in Italia. </i>s.l.:Treccani. </li> <li>Planchè, J., 1819. <i>A Cyclopedia Of Costume Vol. II A General History Of Costume In Europe. </i>London: s.n. </li> <li>Planchè, J., 1836. <i>History of British costume. </i>London: William Clowes and sons. </li> <li>Planchè, J., 1846. <i>British Costume. A complete history of the dress of the hinabitants of the British islands. </i>London: William Clowes and sons. </li> <li>Porcher, J., 1960. <i>Medieval french miniatures. </i>New York: Harry N. Abrams, Inc.. </li> <li>Quaile, E., 1897. <i>Illuminated manuscripts: their origin, history and characteristics. </i>Liverpool: s.n. </li> <li>Quaritch, B., 1894. <i>Palæography. Notes upon the history of writing and the medieval art of illumination. </i>London: s.n. </li> <li>Robinson, S. F. H., 1908. <i>Celtic illuminative art in the gospel books of Durrow, Lindisfarne, and Kells. </i>Dublin: s.n. </li> <li>Ross, L., 1996. <i>Medieval art: a topical dictionary. </i>s.l.:Greenwood Press. </li> <li>Rudolph, C., 2006. <i>A companion to Medieval art: Romanesque and Gothic in Northern Europe. </i>s.l.:Blackwell Publishing. </li> <li>Scala., E., 2002. <i>Absent narratives, manuscript textuality, and literary structure in late medieval England. </i>New York: Palgrave Macmillan. </li> <li>Schrader, j. L., 1986. A Medieval Bestiary. <i>The Metropolitan Museum of Art Bulletin, v. 44, no. 1.</i> </li> <li>Shaw, H., 1866. <i>A Handbook of the Art of Illumination as Practised During the Middle Ages. </i>London: Brill. </li> <li>Singh, H. B. & Bharati, K. A., 2014. <i>Handbook of natural dyes. </i>New Delhi: Woodhead Publishing India Pvt. Ltd.. </li> <li>Stoddard, W. S., 1972. <i>Art and Architecture in Medieval France. Medieval architecture, sculpture, stained glass, manuscripts. The art of the church treasuries. </i>s.l.: University of Chicago Press. </li> <li>Sumner, G., 2002. <i>Roman Military Clothing: 100 BC-AD 200. </i>Oxford: Osprey. </li> <li>Sumner, G., 2003. <i>Roman Military Clothing. </i>Oxford: Osprey Publishing. </li> <li>Sumner, G. & D’Amato, R., 2005. <i>Roman Military Clothing. </i>Oxford: Osprey Publishing. </li> <li>Thursfield, S., 2001. <i>The Medieval Tailor's Assistant. Making common garments 1200 -1500. </i>United Kingdom : Ruth Bean Publishers. </li> <li>Treccani, E., 2006. <i>Normanni - Enciclopedia dei ragazzi. </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/enciclopedia/normanni_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/ </li> <li>Treccani, E., 2010. <i>Normanni - Dizionario di Storia. </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/enciclopedia/normanni_%28Dizionario-di-Storia%29/ </li> <li>Treccani, E., s.d. <i>Agnèse di Poitiers. </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/enciclopedia/agnese-di-poitiers/ </li> <li>Treccani, E., s.d. <i>Breviario - Enciclopedia Italiana (1930). </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/enciclopedia/breviario_%28Enciclopedia-Italiana%29/ </li> <li>Treccani, E., s.d. <i>Cinabro. </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/enciclopedia/cinabro/ </li> <li>Treccani, E., s.d. <i>Corrado II imperatore, detto il Salico. </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/enciclopedia/corrado-ii-imperatore-detto-il-salico/ </li> <li>Treccani, E., s.d. <i>Enrico II il Santo. </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/enciclopedia/enrico-ii-imperatore-detto-il-santo/ </li> <li>Treccani, E., s.d. <i>Indaco. </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/enciclopedia/indaco/ </li> <li>Treccani, E., s.d. <i>Lapislazzulo. </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/enciclopedia/lapislazzuli/ </li> <li>Treccani, E., s.d. <i>Lezionario - Enciclopedia Italiana (1934). </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/enciclopedia/lezionario_%28Enciclopedia-Italiana%29/ </li> <li>Treccani, E., s.d. <i>Minio. </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/enciclopedia/minio/ </li> <li>Treccani, E., s.d. <i>Normanni - Enciclopedia dell' Arte Medievale (1997). </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/enciclopedia/normanni_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/ </li> <li>Treccani, E., s.d. <i>Normanni - Enciclopedia Italiana (1934). </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/enciclopedia/normanni_%28Enciclopedia-Italiana%29/ </li> <li>Treccani, E., s.d. <i>Pigmento. </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/enciclopedia/pigmento/ </li> <li>Treccani, E., s.d. <i>Ranièri marchese di Toscana. </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/enciclopedia/ranieri-marchese-di-toscana/ </li> <li>Treccani, E., s.d. <i>Sacramentario - Enciclopedia dell' Arte Medievale (1999). </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/enciclopedia/sacramentario_%28Enciclopedia-dell'-Arte-Medievale%29/ </li> <li>Treccani, E., s.d. <i>Salterio - Enciclopedia dell' Arte Medievale (1999). </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/enciclopedia/salterio_%28Enciclopedia-dell'-Arte-Medievale%29/ </li> <li>Treccani, E., s.d. <i>Velluto. </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/enciclopedia/velluto_%28Enciclopedia-Italiana%29/ </li> <li>Treccani, V., s.d. <i>Benedizionale. </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/vocabolario/benedizionale/ </li> <li>Treccani, V., s.d. <i>Piatto - Voce 4c. </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/vocabolario/piatto2/ </li> <li>Treccani, V., s.d. <i>Rubrica. </i>[Online] <br>Available at: http://www.treccani.it/enciclopedia/rubrica/ </li> <li>Trimm, H. H. & Jr., W. H., 2011. <i>Dyes anD Drugs. New Uses and Implications. </i>New York: CRC Press. </li> <li>Tymms, W. R. & Wyatt, M. D., s.d. <i>The Art of Illuminating as Practised in Europe from the Earliest Times. </i>London: s.n. </li> <li>Van Beveren, J. J. & Dupressoir, C., 1847. <i>Costume de Moyen Age d'après les manuscrits. </i>Bruxelles: Libraire Historique Artistique. </li> <li>Westwood, J. O. (. O., 1863. <i>Fac-similes of the miniatures & ornaments of Anglo-Saxon & Irish manuscripts. </i>Londra: s.n. </li> <li>Wilson, D. M. & Klindt-Jensen, O., 1966. <i>Viking Art. </i>New York: Cornell University Press. </li> <li>Wixom, W. D., 2002. Picturing the Apocalypse: Illustrated Leaves from a Medieval Spanish Manuscript. <i>The Metropolitan Museum of Art Bulletin, </i>Winter.59(3).</li></ul> <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc483753733"></a><a name="_Toc483731564"></a><a name="_Toc473708321"><font color="#ff0000">Siti internet</font></a><font color="#ff0000"> </font></h2> <ul> <li><a href="http://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Grandes%20Chroniques%20de%20France%20BNF%20FR%202813)">https://commons wikimedia org/wiki/Category:Grandes Chroniques de France BNF FR 2813)</a> </li> <li><a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Tr%C3%A8s_Riches_Heures_du_Duc_de_Berry_scan_2004?uselang=it">https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Très Riches Heures du Duc de Berry</a> </li></ul> <h3><a name="_Toc483753734"></a><a name="_Toc483731565"></a><a name="_Toc473708322">Tedesche</a> </h3> <ul> <li><a href="http://de.wikipedia.org/wiki/Codex%20aureus%20Epternacensis">https://de wikipedia org/wiki/Codex aureus Epternacensis</a> </li> <li><a href="http://de.wikipedia.org/wiki/Codex%20Manesse">https://de wikipedia org/wiki/Codex Manesse</a> </li> <li><a href="https://de.wikipedia.org/wiki/Cr%C3%B3nica_Albeldense">https://de.wikipedia.org/wiki/Crónica Albeldense</a> </li> <li><a href="http://de.wikipedia.org/wiki/Evangeliar%20Heinrichs%20des%20Lowen">https://de.wikipedia.org/wiki/Evangeliar Heinrichs des Lowen</a> </li> <li><a href="http://de.wikipedia.org/wiki/Evangelistar%20aus%20Seeon">https://de.wikipedia.org/wiki/Evangelistar aus Seeon</a> </li> <li><a href="https://de.wikipedia.org/wiki/Heinrich_der_L%C3%B6we">https://de.wikipedia.org/wiki/Heinrich der Löwe</a> </li> <li><a href="https://de.wikipedia.org/wiki/Kreuzauffindung">https://de.wikipedia.org/wiki/Kreuzauffindung</a> </li> <li><a href="http://de.wikipedia.org/wiki/Liuthar-Evangeliar">https://de.wikipedia.org/wiki/Liuthar-Evangeliar</a> </li> <li><a href="http://de.wikipedia.org/wiki/Melisende-Psalter">https://de.wikipedia.org/wiki/Melisende-Psalter</a> </li> <li><a href="http://de.wikipedia.org/wiki/Perikopenbuch%20Heinrichs%20III">https://de.wikipedia.org/wiki/Perikopenbuch Heinrichs III</a> </li> <li><a href="http://de.wikipedia.org/wiki/Sternenmantel%20Heinrichs%20II">https://de.wikipedia.org/wiki/Sternenmantel Heinrichs II</a> </li></ul> <h3><a name="_Toc483753735"></a><a name="_Toc483731566"></a><a name="_Toc473708323">Inglesi</a> </h3> <ul> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Abbey_library_of_Saint_Gall">https://en.wikipedia.org/wiki/Abbey library of Saint Gall</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Abbey%20of%20Kells%20">https://en.wikipedia.org/wiki/Abbey of Kells</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Abd_al-Rahman_al-Sufi">https://en.wikipedia.org/wiki/Abd al-Rahman al-Sufi</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Aberdeen_Bestiary">https://en.wikipedia.org/wiki/Aberdeen Bestiary</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Aberdeen_Bestiary">https://en.wikipedia.org/wiki/Aberdeen Bestiary</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Ad%C3%A9mar_de_Chabannes">https://en.wikipedia.org/wiki/Adémar de Chabannes</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Ahmad_ibn_Muhammad_ibn_Kath%C4%ABr_al-Fargh%C4%81n%C4%AB">https://en.wikipedia.org/wiki/Ahmad ibn Muhammad ibn Kathīr al-Farghānī </a></li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Al-Battani">https://en.wikipedia.org/wiki/Al-Battani</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Alhazen">https://en.wikipedia.org/wiki/Alhazen</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Antiphonary%20of%20Bangor">https://en.wikipedia.org/wiki/Antiphonary of Bangor</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Armagh">https://en.wikipedia.org/wiki/Armagh</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Armenian_illuminated_manuscripts">https://en.wikipedia.org/wiki/Armenian illuminated manuscripts</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Ashmole_Bestiary">https://en.wikipedia.org/wiki/Ashmole Bestiary</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Astronomy_in_the_medieval_Islamic_world">https://en.wikipedia.org/wiki/Astronomy in the medieval Islamic world</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Atramentum">https://en.wikipedia.org/wiki/Atramentum</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Bamberg%20Apocalypse">https://en.wikipedia.org/wiki/Bamberg Apocalypse</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Bangor%20Abbey">https://en.wikipedia.org/wiki/Bangor Abbey</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Bangor%20Abbey">https://en.wikipedia.org/wiki/Bangor Abbey</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Bartholomeus_Anglicus">https://en.wikipedia.org/wiki/Bartholomeus Anglicus</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Bernard_Silvestris">https://en.wikipedia.org/wiki/Bernard Silvestris</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Bestiary">https://en.wikipedia.org/wiki/Bestiary</a> </li> <li>https://en.wikipedia.org/wiki/Book of Durrow </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Book%20of%20Durrow">https://en.wikipedia.org/wiki/Book of Durrow</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Book_of_Fixed_Stars">https://en.wikipedia.org/wiki/Book of Fixed Stars</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Book_of_hours">https://en.wikipedia.org/wiki/Book of hours</a> </li> <li>https://en.wikipedia.org/wiki/Book of Kells </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Book_of_Kells">https://en.wikipedia.org/wiki/Book of Kells</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Book_of_Mulling">https://en.wikipedia.org/wiki/Book of Mulling</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Chanson_d'Antioche">https://en.wikipedia.org/wiki/Chanson d'Antioche</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Chanson_de_geste">https://en.wikipedia.org/wiki/Chanson de geste</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Codex_Aureus_of_Echternach">https://en.wikipedia.org/wiki/Codex Aureus of Echternach</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Codex_Eyckensis">https://en.wikipedia.org/wiki/Codex Eyckensis</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Codex_Eyckensis">https://en.wikipedia.org/wiki/Codex Eyckensis</a> </li> <li>https://en.wikipedia.org/wiki/Codex Manesse </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Codex_Vyssegradensis">https://en.wikipedia.org/wiki/Codex Vyssegradensis</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Crusade_cycle">https://en.wikipedia.org/wiki/Crusade cycle</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Cuthbert">https://en.wikipedia.org/wiki/Cuthbert</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Daemonorops_draco">https://en.wikipedia.org/wiki/Daemonorops draco</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/De_Casibus_Virorum_Illustrium">https://en.wikipedia.org/wiki/De Casibus Virorum Illustrium</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Decretales_Gregorii_IX">https://en.wikipedia.org/wiki/Decretales Gregorii IX</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Dering_Roll">https://en.wikipedia.org/wiki/Dering Roll</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Doon_de_Mayence">https://en.wikipedia.org/wiki/Doon de Mayence</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Dracaena_draco%20">https://en.wikipedia.org/wiki/Dracaena draco </a></li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Durham_Cassiodorus">https://en.wikipedia.org/wiki/Durham Cassiodorus</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Durham_Cathedral">https://en.wikipedia.org/wiki/Durham Cathedral</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Ebbo_Gospels">https://en.wikipedia.org/wiki/Ebbo Gospels</a> </li> <li>https://en.wikipedia.org/wiki/Echternach Gospels </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Egmond%20Gospels">https://en.wikipedia.org/wiki/Egmond Gospels</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Emma_of_Normandy">https://en.wikipedia.org/wiki/Emma of Normandy</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Garin_de_Monglane">https://en.wikipedia.org/wiki/Garin de Monglane</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Garin_le_Loherain">https://en.wikipedia.org/wiki/Garin le Loherain</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Gisela_of_Swabia">https://en.wikipedia.org/wiki/Gisela of Swabia</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Golden%20Gospels%20of%20Henry%20III">https://en.wikipedia.org/wiki/Golden Gospels of Henry III</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Gospels_of_Lothair">https://en.wikipedia.org/wiki/Gospels of Lothair</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Gottfried_von_Strassburg">https://en.wikipedia.org/wiki/Gottfried von Strassburg</a> </li> <li>https://en.wikipedia.org/wiki/Grandes Chroniques de France </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Harley_Golden_Gospels">https://en.wikipedia.org/wiki/Harley Golden Gospels</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Harthacnut">https://en.wikipedia.org/wiki/Harthacnut</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Heraldry">https://en.wikipedia.org/wiki/Heraldry</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Herbarium">https://en.wikipedia.org/wiki/Herbarium</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Holkham_Bible">https://en.wikipedia.org/wiki/Holkham Bible</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Hours_of_Catherine_of_Cleves">https://en.wikipedia.org/wiki/Hours of Catherine of Cleves</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/House_of_Leiningen">https://en.wikipedia.org/wiki/House of Leiningen</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Indigo">https://en.wikipedia.org/wiki/Indigo</a> dye </li> <li>https://en.wikipedia.org/wiki/Iona </li> <li>https://en.wikipedia.org/wiki/Isabella Psalter </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Jean_Froissart">https://en.wikipedia.org/wiki/Jean Froissart</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/John,_Duke_of_Berry">https://en.wikipedia.org/wiki/John Duke of Berry</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/La_Geste_de_Garin_de_Monglane">https://en.wikipedia.org/wiki/La Geste de Garin de Monglane</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Lichfield_Gospels">https://en.wikipedia.org/wiki/Lichfield Gospels</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Limbourg_brothers">https://en.wikipedia.org/wiki/Limbourg brothers</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Lindisfarne%20Gospels">https://en.wikipedia.org/wiki/Lindisfarne Gospels</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Lindisfarne%20Gospels">https://en.wikipedia.org/wiki/Lindisfarne Gospels</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_illuminated_manuscripts">https://en.wikipedia.org/wiki/List of illuminated manuscripts</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/List%20of%20medieval%20bestiaries">https://en.wikipedia.org/wiki/List of medieval bestiaries</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/List%20of%20rolls%20of%20arms">https://en.wikipedia.org/wiki/List of rolls of arms</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Loyset_Li%C3%A9det">https://en.wikipedia.org/wiki/Loyset Liédet</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Malmesbury_Abbey">https://en.wikipedia.org/wiki/Malmesbury Abbey</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Malmesbury_Abbey">https://en.wikipedia.org/wiki/Malmesbury Abbey</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Melisende%20Psalter">https://en.wikipedia.org/wiki/Melisende Psalter</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Miniature%20%20(illuminated%20manuscript)">https://en.wikipedia.org/wiki/Miniature (illuminated manuscript)</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Morgan_Bible">https://en.wikipedia.org/wiki/Morgan Bible</a> </li> <li>https://en.wikipedia.org/wiki/Mosaic </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Mosque-Cathedral%20of%20Cordoba">https://en.wikipedia.org/wiki/Mosque-Cathedral of Cordoba</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Nuova_Cronica">https://en.wikipedia.org/wiki/Nuova Cronica</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Old%20English%20Hexateuch">https://en.wikipedia.org/wiki/Old English Hexateuch</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Opus%20Anglicanum">https://en.wikipedia.org/wiki/Opus Anglicanum</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Pa%C3%B1catantra">https://en.wikipedia.org/wiki/Pancatantra</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Percival">https://en.wikipedia.org/wiki/Percival</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Pericopes%20of%20Henry%20II">https://en.wikipedia.org/wiki/Pericopes of Henry II</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Rabanus_Maurus">https://en.wikipedia.org/wiki/Rabanus Maurus</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Roll_of_arms">https://en.wikipedia.org/wiki/Roll of arms</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Roman_de_la_Rose">https://en.wikipedia.org/wiki/Roman de la Rose</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Salzburg%20Pericopes">https://en.wikipedia.org/wiki/Salzburg Pericopes</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/St.%20Albans%20Psalter">https://en.wikipedia.org/wiki/St. Albans Psalter</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/St.%20Gall%20Gospel%20Book">https://en.wikipedia.org/wiki/St. Gall Gospel Book</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Stockholm_Codex_Aureus">https://en.wikipedia.org/wiki/Stockholm Codex Aureus</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Stowe_Missal">https://en.wikipedia.org/wiki/Stowe Missal</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/The_Song_of_Roland">https://en.wikipedia.org/wiki/The Song of Roland</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Très%20Riches%20Heures%20du%20Duc%20de%20Berry">https://en.wikipedia.org/wiki/Très Riches Heures du Duc de Berry</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Turin-Milan_Hours">https://en.wikipedia.org/wiki/Turin-Milan Hours</a> </li> <li><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Vespasian_Psalter">https://en.wikipedia.org/wiki/Vespasian Psalter</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Viking_art">https://en.wikipedia.org/wiki/Viking art</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Visigothic%20script">https://en.wikipedia.org/wiki/Visigothic script</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Walter_Map">https://en.wikipedia.org/wiki/Walter Map</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Winchester%20Bible">https://en.wikipedia.org/wiki/Winchester Bible</a> </li> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Winchester%20Psalter">https://en.wikipedia.org/wiki/Winchester Psalter</a> </li></ul> <h3><a name="_Toc483753736"></a><a name="_Toc483731567"></a><a name="_Toc473708324">Francesi</a> </h3> <ul> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Abbaye%20de%20Marmoutier%20(Tours)">https://fr.wikipedia.org/wiki/Abbaye de Marmoutier (Tours)</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Apocalypse_de_Tr%C3%A8ves">https://fr.wikipedia.org/wiki/Apocalypse de Trèves</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Aratea_de_Leyde">https://fr.wikipedia.org/wiki/Aratea de Leyde</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Aspremont%20(chanson%20de%20geste)">https://fr.wikipedia.org/wiki/Aspremont (chanson de geste)</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Bestiaire%20d'Aberdeen">https://fr.wikipedia.org/wiki/Bestiaire d’Aberdeen</a> </li> <li>https://fr.wikipedia.org/wiki/Cassiodore de Durham </li> <li>https://fr.wikipedia.org/wiki/Chanson de geste </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Codex_Aureus_Harley">https://fr.wikipedia.org/wiki/Codex Aureus Harley</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Codex_Eyckensis">https://fr.wikipedia.org/wiki/Codex Eyckensis</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/%C3%89p%C3%AEtre_d%E2%80%99Oth%C3%A9a_de_la_fondation_Bodmer">https://fr.wikipedia.org/wiki/Épître d’Othéa de la fondation Bodmer</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/%C3%89vang%C3%A9liaire_d%27Ada">https://fr.wikipedia.org/wiki/Évangéliaire d'Ada</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/%C3%89vang%C3%A9liaire_de_Godescalc">https://fr.wikipedia.org/wiki/Évangéliaire de Godescalc</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/%C3%89vang%C3%A9liaire_de_Gundohinus">https://fr.wikipedia.org/wiki/Évangéliaire de Gundohinus</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/%C3%89vang%C3%A9liaire_de_Lothaire">https://fr.wikipedia.org/wiki/Évangéliaire de Lothaire</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/%C3%89vang%C3%A9liaire_de_saint_Chad">https://fr.wikipedia.org/wiki/Évangéliaire de saint Chad</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/%C3%89vang%C3%A9liaire_de_Saint-Martin-des-Champs">https://fr.wikipedia.org/wiki/Évangéliaire de Saint-Martin-des-Champs</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/%C3%89vang%C3%A9liaire_de_Tr%C3%A8ves">https://fr.wikipedia.org/wiki/Évangéliaire de Trèves</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/%C3%89vang%C3%A9liaire_d%27Egmond">https://fr.wikipedia.org/wiki/Évangéliaire d'Egmond</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/%C3%89vang%C3%A9liaire_irlandais_de_Saint-Gall">https://fr.wikipedia.org/wiki/Évangéliaire irlandais de Saint-Gall</a> </li> <li>https://fr.wikipedia.org/wiki/Gautier Map </li> <li>https://fr.wikipedia.org/wiki/Grandes Chroniques de France </li> <li>https://fr.wikipedia.org/wiki/Guillaume d'Orange (chanson de geste) </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Heures_de_Louis_de_Laval">https://fr.wikipedia.org/wiki/Heures de Louis de Laval</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Jean_Froissart">https://fr.wikipedia.org/wiki/Jean Froissart</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Jean_Mansel">https://fr.wikipedia.org/wiki/Jean Mansel</a> </li> <li><a href="http://fr.wikipedia.org/wiki/Les_Belles_Heures_du_duc_de_Berry">https://fr.wikipedia.org/wiki/Les Belles Heures du duc de Berry</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Livre_d'heures_de_Jeanne_de_France">https://fr.wikipedia.org/wiki/Livre d’heures de Jeanne de France</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Livre_d'heures_de_Jeanne_de_Navarre">https://fr.wikipedia.org/wiki/Livre d'heures de Jeanne de Navarre</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Livre_d'heures_de_Pierre_II_de_Bretagne">https://fr.wikipedia.org/wiki/Livre d'heures de Pierre II de Bretagne</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Missale_Gothicum">https://fr.wikipedia.org/wiki/Missale Gothicum</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Psautier_de_la_reine_Isabelle">https://fr.wikipedia.org/wiki/Psautier de la reine Isabelle</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Psautier_de_Montpellier">https://fr.wikipedia.org/wiki/Psautier de Montpellier</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Robinet%20Testard">https://fr.wikipedia.org/wiki/Robinet Testard</a> </li> <li><a href="http://fr.wikipedia.org/wiki/Roman%20de%20Renart">https://fr.wikipedia.org/wiki/Roman de Renart</a> </li> <li><a href="http://fr.wikipedia.org/wiki/Sacramentaire%20de%20Charles%20le%20Chauve">https://fr.wikipedia.org/wiki/Sacramentaire de Charles le Chauve</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Sacramentaire_de_Gellone">https://fr.wikipedia.org/wiki/Sacramentaire de Gellone</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Sacramentaire_g%C3%A9lasien">https://fr.wikipedia.org/wiki/Sacramentaire gélasien</a> </li> <li><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Sacramentaire_gr%C3%A9gorien">https://fr.wikipedia.org/wiki/Sacramentaire grégorien</a> </li></ul> <h3><a name="_Toc483753737"></a><a name="_Toc483731568"></a><a name="_Toc473708325">Italiane</a> </h3> <ul> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Abbasidi">https://it.wikipedia.org/wiki/Abbasidi</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Abbazia_di_Malmesbury">https://it.wikipedia.org/wiki/Abbazia di Malmesbury</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Abbazia%20di%20Montecassino">https://it.wikipedia.org/wiki/Abbazia di Montecassino</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Abbazia_di_San_Gallo">https://it.wikipedia.org/wiki/Abbazia di San Gallo</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Abd_al-Rahm%C4%81n_al-S%C5%ABfi">https://it.wikipedia.org/wiki/Abd al-Rahmān al-Sūfi</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Abito_corale">https://it.wikipedia.org/wiki/Abito corale</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Acorus">https://it.wikipedia.org/wiki/Acorus</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ahmad_ibn_Muhammad_ibn_Kathir_al-Farghani">https://it.wikipedia.org/wiki/Ahmad ibn Muhammad ibn Kathir al-Farghani</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Alhazen">https://it.wikipedia.org/wiki/Alhazen</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ambrogio%20Lorenzetti">https://it.wikipedia.org/wiki/Ambrogio Lorenzetti</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Annali">https://it.wikipedia.org/wiki/Annali</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Antifonario%20di%20Bangor">https://it.wikipedia.org/wiki/Antifonario di Bangor</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Apigenina">https://it.wikipedia.org/wiki/Apigenina</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Araldica">https://it.wikipedia.org/wiki/Araldica</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Aratea_di_Leida">https://it.wikipedia.org/wiki/Aratea di Leida</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Armagh">https://it.wikipedia.org/wiki/Armagh</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Armoriale">https://it.wikipedia.org/wiki/Armoriale</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Astronomia_islamica">https://it.wikipedia.org/wiki/Astronomia islamica</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Bangor%20(Irlanda%20del%20Nord)">https://it.wikipedia.org/wiki/Bangor (Irlanda del Nord)</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Basilica%20di%20San%20Marco%20(Venezia)">https://it.wikipedia.org/wiki/Basilica di San Marco (Venezia)</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Beatrice%20di%20Bar">https://it.wikipedia.org/wiki/Beatrice di Bar</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Beno%C3%AEt_de_Sainte-Maure">https://it.wikipedia.org/wiki/Benoît de Sainte-Maure</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Bernardo_Silvestre">https://it.wikipedia.org/wiki/Bernardo Silvestre</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Béroul">https://it.wikipedia.org/wiki/Béroul</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Bestiario">https://it.wikipedia.org/wiki/Bestiario</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Bestiario_di_Aberdeen">https://it.wikipedia.org/wiki/Bestiario di Aberdeen</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Biacca">https://it.wikipedia.org/wiki/Biacca</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Bolinus%20brandaris">https://it.wikipedia.org/wiki/Bolinus brandaris</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Bonifacio_di_Canossa">https://it.wikipedia.org/wiki/Bonifacio di Canossa</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Breviario_romano">https://it.wikipedia.org/wiki/Breviario romano</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Canuto_II_d'Inghilterra">https://it.wikipedia.org/wiki/Canuto II d’Inghilterra</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Canzone_di_crociata">https://it.wikipedia.org/wiki/Canzone di crociata</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Carlo%20il%20Calvo">https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo il Calvo</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Cattedrale_di_Durham">https://it.wikipedia.org/wiki/Cattedrale di Durham</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Cattedrale%20di%20Otranto">https://it.wikipedia.org/wiki/Cattedrale di Otranto</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Cattedrale%20di%20San%20Donnino">https://it.wikipedia.org/wiki/Cattedrale di San Donnino</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Cattedrale%20di%20San%20Giorgio%20(Ferrara%29">https://it.wikipedia.org/wiki/Cattedrale di San Giorgio (Ferrara)</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Cattedrale%20di%20San%20Martino%20(Lucca)">https://it.wikipedia.org/wiki/Cattedrale di San Martino (Lucca)</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Cavaliere_del_Cigno">https://it.wikipedia.org/wiki/Cavaliere del Cigno</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Cavalleria_medievale">https://it.wikipedia.org/wiki/Cavalleria medievale</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Cennino_Cennini">https://it.wikipedia.org/wiki/Cennino Cennini</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Chanson_de_Roland">https://it.wikipedia.org/wiki/Chanson de Roland</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Christine_de_Pizan">https://it.wikipedia.org/wiki/Christine de Pizan</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Codex_Manesse">https://it.wikipedia.org/wiki/Codex Manesse</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Codex%20Theodosianus">https://it.wikipedia.org/wiki/Codex Theodosianus</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Convenevole_da_Prato">https://it.wikipedia.org/wiki/Convenevole da Prato</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Corsa%20all'anello%20di%20Narni">https://it.wikipedia.org/wiki/Corsa all’anello di Narni</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Cristo_Pantocratore">https://it.wikipedia.org/wiki/Cristo Pantocratore</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/De_casibus_virorum_illustrium">https://it.wikipedia.org/wiki/De casibus virorum illustrium</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/De_mulieribus_claris">https://it.wikipedia.org/wiki/De mulieribus claris</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Decorazioni%20scultoree%20del%20Duomo%20di%20Fidenza">https://it.wikipedia.org/wiki/Decorazioni scultoree del Duomo di Fidenza</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Decretum%20Gratiani">https://it.wikipedia.org/wiki/Decretum Gratiani</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Dioscoride">https://it.wikipedia.org/wiki/Dioscoride</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Donizone%20di%20Canossa">https://it.wikipedia.org/wiki/Donizone di Canossa</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Dracaena_draco">https://it.wikipedia.org/wiki/Dracaena draco</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ducato%20di%20Parma%20(Longobardi)">https://it.wikipedia.org/wiki/Ducato di Parma (Longobardi)</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Duomo%20di%20Moden">https://it.wikipedia.org/wiki/Duomo di Modena</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Duomo%20di%20Monreale">https://it.wikipedia.org/wiki/Duomo di Monreale</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Duomo%20di%20Parma">https://it.wikipedia.org/wiki/Duomo di Parma</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Duomo%20di%20Prato">https://it.wikipedia.org/wiki/Duomo di Prato</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Duomo%20di%20Siena">https://it.wikipedia.org/wiki/Duomo di Siena</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Durham">https://it.wikipedia.org/wiki/Durham</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Emma_di_Normandia">https://it.wikipedia.org/wiki/Emma di Normandia</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Enrico%20di%20Blois">https://it.wikipedia.org/wiki/Enrico di Blois</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Enrico_il_Leone">https://it.wikipedia.org/wiki/Enrico il Leone</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Erbario">https://it.wikipedia.org/wiki/Erbario</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Evangeliario_di_Ada">https://it.wikipedia.org/wiki/Evangeliario di Ada</a> </li> <li>https://it.wikipedia.org/wiki/Evangeliario di Durrow </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Evangeliario%20di%20Lindisfarne">https://it.wikipedia.org/wiki/Evangeliario di Lindisfarne</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Evangeliario_di_Saint-Riquier">https://it.wikipedia.org/wiki/Evangeliario di Saint-Riquier</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Evangeliario_di_San_Gallo">https://it.wikipedia.org/wiki/Evangeliario di San Gallo</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Fabliau">https://it.wikipedia.org/wiki/Fabliau</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Farīdūn">https://it.wikipedia.org/wiki/Farīdūn</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Gaio_Giulio_Solino">https://it.wikipedia.org/wiki/Gaio Giulio Solino</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Giallo_di_piombo_e_stagno">https://it.wikipedia.org/wiki/Giallo di piombo e stagno</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Giostra%20del%20Saracino%20(Arezzo)">https://it.wikipedia.org/wiki/Giostra del Saracino (Arezzo)</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni%20di_Valois">https://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni di Valois</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Gisella%20di%20Svevia">https://it.wikipedia.org/wiki/Gisella di Svevia</a> </li> <li>https://it.wikipedia.org/wiki/Gottfried von Neifen </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Grande%20moschea%20di%20Cordova">https://it.wikipedia.org/wiki/Grande moschea di Cordova</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Guglielmo_d'Aquitania">https://it.wikipedia.org/wiki/Guglielmo d'Aquitania</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Guglielmo%20II%20di%20Sicilia">https://it.wikipedia.org/wiki/Guglielmo II di Sicilia</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Liturgia_delle_ore#Il_Libro_Delle_Ore">https://it.wikipedia.org/wiki/Il Libro Delle Ore</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Indaco">https://it.wikipedia.org/wiki/Indaco</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Isabella_di_Baviera">https://it.wikipedia.org/wiki/Isabella di Baviera</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Isidoro%20di%20Siviglia">https://it.wikipedia.org/wiki/Isidoro di Siviglia</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Isole_Canarie">https://it.wikipedia.org/wiki/Isole Canarie</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Jan%20van%20Eyck">https://it.wikipedia.org/wiki/Jan van Eyck</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Jean_Fouquet">https://it.wikipedia.org/wiki/Jean Fouquet</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Jean_Froissart">https://it.wikipedia.org/wiki/Jean Froissart</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Lapislazzuli">https://it.wikipedia.org/wiki/Lapislazzuli</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Liber_Extra">https://it.wikipedia.org/wiki/Liber Extra</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Libro_dell%27Arte">https://it.wikipedia.org/wiki/Libro dell'Arte</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Libro%20di%20Kells">https://it.wikipedia.org/wiki/Libro di Kells</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Lindisfarne">https://it.wikipedia.org/wiki/Lindisfarne</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Macrobio">https://it.wikipedia.org/wiki/Macrobio</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Maestri">https://it.wikipedia.org/wiki/Maestri</a> campionesi </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Maestri">https://it.wikipedia.org/wiki/Maestri</a> comacini </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Maestro_delle_Ore_di_Rohan">https://it.wikipedia.org/wiki/Maestro delle Ore di Rohan</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Maestro_di_Boucicaut">https://it.wikipedia.org/wiki/Maestro di Boucicaut</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Magno_di_F%C3%BCssen">https://it.wikipedia.org/wiki/Magno di Füssen</a> </li> <li>https://it.wikipedia.org/wiki/Mandragora autumnalis </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Margherita_III_delle_Fiandre">https://it.wikipedia.org/wiki/Margherita III delle Fiandre</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Maria_di_Brabante">https://it.wikipedia.org/wiki/Maria di Brabante</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Maria_di_Francia_(poetessa)">https://it.wikipedia.org/wiki/Maria di Francia (poetessa)</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Massimiano%20(arcivescovo)">https://it.wikipedia.org/wiki/Massimiano (arcivescovo)</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Materia_medica">https://it.wikipedia.org/wiki/Materia medica</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Minio">https://it.wikipedia.org/wiki/Minio</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Minnesang">https://it.wikipedia.org/wiki/Minnesang</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Mosaico%20di%20Otranto">https://it.wikipedia.org/wiki/Mosaico di Otranto</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Mu%E1%B8%A5ammad_ibn_J%C4%81bir_al-%E1%B8%A4arr%C4%81n%C4%AB_al-Batt%C4%81n%C4%AB">https://it.wikipedia.org/wiki/Muḥammad ibn Jābir al-Ḥarrānī al-Battānī</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Muhammad_ibn_Musa_al-Khwarizmi">https://it.wikipedia.org/wiki/Muhammad ibn Musa al-Khwarizmi</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Nasir_al-Din_al-Tusi">https://it.wikipedia.org/wiki/Nasir al-Din al-Tusi</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Naskh">https://it.wikipedia.org/wiki/Naskh</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Nicola_d'Oresme">https://it.wikipedia.org/wiki/Nicola d'Oresme</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Nova_Cronica">https://it.wikipedia.org/wiki/Nova Cronica</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ocra_rossa">https://it.wikipedia.org/wiki/Ocra rossa</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Omayyadi">https://it.wikipedia.org/wiki/Omayyadi</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Onorio%20Augustodunense">https://it.wikipedia.org/wiki/Onorio Augustodunense</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Opus%20Anglicanum">https://it.wikipedia.org/wiki/Opus Anglicanum</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ore%20di%20Torino">https://it.wikipedia.org/wiki/Ore di Torino</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Pacino_di_Buonaguida">https://it.wikipedia.org/wiki/Pacino di Buonaguida</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Palio%20dei%20Castelli%20San%20Severino%20Marche)">https://it.wikipedia.org/wiki/Palio dei Castelli San Severino Marche)</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Palio%20di%20Asti">https://it.wikipedia.org/wiki/Palio di Asti</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Palio%20di%20Feltre">https://it.wikipedia.org/wiki/Palio di Feltre</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Palio%20di%20Ferrara">https://it.wikipedia.org/wiki/Palio di Ferrara</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Palio%20di%20Legnano">https://it.wikipedia.org/wiki/Palio di Legnano</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Palio%20di%20Mortara">https://it.wikipedia.org/wiki/Palio di Mortara</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Palio%20di%20Parma">https://it.wikipedia.org/wiki/Palio di Parma</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Palio%20di%20Siena">https://it.wikipedia.org/wiki/Palio di Siena</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Pantaleone%20(monaco)">https://it.wikipedia.org/wiki/Pantaleone (monaco)</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Parsifal">https://it.wikipedia.org/wiki/Parsifal</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Privilegi%20anglosassoni">https://it.wikipedia.org/wiki/Privilegi anglosassoni</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Procopio%20di%20Cesarea">https://it.wikipedia.org/wiki/Procopio di Cesarea</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Pterocarpus">https://it.wikipedia.org/wiki/Pterocarpus</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Quintana%20di%20Ascoli%20Piceno">https://it.wikipedia.org/wiki/Quintana di Ascoli Piceno</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Rabano%20Mauro">https://it.wikipedia.org/wiki/Rabano Mauro</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Ritratto%20dei%20coniugi%20Arnolfini">https://it.wikipedia.org/wiki/Ritratto dei coniugi Arnolfini</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Roman%20de%20la%20Rose">https://it.wikipedia.org/wiki/Roman de la Rose</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Roman%20de%20Renart">https://it.wikipedia.org/wiki/Roman de Renart</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Salterio%20di%20Melisenda">https://it.wikipedia.org/wiki/Salterio di Melisenda</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/San%20Regolo">https://it.wikipedia.org/wiki/San Regolo</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Sangue_di_drago_%28resina%29">https://it.wikipedia.org/wiki/Sangue di drago (resina)</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Sequoia_sempervirens">https://it.wikipedia.org/wiki/Sequoia sempervirens</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Sh%C4%81h-N%C4%81meh">https://it.wikipedia.org/wiki/Shāh-Nāmeh</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Storia%20del%20mosaico%20-%20Il%20mosaico%20nel%20mondo%20islamico">https://it.wikipedia.org/wiki/Storia del mosaico - Il mosaico nel mondo islamico</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Storia%20di%20Parma">https://it.wikipedia.org/wiki/Storia di Parma</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Tacuina_sanitatis">https://it.wikipedia.org/wiki/Tacuina sanitatis</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Tommaso_d'Inghilterra">https://it.wikipedia.org/wiki/Tommaso d'Inghilterra</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Tours">https://it.wikipedia.org/wiki/Tours</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Très%20riches%20heures%20du%20Duc%20de%20Berry">https://it.wikipedia.org/wiki/Très riches heures du Duc de Berry</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Tristano_e_Isotta">https://it.wikipedia.org/wiki/Tristano e Isotta</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Tristano_in_prosa">https://it.wikipedia.org/wiki/Tristano in prosa</a> </li> <li>https://it.wikipedia.org/wiki/Uiguri </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Valerio%20di%20Saragozza">https://it.wikipedia.org/wiki/Valerio di Saragozza</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Vangeli%20di%20Echternach">https://it.wikipedia.org/wiki/Vangeli di Echternach</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Vangeli%20di%20Lindisfarne">https://it.wikipedia.org/wiki/Vangeli di Lindisfarne</a> </li> <li><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Villard_de_Honnecourt">https://it.wikipedia.org/wiki/Villard de Honnecourt</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Vita%20Mathildis">https://it.wikipedia.org/wiki/Vita Mathildis</a> </li> <li><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Walter_Map">https://it.wikipedia.org/wiki/Walter Map</a> </li></ul> <h3><a name="_Toc483753738"></a><a name="_Toc483731569"></a><a name="_Toc473708326">Siti di Enti pubblici e privati</a> </h3> <ul> <li>Duomo di Fidenza - <a href="http://www.museoduomofidenza.it/">https://www.museoduomofidenza.it/</a> </li> <li>Duomo di Modena - <a href="http://www.duomodimodena.it/">https://www.duomodimodena.it/</a> </li> <li>Duomo di Parma - <a href="http://www.cattedrale.parma.it/">https://www.cattedrale.parma.it/</a> </li></ul> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc483753739"></a><a name="_Toc483731570"></a><a name="_Toc473708327"></a><a name="_Toc459017807"><font color="#ff0000">Manoscritti, miniature e copertine</font></a><font color="#ff0000"> </font></h2> <p>Per alcuni manoscritti digitali di alcune biblioteche, ad eccezione di quelle che distribuiscono in tutto o in parte il loro materiale sotto licenza di Pubblico Dominio, o con licenze Creative Commons (CC) e affini, <i>non è stato possibile riprodurre alcuna immagine a causa delle restrittive disposizioni sul copyright</i>. In questo elenco sono citati tutti i manoscritti utilizzati quali fonti iconografiche di riferimento a sostegno delle argomentazioni scritte, anche quelli di cui non è stato possibile riprodurre alcuna immagine. Sono stati utilizzati manoscritti datati dal VIII al XV secolo, provenienti dalle principali Biblioteche europee. Per alcuni manoscritti sono stati elencati i link di riferimento per le informazioni sul manoscritto, e, quando presenti, i link dove il manoscritto o la serie con medesimo titolo, sono consultabili online. <p> <p><font color="#ff0000">L’elenco e la ricerca bibliografica dei manoscritti consultati per la ricerca di questo articolo, sono stati compilati grazie anche al seguente sito: Manuscript Miniatures consultabile al link: </font><a href="http://manuscriptminiatures.com/"><font color="#ff0000">http://manuscriptminiatures.com/</font></a><font color="#ff0000"> dove è possibile svolgere una ricerca per parametri e trovare i manoscritti miniati e loro allocazioni, anche online. </font> <p> <p>Per alcuni manoscritti digitali di alcune biblioteche, ad eccezione di quelle che distribuiscono in tutto o in parte il loro materiale sotto licenza di Pubblico Dominio, o con licenze Creative Commons (CC) e affini, <i><font color="#ff0000">non è stato possibile riprodurre alcuna immagine a causa delle restrittive disposizioni sul copyright</font></i>. In questo elenco sono citati tutti i manoscritti utilizzati quali fonti iconografiche di riferimento a sostegno delle argomentazioni scritte, anche quelli di cui non è stato possibile riprodurre alcuna immagine. Sono stati utilizzati manoscritti datati dal VIII al XV secolo, provenienti dalle principali Biblioteche europee. Per alcuni manoscritti sono stati elencati i link di riferimento per le informazioni sul manoscritto, e, quando presenti, i link dove il manoscritto o la serie con medesimo titolo, sono consultabili online. <p> <p><font color="#ff0000">L’elenco e la ricerca bibliografica dei manoscritti consultati per la ricerca di questo articolo, sono stati compilati grazie anche al seguente sito: Manuscript Miniatures consultabile al link: </font><a href="http://manuscriptminiatures.com/"><font color="#ff0000">http://manuscriptminiatures.com/</font></a><font color="#ff0000"> dove è possibile svolgere una ricerca per parametri e trovare i manoscritti miniati e loro allocazioni, anche online. </font> <p><i><font color="#ff0000"></font></i> <p><font color="#ff0000"><i></i></font> <p><font color="#000000"><i>Ab urbe condita (Les decades de Titus Livius</i>,<i> </i>Tito Livio) – British Library, Royal 15 D VI </font> <p>▪ Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=7741">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=7741</a> <p>▪ Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal_MS_15_e_vi">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal MS 15 e vi</a> <p><i>Ab urbe condita</i> (solo prima decade dell’opera classica) – British Library, Lansdowne 1178 (Rif. <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=5235">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=5235</a>) <p><i>Albucasis. Observations sur la nature et les propriétés de divers produits alimentaires et hygiéniques, sur des phénomènes météorologiques, sur divers actes de la vie humaine, etc.</i> - Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, NAL 1673 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b105380445">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b105380445</a>) <p><i>Al-Qurʼān</i> – University of Cambridge, Cambridge Digital Library. MS Add.2964 (Rif. <a href="https://cudl.lib.cam.ac.uk/view/MS-ADD-02964/5">https://cudl.lib.cam.ac.uk/view/MS-ADD-02964/5</a>) <p><i>Ancien armorial colorié, où sont figurés les blasons de différents princes et seigneurs de France, Allemagne, Flandre, Angleterre, Espagne, Italie, etc</i>. – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 5230 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8470169b">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8470169b</a>) <p><i>Antiphonarium officii</i> – St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 390 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0390">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0390</a>) <p><i>Antiphonarium officii</i> – St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 391 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0391">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0391</a>) <p><i>Apocalisse di Bamberga</i> – Staatsbibliothek Bamberg, Msc.Bibl.14 (Rif <a href="http://bsbsbb.bsb.lrz.de/~db/0000/sbb00000063/images/index.html">http://bsbsbb.bsb.lrz.de/~db/0000/sbb00000063/images/index.html</a>) <p><i>Apocalisse di Treviri – </i>Stadtbibliothek Trier, Codex 31. Il manoscritto, datato al IX sec. non è consultabile online, tuttavia sono state diffuse e raccolte da vari siti, con diverse licenze, alcune miniature consultabili ai seguenti link: <p><a href="http://www.johannesoffenbarung.ch/bilderzyklen/trierer1.php">http://www.johannesoffenbarung.ch/bilderzyklen/trierer1.php</a> <p><a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Trierer_Apokalypse?uselang=de">https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Trierer Apokalypse?uselang=de</a> – Wikimedia Commons <p><i>Aratea di Leida –</i> Leidener Universitätsbibliothek, Voss. lat. Q 79 (Rif. <a href="https://socrates.leidenuniv.nl/view/action/nmets.do?DOCCHOICE=4636856.xml&dvs=1483362356370~353&locale=it_IT&search_terms=voss+lat+q+79&img_size=best_fit&adjacency=N&VIEWER_URL=/view/action/nmets.do?&DELIVERY_RULE_ID=1&divType=&usePid1=true&usePid2=true">https://socrates.leidenuniv.nl/...search terms=voss+lat+q+79</a>) <p><i>Arato – Germanico: Fenomeni</i> – Bern, Burgerbibliothek, Cod. 88 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bbb/0088">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bbb/0088</a>) <p><i>Aristote, Du ciel et du mond</i> realizzato per Nicole Oresme – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Français 1082 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447191h">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447191h</a>) <p><i>Armes et blasons des chevaliers companions de la Table ronde au tamps du roy Artus</i> – Bibliothèque de l'Arsenal, 5024 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b7100310j">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b7100310j</a>) <p><i>Armorial d'Auvergne – </i>Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 22297 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8470455b">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8470455b</a>) <i></i> <p><i>Armorial de Gilles Le Bouvier </i>detto <i>di Berry</i>, con le armi di Carlo VII – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 4985 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b85285803">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b85285803</a>) <p><i>Armorial de l'Europe et de la Toison d'or </i>– Bibliothèque de l'Arsenal, Ms-4790 réserve (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55009806h">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55009806h</a>) <p><i>Armorial de la Table ronde</i> – Bibliothèque de l'Arsenal, Ms-4976 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b71000160">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b71000160</a>) <p><i>Armorial</i><i> général, d'origine vraisemblablement lorraine, précédé de deux courts traités de blazon – </i>Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 18651 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b53023962n">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b53023962n</a>) <p><i>Artus de Bretagne</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 761 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84478715">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84478715</a>) <p><i>Ashmole Bestiary</i> – Bodleian Library (University of Oxford), MS. Ashmole 1511 (Rif. <a href="http://bodley30.bodley.ox.ac.uk:8180/luna/servlet/view/search?q=Shelfmark=%22MS.%20Ashmole%201511%22">https://bodley30.bodley.ox.ac.uk:8180/luna/servlet/view/search?q=Shelfmark=%22MS.%20Ashmole%201511%22</a>) <p><i>Astronomische und komputistische Sammelhandschrift – </i>Bayerische Staatsbibliothek, Clm 10270 (Rif. <a href="http://pracht-auf-pergament.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00051024&pimage=00001&v=100&katalognummer=Kat.%2065&l=de">Astronomische und komputistische Sammelhandschrift</a>) <p><i>Beatus</i> (Apocalisse commentata) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, NAL 2290 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10507217r">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10507217r</a>) <p><i>Beatus liebanensis</i>, <i>Commentarius in apocalypsin</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, NAL 2290 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10507217r">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10507217r</a>) <p><i>Bernardus S. Claraevallensis. Sermones super cantica canticorum LXXXII – </i>Engelberg, Stiftsbibliothek, Cod. 32 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bke/0032">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bke/0032</a>) <p><i>Bestiari medievali – </i>Sito canadese realizzato al fine di raccogliere e descrivere, anche a fini di studio il complesso e affascinante mondo dei bestiari medievali. Il sito è <i>in lingua inglese</i> e rappresenta al contempo un database con i principali bestiari medievali. Per visitare il sito: <a href="http://bestiary.ca/index.html">https://bestiary.ca/index.html</a> . Il sito contiene inoltre una ricca bibliografia dei testi e articoli, in parte anche scaricabili gratuitamente, dedicati a studi sui bestiari medievali ed il loro simbolismo (Rif. <a href="http://bestiary.ca/etexts.htm">https://bestiary.ca/etexts.htm</a>) <p><i>Bestiari medievali della British Library di Londra</i> – Sito in lingua inglese della British Library che contempla i bestiari medievali miniati dal XIII al XV secolo e custoditi presso la stessa biblioteca. Alcune immagini sono disponibili online sotto licenza di pubblico dominio. In questa parte del sito è possibile trovare anche una ricca bibliografia dei testi usati dagli studiosi. Per visitare la pagina, link: <a href="https://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/TourBestiaryGen.asp">https://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/TourBestiaryGen.asp</a> <p><i>Bestiario di Aberdeen – </i>Aberdeen University Library, Univ Lib. MS 24 (Rif. <a href="http://www.abdn.ac.uk/bestiary/">https://www.abdn.ac.uk/bestiary/</a>: un sito della stessa università che descrive dettagliatamente il manoscritto ed il suo simbolismo. Sito in lingua inglese). <p><i>Bestiario</i> <em>Royal 12 C. xix</em> – British Library <em>Royal 12 C. xix </em> <p>▪ Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8813&">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8813&</a> <p><em>▪ </em>Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal_MS_12_c_xix">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal MS 12 c xix</a> <em></em> <p><i>Bestiario</i> Royal 12 F. xiii – British Library, Royal 12 F. xiii <p>▪ Rif. Info <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=95">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=95</a> <p>▪ Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal_MS_12_f_xiii">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal MS 12 f xiii</a> <p><i>Bibbia – </i>Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat.lat.5729 (Rif. <a href="http://digi.vatlib.it/mss/detail/Vat.lat.5729">http://digi.vatlib.it/mss/detail/Vat.lat.5729</a>) <p><i>Bibbia </i>(dalla Genesia a Giobbe) <i>– </i>British Library, Harley 2833 (Rif. <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=6382&CollID=8&NStart=2833">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=6382&CollID=8&NStart=2833</a>) <p><i>Bibbia </i>(Proverbi) - British Library, Yates Thompson 9 (Rif. <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8108">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8108</a>) <p><i>Bibbia dei Crociati - </i>The Morgan Library & Museum, MS M.638. <p>▪ Rif. Info: <a href="http://www.themorgan.org/collection/Crusader-Bible">http://www.themorgan.org/collection/Crusader-Bible</a> <p>▪ Rif. Manoscritto: <a href="http://www.themorgan.org/collection/Crusader-Bible/thumbs">http://www.themorgan.org/collection/Crusader-Bible/thumbs</a> <p><i>Bibbia di Holkham</i> (<i>Holkham Bible</i>) – British Library, Add. MS 47682 <p>▪ Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/onlinegallery/sacredtexts/holkham.html">http://www.bl.uk/onlinegallery/sacredtexts/holkham.html</a> <p>▪ Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Add_MS_47682">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Add MS 47682</a> <p><i>Bibbia di San Giovanni d’Acri</i> (<i>Bible de Saint-Jean d'Acre</i>) – Bibliothèque de l'Arsenal, Ms-5211 réserve (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b550071673">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b550071673</a>) <p><i>Bibbia di San Paolo Fuori le mura – </i>Abbazia di San Paolo fuori le mura. Il manoscritto purtroppo non è disponibile per la consultazione online, tuttavia su Wikimedia Commons, è possibile trovare alcune miniature distribuite sotto licenza di pubblico dominio: <a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Bible_of_S_Paolo_fuori_le_Mura?uselang=fr">https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Bible of S Paolo fuori le Mura?uselang=fr</a><i>. </i> <p><i>Bibbia di Vivien</i>, dite <i>Première Bible de Charles le Chauve</i> – Bibliothèque nationale de France, Latin 1 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8455903b">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8455903b</a>). <p><i>Bibbia</i> <i>di Wincester</i> – Winchester Cathedral Library (Rif. <a href="http://www.winchester-cathedral.org.uk/our-heritage/cathedral-treasures/the-winchester-bible-details/">https://www.winchester-cathedral.org.uk/our-heritage/cathedral-treasures/the-winchester-bible-details/</a>) <p><i>Bibbia istoriata </i>(<i>Bible historiale</i>, detta anche <i>Bibbia di Giovanni il Buono</i>, Guyard des Moulins) – British Library, Royal MS 19 D II <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8520">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8520</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal_MS_19_D_II">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal MS 19 D II</a> <p><i>Bibbia istoriata</i> (fino al Libro di Ester) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 9685 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b90613966">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b90613966</a>) <p><i>Bibbia istoriata </i>(<i>Bible historiale,</i> Guyart des Moulins) – British Library, Royal 15 D III <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=7246">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=7246</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal_MS_19_D_III">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal MS 19 D III</a> <p><i>Bibbia istoriata </i>(<i>Bible historiale,</i> Guyart des Moulins) – Bibliothèque de l'Arsenal, Ms-5212 réserve (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84581379">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84581379</a>) <p>· <i>Bibbia moralizzata </i>(Bible moralisée) – British Library, Harley 1526 <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8525">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8525</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Harley_MS_1526">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Harley MS 1526</a> <p><i>Bibbia moralizzata </i>(Bible moralisée) – British Library, Harley 1527 <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8524">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8524</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Harley_MS_1527">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Harley MS 1527</a> <p><i>Bibbia moralizzata </i>(Bible moralisée) – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Français 167 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447300c">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447300c</a>) <p><i>Bibbia moralizzata </i>(Bible moralisée) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 9561 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b7200010r">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b7200010r</a>) <p><i>Biblia Latina (Vulgata): Evangelia</i> – Bern, Burgerbibliothek, Cod. 348 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bbb/0348">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bbb/0348</a>) <p><i>Biblia latina vulgatae versionis cum prologis</i> – Engelberg, Stiftsbibliothek, Cod. 4 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bke/0004">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bke/0004</a>) <p><i>Biblia latina vulgatae versionis cum prologis</i> – Engelberg, Stiftsbibliothek, Cod. 3 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bke/0003">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bke/0003</a>) <p><i>Biblia pauperum</i> – Bayerische Staatsbibliothek, BSB Cgm 5250/60 <p>· Rif. versione indicizzata: <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0006/bsb00066287/images/">http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0006/bsb00066287/images/</a> <p>· Rif. versione nuova: <a href="https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&lv=1&bandnummer=bsb00066287">https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&lv=1&bandnummer=bsb00066287</a> <p><i>Biblia pauperum</i> – Bayerische Staatsbibliothek, BSB Clm 23426 <p>· Rif. versione indicizzata: <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0008/bsb00082370/images/">http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0008/bsb00082370/images/</a> <i></i> <p>· Rif. versione nuova: <a href="https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&lv=1&bandnummer=bsb00082370">https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&lv=1&bandnummer=bsb00082370</a> <p><i>Biblia Sancti Martialis Lemovicensis altera</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 8 <p>· Vol I (Rif. I <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b85410155">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b85410155</a>) <p>· Vol II (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8550862j">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8550862j</a>) <p><i>Biblia Sancti Petri Rodensis</i> - Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 6 <p>· Vol I (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b85388026">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b85388026</a>) <p>· Vol II (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8538801s">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8538801s</a>) <p>· Vol III (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b85388130">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b85388130</a>) <p>· Vol IV (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8538814d">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8538814d</a>) <p><i>Boethius. De arithmetica et geometria. De musica</i>. – Einsiedeln, Stiftsbibliothek, Codex 358(610), (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/sbe/0358">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/sbe/0358</a>) <p><i>Breviario di Belleville</i> (<i>Bréviaire de Belleville</i>, <i>Breviarium ad usum fratrum Predicatorum</i>) – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 10483 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451634m">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451634m</a>) <p><i>Breviario di Carlo V </i>(<i>Bréviaire dit de Charles V</i> [<i>Breviarium Parisiense</i>] - Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 1052 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84525491">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84525491</a>) <p><i>Breviario di Martino d’Aragona </i>(<i>Bréviaire de Martin d'Aragon</i>) - Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Rothschild 2529 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b52000996s">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b52000996s</a>) <p><i>Breviario di Salisbury</i> (per il Duca di Bedford, Maestro delle Ore di Bedford) - Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 17294 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8470142p">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8470142p</a>) <p><i>Calendario, Computo, Tropario, Graduale, Sequenziario</i> (XI sec.) – St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 376 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0376">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0376</a>) <p><i>Calendarium, Biblia latina: Liber Psalmorum; Cantica biblica; Orationes; Hymni </i>– Cologny, Fondation Martin Bodmer, Cod. Bodmer 30 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/fmb/cb-0030">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/fmb/cb-0030</a>) <p><i>Carmina Regia – </i>British Library Royal 6 E IX <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=7789">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=7789</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal_MS_6_E_IX">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal MS 6 E IX</a>) <p><i>Catholicon</i> – Biblioteca Apostolica Vaticana, Pal. lat. 1775 (Rif. <a href="http://digi.vatlib.it/view/bav_pal_lat_1775/0001">http://digi.vatlib.it/view/bav pal lat 1775/0001</a>) <p><i>Chanson de Roland</i> – Sito dedicato alla storia epica del paladino carolingio. Sito in lingua francese: <a href="http://lachansonderoland.d-t-x.com/">https://lachansonderoland.d-t-x.com/</a> <p><i>Chanson des Saisnes</i> di Jean Bodel – Fondation Martin Bodmer, Cologna, Cod. Bodmer 40 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/fr/list/one/fmb/cb-0040">https://www.e-codices.unifr.ch/fr/list/one/fmb/cb-0040</a>) <p><i>Chronicon Albeldense</i> – Biblioteca Gonzalo de Berceo (Rif. <a href="http://www.vallenajerilla.com/albeldense/index.htm">https://www.vallenajerilla.com/albeldense/index.htm</a>) <p><i>Chroniques di Jehan Froissart – </i>Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 2643 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84386043">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84386043</a>) <p><i>Chroniques di Jehan Froissart – </i>Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 2645 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8438606x">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8438606x</a>) <p><i>Chroniques di Jehan Froissart – </i>Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 2646 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8438607b">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8438607b</a>) <p><i>Croniques compillées par Jehan Froissart. </i>Opera divisa in volumi: <p>· Vol I – Bibliothèque de l'Arsenal, Ms-5187 réserve (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55007510d">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55007510d</a>) <p>· Vol II – Bibliothèque de l'Arsenal, Ms-5188 réserve (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55007513r">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55007513r</a>) <p>· Vol III – Bibliothèque de l'Arsenal, Ms-5189 réserve (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55007511v">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55007511v</a>) <p>· Vol IV – Bibliothèque de l'Arsenal, Ms-5190 réserve (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b550075129">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b550075129</a>) <p><i>Ciclo di miniature</i> (XII sec.) – Sarnen, Benediktinerkollegium, Cod. membr. 83 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bks/membr0083">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bks/membr0083</a>) <p><i>Claudii Caesaris Arati Phaenomena</i> – Basel, Universitätsbibliothek, AN IV 18 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/ubb/AN-IV-0018">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/ubb/AN-IV-0018</a>) <p><i>Codex aureus Epternacensis</i> – Germanischen Nationalmuseums (Museo Nazionale della Germania). Il manoscritto è protetto da copyright e consultabile online al seguente link: <a href="http://www.gnm.de/fileadmin/redakteure/Sammlungen/swf/codex/">http://www.gnm.de/fileadmin/redakteure/Sammlungen/swf/codex/</a>. Tuttavia su Wikimedia Commons, è possibile trovare alcune miniature distribuite sotto licenza di pubblico dominio: <a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Codex_Aureus_of_Echternach">https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Codex Aureus of Echternach</a> e <a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/Codex_Aureus_Epternacensis">https://commons.wikimedia.org/wiki/Codex Aureus Epternacensis</a>. <p><i>Codex Aureus Harley</i> – British Library, Harley 2788 <p>· Rif. Info <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=6453&CollID=8&NStart=2788">https://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=6453</a> <p>· Rif. Manoscritto <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=harley_ms_2788">https://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=harley ms 2788</a>) <p><i>Codex Aureus Holmiensis</i> (o <i>Codex Aureus di Canterbury</i>) – Kungliga biblioteket (Biblioteca Reale) di Stoccolma, A 135 (Rif. <a href="http://www.kb.se/samlingarna/Handskrifter/Smakprov/fornsvenska/Codex-Aureus/">https://www.kb.se/samlingarna/Handskrifter/Smakprov/fornsvenska/Codex-Aureus/</a>). Licenza CC-BY <p><i>Codex aureus von St. Emmeram</i> – Bayerische Staatsbibliothek in München, Clm 14000. Sul sito della BSB è possibile consultare anche i principali e famosi manoscritti tedeschi altomedievali e non solo, specie quelli del tesoro carolingio. I manoscritti sono disponibili all’indirizzo: <a href="http://pracht-auf-pergament.digitale-sammlungen.de/index.html?c=index&l=de">https://pracht-auf-pergament.digitale-sammlungen.de/index.html?c=index&l=de</a>. <p>· Rif. versione indicizzata: <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0005/bsb00057171/images/">https://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0005/bsb00057171/images/</a> <p>· Rif. versione nuova: <a href="https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00057171">https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00057171</a> <p><i>Codex Eyckensis</i> – Trésor de l'église Sainte-Catherine, Maaseik (Rif. <a href="http://depot.lias.be/delivery/DeliveryManagerServlet?change_lng=en&dps_custom_att_1=staff&dps_pid=IE5258806&mirador=true">http://depot.lias.be/delivery/...pid=IE5258806</a>) <p><i>Codex Manesse – </i>Universitätsbibliothek Heidelberg, Cod. Pal. germ. 848. Immagini distribuite secondo Creative Commons (CC-BY-SA 3.0). <p>· Rif. Info: <a href="http://www.ub.uni-heidelberg.de/Englisch/allg/benutzung/bereiche/handschriften/codexmanesse.html">https://www.ub.uni-heidelberg.de/.../handschriften/codexmanesse.html</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/cpg848/0243">http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/cpg848/0243</a>). <p><i>Codex Vyssegradensis</i> (<i>Evangeliario dell’Incoronazione di Re Vratislao</i>, XI sec,) – Il manoscritto è proprietà della Biblioteca Nazionale della Repubblica Ceca che ne possiede i diritti di autore anche se il manoscritto digitale è consultabile sul sito <a href="http://v2.manuscriptorium.com/index.php?q=it">http://v2.manuscriptorium.com/index.php?q=it</a> che a sua volta vieta ogni tipo di divulgazione delle immagini digitali senza permesso scritto. Il manoscritto è consultabile online al link: <a href="http://v2.manuscriptorium.com/apps/main/index.php?request=show_tei_digidoc&docId=set20070920_13_1&client">http://v2.manuscriptorium.com/apps/main/index.php?request=show tei digidoc&docId=set20070920 13 1&client</a>=. Tuttavia è possibile trovare su Wikipedia, sotto licenaza CC alcune miniature del manoscritto al link: <a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Codex_Vyssegradensis">https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Codex Vyssegradensis</a> <p><i>Collezione di opere esegetico-liturgiche</i> (IX sec.) – St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 124 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0124">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0124</a>) <p><i>Compillation des Cronicques et ystores des Bretons</i> (<i>Cronaca delle storie dei Bretoni</i>, Pierre Le Baut, segretario di Jean, sire de Derval.) - Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 8266 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8530342h">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8530342h</a>) <p><i>Computo, Breviario, Graduale, Sacramentario</i> (XI sec.) – St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 338 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0338">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0338</a>) <p><i>Cronaca del mondo </i>(<i>Weltchronik</i>) – Bayerische Staatsbibliothek, BSB Cgm 8345 <p>· Rif. versione indicizzata: <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0008/bsb00080685/images/">http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0008/bsb00080685/images/</a> <p>· Rif. versione nuova: <a href="https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00080685">https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00080685</a> <p><i>Cronaca del mondo in versi</i> (<i>Weltchronik in Versen</i>) – Bayerische Staatsbibliothek, BSB Cgm 5 <p>· Rif. versione indicizzata: <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0007/bsb00079954/images/">http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0007/bsb00079954/images/</a> <p>· Rif. versione nuova: <a href="https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&lv=1&bandnummer=bsb00079954">https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&lv=1&bandnummer=bsb00079954</a> <p><i>Cronache d’Inghilterra</i> (<i>Les Chroniques d'Angleterre</i>, Jean Froissart) – British Library, Arundel 67 (Rif. <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=1652">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=1652</a>) <p><i>Cronica di Ekkehard von Aura</i> – Staatsbibliothek di Berlino, Cod. Lat. 295. <p><i>De casibus virorum illustrium</i> (<i>Libro delle sorti degli uomini famosi</i>, Giovanni Boccaccio) – Bibliothèque de Genève, Ms. fr. 190/1 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bge/fr0190-1">http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bge/fr0190-1</a>) <p><i>De casibus</i> (<i>Des Cas des nobles hommes et femmes</i>, Giovanni Boccaccio) - Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 229 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10525132w">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10525132w</a>) <p><i>De claris mulieribus</i> (<i>Libro delle donne famose</i>, Giovanni Boccaccio) – British Library, Royal 16 G (Rif. <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8359">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8359</a>) <p><i>De claris mulieribus</i> (<i>Libro delle donne famose</i>, Giovanni Boccaccio) – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Français 598 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84521932">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84521932</a>) <p><i>Des cleres et nobles femmes</i> (Dei chierici e delle nobildonne) – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Français 599 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10515437z">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10515437z</a>) <p><i>De epitoma rei militaris</i> (<i>Le cose della cavalleria</i>, fr. <i>De la chose de chevalerie</i>, Flavius Vegece) – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Français 1229 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451600t">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451600t</a>) <p><i>De rerum naturis</i> (Rabano Mauro) – Biblioteca Apostolica Vaticana, Pal. lat. 291 (Rif. <a href="http://digi.vatlib.it/view/bav_pal_lat_291/0001">http://digi.vatlib.it/view/bav pal lat 291/0001</a>) <p><i>De rerum naturis</i> (Rabano Mauro) – Biblioteca Monumento Nazionale di Montecassino, BMN Montecassino Cod. 132. Il manoscritto purtroppo non è disponibile per la consultazione online. <p><i>De Sphaera</i> <i>(Sphaerae coelestis et planetarum descriptio</i>). Biblioteca Universitaria Estense di Modena, lat209 (Rif. <a href="http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/mss/i-mo-beu-alfa.x.2.14.html">https://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/mss/i-mo-beu-alfa.x.2.14.html</a>) <p><i>Decameron</i> (Giovanni Boccaccio) – Bibliothèque de l'Arsenal, Ms-5070 réserve (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b7100018t">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b7100018t</a>) <p><i>Decamerone</i> (Giovanni Boccaccio) – Biblioteca Apostolica Vaticana, Pal. lat. 1989 (Rif. <a href="http://digi.vatlib.it/view/bav_pal_lat_1989/0001">http://digi.vatlib.it/view/bav pal lat 1989/0001</a>) <p><i>Decretali di Smithfield</i> (<i>Decretalium Gregorii IX compilatio</i>) – British Library, Royal 10 E IV <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=6549">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=6549</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal_MS_10_e_iv">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal MS 10 e iv</a> <p><i>Decretum Gratiani </i>(1170 ca.)<i> – </i>Bayerische Staatsbibliothek, Clm 17161 <p>· Rif. versione indicizzata: <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0006/bsb00065191/images/">http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0006/bsb00065191/images/</a> <p>· Rif. versione nuova: <a href="https://pracht-auf-pergament.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00065191">https://pracht-auf-pergament.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00065191</a> <p><i>Der starke Rennewart</i> (<i>Willehalm</i>) – Bayerische Staatsbibliothek, BSB Cgm 193,V <p>· Rif. versione indicizzata: <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0004/bsb00047861/images/">http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0004/bsb00047861/images/</a> <p>· Rif. versione nuova: <a href="https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00047861">https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00047861</a> <p><i>Dialogus de laudibus sanctae crucis</i> – Bayerische Staatsbibliothek, BSB Clm 14159 <p>· Rif. versione indicizzata: <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0001/bsb00018415/images/">http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0001/bsb00018415/images/</a> <p>· Rif. versione nuova: <a href="https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00018415">https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00018415</a> <p><i>Disegni di e schizzi</i> (Villard de Honnecourt<i>, Album de dessins et croquis</i>) - Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 19093 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10509412z">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10509412z</a>) <p><i>Durham Cassiodorus</i> – Durham, Cathedral Library, MS B. II. 30. Il manoscritto purtroppo non è disponibile per la consultazione online, tuttavia su Wikimedia Commons, è possibile trovare alcune miniature distribuite sotto licenza di pubblico dominio: <a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Durham_Cassiodorus?uselang=fr">https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Durham Cassiodorus</a> <p><i>Epistolario </i>(<i>XI sec.</i>) – St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 371 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0371">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0371</a>) <p><i>Epitre d'Othea</i> (Christine de Pisan) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 606 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b52000943c">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b52000943c</a>) <p><i>Epitre d'Othea</i> (Christine de Pisan) – Fondation Martin Bodmer, Cod. Bodmer 49 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/fr/list/one/fmb/cb-0049">http://www.e-codices.unifr.ch/fr/list/one/fmb/cb-0049</a>) <p><i>Esateuco antico inglese</i> – British Library, Cotton MS Claudius B IV (Rif. <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/Viewer.aspx?ref=cotton_ms_claudius_b_iv_fs001r">https://www.bl.uk/manuscripts/Viewer.aspx?ref=cotton ms claudius b iv fs001r</a>) <p><i>Ethiques et politiques</i> (Aristotele, opera realizzata per Nicola d'Oresme) – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Français 9106 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84516069">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84516069</a>) <p><i>Etymologiae</i> (Isidoro di Siviglia, copia) – Bayerische Staatsbibliothek, Clm 13031 <p>· Rif. versione indicizzata: <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0007/bsb00072196/images/">http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0007/bsb00072196/images/</a> <p>· Rif. versione nuova: <a href="https://pracht-auf-pergament.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00072196&pimage=00001&v=100&katalognummer=Kat.%2070&l=de">https://pracht-auf-pergament.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00072196</a> <p><i>Evangelia</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 263 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84921527">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84921527</a>) <p><i>Evangelia</i> – Einsiedeln, Stiftsbibliothek, Codex 17(405) (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/sbe/0017">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/sbe/0017</a>) <p><i>Evangelia per annum</i> – Bayerische Staatsbibliothek, Clm 2939 (Rif. <a href="https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&l=it&bandnummer=bsb00035435">https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&l=it&bandnummer=bsb00035435</a>) <p><i>Évangéliaire de Gundohinus</i> – Bibliothèque municipale, Autun, Ms.3 (Rif. <a href="http://www.enluminures.culture.fr/documentation/enlumine/fr/BM/autun_023-01.htm">https://www.enluminures.culture.fr/documentation/enlumine/fr/BM/autun 023-01.htm</a>) <p><i>Évangéliaire di Saint-Martin-des-Champs</i> – Bibliothèque nationale de France, Bibliothèque de l'Arsenal, Ms-599 réserve (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84559055">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84559055</a>) <p><i>Evangeliario </i>– Herzog August Bibliothek Wolfenbüttel, Cod. Guelf. 426 Helmst.; Heinemann-Nr. 461 (Rif. <a href="http://diglib.hab.de/mss/426-helmst/start.htm?image=002r">https://diglib.hab.de/mss/426-helmst/start.htm?image=002r</a>) <p><i>Evangeliario</i> – British Library, Harley 2821 <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=7931">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=7931</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Harley_MS_2821">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Harley MS 2821</a> <p><i>Evangeliario – </i>Genève, Bibliothèque de Genève, Ms. lat. 6 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bge/lat0006">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bge/lat0006</a>) <p><i>Evangeliario – </i>Schaffhausen, Stadtbibliothek, Ministerialbibliothek, Min. 8 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/sbs/min0008">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/sbs/min0008</a>) <p><i>Evangeliario</i> – St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 367 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0367">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0367</a>) <p><i>Evangeliario Barberini – </i>Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb.lat.570 (Rif. <a href="http://digi.vatlib.it/view/MSS_Barb.lat.570/0001">https://digi.vatlib.it/view/MSS Barb.lat.570/0001</a>). <p><i>Evangeliario d'Egmond</i> – Koninklijke Bibliotheek, 76 F 1 (Rif. <a href="https://www.kb.nl/en/themes/middle-ages/egmond-gospels">https://www.kb.nl/en/themes/middle-ages/egmond-gospels</a>) <p><i>Evangeliario</i> <i>del Duomo di Bamberga o Reichenau – </i>Bayrische Staatsbibliothek<i>, Clm 4454</i> (Rif. <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/bsb00004502/images/">https://daten.digitale-sammlungen.de/~db/bsb00004502/images/</a>) <p><i>Evangeliario dell’Abbazia di Senones</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 9392. (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b85511181">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b85511181</a>) <i></i> <p><i>Evangeliario detto di Loisel</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 17968 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84238343">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84238343</a>) <p><i>Evangeliario di Ada</i> – Stadtsbibliothek, Trèves, Cod. 22. . Il manoscritto purtroppo non è disponibile per la consultazione online, tuttavia su Wikimedia Commons, è possibile trovare alcune miniature distribuite sotto licenza di pubblico dominio: <a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Ada_Gospels">https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Ada Gospels</a> <p><i>Evangeliario di Carlo il Calvo</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 323 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b550056533">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b550056533</a>) <p><i>Evangeliario di Colonia </i>(<i>Cologne Gospels</i>) – British Library di Londra, Harley 2820 <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=7932">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=7932</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/Viewer.aspx?ref=harley_ms_2820_fs001r">http://www.bl.uk/manuscripts/Viewer.aspx?ref=harley ms 2820 fs001r</a>) <p><i>Evangeliario</i> <i>di Echternach</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 9389 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b530193948">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b530193948</a>) <p><i>Evangeliario di Enrico II</i> – Staatsbibliothek Bamberg, Msc. Bibl. 95. Il manoscritto fa parte della serie della <i>Biblioteca Enriciana </i> <p>· Rif. Info: <a href="https://www.staatsbibliothek-bamberg.de/index.php?id=1501">https://www.staatsbibliothek-bamberg.de/index.php?id=1501</a><i></i> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://bsbsbb.bsb.lrz.de/~db/0000/sbb00000056/images/index.html">http://bsbsbb.bsb.lrz.de/~db/0000/sbb00000056/images/index.html</a> <i></i> <p><i>Evangeliario di Enrico III</i> (o <i>Codex Aureus di Speyerer)</i> – El Escorial, Real Biblioteca, Cod. Vitrinas 17. Il manoscritto purtroppo non è disponibile per la consultazione online, tuttavia su Wikimedia Commons, è possibile trovare alcune miniature distribuite sotto licenza di pubblico dominio: <a href="http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/2/23/Heinrich_III_und_Agnes_Speyer.jpg/640px-Heinrich_III_und_Agnes_Speyer.jpg">Codex Aureus (Speyerer Evangeliar</a>.<i></i> <p><i>Evangeliario di Enrico il Leone </i>(<i>Evangeliar Heinrichs des Löwen</i>) – Herzog August Bibliothek in Wolfenbüttel. Cod. Guelf. 105 Noviss. 2° <p>· Rif. Info: <a href="http://diglib.hab.de/?db=mss&list=ms&id=105-noviss-2f">https://diglib.hab.de/?db=mss&list=ms&id=105-noviss-2f</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://diglib.hab.de/wdb.php?dir=mss/105-noviss-2f&distype=thumbs">https://diglib.hab.de/wdb.php?dir=mss/105-noviss-2f&distype=thumbs</a>). <p><i>Evangeliario di Godescalco</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, NAL 1203 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000718s">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000718s</a>) <p><i>Evangeliario</i> <i>di Lorsch – </i>Noto anche come <i>Codex Aureus di Lorsch</i>, il manoscritto fa parte di una serie di testi appartenuti in epoca medievale al Monastero di Lorsch dove risulta registrato dal 830 fino al XV secolo. Quando la biblioteca del monastero divenne proprietà del principe Ottheinrich del Palatinato nel XVI secolo fu accorpata a quella preesistente di Heidelberg. Dopo che ne divenne proprietario nel XVII secolo il principe Massimiliano di Baviera il manoscritto fu diviso in due tre parti, una rimase a Roma ed è oggi conservata presso la Biblioteca Apostolica Vaticana mentre l’altra dopo alcuni passaggi giunse alla Biblioteca Naţională a României “Alba Iulia” dove si trova tutt’ora. Il pannello frontale in avorio, la cui immagine è stata riportata anche in questo articolo, invece è ospitato presso Victoria and Albert Museum e consultabile all’indirizzo: <a href="http://collections.vam.ac.uk/item/O113554/front-cover-of-the-lorsch-gospel-cover-unknown/">https://collections.vam.ac.uk/item/O113554/front-cover-of-the-lorsch-gospel-cover-unknown/</a>. La parte con i Vangeli di Marco e Matteo dell’Evangeliario è il frammento ospitato in Romania presso la Biblioteca Nazionale della Romania (Biblioteca Naţională a României) di Bucarest e consultabile all’indirizzo: <a href="http://bibliotheca-laureshamensis-digital.de/view/bnr_msrII1">https://bibliotheca-laureshamensis-digital.de/view/bnr msrII1</a>, il portale della Biblioteca dell'Università di Heidelberg. dove è anche possibile consultare tutto il manoscritto, compresa la seconda parte con i Vangeli di Luca e Giovanni di proprietà dello Stato del Vaticano. L’intero volume digitale, diviso nelle due parti, è consultabile online presso il sito della Biblioteca dell'Università di Heidelberg all’indirizzo: <a href="http://bibliotheca-laureshamensis-digital.de/view/lorscher_evangeliar">https://bibliotheca-laureshamensis-digital.de/view/lorscher evangeliar</a>. I termini di utilizzo dei tre frammenti dipendono dai custodi attuali: solo il pannello e la prima parte dei Vangeli, quelli custoditi presso la Biblioteca Nazionale della Romania sono riproducibili solo ed esclusivamente per fini divulgativi, culturali non commerciali. Per quanto riguarda la Biblioteca Nazionale della Romania le immagini sono disponibili ai sensi del regolamento del Creative Common con licenza BY-NC-SA. <p><i>Evangeliario di Lotario </i>– Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 266 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451637v">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451637v</a>) <p><i>Evangeliario di Saint-Denis - </i>Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 9387 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b550014262">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b550014262</a>) <p><i>Evangeliario di Saint-Médard de Soissons </i>– Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 8850 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8452550p">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8452550p</a>) <p><i>Evangeliario di San Gallo</i> – St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 51 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/de/list/one/csg/0051">https://www.e-codices.unifr.ch/de/list/one/csg/0051</a>) <p><i>Evangeliario di Treviri – </i>Bibliothèque de la cathédrale Saint-Pierre de Trèves, Ms.61 / 134 <i></i> <p><i>Evangeliario ottoniano</i> – Si tratta di un manoscritto quasi anonimo datato al terzo quarto del XI secolo e realizzato probabilmente presso l’Abbazia di Echternach (da cui uscirono altri importanti manoscritti miniati in epoca precedente). Il manoscritto è attualmente ospitato presso la British Library di Londra, Harley MS 2821. <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Harley_MS_2821">https://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Harley MS 2821</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/Viewer.aspx?ref=harley_ms_2821_fs001r">https://www.bl.uk/manuscripts/Viewer.aspx?ref=harley ms 2821 fs001r</a> <p><i>Evangelistario</i> ("<i>Liber viventium</i>") – St. Gallen, Stiftsarchiv (Abtei Pfäfers), Cod. Fab. 1 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/ssg/fab0001">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/ssg/fab0001</a>) <p><i>Evangelium longum</i> (<i>Evangelistario</i>) – St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 53 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0053">http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0053</a>) <p><i>Evangelium S. Johannis</i> (Vangelo secondo Giovanni, VIII sec.) – St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 60 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0060">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0060</a>) <p><i>Evangiles pour différentes fêtes</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 17325 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b550059715">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b550059715</a>) <p><i>Exameron </i>di Sant’Ambrogio – Bayerische Staatsbibliothek, Clm 14399 <p>· Rif. versione indicizzata: <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0004/bsb00046506/images/">http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0004/bsb00046506/images/</a> <p>· Rif. versione nuova: <a href="http://pracht-auf-pergament.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00046506&pimage=00001&v=100&katalognummer=Kat.%2072&l=de">https://pracht-auf-pergament.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=-bsb00046506</a>) <p><i>Grandes Heures de Jean de Berry</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 919 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b520004510">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b520004510</a>) <p><i>Gregorius M., Moralia in Job., t. I</i> (<i>Codex restitutus</i>, XII sec.) – <b>Biblioteca non nota</b> (sine loco),Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/sl/0002">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/sl/0002</a> <p><i>Guiron le Courtois</i> (Heli De Borron) - Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 338 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8514424m">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8514424m</a>) <p><i>Guiron le Courtois</i> - Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 356 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8514422s">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8514422s</a>) <p><i>Héroïdes</i> (<i>Eroine</i>, Ovidio, trad. Octavien de Saint-Gelais, 1497) – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Français 875 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8427253m">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8427253m</a>) <p><i>Heures de Louis de Laval</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 920 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b52501620s">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b52501620s</a>) <p><i>Historia de proelis </i>(<i>Le Livre et le vraye hystoire du bon roy Alixandre</i>) <i>– </i>British Library, Royal 20 B XX <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=6533">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=6533</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal_MS_20_B_XX">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal MS 20 B XX</a> <p><i>Historiae Hierosolymitanae</i> (Philiberti de la Mare) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 5134 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b525002880">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b525002880</a>) <p><i>I fatti dei Romani </i>(<i>Les fait des Romains</i>) – British Library, Royal 20 C I (Rif. <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8358">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8358</a>) <p><i>I fatti dei Romani </i>(<i>Les fait des Romains</i>) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 23082 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b525003584">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b525003584</a>) <p><i>I Libri dei Tesori </i>(<i>Li Livres dou Tresor</i>, Brunetto Latini) – British Library, Yates Thompson 19 (Rif. <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8128">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8128</a>) <p><i>Immagini della vita di Cristo – </i>ibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, NAF 16251 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b72000827">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b72000827</a>) <i></i> <p><i>Isopet II de Paris – </i>Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Français 15213 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8452195w">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8452195w</a>) <p><i>Kreuzauffindungslegende und “Wessobrunner Gebet” – </i>Bayerische Staatsbibliothek, Clm 22053 (Rif. <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0003/bsb00031771/images/">http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0003/bsb00031771/images/</a>) <p><i>L'Atre périlleux et Yvain, le chevalier au lion</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 1433 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b105096493">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b105096493</a>) <p><i>La città delle dame</i> (<i>Cité des dames</i>, Christine de Pisan) – Di questo manoscritto esistono diverse copie, eseguite tra XIV e XV secolo. Segue l’elenco: <p>Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Français 607 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000102v">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000102v</a>) <p>Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 1178 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8448971t">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8448971t</a>) <p>Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 1179 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84489742">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84489742</a>) <p><i>La Fleur des histoires, de Jean Mansel</i> <p>· Vol. I – Bibliothèque de l'Arsenal, Ms-5087 réserve (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b550098052">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b550098052</a>) <p>· Vol. II – Bibliothèque de l'Arsenal, Ms-5088 réserve (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55007168j">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55007168j</a>) <p><i>La Fleur des histoires, de Jean Mansel – </i>Bibliothèque de Genève, Ms. fr. 64 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bge/fr0064">http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bge/fr0064</a>) <p><i>La Mort du roi Arthur</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 112 (3) (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8527589h">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8527589h</a>) <p><i>La prigionia e la morte di Re Riccardo</i> (<i>Il Prinse e la morte di re Richart</i>) – British Library, Harley 1319 (Rif. <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8530&CollID=8&NStart=1319">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8530</a>) <p><i>La Quête du Saint Graal et la Mort d'Arthus – </i>Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 343 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84584343">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84584343</a>). La BnF ha realizzato una serie di esposizioni virtuali dedicate al patrimonio di manoscritti medievali e non solo, che ospita e tra queste ve n’è una interamente dedicata al mondo dei manoscritti del Ciclo Arturiano. <a href="http://expositions.bnf.fr/arthur/">https://expositions.bnf.fr/arthur/</a> con indicazione e link dei relativi manoscritti su Gallica. <p><i>La vita di Cristo </i>(Ludolphe De Saxe) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 177 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b90591907">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b90591907</a>) <p><i>Lambert von Saint-Omer: Liber floridus</i> (XII sec.) – Herzog August Bibliothek Wolfenbüttel, Cod. Guelf. 1 Gud. lat.; Katalog-Nr. 4305 (Rif. <a href="http://diglib.hab.de/mss/1-gud-lat/start.htm?image=00001">https://diglib.hab.de/mss/1-gud-lat/start.htm?image=00001</a>) <p><i>Lancillotto del Lago </i>(<i>Lancelot du Lac</i>) – British Library, Royal 20 D IV <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8711">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8711</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal_MS_20_D_IV">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal MS 20 D IV</a> <p><i>Lancillotto del Lago </i>(<i>Lancelot du Lac, </i>Gautier Map) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 112 <p>· Vol. I (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8527587p">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8527587p</a>) <p>· Vol III (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8527589h">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8527589h</a>) <p><i>Lancillotto del Lago </i>(<i>Lancelot du Lac, </i>Gautier Map) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, 1424, Vol. III (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000409s">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000409s</a>) <p><i>Lancillotto del Lago </i>(<i>Lancelot du Lac, </i>Gautier Map) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 115F. 355-576 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000092x">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000092x</a>) <i></i> <p><i>Lancillotto e il Graal</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 114F. 206-354 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000091h">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000091h</a>) <p><i>Lancillotto in prosa</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 113F. 1-205 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60000903">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60000903</a>) <p><i>Lateinischer Psalter aus England</i> (Salterio latino di origine inglese) – Bayerische Staatsbibliothek, BSB Clm 835 <p>· Rif. versione indicizzata: <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0001/bsb00012920/images/">http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0001/bsb00012920/images/</a> <p>· Rif. versione nuova: <a href="https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&lv=1&bandnummer=bsb00012920">https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&lv=1&bandnummer=bsb00012920</a> <p><i>Le </i>"<i>Pseudo-Clementine</i>" – St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 86 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0086">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0086</a>) <p><i>Le Grandi Cronache di Francia </i>(<i>Les Grandes chroniques de France</i>). Si tratta di una raccolta di cronache, compilate a partire dal XIII secolo che documentavano le vicende dei sovrani francesi a partire dalle origini dei Franchi dai Troiani fino all’epoca in cui i manoscritti furono realizzati. L’opera nel suo complesso racconta le vicende delle dinastie Merovingia, Carolingia e Capetingia dei re di Francia, con miniature numeroisssime raffiguranti personaggi e gli eventi narrati. Si tratta di una produzione iniziata per volere di Re Luigi IX, detto il Santo. Si stima che tutta l’opera sia rappresentata da ben 130 manoscritti databili dalla seconda metà del XIII secolo fino al XV e tra essi vi sono alcuni testi interamente dedicati ai più importanti sovrani francesi tra cui Carlomagno. Esistono numerosi manoscritti e diversi esemplari giunti sino a noi, anche se i più pregiati in assoluto sono quelli di Jean Fouquet del XV secolo. Come accade per il <i>Roman de la Rose</i>, anche in questo caso si tratta di un’opera i cui manoscritti singoli sono sparsi in diverse biblioteche, anche se la maggior parte sono consultabili online. I manocritti della British Library sono stati citati, riportando il link che possiede le immagini di Pubblico Dominio, per consultare online i manoscritti occorre selezionare la collocazione e cercarla su internet. <p>· British Library, Royal MS 16 G VI (Rif. <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8469">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8469</a>) <p>· British Library, Royal 20 C VII (Rif. <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8466">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8466</a>) <p>· <i>Principi della Casa Reale di Francia – </i>Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Français 2608 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451604g">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451604g</a>) <p>· <i>Carlo V e Carlo VI</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Français 2813 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84472995">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84472995</a>) <p>· Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 6465 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10538041t">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10538041t</a>) <p>· Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 2609 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10507341p">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10507341p</a>) <p><i>Le Livre des faiz monseigneur saint Loys </i>– Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 2829 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000784s">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000784s</a>) <p><i>Le livre des échecs amoureux moralisés</i> (Evrart de Conty) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 143 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8426258c">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8426258c</a>) <p><i>Le Metamorfosi</i> (Ovidio) – Bibliothèque de l'Arsenal, Ms-5069 réserve (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b525031179">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b525031179</a>) <p><i>Le Recueil des hystoires de Troyes, composé par venerable homme Raoul Le Fevre</i> - Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 252 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b85397114">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b85397114</a>) <p><i>Livre du roy Modus et de la royne Ratio, qui parle des deduis et de pestilence</i> - Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 12399 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10515896h">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10515896h</a>) <p><i>Roman de Giron le Courtois</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, NAF 5243 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b550063539">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b550063539</a>) <p><i>Le Roman de Lancelot du Lac</i> (Gautier Map) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 122 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10533299h">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10533299h</a>) <p><i>Le Roman de Tristan</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 755 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b52503108b">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b52503108b</a>) <p><i>Le Roman de Tristan</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 776 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000110d">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000110d</a>) <p><i>Le Roman de Tristan</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 755 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b52503108b">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b52503108b</a>) <p><i>Le storie degli Antichi Romani</i> (<i>Les anciennes hystoires rommaines</i>) - British Library, Royal MS 16 G VII (Rif. <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8468">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8468</a>) <p><i>Le Voyage de Gênes</i> (Jean Marot) - Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Français 5091 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8427230m">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8427230m</a>) <p><i>Lectionnaire di Saint-Germain-des-Prés</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 11751 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b85511329">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b85511329</a>) <p><i>Legenda sanctorum aurea</i> (Jacopo da Varagine) – Bayerische Staatsbibliothek, BSB Cgm 6 (Rif. <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0004/bsb00043859/images/">http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0004/bsb00043859/images/</a>) <p><i>Legenda aurea (Légende dorée, </i>Jacopo da Varagine) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 241 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84260044">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84260044</a>) <p><i>Leggende del Santo Graal </i>- Bibliothèque de l'Arsenal, 3479 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55001677b">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55001677b</a>) <p><i>Les Vigiles de Charles VII</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 5054 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b105380390">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b105380390</a>) <p><i>Lezionario di Cluny</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, NAL 2246 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b85710847">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b85710847</a>) <p><i>Lezionario evangelico </i>– British Library, Add MS 17341 (Rif. <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Add_MS_17341">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Add MS 17341</a>) <p><i>Liber aureus</i> (<i>Evangeliario</i>, 1080 ca.) – St. Gallen, Stiftsarchiv (Abtei Pfäfers), Cod. Fab. 2 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/ssg/fab0002">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/ssg/fab0002</a>) <p><i>Liber Floridus </i>(Lambertus de Sancto Audomaro) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 8865 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000541b">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000541b</a>) <p><i>Liber Psalmorum iuxta editionem lxx interpretum a sancto Hieronimo presbitero emendatus </i>(IX sec.) – Herzog August Bibliothek Wolfenbüttel, Cod. Guelf. 81.17 (Rif. <a href="http://diglib.hab.de/?db=mss&list=ms&id=81-17-aug-2f&lang=en">https://diglib.hab.de/?db=mss&list=ms&id=81-17-aug-2f&lang=en</a>) <p><i>Liber sacramentorum Romanae ecclesiae</i> – Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg.lat.316 (Rif. <a href="http://digi.vatlib.it/view/MSS_Reg.lat.316/0001">https://digi.vatlib.it/view/MSS Reg.lat.316/0001</a>) <p><i>Libro d’Ore </i>(<i>Taymouth Hours</i>) – British Library, Yates Thompson 13 <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8148">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8148</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Yates_Thompson_MS_13">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Yates Thompson MS 13</a> <p><i>Libro d’Ore</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, NAF 28877 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b525070859">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b525070859</a>) <p><i>Libro d’Ore</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 1173 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8432895r">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8432895r</a>) <p><i>Libro d’Ore ad uso romano</i> (<i>The Dunois Hours</i>) – British Library, Yates Thompson 3 <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=6439">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=6439</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Yates_Thompson_MS_3">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Yates Thompson MS 3</a> <p><i>Libro d’Ore d'Anne de Beaujeu</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, NAL 3187 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447775g">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447775g</a>) <p><i>Libro d’Ore di Bedford</i> (<i>Bedford Hours</i>) – British Library, Add MS 18850 (Rif. <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Add_MS_18850">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Add MS 18850</a>) <p><i>Libro d’ore delle Dame von Oudenaarde</i> – Utopia, armarium codicum bibliophilorum (Svizzera), Cod. 104 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/utp/0104">http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/utp/0104</a>) <p><i>Libro d’Ore di Enrico II – </i>Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 1429 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447767x">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447767x</a>) <p><i>Libro d’Ore di Giovanna di Francia (di Navarra)</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, NAL 3244 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8571085n">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8571085n</a>) <p><i>Libro d’Ore di Iolanda di Fiandra</i> – British Library, Yates Thompson 27 <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=6440">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=6440</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Yates_Thompson_MS_27">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Yates Thompson MS 27</a> <p><i>Libro d’Ore di Renato d’Angiò </i>(<i>The Hours of René of Anjou</i>) – British Library, Egerton MS 1070 (Rif. <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Egerton_MS_1070">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Egerton MS 1070</a>) <p><i>Libro d’Ore di Rohan</i> (<i>Grandes heures de Rohan</i>) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 9471 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10515749d">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10515749d</a>) <p><i>Libro dei Re (Shâhnâmeh)</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Persan 228 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8406159w">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8406159w</a>) <p><i>Libro della Passione </i>(<i>Wardington Hours</i>) – British Library, Add MS 82945 (Rif. <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Add_MS_82945">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Add MS 82945</a>) <p><i>Libro della Regina </i>(<i>The Book of the Queen</i>, Christine de Pizan) – British Library, Harley MS 4431 <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8361">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8361</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Harley_MS_4431">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Harley MS 4431</a> <p><i>Libro di Kells </i>(<i>Book of Kells</i>)<i> – </i>Trinity College Library, MS A. I. 58 (Rif. <a href="http://digitalcollections.tcd.ie/home/index.php?DRIS_ID=MS58_003v">https://digitalcollections.tcd.ie/home/index.php?DRIS ID=MS58 003v</a>) <p><i>Libro di Lichfield</i> – Chapter of Lichfield Cathedral (Rif. <a href="https://lichfield.ou.edu/cc-download">https://lichfield.ou.edu/cc-download</a>). In questo sito è possibile anche scaricare le immagini, distribuite con licenza CC-BY-SA. <p><i>Libro di Mulling</i> – Trinity College Library MS 60 (A. I. 15), Dublin (Rif. <a href="http://digitalcollections.tcd.ie/home/index.php?folder_id=1648&pidtopage=MS60_001&entry_point=1">https://digitalcollections.tcd.ie/home/index.php?folder id=1648&pidtopage=MS60 001&entry point=1</a>) <p><i>Libro delle meraviglie</i> (<i>Le Livre des merveilles</i>, Marco Polo) - Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Français 2810 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b52000858n">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b52000858n</a>) <p><i>Manoscritti della Biblioteca Enriciana</i> (Enrico II, Imperatore) sono consultabili presso il sito della Staatsbibliothek Bamberg, digitalizzati dalla Bayerische Staatsbibliothek<i> </i>al presente sito: <a href="http://bsbsbb.bsb.lrz.de/~db/ausgaben/datierung.html?signaturgruppe=11.+Jahrhundert">https://bsbsbb.bsb.lrz.de/~db/ausgaben/datierung.html?signaturgruppe=11.+Jahrhundert</a> <p><i>Manoscritti miniati dell’Armenia</i>, datati tra XI e XV secolo consultabili sul sito <a href="http://www.armenica.org/cgi-bin/armenica.cgi?445095168495898;=2=l">https://www.armenica.org/cgi-bin/armenica.cgi?445095168495898;=2=l</a> e fanno parte delle collezioni della Matenadaran (Istituto Mesrop Mashtots di manoscritti antichi). I manoscritti su Armenica.org sono protetti da copyright, tuttavia è possibile il riutilizzo del materiale, senza alterarlo e citando tutte le fonti: <a href="http://www.armenica.org/about.html">www.armenica.org/about.html</a> <p><i>Manoscritto miscellaneo: grammatica / Poemi e Carmen paschale / Miscellaneo / Dialogo tra maestro e discepolo/ Commento a S. Paolo</i> (IX sec.) – St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 877 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0877">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0877</a>) <p><i>Manoscritto persiano – </i>Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Persan 174 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8410888f">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8410888f</a>) <p><i>Manoscritto turco – </i>Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Supplément turc 190 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8427195m">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8427195m</a>) <p><i>Manuale di diritto canonico</i> (XI sec.) – Engelberg, Stiftsbibliothek, Cod. 52 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bke/0052">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bke/0052</a>) <p><i>Mare historiarum ab orbe condito ad annum Christi 1250 </i>(Joanne de Columma, Romano, ordinis Fratrum Praedicatorum ; praemittitur index capitum generalis) - Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 491 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000905v">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000905v</a>) <p><i>Miroir historial</i> (Vincent de Beauvais, tradotto per Jean du Vignay) <p>Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 309 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b105295945">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b105295945</a>) <p>Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 311 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b52504906t">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b52504906t</a>) <p>Bibliothèque de l'Arsenal, Ms-5080 réserve (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b7100627v">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b7100627v</a>) <p><i>Miscellanea</i> (X secolo) – British Library, Additional 24199 <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=6785">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=6785</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Add_MS_24199">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Add MS 24199</a> <p><i>Miscellanea</i>: manoscritto che contiene tre diversi testi i cui titoli sono rispettivamente i seguenti in elenco. Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 5690 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84386221">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84386221</a>) <p><i>Dictys Cretensis, De bello Trojano libri sex</i> <p><i>Florus , Historiarum Romanarum epitomeTitus Livius </i> <p><i>Historiarum decades prima, tertia et quarta</i> <p><i>Miscellanea </i>(Testi astronomici, calendario e bestiario) - <p><i>Missale benedictinum ad usum Trecensem – </i>Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 818 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8432307f">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8432307f</a>) <p><i>Missale Gothicum</i> – Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg.lat.317 (Rif. <a href="http://digi.vatlib.it/view/MSS_Reg.lat.317/0001">https://digi.vatlib.it/view/MSS Reg.lat.317/0001</a>) <p><i>Missale Pictavense</i> - Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 873 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10722056n">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10722056n</a>) <p><i>Missale et horae ad usum Fratrum Minorum</i> - Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 757 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8470209d">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8470209d</a>) <p><i>Nuova Cronica</i> – Biblioteca Apostolica Vaticana, Chig.L.VIII.296 (Rif. <a href="http://digi.vatlib.it/view/MSS_Chig.L.VIII.296/0001">http://digi.vatlib.it/view/MSS Chig.L.VIII.296/0001</a>) <p><i>Officium et Vita sanctae Clotildis</i> - Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 917 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84472943">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84472943</a>) <p><i>Omeliario</i> (<i>Proprium de sanctis</i>) – St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 433 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0433">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0433</a>) <p><i>Omiliae lectionum sancti evangelii Venerabilis Bedae presbiteri numero quinquaginta</i> – Engelberg, Stiftsbibliothek, Cod. 47 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bke/0047">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bke/0047</a>) <p><i>Chronologia magna </i>(Paulinus Venetus) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 4939 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55002483j">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55002483j</a>) <p><i>Pentateuco</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Arabe 12 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84192173">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84192173</a>) <p><i>Pentateuco d’Ashburnham ou de Tours</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, NAL 2334 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b53019392c">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b53019392c</a>) <p><i>Pericopio di Enrico II</i> – Bayerische Staatsbibliothek, Clm 4452 (Rif. <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0008/bsb00087481/images/">https://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0008/bsb00087481/images/</a>) <p><i>Pericopio di Salzburg</i> – Bayerische Staatsbibliothek, Clm 15713 <p><i>Pericopio di St. Erentrud in Salzburg</i> – Bayerische Staatsbibliothek, Clm 15903 <p>· Rif. versione indicizzata: <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0007/bsb00070697/images/">http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0007/bsb00070697/images/</a> <p>· Rif. versione nuova: <a href="https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00070697&pimage=00001&v=100&nav=&l=it">https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00070697</a> <p><i>Perikopenbuch Heinrichs III</i> – Universitätsbibliothek Bremen Ms. b. 21 (Immagini tratte da Wikipedia, copia digitale non disponibile con consultazione online.Rif. <a href="http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/6/64/Gisela_von_Schwaben%2C_Echternacher_Perikopenbuch.JPG/640px-Gisela_von_Schwaben%2C_Echternacher_Perikopenbuch.JPG">Perikopenbuch Heinrichs III - Bremen Stadtbibl. cod.B.21</a>) <p><i>Petites heures de Jean de Berry</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 18014 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8449684q">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8449684q</a>) <p><i>Petri Manducatoris sermones per anni circulum in Synodo habiti</i> – Bayerische Staatsbibliothek, Clm 2599 (Rif. <a href="http://nbn-resolving.de/urn/resolver.pl?urn=urn:nbn:de:bvb:12-bsb00107884-9">http://nbn-resolving.de/urn/resolver.pl?urn=urn:nbn:de:bvb:12-bsb00107884-9</a>) <p><i>Physiologus Bernensis</i> – Bern, Burgerbibliothek, Cod. 318 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bbb/0318">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bbb/0318</a>) <p><i>Pontificale di Enrico II - Staatsbibliothek Bamberg, Msc.Lit.53</i> (Rif. <a href="http://bsbsbb.bsb.lrz.de/~db/ausgaben/thumbnailseite.html?id=00000131&seite=1&bibl=sbb">http://bsbsbb.bsb.lrz.de/~db/ausgaben/thumbnailseite.html?id=00000131&seite=1&bibl=sbb</a>) <p><i>Prosaire à l'usage d'Auch </i>– Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 1118 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8432314k">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8432314k</a>) <p><i>Prudentius, Carmina</i> – Bern, Burgerbibliothek, Cod. 264 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bbb/0264">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/bbb/0264</a>) <p><i>Psalterium aureum</i> (<i>Psalterium Gallicanum</i>) – St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 22 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0022">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0022</a>) <p><i>Psalterium Caroli Calvi</i> (IX sec.) – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 1152 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55001423q">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55001423q</a>) <p><i>Psalterium et hymnarium ad usum monasterii Sancti Dionysii</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 103 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8427440p">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8427440p</a>) <p><i>Psalterium Gallicanum con Cantica</i> – St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 20 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0020">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0020</a>) <p><i>Raccolta di opere di </i>Christine de Pisan – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 835 <p>· Rif. Vol. I <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8449047c">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8449047c</a><i></i> <p>· Rif. Vol. II <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8449048s">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8449048s</a> <p><i>Raccolta di opere di </i>Christine de Pisan – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 1182 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8449706v">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8449706v</a>) <p><i>Raccolta di opere e storie delle chansons de geste</i> (dal Cavaliere del Cigno al Romanzo di Tristano) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 795 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8419243k">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8419243k</a>) <p><i>Raccolta di opere dedicate alle leggende arturiane</i> (Romanzo del Graal e di Merlino) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 770 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b52503818d">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b52503818d</a>) <p><i>Recueil sommaire des cronicques françoyses</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 2819 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b105090110">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b105090110</a>) <p><i>Roman d'Alexandre</i> – British Library, Royal MS 19 D I (Rif. <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal_MS_19_D_I">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal MS 19 D I</a>) <p><i>Roman de Fauvel</i> (ed altre opere) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 146 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8454675g">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8454675g</a>) <p><i>Roman de Jaufre</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 2164 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60009476">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60009476</a>) <p><i>Roman de la Rose</i> – Esistono vari manoscritti, distribuiti in diverse biblioteche in Europa, seguono i link dei materiali utilizzati quali fonti per questa documentazione: <p>· Bibliothèque de l'Arsenal, 3338 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000294f">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000294f</a>) <p>· Bibliothèque de l'Arsenal, 5210 réserve (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000297p">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000297p</a>) <p>· Bibliothèque de l'Arsenal, Ms-5226 réserve (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60002983">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60002983</a>) <p>· Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 1575 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60003333">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60003333</a>) <p>· Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 25526 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000369q">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000369q</a>) <p>· Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 1567 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000325j">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000325j</a>) <p>· Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 1665 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000336b">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000336b</a>) <p>· Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 9345 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000341n">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000341n</a>) <p>· Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 12589 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000344w">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000344w</a>) <p>· Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 1561 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000319t">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000319t</a>) <p>· Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 1564 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60003229">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60003229</a>) <p>· Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 1576 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000334h">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000334h</a>) <p>· Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 19156 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000357h">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000357h</a>) <p>· Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 12588 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000343g">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000343g</a>) <p>· Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 1565 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000323q">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000323q</a>) <p>· Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Rothschild 2801 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000378p">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000378p</a>) <p>· Bibliothèque nationale de France, Français 380 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60003014">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60003014</a>) <p>· Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 12595 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60002167">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60002167</a>) <p>· Bodleian Library, MS Douce 195 (Rif. <a href="http://bodley30.bodley.ox.ac.uk:8180/luna/servlet/view/all/what/MS.%20Douce%20195?os=150">http://bodley30.bodley.ox.ac.uk:8180/luna/servlet/view/all/what/MS.%20Douce%20195?os=150</a>) <p><i>Roman de Renart</i> – In Francia è stato dedicato al famoso romanzo un intero blog, in lingua francese, visitabile al sito: <a href="http://roman-de-renart.blogspot.it/">https://roman-de-renart.blogspot.it/</a> . La stessa BnF ha dedicato al manoscritto un’esposizione virtuale, anch’essa in lingua francese consultabile al link: <a href="http://classes.bnf.fr/renart/index.htm">https://classes.bnf.fr/renart/index.htm</a> . <p><i>Roman de Renart</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 12584 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60004625">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60004625</a>) <p><i>Le Roman de Troie</i> (Benoît de Sainte-Maure) - Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 782 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b520004567">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b520004567</a>) <p><i>Romanzo di tutta la Cavalleria </i>(<i>Roman de toute chevalerie</i>) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 24364 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60002590">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60002590</a>) <p><i>Romanzi arturiani</i> (<i>Romans arthuriens</i>) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 95 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000108b">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000108b</a>) <p><i>Romanzi arturiani</i>, manoscritti miniati, raccolta ed esposizione su: <a href="http://expositions.bnf.fr/arthur/gallica/index.htm">http://expositions.bnf.fr/arthur/gallica/index.htm</a>. Al presente link è possibile trovare i collegamenti dei singoli manoscritti della BnF dedicati alle saghe arturiane. <p><i>Sacramentario de l’égl. de Verdun – </i>Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 18005 (Rif. <a href="https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84324746">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84324746</a>) <p><i>Sacramentario di Carlo il Calvo</i> (?), frg. – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 1141 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b53019391x">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b53019391x</a>) <p><i>Sacramentario di Enrico II – </i>Bayerische Staatsbibliothek, Clm 4456 (Rif. <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/ausgaben/thumbnailseite.html?id=00050763&seite=1&fip=193.174.98.30">https://daten.digitale-sammlungen.de/~db/ausgaben/thumbnailseite.html?id=00050763&seite=1&fip=193.174.98.30</a>) <i></i> <p><i>Sacramentario di Gellone</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 12048 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60000317">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b60000317</a>) <p><i>Sacramentario di Hornbach</i> - Solothurn, Domschatz der St.-Ursen-Kathedrale, Cod. U 1 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/dss/U0001">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/dss/U0001</a>) <p><i>Sacramentario gregoriano</i> – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat.lat.3806 (Rif. <a href="http://digi.vatlib.it/view/MSS_Vat.lat.3806/0001">https://digi.vatlib.it/view/MSS Vat.lat.3806/0001</a>) <p><i>Sacramentarium Figiacense</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 2293 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8432468g">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8432468g</a>) <p><i>Salterio </i>– British Library, Royal 1 D X <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8755">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8755</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal_MS_1_d_x">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal MS 1 d x</a> <p><i>Salterio </i>– British Library, Royal 2 B II (Rif. <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=6541">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=6541</a>) <p><i>Salterio (cum Officium defunctorum)</i> – Bayerische Staatsbibliothek, BSB Clm 23094 <p>· Rif. versione indicizzata: <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0002/bsb00027174/images/">http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0002/bsb00027174/images/</a> <i></i> <p>· Rif. versione nuova: <a href="https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00027174">https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00027174</a> <p><i>Salterio (</i>Lat<i>. Psalterium</i>) – Hermetschwil, Benediktinerinnenkloster, Cod. membr. 19 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/hba/membr0019">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/hba/membr0019</a>) <p><i>Salterio (</i>Lat<i>. Psalterium</i>) – Hermetschwil, Benediktinerinnenkloster, Cod. membr. 37 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/hba/membr0037">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/hba/membr0037</a>) <p><i>Salterio Charité- sur- Loire Psalter</i> – British Library, Harley 2895 (Rif. <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8623&CollID=8&NStart=2895">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8623&CollID=8&NStart=2895</a>) <p><i>Salterio con calendario </i>– British Library, Yates Thompson 18 (Rif. <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8139">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8139</a>) <p><i>Salterio della Regina Maria</i> (<i>The Queen Mary Psalter</i>) – British Library, Royal 2 B VII <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=6467">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=6467</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Royal_MS_2_b_vii">http://www.bl.uk/manuscripts/fulldisplay.aspx?Ref=Royal MS 2 b vii</a> <p><i>Salterio di Arundel o di Eadui </i>– British Library, Arundel 155 <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=86">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=86</a><i></i> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Arundel_MS_155">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Arundel MS 155</a> <p><i>Salterio di Bristol </i>(XI sec.) – British Library, Add MS 40731 (Rif. <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/Viewer.aspx?ref=add_ms_40731_fs001r">http://www.bl.uk/manuscripts/Viewer.aspx?ref=add ms 40731 fs001r</a>) <p><i>Salterio di Eadwine</i> o <i>Salterio di Canterbury </i>– Trinity College di Cambridge (Rif. <a href="http://collections.vam.ac.uk/item/O86305/leaf-from-a-psalter-eadwine-manuscript-unknown/">https://collections.vam.ac.uk/item/O86305/leaf-from-a-psalter-eadwine-manuscript-unknown/</a>) <p><i>Salterio di Enrico VI </i>– British Library, Cotton MS Domitian A XVII (Rif. <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Cotton_MS_Domitian_A_XVII">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Cotton MS Domitian A XVII</a>) <p><i>Salterio di Folchart – </i>St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 23 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/en/list/one/csg/0023">https://www.e-codices.unifr.ch/en/list/one/csg/0023</a>) <p><i>Salterio di Jean de Berry </i>(<i>Psautier de Jean de Berry</i>) – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Français 13091 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84546905">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84546905</a>) <p><i>Salterio di Isabella d’Inghilterra</i> – Il manoscritto prende il nome da Isabella di Francia e fu probabilmente donato a lei, stando alle fonti storiche, in occasione del suo matrimonio con Edoardo II d’Inghilterra. Bayerische Staatsbibliothek, BSB Cod.gall. 16 <p>· Rif. versione indicizzata: <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0005/bsb00056556/images/">http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0005/bsb00056556/images/</a> <p>· Rif. versione nuova: <a href="https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&lv=1&bandnummer=bsb00056556">https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&lv=1&bandnummer=bsb00056556</a> <p><i>Salterio di Melisenda</i> – British Library, Ms. Egerton 1139 <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8095">https://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8095</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Egerton_MS_1139">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Egerton MS 1139</a> <p><i>Salterio di Montpellier</i> – Bibliothèque inter-universitaire de Montpellier, H 409 <p><i>Salterio di Re Luigi e Bianca di Castiglia </i>– Bibliothèque de l'Arsenal, Ms-1186 réserve (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b7100723j">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b7100723j</a>) <p><i>Salterio di San Luigi</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 10525 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447877n">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447877n</a>) <p><i>Salterio di Sant’Albano</i> (<i>St. Albans Psalter</i>) – Biblioteca della Cattedrale di Hildesheim. Dombibliothek Hildesheim, HS St. Godehard 1 (Rif. <a href="http://www.abdn.ac.uk/stalbanspsalter/english/index.shtml">https://www.abdn.ac.uk/stalbanspsalter/english/index.shtml</a>) <p><i>Salterio di Teodoro</i> – British Library, Add.19352 (Rif. <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Add_MS_19352">https://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Add MS 19352</a>) <p><i>Salterio di Vespasiano</i> – British Library, Cotton MS Vespasian A I (Rif. <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/Viewer.aspx?ref=cotton_ms_vespasian_a_i_f001r">https://www.bl.uk/manuscripts/Viewer.aspx?ref=cotton ms vespasian a i f001r</a>) <p><i>Salterio di</i> <i>Winchester</i> o di <i>Enrico di Blois</i> (<i>Winchester Psalter</i>) – British Library, Cotton MS Nero C IV (Rif. <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Cotton_MS_nero_c_iv">https://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Cotton MS nero c iv</a>) <p><i>Salterio di York</i> – <i>Glasgow University Library, </i>MS Hunter 229 (Rif. <a href="http://special.lib.gla.ac.uk/exhibns/psalter/psalterindex.html">https://special.lib.gla.ac.uk/exhibns/psalter/psalterindex.html</a>) <p><i>Seconde Bible de Charles le Chauve</i> – Bibliothèque nationale de France, Latin 2 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8452767n">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8452767n</a>) <p><i>Somme le Roi</i> – British Library, Add MS 28162 (Rif. <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Add_MS_28162">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Add MS 28162</a>) <p><i>Speculum humanae salvationis</i> – Biblioteca Apostolica Vaticana, Pal. lat. 1806 (Rif. <a href="http://digi.vatlib.it/view/bav_pal_lat_1806/0001">http://digi.vatlib.it/view/bav pal lat 1806/0001</a> <p><i>Speculum humanae salvationis</i> – Biblioteca Apostolica Vaticana, Pal.lat.413 (Rif. <a href="http://digi.vatlib.it/view/MSS_Pal.lat.413/0001">http://digi.vatlib.it/view/MSS Pal.lat.413/0001</a>) <p><i>Speculum salvationis humanae metrice cum figuris pictis. Pugna virtutum et vitiorum cum figuris pictis</i> - Bayerische Staatsbibliothek, BSB Clm 3003 <p>· Rif. versione indicizzata: <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0006/bsb00064970/images/">http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0006/bsb00064970/images/</a> <p>· Rif. versione nuova: <a href="https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&lv=1&bandnummer=bsb00064970&pimage=00064970">https://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&lv=1&bandnummer=bsb00064970&pimage=00064970</a> <p><i>Speculum historiale</i> (Vincent de Beauvais) - Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, NAF 15939 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8449690f">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8449690f</a>) <p><i>Statuts de l'ordre de Saint-Michel</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 14363 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8577517d">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8577517d</a>) <p><i>Statuts de l'ordre de Saint-Michel</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 19819 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8427226q">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8427226q</a>) <p><i>Storia antica</i> <i>e i fatti dei Romani</i> (<i>Histoire ancienne</i>; <i>Les Faits des Romains</i>) - Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Français 246 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8449715t">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8449715t</a>) <p><i>Storia antica di Cesare</i> (Histoire ancienne jusqu'à César) – British Library, Add MS 19669 (Rif. <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=add_ms_19669">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=add ms 19669</a>) <p><i>Storia dei Romani </i>(<i>Histoire romaine</i>) – Bibliothèque de Genève, Ms. fr. 77 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/en/list/one/bge/fr0077">http://www.e-codices.unifr.ch/en/list/one/bge/fr0077</a>) <p><i>Storia del Santo Graal </i>e <i>Storia di Merlino</i> (<i>L'estoire del Saint Graal</i>; <i>L'estoire de Merlin</i>) – British Library, Additional 10292 <p>· Rif. Info <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8572">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8572</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Add_MS_10292">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Add MS 10292</a> <p><i>Storia della conquista del mondo</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Supplément Persan 206 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84229930">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84229930</a>) <p><i>Storia universale</i> (<i>Libro della Storie Antiche</i>) – British Library, Additional 15268 <p>· Rif. Info: <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8326">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8326</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=add_ms_15268">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=add ms 15268</a> <p><i>Storie d’Oltremare </i>(<i>Histoire d'Outremer</i>) – British Library, Yates Thompson 12 <p>· Rif. Info <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8129">http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=8129</a> <p>· Rif. Manoscritto: <a href="http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Yates_Thompson_MS_12">http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Yates Thompson MS 12</a> <p><i>Storie d’Oltremare </i>(<i>Histoire d'Outremer</i>, Guglielmo di Tiro) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 9081 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10506571b">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10506571b</a>) <p><i>Storie di Giobbe</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 15675 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84526716">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84526716</a>) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 2628 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b9058864v">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b9058864v</a>) <p><i>Storie della Guerra Santa (Histoire de la guerre sainte,</i>Guglielmo di Tiro) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 2628 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b9058864v">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b9058864v</a>) <p><i>Stowe Missal</i> (o <i>Messale di Stowe</i>) – Royal Irish Academy, MS D ii 3 (Rif. <a href="https://www.isos.dias.ie/master.html?http://www.isos.dias.ie/libraries/RIA/RIA_MS_D_ii_3/english/catalogue.html">https://www.isos.dias.ie/master.html?https://www.isos.dias.ie/libraries/RIA/RIA MS D ii 3/english/catalogue.html</a>) <p><i>Suwar al-Kawakib al-Thabitah</i> (<i>Libro delle stele fisse</i>) – Bodleian Libraries, University of Oxford, MS. Marsh 144 (Rif. <a href="http://treasures.bodleian.ox.ac.uk/Suwar-al-Kawakib-al-Thabitah">https://treasures.bodleian.ox.ac.uk/Suwar-al-Kawakib-al-Thabitah</a>). A questo link è possibile trovare anche altri manoscritti illustrate dell’astronomia araba e testi trascritti dalla stessa, in latino. <p><i>Suwar al-Kawakib al-Thabitah</i> (<i>Libro delle stele fisse</i>) – Trascrizione araba del testo di Ṣūfī. Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Arabe 2488 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84061698">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84061698</a>) <p><i>Tacuinum sanitatis</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 9333 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b105072169">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b105072169</a>) <p><i>Tragoediae</i> (Seneca) – Biblioteca Apostolica Vaticana, Pal. lat. 1677 (Rif. <a href="http://digi.vatlib.it/view/bav_pal_lat_1677/0001">http://digi.vatlib.it/view/bav pal lat 1677/0001</a>) <p><i>Traités d'astronomie</i> [<i>Sufi latinus</i>] – Bibliothèque de l'Arsenal, Ms-1036 réserve (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55005888b">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55005888b</a>). <p><i>Translatio barbarica psalterii Notkeri tertii</i> – St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 21 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0021">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0021</a>) <p><i>Trattato delle armi e dei tornei per Renato d’Angiò</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 2695 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84522067">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84522067</a>) <p><i>Traité des vertus cardinals</i> (François Demoulins) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 12247 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000782z">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000782z</a>) <p><i>Très Riches Heures du Duc de Berry</i>, folio 4v – Castello di Chantilly. MS 65. Fonte immagini: <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Tr%C3%A8s_Riches_Heures_du_Duc_de_Berry">https://en.wikipedia.org/wiki/Tr%C3%A8s Riches Heures du Duc de Berry</a> <p><i>Très belles Heures de Notre-Dame de Jean de Berry</i> - Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, NAL 3093 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84496839">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84496839</a>) <p><i>Tristan chevalier de la table ronde</i> - Bibliothèque nationale de France, département Réserve des livres rares, VELINS-623 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8626774p">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8626774p</a>) <p><i>Troparium-prosarium ad usum Sancti Geraldi Auriliacensis</i> (Adémar de Chabannes) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 1084 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8432316d">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8432316d</a>) <p><i>Troparium, prosarium, processionale Sancti Martialis Lemovicensis</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 1120 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84323135">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84323135</a>) <p><i>Troparium, prosarium, processionale, tonarium Sancti Martialis Lemovicensis</i> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 1121 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8432272p">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8432272p</a>) <p><i>Uta Codex</i> – Bayerischen Staatsbibliothekm Clm 13601 (Rif. <a href="http://pracht-auf-pergament.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00075075&pimage=00001&v=5p&katalognummer=Kat.%2040&l=de">https://pracht-auf-pergament.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00075075&pimage=00001&v=5p&katalognummer=Kat.%2040&l=de</a>) <p><i>Vie et miracles de Notre Dame</i> (per Jean Miélot) – Si tratta di una raccolta in due manoscritti: <p>Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 9198 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451109t">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451109t</a>) <p>Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 9199 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b105325908">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b105325908</a>) <p><i>Vita di Sant’Edoardo il Confessore </i>(<i>Vita S. Eduardi, regis et confessoris</i>) – Cambridge University Library, MS Ee.3.59 (Rif. <a href="https://cudl.lib.cam.ac.uk/view/MS-EE-00003-00059/1">https://cudl.lib.cam.ac.uk/view/MS-EE-00003-00059/1</a>) <p><i>Vita di San Dionigi</i> (<i>Vie de S. Denys</i>) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, NAF 1098 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b105154602">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b105154602</a>) <p><i>Vita di San Dionigi</i> (<i>Vie de S. Denys, Conversion de Placidas et Vers sur la mort</i>) – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 19530 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b52501622p">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b52501622p</a>) <p><i>Vita e passione di San Dionigi</i> (<i>Yves de Saint-Denis,Vita et passio sancti Dionysii</i>) – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Français 2091 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8452762k">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8452762k</a>) <p><i>Vita di San Luigi</i> (Jean de Joinville) - Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Français 13568 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447868p">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8447868p</a>) <p><i>Vite di santi benedettini</i> – St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 565 (Rif. <a href="http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0565">https://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0565</a>) <p><i>Vite dei Santi </i>– Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Français 412 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84259980">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84259980</a>) <p><i>Voyages</i> (<i>Viaggi</i>, Jean de Mandeville – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, NAF 4515 (Rif. <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8455788r">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8455788r</a>) <p><i>Willehalm, Wolfram von Eschenbach</i> – Bayerische Staatsbibliothek, BSB Cgm 193,III (Rif. <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0001/bsb00012911/images/">http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/0001/bsb00012911/images/</a>) <p> <p> <p> <p align="right"><a href="#_top">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc483753740"></a><a name="_Toc483731571"></a><a name="_Toc473708328"><font color="#ff0000">Testi consultati scaricabili online</font></a><font color="#ff0000"> </font></h2> <ul> <li>In riferimento al testo <i>Illuminated manuscripts in classical and medieval times: their art and their technique </i>di Middleton, John Henry il testo è digitalizzato presso il portale Internet Archive all’indirizzo: <a href="http://www.archive.org/details/illuminatedmanu00midd">https://www.archive.org/details/illuminatedmanu00midd</a> </li> <li>In riferimento al <i>Roman de la Rose</i>, l’elenco dei manoscritti consultabili online è stato realizzato seguendo le collocazioni dal sito dedicato al romanzo medievale, all’interno dell’omonimo progetto consultabile all’indirizzo: <a href="http://romandelarose.org/#home">http://romandelarose.org/#home</a>. Esiste inoltre un testo, redatto agli inizi del XX secolo, in lingua francese, che tratta l’insieme dei testi allora studiati e compilati sul romanzo, consultabile online su gallica al seguente indirizzo: <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k220737q">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k220737q</a> </li> <li>In riferimento al testo <i>Illuminated manuscripts: their origin, history and characteristics</i> di Quaile, Edward il testo è digitalizzato presso il portale Internet Archive all’indirizzo: <a href="http://www.archive.org/details/illuminatedmanus00quai">https://www.archive.org/details/illuminatedmanus00quai</a> </li> <li>In riferimento al testo <i>Illuminated ornaments selected from manuscripts and early printed books from the sixth to the seventeenth centuries</i> di Sir Madden, Frederic il testo è digitalizzato presso il portale Google Libri all’indirizzo: <a href="http://www.google.it/books?id=zQoIAAAAQAAJ&hl=it">https://www.google.it/books?id=zQoIAAAAQAAJ&hl=it</a> </li> <li>In riferimento al testo <i>The history, art and palaeography of the manuscript styled the Utrecht psalter </i>di De Gray il testo è digitalizzato presso il portale Internet Archive all’indirizzo: <a href="http://www.archive.org/details/cu31924029492752">https://www.archive.org/details/cu31924029492752</a> </li> <li>In riferimento al testo <i>Palæography. Notes upon the history of writing and the medieval art of illumination</i> di Quaritch, Bernard il testo è digitalizzato presso il portale Internet Archive all’indirizzo: <a href="http://www.archive.org/details/palographynote00quarrich">https://www.archive.org/details/palographynote00quarrich</a> </li> <li>In riferimento al testo <i>A Handbook of the Art of Illumination as Practised During the Middle Ages</i> di Henry Shaw, il testo è digitalizzato presso il portale Google Libri all’indirizzo: <a href="http://google.it/books?id=8RyDAAAAMAAJ&hl=it">https://google.it/books?id=8RyDAAAAMAAJ&hl=it</a> </li> <li>In riferimento al testo <i>Celtic illuminative art in the gospel books of Durrow, Lindisfarne, and Kells</i> di Robinson, Stanford Frederick Hudson il testo è digitalizzato presso il portale Internet Archive all’indirizzo: <a href="http://www.archive.org/details/celticilluminati00robi">https://www.archive.org/details/celticilluminati00robi</a> </li> <li>In riferimento al testo <i>The Art of Illuminating as Practised in Europe from the Earliest Times</i> di William Robert Tymms, Matthew Digby Wyatt il testo è digitalizzato presso il portale Google Libri all’indirizzo: <a href="http://google.it/books?id=itAUAAAAQAAJ&hl=it">https://google.it/books?id=itAUAAAAQAAJ&hl=it</a> </li> <li>In riferimento ai testi della serie “<i>The Year 1200”</i> i testi si possono trovare scaricabili presso il portale delle pubblicazioni del MeT Museum di New York all’indirizzo: <a href="http://www.metmuseum.org/art/metpublications/search-publication-results?searchType=C&Tag=&title=1200&author=&pt=0&tc=0&dept=0&fmt=0">http://www.metmuseum.org/art/metpublications/search-publication-results?searchType=C&Tag=&title=1200&author=&pt=0&tc=0&dept=0&fmt=0</a></li></ul> <h1>Note <hr> </h1> <p> <p><a href="#_ftnref1_5573" name="_ftn1_5573">[1]</a> John Henry Middleton nel XIX secolo dà una definizione più articolata di manoscritto, inteso come qualsiasi scrittura realizzata dalla mano umana, senza parlare di libri e facendo una distinzione tra ciò che fa parte della paleografia e ciò che invece fa parte dell’epigrafia a seconda del materiale su cui la scrittura sono incise. (Middleton, 1892, pp. 1-2) <p><a href="#_ftnref2_5573" name="_ftn2_5573">[2]</a> (Middleton 1892, 27-28) <p><a href="#_ftnref3_5573" name="_ftn3_5573">[3]</a> <a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/manoscritto/">https://www.treccani.it/enciclopedia/manoscritto/</a> <p><a href="#_ftnref4_5573" name="_ftn4_5573">[4]</a> <a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/pergamena/">https://www.treccani.it/enciclopedia/pergamena/</a> <p><a href="#_ftnref5_5573" name="_ftn5_5573">[5]</a> (Barbero, 2002) <p><a href="#_ftnref6_5573" name="_ftn6_5573">[6]</a> (Middleton, 1892, pp. 20-21) <p><a href="#_ftnref7_5573" name="_ftn7_5573">[7]</a> Dal gr. <b><i>palímpséstos</i></b> <i>'raschiato di nuovo'</i>, comp. di <b><i>pálin</i></b> <i>'di nuovo'</i> e <b><i>pséstós</i></b>, p. pass. di psáó 'ra. Manoscritto per lo più pergamenaceo in cui la scrittura primitiva sia stata raschiata e sostituita con un'altra (spesso disposta trasversalmente rispetto alla prima). <p><a href="#_ftnref8_5573" name="_ftn8_5573">[8]</a>[8] Secondo Middleton questo è uno dei motivi per cui l’uso del papiro fu presto abbandonato perché i palinsesti scritti su di esso comportavano la rovina del supporto e non sempre si riusciva a cancellare in modo efficace la scrittura dello sfondo, (Middleton, 1892, p. 21) <p><a href="#_ftnref9_5573" name="_ftn9_5573">[9]</a> (Middleton, 1892, p. 21) <p><a href="#_ftnref10_5573" name="_ftn10_5573">[10]</a> (Barbero, 2002) <p><a href="#_ftnref11_5573" name="_ftn11_5573">[11]</a> (Norbert, 2007) <p><a href="#_ftnref12_5573" name="_ftn12_5573">[12]</a> In legatoria, il <i>piatto</i> ciascuna delle due parti (p. anteriore, p. posteriore) costituenti la legatura del libro: è formata, in genere, dal quadrante (in passato realizzato in legno, oggi per lo più di cartone), rivestito all’esterno dalla coperta (che può essere di carta, di pelle o di altri materiali), mentre sulla sua faccia interna è incollata la carta di guardia o controguardia. (Treccani, s.d.) <p><a href="#_ftnref13_5573" name="_ftn13_5573">[13]</a> Msc. Patr. 5 <p><a href="#_ftnref14_5573" name="_ftn14_5573">[14]</a> (Norbert, 2007) <p><a href="#_ftnref15_5573" name="_ftn15_5573">[15]</a> (Treccani, s.d.) <p><a href="#_ftnref16_5573" name="_ftn16_5573">[16]</a> (Middleton, 1892, pp. 31-32) <p><a href="#_ftnref17_5573" name="_ftn17_5573">[17]</a> L’uso sempre più frequente dell’oro nella decorazione dei manoscritti più pregiati divenne interesse non solo dei committenti che ci tenevano a far sfoggio del loro prestigio e della loro ricchezza, ma anche dei vandali e dei ladri di manoscritti che dalle incursioni barbariche sino all’era moderna violavano e profanavano le sedi custodi di tali opere, per poi raschiare via l’oro da fondere e destinare ad altri usi. I meno intelligenti tra i ladri di libri preziosi non guardavano il codice per il patrimonio che rappresentava nel suo insieme, ma solo per quelle parti in oro che contenevano, così quando non rubavano l’intero testo si limitavano a raschiare via l’oro o tagliare via addirittura la sezione interessata, danneggiando irrimediabilmente il testo. <p><a href="#_ftnref18_5573" name="_ftn18_5573">[18]</a> Questo problema di anonimia accade spesso anche per soli pittori di epoca antica e medievale e si usa anche in tal caso il titolo di Maestro seguito dal titolo dell’opera più celebre a loro attribuita. <p><a href="#_ftnref19_5573" name="_ftn19_5573">[19]</a> (Norbert, 2007) <p><a href="#_ftnref20_5573" name="_ftn20_5573">[20]</a> (Middleton, 1892, pp. 45-46) <p><a href="#_ftnref21_5573" name="_ftn21_5573">[21]</a> Lo stile bizantino divenne simbolo di un certo benessere ed era presente nell’arte del mosaico, nell’architettura e nella tecnica della pittura degli edifici e persino nell’arte tessile. Particolare di questo stile era il tocco orientale con i suoi colori, le sue forme molto diverse da quelle in Occidente. (Middleton, 1892, pp. 46-47) <p><a href="#_ftnref22_5573" name="_ftn22_5573">[22]</a> (Middleton, 1892, pp. 46-61) <p><a href="#_ftnref23_5573" name="_ftn23_5573">[23]</a> (Norbert, 2007, p. 32) <p><a href="#_ftnref24_5573" name="_ftn24_5573">[24]</a> (Middleton, 1892, pp. 64-66) <p><a href="#_ftnref25_5573" name="_ftn25_5573">[25]</a> (Middleton, 1892, p. 62) <p><a href="#_ftnref26_5573" name="_ftn26_5573">[26]</a> <i>Bible de Vivien</i>, dite <i>Première Bible de Charles le Chauve</i>, Bibliothèque nationale de France, Latin 1 e <i>Seconde Bible de Charles le Chauve</i>, Bibliothèque nationale de France, Latin 2 <p><a href="#_ftnref27_5573" name="_ftn27_5573">[27]</a> <em>Bible de Vivien</em>, Bibliothèque nationale de France, Latin 1 - <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8455903b">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8455903b</a> <p><a href="#_ftnref28_5573" name="_ftn28_5573">[28]</a> (Middleton, 1892, p. 63) <p><a href="#_ftnref29_5573" name="_ftn29_5573">[29]</a> (Middleton, 1892, p. 44) <p><a href="#_ftnref30_5573" name="_ftn30_5573">[30]</a> (Norbert, 2007, pp. 34-35) <p><a href="#_ftnref31_5573" name="_ftn31_5573">[31]</a> <i>Seconde Bible de Charles le Chauve</i>. Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 2 - <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8452767n">http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8452767n</a> <p><a href="#_ftnref32_5573" name="_ftn32_5573">[32]</a> (Robinson, 1908) <p><a href="#_ftnref33_5573" name="_ftn33_5573">[33]</a> (Ellis & Ellsworth, s.d.) <p><a href="#_ftnref34_5573" name="_ftn34_5573">[34]</a> <a href="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/8e/KellsFol292rIncipJohn.jpg">https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/8e/KellsFol292rIncipJohn.jpg</a> <p><a href="#_ftnref35_5573" name="_ftn35_5573">[35]</a> <a href="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/d/.../800px-LindisfarneFol27rIncipitMatt.jpg">https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/d/.../800px-LindisfarneFol27rIncipitMatt.jpg</a> <p><a href="#_ftnref36_5573" name="_ftn36_5573">[36]</a> (Middleton, 1892, p. 80) <p><a href="#_ftnref37_5573" name="_ftn37_5573">[37]</a> (Middleton, 1892, pp. 84-85) <p><a href="#_ftnref38_5573" name="_ftn38_5573">[38]</a> Il termine è generico e usato talvolta come sinonimo di <i><font color="#ff0000">Normanni</font></i>, ma erroneamente perché ciò crea parecchia confusione nei lettori. Sotto il nome di Normanni (<i>northman</i> "<i>uomo del nord</i>") si chiamano dapprima gli Svedesi, i Norvegesi e i Danesi, le tre popolazioni scandinave che, alquanto confuse, abitavano, nel più alto Medioevo, le regioni dell'Europa settentrionale, che tuttora portano il loro nome. Più comunemente, questo nome (nella forma latina: <font color="#ff0000"><i>northmannus</i></font>,<font color="#ff0000"> <i>normannus</i></font>) stette poi a indicare i predoni, in gran parte norvegesi, che, scorrazzando dallo scorcio del sec. VIII per i mari del nord, si stabilirono in Francia, nell'attuale Normandia, donde, adottati lingua e costumi francesi, mossero nel sec. XI le schiere che conquistarono l'Inghilterra e l'Italia meridionale. In conseguenza, anche se il fondo psicologico più riposto di queste genti restò, dopo i contatti con altri popoli, sostanzialmente identico, una diversità, e non lieve, esiste fra di loro. Ma qui, seguendo l'uso invalso, si continuerà a denominarle indistintamente Normanni, aggiungendo che nelle fonti sogliono esser dette anche <i>vikinghi</i>, da <i>wiking</i> (forse "guerriero"), che precisamente è il nome che gli stessi Normanni dànno al capo d'una loro spedizione marittima. <p><a href="#_ftnref39_5573" name="_ftn39_5573">[39]</a> Il termine è generico e usato talvolta come sinonimo di Normanni, ma erroneamente perché ciò crea parecchia confusione nei lettori. Sotto il nome di Normanni (northman "uomo del nord") si chiamano dapprima gli Svedesi, i Norvegesi e i Danesi, le tre popolazioni scandinave che, alquanto confuse, abitavano, nel più alto Medioevo, le regioni dell'Europa settentrionale, che tuttora portano il loro nome. Più comunemente, questo nome (nella forma latina: northmannus, normannus) stette poi a indicare i predoni, in gran parte norvegesi, che, scorrazzando dallo scorcio del sec. VIII per i mari del nord, si stabilirono in Francia, nell'attuale Normandia, donde, adottati lingua e costumi francesi, mossero nel sec. XI le schiere che conquistarono l'Inghilterra e l'Italia meridionale. In conseguenza, anche se il fondo psicologico più riposto di queste genti restò, dopo i contatti con altri popoli, sostanzialmente identico, una diversità, e non lieve, esiste fra di loro. Ma qui, seguendo l'uso invalso, si continuerà a denominarle indistintamente Normanni, aggiungendo che nelle fonti sogliono esser dette anche vikinghi, da wiking (forse "guerriero"), che precisamente è il nome che gli stessi Normanni dànno al capo d'una loro spedizione marittima. <p><a href="#_ftnref40_5573" name="_ftn40_5573">[40]</a> (Middleton, 1892, p. 93) <p><a href="#_ftnref41_5573" name="_ftn41_5573">[41]</a> (Wilson & Klindt-Jensen, 1966, pp. 26-28) <p><a href="#_ftnref42_5573" name="_ftn42_5573">[42]</a> (Norbert, 2007, p. 35) <p><a href="#_ftnref43_5573" name="_ftn43_5573">[43]</a> Sconfiggere un avversario dimostrando una schiacciante superiorità. [Der. di <i>classe</i>, sul modello del fr. <i>surclasser</i>]. <p><a href="#_ftnref44_5573" name="_ftn44_5573">[44]</a> Procedimento pittorico di riproduzione delle luci e delle ombre mediante vari toni di grigio. [Der. di <i>gris</i> 'grigio']. <p><a href="#_ftnref45_5573" name="_ftn45_5573">[45]</a> Protezione, difesa, patrocinio: <p><a href="#_ftnref46_5573" name="_ftn46_5573">[46]</a> (Norbert, 2007, pp. 35-38) <p><a href="#_ftnref47_5573" name="_ftn47_5573">[47]</a> (si-nò-pia). Colore rossastro d'incerta composizione, usato un tempo dai pittori di affreschi per i disegni preparatori, anch’essi chimati Sinopie. Varietà di ocra rossa usata spec. in falegnameria per tracciare sul legno la riga da seguire col taglio della sega. Il nome deriva da Sinope, sul Mar Nero, da cui proveniva la terra rossa. In alcuni manoscritti è ancora possibile trovare le sinopie, non colorate (a causa di eventi che non sempre c’è consentito conoscere) delle miniature e nei manoscritti digitali, quando possibile e consentito, è possibile utilizzare queste bozze per realizzare ricami su abiti e mantelli a seconda delle esigenze. <p><a href="#_ftnref48_5573" name="_ftn48_5573">[48]</a> È prevalentemente di colore azzurro intenso (ma ne esistono anche campioni di colore più vicino al celeste, a seconda della quantità di calcite). Il lapislazzuli è costituito da una elevata concentrazione di lazurite con associati altri minerali accessori come calcite e inclusioni di pirite. Il lapislazzuli si trova in giacimenti soprattutto in Afghanistan (Miniera di Sar-e-Sang, in Badakhshan, citata anche da Marco Polo), in Cina e Cile. È presente anche in alcune effusioni dei vulcani campani e laziali. <p><a href="#_ftnref49_5573" name="_ftn49_5573">[49]</a> La pianta viene impiegata per le sue foglie, che per fermentazione permettono di ricavare il prezioso pigmento azzurro grazie alla conversione del glicoside indigotano in indigotina. <p><a href="#_ftnref50_5573" name="_ftn50_5573">[50]</a> Tecnica pittorica che fa uso di agglutinanti diversi dall'olio per i colori (anticamente il rosso d'uovo, oggi la colla animale o talvolta la cera bianca rettificata nel petrolio o nell’essenza di trementina). <p><a href="#_ftnref51_5573" name="_ftn51_5573">[51]</a> Formula Pb2SnO4, un ossido del piombo con lo stagno, a volte combinato col silicio. Sarebbe stato scoperto secondo alcuni alla fine del Medioevo, ma il Middleton ne attribuisce l’uso già alla miniatura antica e classica. (Middleton, 1892, pp. 36-50) <p><a href="#_ftnref52_5573" name="_ftn52_5573">[52]</a> Formula (PbCO3)2, utilizzato sin dai tempi antichi come pigmento bianco. <p><a href="#_ftnref53_5573" name="_ftn53_5573">[53]</a> Si tratta di un pigmento inorganico naturale di uso assai diffuso e deriva da un minerale ferroso noto anche come ematite. Formula: Fe2O3·nH2O. <p><a href="#_ftnref54_5573" name="_ftn54_5573">[54]</a> Il Murice era utilizzato sin dall’età antica come pigmento per tingere i tessuti ed ottenere la preziosa porpora. Secondo Rosita Levi Pisetzky era utilizzato anche per ottenere altre colorazioni, tramite miscelazione con altre sostanze. <p><a href="#_ftnref55_5573" name="_ftn55_5573">[55]</a> (Middleton, 1892, pp. 36-50) <p><a href="#_ftnref56_5573" name="_ftn56_5573">[56]</a> (Middleton, 1892, pp. 239-241) <p><a href="#_ftnref57_5573" name="_ftn57_5573">[57]</a> La distruzione di alcune immagini è poi da attribuire sia alla negligenza dei vari possessori di un libro nel corso dei secoli sia ai cacciatori dei manoscritti, poiché è noto che specie durante le incursioni barbariche questi testi fossero particolarmente interessanti per gli invasori contenendo lettere e decorazioni in oro che veniva grattato via rovinando in questo modo l’opera del miniatore. Alcuni esemplari particolarmente preziosi e giunti sino ad oggi come i manoscritti di Limdisfarne e Kells sono sopravvissuti grazie ai monaci che li nascosero e li protessero a costo della loro vita. Altri manoscritti hanno miniature rovinate a causa del loro cattivo stato di conservazione e alla mancanza di interventi di restauro che oggi, si sa, sono costosi e necessitano di continui interventi. <p><a href="#_ftnref58_5573" name="_ftn58_5573">[58]</a> (Middleton, 1892, p. 240) <p><a href="#_ftnref59_5573" name="_ftn59_5573">[59]</a> La <b><i>calcinazione</i></b> è un procedimento che prevede il riscaldamento di sostanze solide a temperatura elevata per eliminarne l'acqua, decomporre i carbonati e ottenere un residuo fisso. [Der. di calcinare]. <p><a href="#_ftnref60_5573" name="_ftn60_5573">[60]</a> Nome generico di un importante gruppo di minerali del silicio (silicati di magnesio, ferro, calcio, ecc) presenti soprattutto nelle rocce vulcaniche, <p><a href="#_ftnref61_5573" name="_ftn61_5573">[61]</a> Denominazione di un gruppo di minerali, miscele isomorfe di silicati di ferro, magnesio, calcio, di colore variabile (verde, nero, azzurro). <p><a href="#_ftnref62_5573" name="_ftn62_5573">[62]</a> Nome generico di un gruppo di minerali diffusi in tutti i tipi di rocce; sono per lo più silicati alcalini contenenti calcio, ferro, alluminio, magnesio, manganese e fluoro, che si sfaldano in lamine sottilissime e lucenti. [Lat. <i>mica</i> <i>'briciola'</i>, incr. con <i>micare</i> <i>'brillare’</i>] <p><a href="#_ftnref63_5573" name="_ftn63_5573">[63]</a> Minerale: bisolfuro di ferro, di colore giallo-oro con lucentezza metallica; componente accessorio di molte rocce, costituisce anche importanti giacimenti e viene sfruttato come minerale di ferro e per la produzione dell'acido solforico. [Dal gr. pyrítés, der. di pYr pyrós <i>'fuoco'</i>]. <p><a href="#_ftnref64_5573" name="_ftn64_5573">[64]</a> Fonte Treccani <p><a href="#_ftnref65_5573" name="_ftn65_5573">[65]</a> (Middleton, 1892, pp. 242-243) <p align="left"><a href="#_ftnref66_5573" name="_ftn66_5573">[66]</a> <em>Evangeliario di Saint-Médard de Soissons</em>, Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 8850 - <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8452550p/f44.item.r=medard%20de%20soissons">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8452550p/f44.item.r=medard%20de%20soissons</a> <p><a href="#_ftnref67_5573" name="_ftn67_5573">[67]</a> Pacino di Buonaguida o Bonaguida (Firenze, 1280 circa – prima 1340) è stato un pittore e miniatore italiano, di scuola giottesca. Il primo documento che parla di Pacino risale al 1303, anno in cui il giovane artista, definito come <i>artifex publicus in</i> <i>arte pictorum</i>, interrompe la sua collaborazione con il pittore Tambo di Serraglio, presso il quale forse aveva condotto il suo apprendistato: questo colloca con buona approssimazione la sua presunta data di nascita a circa un ventennio prima. La sua pittura è caratterizzata da uno stile arcaico fortemente legato ai canoni della fine del XIII secolo e influenzato dalle prime opere di Giotto. <p><a href="#_ftnref68_5573" name="_ftn68_5573">[68]</a> Convenevole da Prato (tra 1270 e 1275 – Prato, 1338) è stato uno scrittore, notaio, ambasciatore ed educatore italiano. Notaio, maestro delle discipline del trivio (grammatica, retorica e dialettica), fu insegnante di Francesco Petrarca e del fratello Gherardo, istruendo i due ragazzi nei primi elementi della grammatica e della retorica latina poiché il loro padre, il notaio ser Petracco di Parenzo, intendeva fare di loro due giuristi. Petrarca rimase sotto la guida di Convenevole fino al 1316, anno in cui, sempre per volere del padre, fu mandato col fratello a studiare legge a Montpellier. Non si hanno notizie certe sulla data di nascita del maestro, ma, secondo quanto ci dice Petrarca, nell'anno della morte doveva avere un'età avanzata. Bravo insegnante ma di carattere irrequieto e scombinato, poco abituato alla vita pratica, sempre secondo il Petrarca, l'opera letteraria di Convenevole spesso consisteva in componimenti iniziati e mai terminati. Pare comunque che un'opera compiuta attribuita al maestro esista: una raccolta di versi liturgici, circa 3700, intitolati Carmina Regia, e dedicati al re Roberto d'Angiò. <p><a href="#_ftnref69_5573" name="_ftn69_5573">[69]</a> <a href="http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/ILLUMIN.ASP?Size=mid&IllID=47779">https://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/ILLUMIN.ASP?Size=mid&IllID=47779</a> <p><a href="#_ftnref70_5573" name="_ftn70_5573">[70]</a> (Dückers & Roelofs, 2009, pp. 51-53) <p><a href="#_ftnref71_5573" name="_ftn71_5573">[71]</a> <a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Tr%C3%A8s_Riches_Heures_du_Duc_de_Berry_scan_2004?uselang=it">Wikimedia Commons - Category:Très Riches Heures du Duc de Berry </a> <p><a href="#_ftnref72_5573" name="_ftn72_5573">[72]</a> (Middleton, 1892, p. 244) <p><a href="#_ftnref73_5573" name="_ftn73_5573">[73]</a> (Levi Pizetsky, 1978) <p><a href="#_ftnref74_5573" name="_ftn74_5573">[74]</a> Una regione storica tedesca nota già ai Romani, occupata poi da Alamanni e Franchi nel corso dell’Alto Medioevo. <p><a href="#_ftnref75_5573" name="_ftn75_5573">[75]</a> L’uso smisurato del piombo è noto sin dall’età romana ed era probabilmente sul lungo termine tra le principali cause di malattie, specie quelle tumorali, e intossicazioni letali. <p><a href="#_ftnref76_5573" name="_ftn76_5573">[76]</a> <i>Evangelia</i>, Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 263 - <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84921527/f259.item.r=Evangelia.zoom">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84921527/f259.item.r=Evangelia.zoom</a> <p><a href="#_ftnref77_5573" name="_ftn77_5573">[77]</a> (Middleton, 1892, p. 245) <p><a href="#_ftnref78_5573" name="_ftn78_5573">[78]</a> (Middleton, 1892, p. 246) <p align="left"><a href="#_ftnref79_5573" name="_ftn79_5573">[79]</a> <em>Evangeliario detto di Loisel</em>, Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 17968 - <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84238343/f38.item.r=Evangelia.zoom">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84238343/f38.item.r=Evangelia.zoom</a> <p><a href="#_ftnref80_5573" name="_ftn80_5573">[80]</a> La Sequoia è una specie botanica a rischio di estinzione caratterizzata oltre che dalle dimensioni dal pregiato legno di colore rosso da cui si ricaverebbe il pigmento, noto anche come Rosso Sequoia. Tale specie sarebbe originaria dell’America anche se stato ipotizzato, sulla basse della panspermia, che tale specie o sue varianti più piccole esistessero sul nostro continente prima delle glaciazioni. La sua coltivazione in Europa è datata al XIX secolo, tuttavia non è da escludere che nel corso delle evoluzione la specie abbia mantenuto alcune caratteristiche in esemplari di dimensioni minori e ancora oggi esistenti. <p><a href="#_ftnref81_5573" name="_ftn81_5573">[81]</a> (Bechtold & Mussak, 2009, pp. 8-10) <p><a href="#_ftnref82_5573" name="_ftn82_5573">[82]</a> (Bechtold & Mussak, 2009, pp. 8-10) <p><a href="#_ftnref83_5573" name="_ftn83_5573">[83]</a> Di Sailko - Opera propria, CC BY-SA 3.0, <a href="https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=28945863">https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=28945863</a> <p><a href="#_ftnref84_5573" name="_ftn84_5573">[84]</a> Un arcipelago situato nell’Atlantico tra Spagna e Marocco, già conosciuto in epoca romana, anche se non è certo, mentre contatti certi sono datati almeno al XIV secolo. <p><a href="#_ftnref85_5573" name="_ftn85_5573">[85]</a> <a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Tr%C3%A8s_Riches_Heures_du_Duc_de_Berry_scan_2004?uselang=it">Wikimedia Commons - Category:Très Riches Heures du Duc de Berry </a> <p><a href="#_ftnref86_5573" name="_ftn86_5573">[86]</a> <a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Tr%C3%A8s_Riches_Heures_du_Duc_de_Berry_scan_2004?uselang=it">Wikimedia Commons - Category:Très Riches Heures du Duc de Berry </a> <p><a href="#_ftnref87_5573" name="_ftn87_5573">[87]</a> L<i>'<font color="#ff0000">abito</font></i><font color="#ff0000"> <i>corale</i></font> è una veste ecclesiastica utilizzata dal clero cattolico e anglicano. Prende il nome dal fatto che è l'abito indossato dai consacrati quando assistono alle celebrazioni liturgiche, cioè dal <i>coro</i>, per la celebrazione della liturgia delle ore o di un atto di devozione, per l'amministrazione dei Sacramenti se al di fuori della messa. È di color rosso porpora (da cui il nome di "<i><font color="#ff0000">porporati</font></i>"), anziché rosso-violaceo (tecnicamente "paonazzo"), a simboleggiare la disponibilità anche al martirio; il <i><font color="#ff0000">galero</font></i> (il cappello), rosso anziché verde, fa parte dello stemma, come per i vescovi. <p><a href="#_ftnref88_5573" name="_ftn88_5573">[88]</a> Termine coniato per italianizzazione nel XIV secolo, ma di origine greca: <i>lithárgyros</i>, comp. di <i>líthos</i> 'pietra' e <i>árgyros</i> 'argento'. <p><a href="#_ftnref89_5573" name="_ftn89_5573">[89]</a> (Middleton, 1892, p. 247) <p><a href="#_ftnref90_5573" name="_ftn90_5573">[90]</a> Cellula capace di assumere nel proprio protoplasma granuli di pigmento. <p><a href="#_ftnref91_5573" name="_ftn91_5573">[91]</a> (Bechtold & Mussak, 2009, pp. 15-16) <p><a href="#_ftnref92_5573" name="_ftn92_5573">[92]</a> (Bechtold & Mussak, 2009, pp. 17-18) <p><a href="#_ftnref93_5573" name="_ftn93_5573">[93]</a> <a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Tr%C3%A8s_Riches_Heures_du_Duc_de_Berry_scan_2004?uselang=it">Wikimedia Commons - Category:Très Riches Heures du Duc de Berry </a> <p><a href="#_ftnref94_5573" name="_ftn94_5573">[94]</a> (Middleton, 1892, p. 244) <p><a href="#_ftnref95_5573" name="_ftn95_5573">[95]</a> <a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Tr%C3%A8s_Riches_Heures_du_Duc_de_Berry_scan_2004?uselang=it">Wikimedia Commons - Category:Très Riches Heures du Duc de Berry </a> <p><a href="#_ftnref96_5573" name="_ftn96_5573">[96]</a> <a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Tr%C3%A8s_Riches_Heures_du_Duc_de_Berry_scan_2004?uselang=it">Wikimedia Commons - Category:Très Riches Heures du Duc de Berry </a> <p><a href="#_ftnref97_5573" name="_ftn97_5573">[97]</a> <a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Tr%C3%A8s_Riches_Heures_du_Duc_de_Berry_scan_2004?uselang=it">Wikimedia Commons - Category:Très Riches Heures du Duc de Berry </a> <p><a href="#_ftnref98_5573" name="_ftn98_5573">[98]</a> <a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Tr%C3%A8s_Riches_Heures_du_Duc_de_Berry_scan_2004?uselang=it">Wikimedia Commons - Category:Très Riches Heures du Duc de Berry </a> <p><a href="#_ftnref99_5573" name="_ftn99_5573">[99]</a> Al-Qurʼān (MS Add.2964) - Cambridge Digital Library. <p><a href="#_ftnref100_5573" name="_ftn100_5573">[100]</a> <i>Pentateuco. </i>Bibliothèque nationale de France,Département des manuscrits, Arabe 12 - <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84192173/f13.item.zoom">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84192173/f13.item.zoom</a> <i></i> <p><a href="#_ftnref101_5573" name="_ftn101_5573">[101]</a> (Norbert, 2007, p. 44) <p><a href="#_ftnref102_5573" name="_ftn102_5573">[102]</a> Gli Uiguri sono un'etnia turcofona di religione islamica che vive nel nord-ovest della Cina, soprattutto nella regione autonoma dello Xinjiang, insieme ai cinesi Han. Gli uiguri costituiscono la maggioranza relativa della popolazione della regione. Storicamente, il termine "uiguri" (che significa "alleati", "uniti") venne applicato a un gruppo di tribù di lingua turca che viveva nell'odierna Mongolia, generalmente identificati con i Tie-le (a loro volta spesso collegati con i Ting-ling) delle cronache cinesi. Insieme ai turchi Gok (celesti), gli uiguri furono dunque uno dei maggiori e più importanti gruppi di lingua turca ad abitare l'Asia Centrale. <p><a href="#_ftnref103_5573" name="_ftn103_5573">[103]</a> Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Supplément turc 190 - <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8427195m/f16.item">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8427195m/f16.item</a> <p><a href="#_ftnref104_5573" name="_ftn104_5573">[104]</a> (Madden, 1833, p. 204) <p><a href="#_ftnref105_5573" name="_ftn105_5573">[105]</a> Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Supplément turc 190 - <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8427195m/f89.item.zoom">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8427195m/f89.item.zoom</a> <p><a href="#_ftnref106_5573" name="_ftn106_5573">[106]</a> Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Persan 174 - <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8410888f/f25.item.zoom">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8410888f/f25.item.zoom</a> <p><a href="#_ftnref107_5573" name="_ftn107_5573">[107]</a> Farīdūn (persiano: فریدون o Fereydūn; medio-persiano: Frēdōn; Lingua avestica: Θraētaona), pronunciato altresì Freydun, Faridon e Afridun, è il nome di un re mitologico e di un eroe del regno di Varena. È ricordato come simbolo di vittoria, giustizia e generosità nella letteratura persiana. <p><a href="#_ftnref108_5573" name="_ftn108_5573">[108]</a> A parte la sua importanza letteraria lo Shāh-Nāmeh, scritto in persiano arcaico, è stato di fondamentale importanza per la rinascita della lingua persiana successivamente all'influenza dell'arabo. Questo voluminoso lavoro, considerato un capolavoro letterario, riflette anche la storia del grande impero persiano, i suoi valori culturali, le sue antiche religioni (lo Zoroastrismo), e il suo profondo senso nazionale. Ferdowsi ha completato lo Shāh-Nāmeh nel momento in cui l'indipendenza nazionale era stata compromessa. Mentre ci sono memorabili eroi ed eroine di tipo classico nell'opera, il vero protagonista è la Persia stessa. È quindi un importante libro per tutto il mondo iranico, includendo anche l'Afghanistan, il Tagikistan ed altri Paesi dell'Asia centrale. <p><a href="#_ftnref109_5573" name="_ftn109_5573">[109]</a> <i>Libro dei Re (Shâhnâmeh), Ferdowsi – </i>Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Persan 228 - <a href="http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8406159w/f48.item.zoom">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8406159w/f48.item.zoom</a> <p align="left"><a href="#_ftnref110_5573" name="_ftn110_5573">[110]</a> <em>Storia della conquista del mondo</em> – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Supplément Persan 206 - <a href="https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84229930/f141.item">https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84229930/f141.item</a> <p><a href="#_ftnref111_5573" name="_ftn111_5573">[111]</a> Si tratta di uno dei Clan più ricchi de La Mecca e governavano la città grazie ad una rete oligarchica famigliare specie per quanto riguarda i commerci. Si convertirono all’Islam solo dopo la presa della città da parte di Maometto, con cui erano entrati in contrasto. La sottomissione all’Islam fu comunque vantaggiosa per il capostipite della famiglia poiché consentì loro di mantenere intatto il patrimonio e di occupare posizioni di potere e di prestigio. Il loro califfato si concentrò soprattutto in Siria e Spagna, specialmente in Andalusia e a Cordova. <p><a href="#_ftnref112_5573" name="_ftn112_5573">[112]</a> Quella cui appartenenva Al-‘Abbas b. ‘Abd al Muţţalib, zio paterno di Maometto e trisavolo del fondatore della dinastia. Furono la terza dinastia del mondo islamico. <p><a href="#_ftnref113_5573" name="_ftn113_5573">[113]</a> Adorno di figure evocative di imprese o di leggende o anche destinate a puri effetti decorativi. Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-59598728916923939342017-05-24T11:56:00.000+02:002023-08-07T14:41:17.296+02:00Itinerari medievali in vacanza...anche su mappa!<iframe height="480" src="https://www.google.com/maps/d/embed?mid=1n2jp-M-CZcic5mIdfkdwrIRUAbo" width="640"></iframe>Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-45054009452412819252016-01-23T15:26:00.000+01:002016-11-24T12:04:27.200+01:00Manoscritti digitalizzati online...ecco la mappa dei tesori della scrittura nel Medioevo in Europa<div style="text-align: justify;">
La presente mappa che è stata trovata su Google Maps, consente di trovare tutte le biblioteche digitali in Europa che consentono l'accesso online ai manoscritti digitalizzati. Un po' il Santo Graal che ogni appassionato di storia medievale sogna! Per ogni biblioteca è presente il link del sito e tutte le informazioni relative all'ente e al numero di opere digitalizzate in possesso. Le informazioni sono in lingua inglese e valgono solo per l'Europa continentale. Purtroppo non sono elencate le biblioteche digitali anglossassoni (UK e Irlanda e Nord Europa). Molte biblioteche della mappa aderiscono a progetti europei di digitalizzazione e divulgazione ma non tutte forniscono agli utenti la possibilità di riutilizzare il materiale sotto licenza CC (Creative Commons). Quindi per ogni ente, <span style="color: #990000;"><b><i>controllate sempre comunque le informazioni riguardanti la licenza d'uso dei contenuti</i></b></span>.<br />
<br />
Il progetto è creato da Giulio Menna and Marjolein de Vos. La mappa interattiva è stata portata direttamente sul sito dell'autore. <br />
<br />
http://digitizedmedievalmanuscripts.org/app/ </div>
Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-47403006078880522932016-01-23T14:23:00.000+01:002016-01-23T15:07:06.874+01:00Scriptorium medievali...una mappa tutta da visitare!<div style="text-align: justify;">
La presente mappa è interattiva ed è sufficiente cliccare sulla piccola pergamena col nome dello scriptorium per accedere alle informazioni relative. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Purtroppo non di tutti i manoscritti si conosce l'esatta sede di produzione poichè, specie durante il periodo delle invasioni e delle guerre, i monasteri erano presi d'assedio e depredati delle loro ricchezze; mentre altri andarono distrutti. La mappa è in costante aggiornamento ed è parte integrante del progetto dedicato ai costumi, per quanto riguarda la parte dei manoscritti come fonte iconografica; e fa riferimento inoltre ai progetti Europeana Regia e Gallica per quanto riguarda i manoscritti digitali. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<iframe src="https://www.google.com/maps/d/u/0/embed?mid=zptljmWpsXJU.k6n7Sk4xzzfs" width="1000" height="600"></iframe>Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-88466730568572319302014-04-22T15:16:00.001+02:002015-10-30T16:19:53.677+01:00Europeana Regia<div align="justify">Il Progetto <i><a href="http://www.europeanaregia.eu/en" target="_blank">Europeana Regia</a></i> è un progetto di divulgazione storica e culturale, nato nell’arco di 30 mesi grazie alla collaborazione di diversi Paesi e Biblioteche europee oltre ad aver ricevuto il sostegno della Commissione europea. Il progetto aveva come obiettivo quello di digitalizzare e far conoscere al pubblico oltre 1.000 manoscritti rari del Medioevo e del Rinascimento. </div> <div align="justify"><br> </div><a href="http://www.europeanaregia.eu/en" target="_blank"><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="http://lh5.ggpht.com/-SbdxpovcacE/U1ZrnE3OsoI/AAAAAAAAhhI/l0jzGdn0EbU/image%25255B163%25255D.png?imgmax=800" width="1000" height="500"></a><br><br><br> <div align="justify">L'obiettivo principale del progetto Europeana era quello di costruire, o meglio, ricostruire, una biblioteca virtuale dedicat ai manoscritti medievali dal periodo carolingio (altomedioevo) a quello rinascimentale europeo. Il progetto è rivolto al pubblico del web, ma soprattutto ai ricercatori e "accorcia" le distanze per i ricercatori soprattutto che desiderebbero studiare su questi rari e preziosi manufatti. Nel tempo sono poi stati sviluppati dalle biblioteche partecipanti al progetto, ma anche da molte altre, sistemi virtuali per accedere alle copie digitali dei manoscritti stessi, tra queste vi sono i sistemi di Gallica (BnF), Belgica, Manuscripta Mediaevalia Ed. Europeana e la Bayerische Staatsbibliothek. <br>Il sito è gestito dalle stesse biblioteche, in elenco sono: Bibliothèque nationale de France (BNF), Bayerische Staatsbibliothek, Monaco di Baviera (BSB), Università di Valencia Biblioteca l'Historica (BHUV), Herzog August Bibliothek, Wolfenbüttel (HAB) e il Koninklijke Bibliotheek van België - Bibliothèque royale de Belgique (KBR). <br> </div> <h1>Le raccolte</h1> <p>Le tre principali raccolte di manoscritti sono quella Carolina, quella di Carlo V e infine quella dei re Aragona di Napoli. <br></p> <p> </p> <h2>Bibliotheca Carolina</h2>Di tutti i manoscritti carolini compilati tra VIII e IX secolo, il progetto Europeana Regia ha selezionato 426 manoscritti per la sezione "Bibliotheca Carolina". Si tratta dei capolavori dei principali scriptoria europei tra cui Reichenau, Saint-Denis, Corbie, Reims, Saint-Amand, Freising e Wissembourg. Il pregio di questi manoscritti è soprattutto nelle miniture colorate, presenti soprattutto nei testi sacri. <br><br> <h2>Biblioteca di Carlo V e la Famiglia</h2>Per questa sezione sono stati selezionati invece 163 manoscritti di cui fanno parte alcuni esemplari del Luca di Berry e di Luigi d'Orléans. La collezione contiene tra i più bei esemplari di manoscritti miniati del XIV e XV secolo delle corti di Francia, Inghilterra, Fiandre e la Borgogna. <br> <br> <h2>Biblioteca dei Re di Napoli Aragonesi</h2>Ultima sezione questa, contiene 282 manoscritti miniati di fattura francese, inglese ed italiana (napoletana, veneta, lombarda) <br><br><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQB7kcJf_w_hi2DwJnppKBiFyO3KC7Q_tG5PAMYz9_kI8FQ12cUCciACeoKFGp_H2FcLSS_3LJZZrHcoQAulT7vrDJg5ykQmHUGFzA1uXBbQ7Avj8qO3QZ5DkdaDp4xIO-hhq-DjigfJA/?imgmax=800" width="1000" height="499"> <br>Cliccando su ogni biblioteca compare una breve descrizione della storia della biblioteca, i tipi di opere conservate e i manoscritti messi a disposizione per questo progetto. <br><br> <h1></h1> <h1>Lingua</h1>Il progetto non è presente in lingua italiana, sono messe a disposizione solo alcune lingue, tra cui l’inglese. Si consiglia una conoscenza di base dello stesso, in mancanza di altre conoscenze linguistiche, per una facile comprensione del progetto e del sito.<br><br> <h1>Struttura dell’opera</h1>Per ogni manoscritto è stata fatta un’accurata descrizione e documentazione consultabile quando si entra nella cartella virtuale del manoscritto stesso. Di sotto si trova una sorta di manuale di istruzioni d’uso in inglese. In italiano purtroppo non si trova nulla e quindi di seguito vi è anche una breve introduzione alle modalità di utilizzo del sito.<br><br> <div align="center"> <div class="issuuembed" style="height: 371px; width: 525px" data-configid="0/2062543"></div></div><script async="true" src="//e.issuu.com/embed.js" type="text/javascript"></script><br><br> <h2>Ricerca<br></h2>Se per esempio dovessimo fare una ricerca nella sezione dei manoscritti carolini dobbiamo selezionare la voce evidenziata nella schermata di seguito e cliccare a sinistra sulla collezione che ci interessa:<br><br><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCWMKgFCtb0rQVfaKcQNd-iHnDFkJ_l8V_ZU0bS5eV3w7Go8qULrNILeD3vBi3tVVsdFC7_jxX8PIaUQv2Lfr2-zJoRd1aB2TYS6GVlc9WTZZldgQb7Oi6q19TtMZUHfBg7yaXBHhBK30/?imgmax=800" width="1000" height="329"><br><br>Fatto questo ci compare la descrizione della collezione e dei suoi contenuti, dove sono conservati i suoi manoscritti e in basso una breve anteprima degli stessi.<br><br><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="http://lh5.ggpht.com/-sQBZoUWbOl8/U1aSwzNzl2I/AAAAAAAAhhY/8rcNx7J7oVI/image%25255B40%25255D.png?imgmax=800" width="800" height="363"><br>Clicchiamo su “<i>More Carolingian manuscripts</i>” per vederli tutti e il sistema ci rimanda ad un più facile sistema di selezione. Questo sistema ci permette di restringere il campo se cerchiamo manoscritti solo di un periodo e non di un altro. <br><br><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="http://lh5.ggpht.com/-X5EtPRC3AeQ/U1aSy75felI/AAAAAAAAhhg/XjuY22Knvn0/image%25255B49%25255D.png?imgmax=800" width="1000" height="517"><br><br>Nel menu a sinistra possiamo scegliere i parametri di selezione:<br><br> <ul> <li>in base alla collezione </li> <li>al deposito </li> <li>al periodo </li> <li>alla lingua </li> <li>o fare una ricerca avanzata </li></ul><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: left; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px 15px 0px 0px; display: inline; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghMGfUduB-cgRqRN0BZdpOgupT6s7JQJ6fFHIi5gc5mhaoNqzW6XS39vdKcOsoVYoGjS4cJ-AiWMIz_ZcdeZTye_f7w59siZ_li9qYdnL7Ly9HaVFeE3JuYAh3aZsbZylJE56izoMC7l4/?imgmax=800" width="225" align="left" height="400">Il deposito fa riferimento alle biblioteche ospitanti i manoscritti, mentre per il periodo ci si deve rifare all’inglese. Ogni secolo va dall’anno 1 (per esempio 801 per il IX secolo) al numero del secolo successivo (quindi per il nono secolo si conterà dal 801 al 900 <i><u>inclusi</u></i>!)<br>Tra parentesi è scritto il numero di ogni manoscritto del secolo scelto, disponibile per la consultazione nel progetto Europeana Regia, i manoscritti realmente compilati durante i secoli della storia sono numerosissimi, dunque non fatevi scoraggiare dai numeri relativamente piccoli che trovate qui. In genere il numero è in ordine di secolo, ma se stanno facendo manutenzione al sito, può non essere così, comunque i secoli ci sono tutti fino al XV (15th in inglese). Non è possibile scegliere più di due parametri preimpostati di selezione o ricerca, ma solo uno alla volta. Nella ricerca avanzata bisogna conoscere la lingua che si è scelta all’inizio per la visualizzazione del sito, per inserire parole di ricerca nei diversi spazi. Se non conoscere l’esatta collocazione, così come il titolo vero dell’opera conviene fare una ricerca con termini generici, magari “biblia” se cercate manoscritti di testi sacri. <br><br>Nel caso voi sceglieste di fare una selezione semplice per secolo, come si diceva prima, per ogni secolo vi compare una schermata con una sorta di sottomenu di parametri di selezione, per restringere ulteriormente il campo. <br><br><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="http://lh3.ggpht.com/-S4GRjEu-VhQ/U1aS1DkIOsI/AAAAAAAAhhw/cwUZ9oilH_U/image%25255B60%25255D.png?imgmax=800" width="800" height="469"><br><br>Se per esempio avete scelto il IX secolo (9th) vi compare questa schermata sopra. Potete dunque scegliere a parte quelli proposti in automatico dal sistema, altri parametri, come il luogo di origine, il miniatore, il copista, il traduttore (questi ultimi due presenti solo quando noti) e il materiale del manoscritto. Poi potete decidere come ordinare questi parametri “<i>sort by”. </i><br>Fate attenzione a cliccare sullo spazio bianco dei menu, ma cliccate sulla freccia altrimenti la ricerca parte automaticamente. <br><br>Se ci interessa per es. Agostino di Ippona, lo cerchiamo e clicchiamo, parte la ricerca e dà i risultati. <br><br><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="http://lh3.ggpht.com/-vzvTdvNq3IQ/U1aS3F1IrOI/AAAAAAAAhh4/kyZPc8WnFsI/image%25255B69%25255D.png?imgmax=800" width="750" height="640"><br><br>Il sistema ci permette di selezionare ulteriori parametri per l’autore. In genere si tratta dell’autore originale dell’opera, non dell’operatore che ha digitalizzato il manoscritto. Nella ricerca successiva, l’autore viene riproposto, ma non è più l’autore originario dell’opera, piuttosto un autore che ha trattato, studiato o riprodotto qualcosa dell’autore originario. Nel mentre in alto vediamo che i primi parametri di selezione e ricerca sono indicati con una “x” a margine, per cancellarli eventualmente quando volessimo eliminarne alcuni. In quel caso la ricerca viene reimpostata e parte sempre automaticamente. Come si vede dalla schermata seguente, gli autori che hanno trattato S. Agostino di Ippona sono vari, selezionandone uno, come nel caso del primo autore, la ricerca parte automaticamente se non si fa attenzione alle freccette e al bottone di invio ricerca. I parametri di selezione sono man mano sempre gli stessi e hanno la funzione di <i>chiave analitica</i>. Di volta in volta per ogni parametro è indicato il numero di manoscritti corrispondenti a quella caratteristica, nel caso dell’autore secondario o copista, il numero di manoscritti attribuiti a quella persona.<br><br><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3fHZlNt6aHx1-yVFriaQfPT6ec2J5PUFlpvCILUm7NJOHrrxSksPSz4B59LINjVoBEOLlsmx049NisfataWocw-CXlby_jUEKWDVi4qsm4AiOfH4DcyKUPldp0NDvZHccR3pQxqiRo4A/?imgmax=800" width="700" height="511"><br><br>La ricerca procede finchè non si esauriscono tutti i parametri, se l’utente cerca qualcosa di molto specifico, nel caso non trovasse il manoscritto tramite le “coordinate” precise, cioè la sua allocazione. Mettiamo che la ricerca si fermi come negli esempi proposti sopra, clicchiamo su un manoscritto di cui l’anteprima mostra la miniatura, si apre una nuova finestra o pagina che presenta il manoscritto. La ricerca, ricordatevi, produce numerosissimi risultati talvolta e quindi bisogna sfogliare le pagine dei risultati come su un motore di ricerca facendo click sul numero della pagina, in basso.<br> <h2>Il manoscritto</h2>Per ogni manoscritto si trova un codice identificativo, un’etichetta che impedisce equivoci, come la collocazione di un libro in biblioteca. Il “codice di allocazione” contiene:<br> <ul> <li>La collocazione che comprende nome della biblioteca + la collocazione interna e il numero del manoscritto </li> <li>L’autore originario dell’opera e gli eventuali autori secondari che possono essere anche i copisti, gli studiosi o i miniatori. </li> <li>La data originale </li> <li>Il luogo originale </li> <li>Il materiale </li> <li>Le dimensioni e il numero di pagine </li> <li>L’eventuale presenta di miniature (in inglese <i>illuminated</i>) confermate con un “si/no” a seconda del manoscritto. Quando miniate compare “si” (sempre nella lingua di visualizzazione selezionata all’inizio) </li> <li>La lingua in cui è scritto </li></ul><br><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="http://lh4.ggpht.com/-27HyrcwxckU/U1aS9Vskn3I/AAAAAAAAhiI/4vy2dLjA73s/image%25255B85%25255D.png?imgmax=800" width="1000" height="578"><br><br>Inoltre seguono altri dati: <br> <ul> <li>la bibliografia dei testi usati per documentare la descrizione del manoscritto </li> <li>il link dove è possibile consultare online il manoscritto stesso </li> <li>L’autore/gli autori che ha/hanno scritto la documentazione o i testi della bibliografia </li> <li>la data di caricamento del manoscritto e la fondazione o comitato promotore. </li></ul>Ora non rimane che cliccare sul link e si viene reindirizzati alla pagina che contiene il manoscritto digitalizzato. Nel caso del nostro esempio è il sito svizzero e-codices.ch.<br><br><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="http://lh6.ggpht.com/-QHPtWdrGUCc/U1aS_MfDGrI/AAAAAAAAhiQ/uQdqSqbC_NI/image%25255B95%25255D.png?imgmax=800" width="1000" height="525"><br>Anche nel sito del manoscritto digitalizzato troveremo le stesse informazioni di Europeana, magari integrate da altre fonti. <br>Importante è sapere sin da ora che i siti che ospitano i manoscritti digitalizzati quasi mai sono in italiano, fatta eccezione per il sito e-codices.ch, che però offre una traduzione parziale, specie dei parametri principali come “titolo:” mentre il resto è in genere in inglese, automaticamente. <br><br> <h1>I siti dei manoscritti digitalizzati</h1> <h2>e-codices.ch</h2>Nel caso del sito e-codices, quando siamo reindirizzati da Europeana Regia, dobbiamo cliccare sui bottoni in alto. Nelle due immagini che seguono si mostrano i bottoni in italiano e inglese:<br><br><img title="image" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="image" src="http://lh3.ggpht.com/-SB2miv2qWZ0/U1aS_-WVlII/AAAAAAAAhiU/zXxxnRoZEVc/image%25255B103%25255D.png?imgmax=800" width="763" height="44"><br><img title="image" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="image" src="http://lh3.ggpht.com/-tgMcFxhslok/U1aTAQnb0OI/AAAAAAAAhig/Y89lGtML9Jw/image%25255B108%25255D.png?imgmax=800" width="678" height="48"><br><br>Dobbiamo clicca sul primo bottone per vedere l’anteprima. Nel nostro esempio la schermata è stata rimpicciolita appositamente per farvi vedere la pagina nella sua interezza. Anche qui se anche scegliete “it” come lingua, vi traduce un po’ meglio anche i dati più particolari e tecnici del manoscritto e non solo i nomi dei parametri, oltre a contenere eventualmente nelle altre schedine (bibliografia aggiuntiva ()) altre informazioni utili. Interessante è notare che il sito mostra anche come citare e che tipo di licenza sia in vigore sul manoscritto in particolare. In genere su e-codices sono tutti di pubblico dominio con licenza CC-BY-NC, ma controllate di volta in volta se intendete pubblicare qualche immagine su un blog di divulgazione cultura e storica.<br><br><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="http://lh5.ggpht.com/-c8sW1oIhRE4/U1aTDmFE6uI/AAAAAAAAhio/N4rJkqXO8-Q/image%25255B115%25255D.png?imgmax=800" width="1000" height="552"><br><br>A sinistra nell’anteprima del manoscritto in genere fanno vedere copertina e rilegatura. Bisogna cliccare in alto sulle modalità di visualizzazione del manoscritto:<br><br><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="http://lh5.ggpht.com/-FDtz7pWWpAk/U1aTG8QDxsI/AAAAAAAAhiw/O85u52p0nk4/image%25255B123%25255D.png?imgmax=800" width="500" height="501"><br><br>In genere potete vedere anche le pagine in miniatura cliccando sull’icona con quadratini piccolissimi. Vi rimanda in automatico alla pagina con le miniature del sito, anche se per fare prima è bene cliccare direttamente sulla voce “miniature” o, se siete in lingua inglese, “thumbnails” e vi compare questa pagina:<br><br><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="http://lh5.ggpht.com/-tUvdXvXJE5w/U1aTJI22UOI/AAAAAAAAhi4/AYaxrMm5F7I/image%25255B130%25255D.png?imgmax=800" width="1000" height="486"><br><br>Ora non ci resta che muoverci con le frecce e se vogliamo vedere meglio una pagina dobbiamo clicca su essa, eventualmente aiutandoci con il tasto destro del mouse e aprendo in un’altra scheda, se si vuole evitare di fare avanti e indietro. <br><br> <h1>Copyright e diritti di utilizzo di Europeana Regia</h1>Per quanto riguarda il copyright di questo progetto e dei manoscritti selezionati per lo stesso, la distribuzione del materiale è sotto licenza CC BY-NC e le opere digitalizzate sono di pubblico dominio. La licenza prevede la libera distribuzione per fini divulgativi e culturali, purché si citi la fonte ossia l'originale proprietario del copyright (la biblioteca che possiede il manoscritto) e purché NON SI FACCIA ALCUN USO COMMERCIALE delle immagini, il quale è disciplinato da ogni biblioteca proprietaria ed è a pagamento. <br>Esistono però alcune eccezioni, vediamo quali sono.<br> <h2>Manoscritti digitali della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco</h2> <p>I manoscritti della Bayerische Staatsbibliothek oggi sul database (<a title="http://www.digitale-sammlungen.de/index.html?c=sammlungen&kategorie_sammlung=1&l=de" href="http://www.digitale-sammlungen.de/index.html?c=sammlungen&kategorie_sammlung=1&l=de">http://www.digitale-sammlungen.de/index.html?c=sammlungen&kategorie_sammlung=1&l=de</a>) vengono distribuiti con la licenza internazionale del Creative Common che consente oggi il riutilizzo e la distribuzione con licenza CC BY-NC-SA 4.0 (<a title="http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/4.0/" href="http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/4.0/">http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/4.0/</a>). Fino a due anni fa questo non era possibile. Ovviamente il riutilizzo e la distribuzione del materiale sono consentiti a condizione che non venga alterato il materiale in alcun modo e che venga integralmente riconosciuta la fonte originale con riferimento sia all’opera (il manoscritto, con la sua allocazione) e il proprietario (la biblioteca o l’ente). Si tratta naturalmente di una regola universale, valida non solo per questa biblioteca ma anche per tutte le altre che partecipano al progetto Europeana Regia. Nel database della BSB è possibile consultare importanti manoscritti dell’epoca carolingia ed ottoniana come il <em><a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/ausgaben/thumbnailseite.html?fip=193.174.98.30&id=00057171&seite=1" target="_blank">Codex Aureus di Carlo il Calvo</a></em> [BSB-Hss Clm 14000] e <a href="http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/ausgaben/thumbnailseite.html?fip=193.174.98.30&id=00057171&seite=1" target="_blank">l’Evangeliario di Ottone III</a> [BSB Clm 4453], ma anche moltissimi altri manoscritti, specie Vangeli commissionati dagli Imperatori tedeschi dall’età ottoniana a quella federiciana. </p> <p> </p> <p> </p> <p><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="http://lh6.ggpht.com/-AmQ6W3zBa84/U1aTLkiNz7I/AAAAAAAAhjA/ygvdQo83f3E/image%25255B148%25255D.png?imgmax=800" width="1000" height="400"></p> <div align="justify"> </div> <div align="justify">La ricerca nel database con la nuova grafica: <a title="http://www.digitale-sammlungen.de/index.html?c=sammlungen&kategorie_sammlung=1&l=en" href="http://www.digitale-sammlungen.de/index.html?c=sammlungen&kategorie_sammlung=1&l=en">http://www.digitale-sammlungen.de/index.html?c=sammlungen&kategorie_sammlung=1&l=en</a> (la lingua originale del sito è il tedesco, ma è possibile navigare anche con la lingua inglese e in alcuni casi si possono trovare info anche in lingua italiana), permette di selezionare anche i manoscritti entro un certo intervallo di tempo, quindi di un secolo piuttosto che un altro. Una volta ottenuti i risultati della ricerca, il consiglio è sempre quello di aprire il link in un’altra scheda, così da non dover ripetere ogni volta la ricerca. </div> <div align="justify"> </div> <div align="justify"><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin-left: auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px; margin-right: auto" border="0" alt="" src="http://lh3.googleusercontent.com/-xU88SYxMUdY/VjOAEVo4SmI/AAAAAAAAoIM/0ckpIY5KFvE/Senza%252520titolo-1%25255B6%25255D.jpg?imgmax=800" width="1000" height="708"></div> <div align="justify"> </div> <div align="justify">In questa pagina, cliccando con il tasto destro del mouse si ottiene il menu del vostro browser e cliccando su “Apri link in un’altra scheda” potrete sfogliare il manoscritto. La pagina di presentazione della sezione manoscritti è ricchissima e di facile comprensione anche in lingua inglese, per chi non conoscesse il tedesco, cliccando qui si entra a seconda dei link in varie aree tematiche dedicate ai vari tipi di manoscritti, di varie epoche. A questo link, ad esempio, sono disponibili i manoscritti del periodo altomedievale sino al XII secolo: <a title="http://pracht-auf-pergament.digitale-sammlungen.de/index.html?c=start&l=en" href="http://pracht-auf-pergament.digitale-sammlungen.de/index.html?c=start&l=en">http://pracht-auf-pergament.digitale-sammlungen.de/index.html?c=start&l=en</a>. Quando si va a sfogliare un manoscritto la pagina è quasi sempre in tedesco e per visualizzare la corretta licenza in uso si deve andare al seguente link “<a href="http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/4.0/">Nutzungsbedingungen</a>” che vi rimanda nientemeno che alla pagina del Creative Common di cui si parlava sopra, prima invece era diverso. Diversa è l’esplorazione delle immagini della biblioteca che comincia dalla pagina mostrata qui sotto e consente ugualmente, come l’altra schermata di consultare i manoscritti. La navigazione è disponibile anche con interfaccia in lingua italiana.</div> <div align="justify"> </div> <div align="justify"><img title="" style="border-top: 0px; border-right: 0px; background-image: none; border-bottom: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin-left: auto; border-left: 0px; display: block; padding-right: 0px; margin-right: auto" border="0" alt="" src="http://lh3.googleusercontent.com/-ze3o9Qqu5rw/VjOAM5Q8cpI/AAAAAAAAoJE/kGmUp7I0_g4/image%25255B25%25255D.png?imgmax=800" width="1000" height="687"></div> <div align="justify"> </div> <div align="justify"> </div> <div align="justify">In qualsiasi momento cliccando su “Esplora” e poi “Collezioni” è possibile consultare anche le opere del database e quindi i manoscritti e l’interfaccia è un po’ diversa da quella precedente, tutt’ora comunque attiva. Cliccando su “Autori”, “Tempo”, “Luogo di pubblicazione” e “Case editrici” si usa lo stesso tipo di filtro dell’altra interfaccia che fornisce esattamente gli stessi risultati, anche se forse per i neofiti di internet è un’interfaccia più facile da usare. Una volta selezionata l’opera che ci interessa, anche qui possiamo aprire il link in una seconda scheda parallela, l’interfaccia è simile, ma con una grafica più accattivante, rispetto alla interfaccia mostrata sopra. In realtà si tratta di due visualizzatori diversi, uno che usa una nuova grafica, mostrata sotto (DFG) e l’altro che rimanda a quella mostrata sopra (MDZ). In entrambe comunque è possibile visualizzare 5 miniature delle pagine alla volta, scorrendo in avanti o indietro; è possibile ingrandire le pagine e inoltre è possibile anche esportare il testo o un intervallo di pagine come pdf o immagini. </div> <div align="justify"> </div> <div align="justify"><img title="" style="border-top: 0px; border-right: 0px; background-image: none; border-bottom: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin-left: auto; border-left: 0px; display: block; padding-right: 0px; margin-right: auto" border="0" alt="" src="http://lh3.googleusercontent.com/-w7OMlrb7jx0/VjOAVYStQiI/AAAAAAAAoJU/PhEEsjntv2A/image%25255B26%25255D.png?imgmax=800" width="1000" height="496"></div> <div align="justify"> </div> <div align="justify"><img title="" style="border-top: 0px; border-right: 0px; background-image: none; border-bottom: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin-left: auto; border-left: 0px; display: block; padding-right: 0px; margin-right: auto" border="0" alt="" src="http://lh3.googleusercontent.com/-35pCv18Zf-E/VjOAc7clLxI/AAAAAAAAoJg/1TwO2BwXnaI/image%25255B27%25255D.png?imgmax=800" width="1000" height="708"></div> <div align="justify">Quando si volesse scaricare il testo come pdf o gruppo di immagini compare la schermata qui sopra bianca, dove è possibile usare solo le lingue inglese o tedesco (cliccare sulla bandierina per scegliere la lingua). Una volta scelta la lingua viene tradotto automaticamente il testo. Nella prima parte c’è descrizione e allocazione del manoscritto, è possibile scegliere l’intervallo di pagine e poi vi è la notifica del tipo di uso che si vuole fare. Ovviamente è FONDAMENTALE dichiarare che l’uso che si farà di questo materiale rispetta le condizioni del link blu posto dopo la freccia rossa che sono le stesse a fine pagina a sinistra dove è scritto anche in italiano. Occorre poi inserire il codice numerico in grigio e a seconda del formato che vogliamo cliccare più giù su “GO”. Per le immagini è obbligatorio l’inserimento della vostra mail, che viene usata solo a fine di notifica e i vostri dati sono comunque protetti, per rispetto della privacy dell’utente. </div> <div align="justify"> </div> <h2>Universitat de València. Biblioteca Històrica</h2>Il caso della Universitat de València. Biblioteca Històrica, riguarda in genere i manoscritti della collezione dei Re di Napoli e di Aragona e sono diversi i link di manoscritti digitalizzati che vengono proposti. Il link del manoscritto digitale che viene proposto, quando è <a title="http://roderic.uv.es/uv_ms_0892" href="http://roderic.uv.es/uv_ms_0892">http://roderic.uv.es/</a> vi reindirizza in automatico a un indirizzo che contiene in parte questo link: <a href="http://weblioteca.uv.es/cgi/">http://weblioteca.uv.es/cgi/</a> non spaventatevi. In questa pagina vi fa vedere l’eventuale licenza di distribuzione, come nella schermata che segue, molto simile per altro a quella di e-codices.ch<br><br><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="http://lh3.ggpht.com/-W4PhCcH0RwI/U1aTOP0EV_I/AAAAAAAAhjI/WAWhJQI1ARc/image%25255B156%25255D.png?imgmax=800" width="1000" height="472"><br><br>A sinistra dell’icona del tipo di licenza si trova la “i” per avere info sul manoscritto e a destra l’icona delle miniature per vedere più pagine del manoscritto. Anche qui sono sempre presenti le frecce di spostamento. <br><br> <h2>Il sistema Gallica e la Bibliothèque nationale de France (BNF)</h2> <p>Il sistema Gallica ospita in vero i manoscritti digitalizzati di numerosissimi manoscritti francesi e libri di ogni periodo storico. Nel caso specifico dei manoscritti medievali in genere questi sono quasi tutti di pubblico dominio e distribuiti con una particolare licenza, che non è proprio CC-BY-NC ma qualcosa di simile. Per essere più sicura scrissi anche a questa biblioteca, in inglese, specificando per la possibilità di riutilizzo delle immagini per fini divulgativi e culturali e non commerciali e mi risposero con il contenuto di questo link: <a title="http://gallica.bnf.fr/html/conditions-use-gallicas-contents" href="http://gallica.bnf.fr/html/conditions-use-gallicas-contents">http://gallica.bnf.fr/html/conditions-use-gallicas-contents</a>. L’uso non commerciale del materiale del sito e di proprietà della BnF è libero mentre l’uso commerciale è soggetto alle leggi francesi, mentre per il materiale tutelato da terze parti e quindi non di proprietà della BnF bisogna chiedere un permesso scritto e valgono le leggi sul copyright del paese dei proprietari originali di un manoscritto, quando il manoscritto sia di altri Paesi. Alcune biblioteche ospitate dalla BnF sono tutte partener e in genere su Gallica per ogni manoscritto c’è anche scritta la voce in merito al copyright. <br><br></p> <p><img title="" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="" src="http://lh4.ggpht.com/-jJOZmTuNJhs/U1aTPkpzBVI/AAAAAAAAhjQ/zY-ocOVAPrk/image%25255B162%25255D.png?imgmax=800" width="700" height="462"><br><br>In genere quello che è ospitato su Gallica, come si legge anche dalla pagina del link di cui sopra, fatto salvo casi specifici dove c’è scritto, il manoscritto medievale è di pubblico dominio. Comunque informarsi per essere più sicuri non fa mai male. Inoltre su Gallica quando il materiale fosse di terze parti, nei risultati di ogni ricerca, sulla destra compare il disegnino o lo stemma del proprietario e dopo bisogna guardare nel sito del proprietario stesso per capire che uso si può fare, in termini non commerciali, del materiale. Altro caso che mi è capitato e che fa parte delle eccezioni, quando nella tendina che compare con le informazioni di ogni manoscritto, manca la voce “copyright” controllate che non ci sia scritto “droits” anche se la visualizzazione è in inglese, può essere che non sia stato tradotto il campo, ma significa copyright, se c’è scritto “public domain” si seguono le regole del sistema Gallica, nel caso però fosse anche materiale proveniente da altre biblioteche e alla voce “Source” c’è scritto da dove viene in manoscritto, è sempre bene informarsi presso il proprietario. </p> <p><br> </p> <h2>Herzog August Bibliothek, Wolfenbüttel (HAB) </h2> <p>Si tratta di un’altra delle biblioteche che hanno aderito con la propria versione digitale al progetto Europeana Regia. Nella pagina dedicata c’è una breve descrizione della biblioteca come ente e sotto il link che consente di vedere i manoscritti digitali della stessa. </p> <p> </p> <p><img title="" style="border-top: 0px; border-right: 0px; background-image: none; border-bottom: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; border-left: 0px; display: block; padding-right: 0px" border="0" alt="" src="http://lh3.googleusercontent.com/-zhvr5l8fOkU/VjOKertarOI/AAAAAAAAoJw/2UIJLce2-HU/image%25255B31%25255D.png?imgmax=800" width="1000" height="712"></p> <p> </p> <p>Il primo link di ogni manoscritto scelto connette l’utente alla pagina della biblioteca dove il manoscritto viene descritto. Purtroppo il sito è disponibile solo nelle lingue inglese o tedesco (in alto a destra). Il secondo link invece apre una pagina tecnica sul contenuto del manoscritto, le pagine miniate, i materiali e i colori usati. Infine il terzo link, in verde, è quello che connette direttamente l’utente alla pagina dove si sfoglia il manoscritto online. </p> <p> </p> <p><img title="" style="border-top: 0px; border-right: 0px; background-image: none; border-bottom: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; border-left: 0px; display: block; padding-right: 0px" border="0" alt="" src="http://lh3.googleusercontent.com/-cd14lAWA2M4/VjOKhdGwyGI/AAAAAAAAoJ4/fXQ7xHddrMc/image%25255B35%25255D.png?imgmax=800" width="1000" height="740"></p> <p> </p> <p>Cliccando sulla finestrella in rosso si accede alle anteprime del manoscritto delle singole pagine e si apre la pagina illustrata nella schermata successiva. Cliccando su “Digital library” (in rosso) si accede direttamente al database, cliccando invece sulla parte bibliografica si accede alla descrizione del manoscritto, che è anche la destinazione del primo link della schermata sopra; cliccando sulla parte “How to quote?” si accede ad una guida per una corretta citazione della fonte in un testo scritto. Nella parte evidenziata in giallo invece non si accede alla possibilità cliccando solo su “Download” di scaricare il pdf del manoscritto mentre su “Order CD” si accede ad una sorta di bancarella online dove si ordina il manoscritto su supporto digitale. Infine, il Copyright, generalmente la Herzog August Bibliothek consente il riutilizzo del materiale sotto Creative Common con licenza CC-BY-SA. Sotto questa licenza è libero l’uso e la distribuzione del materiale per fini divulgativi non commerciali. Ogni uso commerciale è vietato. </p> <p> </p> <p> </p> <p><img title="image" style="border-top: 0px; border-right: 0px; background-image: none; border-bottom: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; border-left: 0px; display: block; padding-right: 0px" border="0" alt="image" src="http://lh3.googleusercontent.com/-Yor8jjSVIK8/VjOKlnHCj2I/AAAAAAAAoKA/sSeQkn_5mn0/image%25255B38%25255D.png?imgmax=800" width="1000" height="627"></p> <h2></h2> <h2> </h2> <h1>Altre biblioteche di Europeana Regia</h1>In genere quando trovate una biblioteca alla voce “Digitised Manuscript” con la parte iniziale dell’indirizzo diversa da Gallica e se manca la parte “.bnf.fr” allora bisogna controllare di volta in volta quale licenza il proprietario ha deciso di adottare. Questo è inoltre valido per tutte le biblioteche tedesche, per manoscritti non presenti nel progetto Europeana Regia. Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-13395029451339579672013-12-17T22:15:00.000+01:002023-08-07T14:41:19.875+02:00Il castello di Bouzov<p>Per le mie viandanti più romantiche certamente queste foto vi ricorderanno qualcosa sebbene siano ormai passati anni. Ebbene è il castello di Fantaghirò...o meglio...uno dei tanti bellissimi castelli situati nell'attuale Repubblica Ceca. Trovare notizie sul suo percorso storico non è stato facile e in italiano non ce ne sono.</p> <p> </p> <p align="center"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; margin: 0px auto; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="" border="0" alt="" src="http://lh5.ggpht.com/-anM5bFoJifU/UrC-59y119I/AAAAAAAAfm8/s9bdg-Owhl8/Bouzov%25252C_hrad_%25252805%252529%25255B4%25255D.jpg?imgmax=800" width="800" height="600" /></p> <p> <br />Il castello è stato fondato all'inizio del XIV secolo come un castello di difesa e cambiò proprietà più volte e i primi feudatari presero il nome del luogo ai quali seguirono i signori di Kunštát, ai quali il castello rimase fino al XV secolo. Nei due secoli successivi il castello cambiò nuovamente proprietari fino al 1696, quando František Josef vendette il castello con l'intero feudo annesso a František Ludvík, vescovo di Worms e Wratislav, oltre che Gran Maestro dell'ordine dei cavalieri Teutonici e grazie a lui il castello divenne proprietà dell'ordine. Si perdono le tracce fino al 1939, probabilmente rimase nel frattempo all'Ordine dei Cavalieri Teutonici e in quell'anno il castello venne confiscato dal governo nazista per essere destinato successivamente al reparto delle SS. Nel 1945, verso la fine della guerra e probabilmente dopo l'innumerevole serie di sconfitte subite dal Reich tedesco, il castello divenne proprietà della Cecoslovacchia, attuale Rep. Ceca. Ma le vicende del castello non ebbero fine all'epoca perchè tutt'ora è in corso, così sembra, un processo tra lo Stato Ceco e l'Ordine odierno dei Cavalieri per il possesso del castello.</p> <p> </p> <p align="center"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; margin: 0px auto; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="" border="0" alt="" src="http://lh3.ggpht.com/-SzuhBEiSWsw/UrC-8H9KVCI/AAAAAAAAfnE/T0A1s8hzcfg/Hrad_Bouzov5%25255B4%25255D.jpg?imgmax=800" width="800" height="600" /></p> <p align="center"> </p> <p align="center"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; margin: 0px auto; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="" border="0" alt="" src="http://lh4.ggpht.com/-qTRvPI2UTeM/UrC--_TYmyI/AAAAAAAAfnM/ZZqdo2YXLSg/Bouzov2%25255B4%25255D.jpg?imgmax=800" width="800" height="600" /></p> <p align="justify"> <br />La rocca ha cambiato numerose volte aspetto nel corso dei secoli, e di conseguenza anche la funzione. Fino alla metà del XVI secolo il castello servì esclusivamente come struttura difensiva; dalla seconda metà del Cinquecento, dopo un grave incendio, la ristrutturazione che durò fino al secolo successivo, ne modificò l'aspetto radicalmente facendone una struttura residenziale. Il XVIII secolo segnò un periodo nero per il castello che veniva ormai da tempo usato solo in parte mentre il resto cadde in rovina e si deteriorò. <br />La nuova ristrutturazione fu operata e finanziata dal Gran Maestro dell'Ordine dei Cavalieri, Arciduca di Austria Eugene Habsburg o Eugenio d’Asburgo (1863-1954) che aveva intenzione di fare del castello la sede rappresentativa dell'Ordine e allestirvi all'interno un museo dedicato all'Ordine stesso e alla sua storia. La ristrutturazione costò all'epoca 20 mln di fiorini e durò dal 1895 al 1910. Alcune parti come le rovine dell'Ala nord e il lato sud (l'ala Oppersdorf) vennero abbattute e ricostruite da capo, sulla base dell'architetto di Monaco, George von Hauberisser (1841-1922), che, tra le altre cose, progettò il nuovo municipio in Monaco di Baviera e Monaco di San Paolo.</p> <p align="justify"> </p> <p align="center"><img style="background-image: none; border-bottom: 0px; border-left: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: inline; border-top: 0px; border-right: 0px; padding-top: 0px" title="" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtuw7LBZisWGqtMywkofbFNj9uVDeHcqg-9sCDrXfifU9ekAj25DNpXyunKiXNf35dL3wcVQl9c9Pi5AYxHtwFLL4P4AoU9NddIA8MK1mjkL4E2YQz-kL-QVxftB2iO8hWEHTWJ4qF99Q/?imgmax=800" width="400" height="534" /> <img style="background-image: none; border-bottom: 0px; border-left: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: inline; border-top: 0px; border-right: 0px; padding-top: 0px" title="" border="0" alt="" src="http://lh4.ggpht.com/-gbfkF24sMKc/UrC_AYrGRBI/AAAAAAAAgDA/4XAokcL2rFI/450px-Hrad_Bouzov_2012-05_%25252815%252529.jpg?imgmax=800" width="400" height="534" /></p> <p align="center"> <img style="background-image: none; border-bottom: 0px; border-left: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: inline; border-top: 0px; border-right: 0px; padding-top: 0px" title="" border="0" alt="" src="http://lh5.ggpht.com/-XyN4AisoRX4/UrC_BNus-2I/AAAAAAAAgDI/OprMCGxkMbw/450px-Hrad_Bouzov7%25255B1%25255D.jpg?imgmax=800" width="400" height="534" /> <img style="background-image: none; border-bottom: 0px; border-left: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: inline; border-top: 0px; border-right: 0px; padding-top: 0px" title="450px-Bouzov,_hrad_(13)" border="0" alt="450px-Bouzov,_hrad_(13)" src="http://lh3.ggpht.com/-F_OOdfGdwNo/UrC_B-WD7-I/AAAAAAAAgDQ/oo1gK_Fhz9o/450px-Bouzov%25252C_hrad_%25252813%252529.jpg?imgmax=800" width="400" height="534" /></p> <p align="justify"> <br />L'aspetto attuale del castello di Bouzov risale all'ultima ristrutturazione, che ne ha determinato anche la modernizzazione e sono stati aggiunti impianto idraulico e di riscaldamento centralizzati, essendo che il castello, internamente arredato con mobili preziosi ed altri oggetti di arredamento costosissimi, è adibito anche come sede per matrimoni e cerimonie. La maggior parte degli arredi però non è antichissima, ma risale al XX secolo quando durante ulteriori lavori di ristrutturazione furono installati gli arredi storici e contemporanei negli interni del castello. Ebbene care lettrici, se avete intenzione di fare qualcosa di romantico per i vostri sponsali, beh, date un occhio a questo castello! <br /></p> <h2 align="justify">ALCUNE CURIOSITA':</h2> <p align="justify">Il castello come tutti i castelli medievali che si rispettino e che si vedono in alcuni preziosi manoscritti del XIV e XV secolo, fin dal 1317 dispone di un vasto parco, delimitato da un cancello e dalle mura. Ancora oggi esistono gli edifici intorno al castello, il fossato che si vede anche nel film e i due ponti che costituiscono l'accesso e l'uscita al borgo. Il parco, ovviamente nel corso dei secoli si è ridimensionato dal Medioevo e quello che si vede oggi è stato "ricostruito" nel XX secolo, comprende 6.38 ettari di verde e una cappella dedicata alla Vergine Maria, del 1910, in stile neobarocco, situata vicino all'ingresso del parco.</p> <p> </p> <h2>NEI DINTORNI DEL CASTELLO...</h2> <p> </p> <h3>Cappella neo-gotica di Santa Elisabetta.</h3> <p>Include un altare gotico del XV secolo e sei lapidi dei signori dell'Ordine dal periodo 1305 al 1515, che si trasferirono qui dal castello Horneck nad Necktarem. <br /></p> <h3>Stufe di maiolica.</h3> <p>Le stufe in maiolica sistemate nelle camere individuali sono state fabbricate appositamente per gli interni del castello ricostruito e ciascuno ha un design unico, quindi ci sarebbe anche una specie di museo della maiolica. <br /></p> <h3>La cucina del castello...</h3> <p>Vi ricordate l'oca parlante del film? E la cuoca sclerotica? Anche la cucina del castello, visibile nelle riprese del film "Fantaghirò" è visitabile e contiene una preziosa e antica esposizione di pentole in rame. <br /></p> <h3>Armi....</h3> <p>Il Castello ospita anche una collezione di armi autentiche di vari periodi storici, situata nella sala gotica originale. <br /></p> <h3>Una scala da visitare</h3> <p>Ai superstiziosi, mai una scala fu più celebre. Si tratta di una magnifica scala di arenaria nel secondo cortile del palazzo settentrionale, installata durante l'ultima ristrutturazione da parte dell'Ordine. <br /></p> <h3>Il pozzo del castello</h3> <p>Profondo 40 metri, il pozzo, è ripreso anche nelle numerose scene del film. <br /></p> <h3>Per visitare il castello:</h3> <ul> <li><a href="http://www.olomoucky-kraj.com/object.php?object=4&l=">http://www.olomoucky-kraj.com/object.php?object=4&l=</a> </li> </ul> <hr /> <h2>Fonti bibliografiche:</h2> <p>La storia del castello è stata tradotta da Vivere il Medioevo, dall’inglese, dal sito: <a href="http://www.olomoucky-kraj.com/object.php?object=4&l=3">http://www.olomoucky-kraj.com/object.php?object=4&l=3</a></p> Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-77736485760292789712013-11-14T16:36:00.000+01:002023-08-07T14:41:21.991+02:00La croce di Roncosigifredo a Riccovolto<p>Tra le corti donate nel 1071 da Beatrice di Lorena al monastero di Frassinoro, figura anche <i>Ronco Sigifredi</i>, probabilmente un antico possesso allodiale della casata dei Canossa, che il Grimaldi ritiene essere appartenuto come del resto anche Medola e Vitriola ed altri beni situati in Garfagnana, allo stesso capostipite dei Canossa Sigifredo <i>de comitatu Lucensi</i>, di cui richiamerebbe il nome. L’ipotesi è suggestiva, ma non è supportata da sufficienti prove documentate. </p> <p>Ricordata tra i possessi del monastero nel diploma di conferma a Frassinoro di Federico I del 1164 e nelle dedizioni a Modena del 1173, 1197 e 1205, Roncosigifredo era centro di una corte che comprendeva Cargedolo, Riccovolto e gran parte della Selva Romanesca, la zona meridionale, dunque, delle Terre della Badia, la meno popolata, data la massiccia presenza del incolto nel 1173, nel 1173, giurano a Roncosigifredo 9 capi famiglia e corte conta nel 1361 46 manenzie <a href="file:///D:/Articoli per sito - file/#_ftn1_4350" name="_ftnref1_4350">[1]</a>, contro le 127 di Medola.</p> <p>Del castello si ha specifica menzione nel diploma stesso di Federico I, ma già nella seconda metà del XIII secolo non se ne fa più cenno, sostituito probabilmente, per le necessità difensive, da quello di Riccovolto Vecchio.</p> <p>La chiesa, intitolata a <a name="OLE_LINK1">San Bartolomeo </a>e dipendente dal monastero di Frassinoro, verso la fine del XIII secolo fu aggregata alla Pieve di Rubbiano, cui rimane legata fin verso la fine della seconda metà del XV secolo, ridotta poi ad oratorio.</p> <p>Nel 1446 il marchese Lionello de’ Nobili unì Roncosigifredo, ormai disabitata, a Riccovolto, cui passò anche, verso la fine del XVI secolo, il beneficio eretto nell’oratorio, ormai in rovina di San Bartolomeo. Se la chiesa ed il castello sorgevano a levante nell’attuale borgata nota come La Croce, quest’ultima andrà identificata con l’antico centro storico, gli edifici sono ristrutturati anche se lasciano scorgere conci decorati di età rinascimentale e portali settecenteschi.</p> <h2>Il faldo di Riccovolto</h2> <p>I confini della Selva Romanesca come sono stati dedotti dal campione della Badia di Frassinoro del 1428, passavano per Riccovolto, infeudata a tre famiglie di Muschioso che nel 1429 si erano segnalate per l’aiuto fornito a Niccolò III d’Este nel cacciare i Montecuccoli dalla castellanza di Muschioso. Il borgo è stato largamente ristrutturato e rimangono in alcuni punti dei conci d’angolo decorati con delle losanghe e quadri in rielevo, un portale a tutto sesto a conci regolari, un arco architravato con stipiti dalle fitte incisioni parallele, un ampio voltone, tutti elementi del XVII-XVIII secolo, anche se si contano elementi di epoche precedenti. </p> <p> </p> <p align="center"><a href="http://lh3.ggpht.com/-QxSjO3FMKQ0/UoTt-WCJ-eI/AAAAAAAAfRc/KfmcscWjhds/s1600-h/Riccovolto-croce-di-lato3.jpg"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: inline; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="Riccovolto croce di lato" border="0" alt="Riccovolto croce di lato" src="http://lh4.ggpht.com/-rtj-Zh8I2-A/UoTt_iz1feI/AAAAAAAAfRk/cepJ7qIqvmM/Riccovolto-croce-di-lato_thumb1.jpg?imgmax=800" width="700" height="341" /></a></p> <p align="center"> </p> <p align="center"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEieyl7B5_oB3WbcH9HYyHUL8UNuUB_8CGSWe1UQACyi9H52BUauINhhjVUT7TyPNJTu_0kHxoIybkXCsKsXWnVRkQtBP35Naau6S01fBmRSq3kW9clXZs_2V3o1kFM6-MeodsWZg5ZXsVg/s1600-h/Riccovolto-croce3.jpg"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: inline; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="Riccovolto croce" border="0" alt="Riccovolto croce" src="http://lh3.ggpht.com/-BuneqNFoOtU/UoTuBlrgVsI/AAAAAAAAfR0/15mQcaLsadE/Riccovolto-croce_thumb1.jpg?imgmax=800" width="700" height="341" /></a></p> <p align="center">Figure 1 e 2 – La Croce di Roncosigifredo – Riccovolto (MO) – Edificio settecentesco.</p> <h2>Fonti</h2> <ul> <li>AA.VV. <i>Insediamento storico e beni culturali alta Valle del Secchia.</i> Modena: Cooptip - Modena, 1981. </li> </ul> <h1>Note <hr align="left" size="1" width="33%" /></h1> <p><a href="file:///D:/Articoli per sito - file/#_ftnref1_4350" name="_ftn1_4350">[1]</a> Nella società longobarda, lavoratore agricolo tenuto solo alla corresponsione di una parte del prodotto e di determinati servizi personali. Nell’Italia sett., spec. in Liguria, mezzadro. Dal lat. manens -entis, p. pres. di manēre ‘rimanere’, perché aveva l’obbligo di rimanere nel fondo. </p> Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-46735930270203441912012-10-03T09:31:00.001+02:002012-10-03T09:31:15.721+02:00Avviso per tutte le compagnie medievali e gruppi di rievocazione storica<p align="justify">Molti mi stanno chiedendo l'amicizia ma non riesco a confermarla, pur volendo, perchè il sistema facebook, risponde che l'utente che fa la domanda o che ricevesse la richiesta da parte mia ha raggiunto il numero massimo di amici tra i contatti. Se avete anche voi un problema analogo con la pagina facebook, se volete aggregarvi a Vivere Il Medioevo, mandatemi un messaggio privato di richiesta con il vostro nome o nome della vostra compagnia e il vostro link. Se non riuscissi a pubblicarlo qui su facebook, creerò una lista sul mio sito Home dove i link sono illimitati (non c'è un numero fisso) e possiamo, a vostra scelta, se preferite, fare lo scambio di link sui nostri siti. Potete altrimenti mandarmi una mail all'indirizzo mail <a href="mailto:inthemiddleage@hotmail.it">inthemiddleage@hotmail.it</a> con <br /></p> <p align="justify"><strong>Oggetto</strong>: Richiesta inserimento link compagnie e gruppi di rievocazione storica</p> <p align="justify"> <br />Nella mail scrivete:</p> <p align="justify"> <br />1. Nome del gruppo: <br />2. Provenienza e provincia: <br />3. Tipo di Gruppo: (per es, sbandieratori, musici) <br />4. Descrizione della vostra principale attività e periodo storico principale di riferimento: (Per es. tornei e riproduzione di combattimenti, ambientati principalmente nel Trecento) <br />5. Link della vostra pagina, sia essa facebook o http:// <br />6. Un indirizzo mail valido di riferimento in cui Vivere il Medioevo vi possa confermare l'avvenuta "registrazione". <br /></p> <p align="justify"><font color="#ff0000"><strong><em><u>La procedura è gratuita. </u></em></strong></font></p> <p align="justify">Vivere il Medioevo nasce per condividere e conoscere la storia medievale e la passione per ciò che il Medioevo rappresenta per noi. Sarebbe bello dunque poter fare conoscere attraverso il nostro e vostro lavoro e i gruppi di cui facciamo parte il Medioevo italiano ed europeo. <br />Mi farebbe piacere avere nel mio sito una pagina dedicata a tutti i gruppi storici, di ogni genere (combattimenti o sfilate o sbandieratori, ma anche musici, ecc, nel contesto medievale ovviamente). <br />Grazie per la gentile attenzione e la vostra disponibilità. <br />A breve sarà disponibile sul mio sito un modulo per semplificare l'operazione di registrazione, per il momento potete copiare l'esempio qui sopra e inviarmelo via mail. <br />Buona Navigazione a tutti!</p> Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-82711698039832455162012-08-26T17:35:00.001+02:002017-06-11T15:51:02.470+02:00La parentela nel Medioevo, l’importanza del legame del sangue<h1>Indice</h1> <p><a href="#_Toc484958318">Il legame di sangue e consanguineità</a> <p><a href="#_Toc484958319">Dal legame di sangue al lignaggio</a> <p><a href="#_Toc484958320">La solidarietà del lignaggio</a> <p><a href="#_Toc484958321">Dalla solidarietà giuridica a quella economica</a> <p><a href="#_Toc484958322">Fonti bibliografiche</a> <p><a name="_Toc484958318"></a> <h2><a name="_Toc484958284">Il legame di sangue e consanguineità</a> </h2> <p>Il sangue non è acqua, chi non lo sa? Quante volte l’uomo si è chiesto nei secoli del passato se un legame di sangue non possa essere spezzato, poiché è risaputo che spesso esso va ben oltre la morte del corpo. Da che mondo è mondo esistono il peccato e la malvagità e i consanguinei si sono spesso scagliati gli uni contro gli altri, perfino da arrivare ad uccidersi, fregandosene di quel legame che la comunanza del sangue aveva creato. Il Medioevo in proposito ha un vasto repertorio, eppure furono proprio i legami di sangue creati per matrimonio e nascita a creare la struttura sociale tipica del feudalesimo. Tale struttura fu poi integrata da una più intricata rete di rapporti personali che pur non basandosi sulla comunanza di sangue, finirono per necessitarne. <p align="center"> <p align="center"><img src="http://lh3.ggpht.com/-hwYQ2soNUoY/UDpCPYFDGwI/AAAAAAAAVVI/P-sxO6NGf9M/image%25255B113%25255D.png?imgmax=800" width="750" height="185"> <h6>Figura 1 – Tipi di legame vigenti nel medioevo </h6> <p> <p>In vero i legami fondati sulla comunanza del sangue sono di molto anteriori ed essenzialmente estranei al mondo medievale, grazie al quale però li abbiamo conosciuti più da vicino. Essi ebbero un ruolo troppo importante per essere trascurati. Non va inoltre dimenticato che fin dalle origini dell’umanità, la prima forma di società fu la <font color="#ff0000"><i>famiglia</i> </font><i><font color="#ff0000">in sensu strictu</font>. </i>La famiglia, inoltre, non è solo stata la prima forma di società, ma anche la prima forma di <i><font color="#ff0000">comunità</font></i> e nell’antica Francia, essa era designata come <i><font color="#ff0000">comunità tacita, silenziosa</font> </i>ed è nella natura stessa dei rapporti tra consanguinei fare a meno di scritti. Un uomo sposa una donna con una formula pronunciata a voce, formula imparata a memoria e tramandata con lo stesso metodo; un uomo ed una donna generano un figlio con un atto fisico e non con un documento scritto che attesti la loro paternità. Così fu per secoli e raramente si ricorse a forme scritte che attestassero i fatti. L’umanità ha dovuto attendere la nascita delle istituzioni ecclesiastiche, delle chiese, perché ci fossero tracce scritte dei rapporti tra individui e in assenza di fonti anagrafiche civili antecedenti al XIX secolo, ancora oggi ci dobbiamo rifare agli archivi ecclesiastici. In epoca medievale tali archivi gestivano prevalentemente l’andamento delle famiglie nell’ambito delle classi nobili e di esse si hanno notizie solo a partire dal XIII secolo. Le fonti antecedenti, fatto salvo qualche frammento, sono andate quasi tutte perdute <a href="#_ftn1_2308" name="_ftnref1_2308">[1]</a>. <p> <p>In epoca medievale il legame di sangue assunse un’importanza estrema e fu anche uno dei centri attorno al quale ruotava la legge e soprattutto la giustizia, con particolare riferimento alla vendetta. Con più un vincolo era stretto e con più era importante e si giunse ad un punto in cui, a causa dell’allargarsi sempre maggiore delle famiglie si dovettero imporre dei limiti. Più avanti parleremo anche della <i><font color="#ff0000">solidarietà</font></i> che tale legame permetteva da un lato ed imponeva dall’altro, specialmente nella pratica. Gli individui che erano tra loro consanguinei erano anche meglio definiti “<i><font color="#ff0000">amici</font> <font color="#ff0000">carnali</font></i>” e nella Francia e Germania dei primi secoli del Medioevo si usava il termine <i><font color="#ff0000">amis</font></i> o <i><font color="#ff0000">freund</font></i> per indicare i parenti uniti dal vincolo di sangue o con il matrimonio. Il termine “<i><font color="#ff0000">amico</font></i>” indicava dunque un consanguineo e non un individuo legato ad un altro dalla comune esperienza di vita e interesse, almeno inizialmente. Successivamente la definizione di “<i><font color="#ff0000">amici carnali</font></i>” non fu estesa più a tutta la parentela ma sono ai consanguinei entro un certo grado di parentela. Inoltre, a partire dal XII secolo tale definizione perse il suo significato arcaico di consanguineo e assunse quello che è più caro agli scrittori e ai trovatori delle corti medievali, il significato di “amante” e un esempio ce lo offre Chretien de Troyes, che è solito ad usare tale termine nelle sue opere: <p> </p> <blockquote> <p>“Finché vivrò, non voglio essere servita da alcun altro uomo: voi sarete <font color="#ff0000">il mio amico e il mio servitore</font>. Tutto quel che farete per me mi sarà gradito. Non sarò mai signora di un impero se voi non ne sarete il signore.” <a href="#_ftn2_2308" name="_ftnref2_2308">[2]</a> <p>"Cosa gli dirò, io per prima?” dice. "Lo chiamerò per nome o gli dirò ‘amico’? <a href="#_ftn3_2308" name="_ftnref3_2308">[3]</a> <p>“Dal mio amico, il cuore, io sono maltrattato: mi dimentica per il mio nemico, e io posso ben tacciarlo di fellonia, ché verso di me ha commesso una grave colpa.” <a href="#_ftn4_2308" name="_ftnref4_2308">[4]</a> </p></blockquote> <p> <p>Nella maggior parte delle sue opere Chretien usa il termine “amico” non nel senso di consanguineo, piuttosto di amante e così è la protagonista femminile che spesso vuole essere “<i>la dolce amica</i>” del protagonista, ovvero la dolce amante. Raramente l’autore usa nelle sue altre opere il termine con significato di consanguineo, ma piuttosto con significato moderno. Nelle opere di Chretien, che han spesso per oggetto la corte arturiana dove chi più e chi meno ha con Artù un legame di parentela, il termine “<i>amico</i>” non designa dei consanguinei e non pone più sullo stesso piano compagni di battaglia e famigliari del re: solo i secondi sembrano avere un valore più importante rispetto ai primi. Siamo oltre la seconda metà del 1150 e Chretien è il secondo a parlare al pubblico di Artù e della sua corte, il primo fu Goffredo di Monmouth nato cinquanta anni prima e presentando a sua volta un’opera di quasi trecento anni prima ancora <a href="#_ftn5_2308" name="_ftnref5_2308">[5]</a>. <p> <p>L’eroe meglio servito è quello al quale i guerrieri sono congiunti o per mezzo della nuova e propriamente feudale relazione di vassallaggio o per la vecchia relazione di parentela: due legami che vengono messi sul medesimo piano, poiché, di eguale vigore, sembra primeggino su tutti gli altri. Nelle prime opere consanguinei e compagni di Artù sono posti sullo stesso piano tra loro, rispetto al re, mentre nelle opere successive solo i consanguinei sono più importanti. Questo significa che i costumi nel giro di tre secoli erano cambiati nel trattare la consanguineità degli individui di un gruppo famigliare allargato. Inizialmente i due tipi di legame furono sullo stesso piano rispetto ad un capo, ma, man mano che le famiglie si allargavano da un lato ed aumentavano i legami di vassallaggio dall’altro, solo il legame di consanguineità finì per essere quello che prevaleva in assoluto, specie in campo giuridico. I due legami non rischiarono di escludersi a vicenda, anzi per necessità degli individui stessi spesso il legame di vassallaggio si confondeva e si auto rafforzava proprio grazie alla consanguineità. Il legame di sangue portò alla cosiddetta <em><font color="#ff0000">solidarietà di lignaggio </font></em>che approfondiremo a seguito e che per le sue caratteristiche fu l’origine delle classi agiate di ogni epoca, con qualche variante, ma fu anche il filo che falciò via intere famiglie nelle faide tipiche del Medioevo. <p align="right"><a href="#_Toc484958318">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc484958319"></a><a name="_Toc484958285">Dal legame di sangue al lignaggio</a> </h2> <p>Quando pensiamo al termine “lignaggio” pensiamo sempre al rango e in effetti non è tanto errato questo modo di intendere il termine, ma è bene fare delle precisazioni. Il termine deriva dal francese antico “<i><font color="#ff0000">lignage</font></i>” che a sua volta deriverebbe dal latino “<i><font color="#ff0000">linea</font></i>” ossia <i><font color="#0000ff">linea di discendenza</font></i>. Dalla famiglia feudale derivò il lignaggio degli individui e dunque anche la gerarchia sociale. Come un albero la società medievale aveva rami che finirono per intrecciarsi tra loro e confondersi, tanto che ancora oggi facciamo fatica a districare i grovigli, resi ancor più complicati dalla mancanza di fonti scritte. Abbiamo detto che la famiglia fu la società in cui gli individui erano uniti da un legame di consanguineità e che per molto tempo questo fu sullo stesso piano del legame formatosi per vassallaggio, mentre successivamente prevalse il primo tipo di legame sul secondo. Il legame di sangue nel corso dell’Alto Medioevo funzionava per tutti i gradi di parentela non solo in orizzontale ma anche in verticale (per generazioni successive). <p align="center"> <p align="center"><img src="http://lh5.ggpht.com/-kxmIwUoeX-8/UDpCQqSo9dI/AAAAAAAAVVQ/vEIcnqwTks4/image%25255B106%25255D.png?imgmax=800"> <h6>Figura 2 – Schema di una gerarchia famigliare fino al secondo grado. In orizzontale ci sono i legami di sangue che si formano per matrimonio, mentre in verticale ci sono quelli che si formano per nascita. Col tempo il legame di sangue formatosi in questi due modi e divenendo una cosa sola in termini giuridici, prevalse su quello di vassallaggio, anche se con determinati limiti all’uno e all’altro. </h6> <p> <p>Le prime comunità famigliari erano <i><font color="#ff0000">comunità guerriere</font></i>, di stampo patriarcale dove il capo famiglia era anche il vertice della gerarchia e i suoi guerrieri erano il più delle volte suoi parenti e consanguinei, con essi egli spartiva le ricchezze accumulate nei bottini di guerra tenendo per sé ovviamente il pezzo più grosso. Alla morte del capo succedeva al comando il figlio maschio maggiore, in sua assenza, il secondo in linea di successione e così via fino a quando non si trovava un consanguineo che prendesse il posto vacante e che fosse in grado di mantenerlo. Con la morte del capo il testimone passava al suo successore e tale testimone era rappresentato da ricchezza e potere. Era necessario che questi avesse il sostegno dei suoi famigliari (<i><font color="#ff0000">solidarietà orizzontale</font></i>) e dei suoi figli (<i><font color="#ff0000">solidarietà verticale</font></i>) che erano quelli che avrebbero avuto un giorno, alla sua morte, l’eredità, ovvero i suoi beni ed il suo potere. Queste furono le basi del <i><font color="#ff0000">lignaggio</font></i>, della trasmissione del potere e della ricchezza per linea di sangue. Chi apparteneva alla famiglia del capo e quindi del <i><font color="#ff0000">rex</font> </i>(dal lat. <i><font color="#ff0000">regis</font></i> che significa governare) era considerato di una certa importanza e da quel momento i suoi discendenti avrebbero avuto eguale importanza, avendo con lui un legame di sangue. Era un interesse non da poco sposare la figlia di uno di questi famigliari per salire di gradino anche se non era poi così facile. Sebbene la Chiesa vietasse fino al quarto grado i matrimoni tra consanguinei ed essendo gli stessi vietati già da tempi anteriori, la pratica degli stessi era per certi versi legata alla paura di “corrompere” il sangue e il patrimonio con chi non era dello stesso <i><font color="#ff0000">lignage</font></i>, quindi della stessa linea di sangue. Non gridiamo alla contraddizione, capiamoci bene, erano tempi in cui già conoscevano gli effetti di tali unioni tra consanguinei e che rasentavano l’incesto; per quanto possibile, specie con le regole imposte dalla Chiesa, tanti casi si riuscirono ad evitare, anche senza le moderne conoscenze genetiche <a href="#_ftn6_2308" name="_ftnref6_2308">[6]</a>. È così che essenzialmente è nata la classe nobile e il lignaggio non fu più, ad un certo punto, solo un fatto di sangue, ma divenne uno status. Chi apparteneva a una famiglia apparteneva di conseguenza ad un certo lignaggio. Quando al legame di sangue si appoggiò, fino a confondersi con esso, il legame vassallatico e soprattutto quando una certa condizione divenne ereditaria, il lignaggio di un individuo divenne una condizione civile ed economica e questo valeva in ogni gradino della scala sociale. In tal modo si tramandarono anche le condizioni più umili. Il consanguineo di un rex era considerato di alto lignaggio e lo stesso esempio vale per il consanguineo di un servo che era considerato al margine della società. Poiché in epoca medievale le famiglie erano molto allargate, sia in senso orizzontale (parenti acquisiti con matrimonio) sia in senso verticale (si facevano molti figli) si finì che rispetto ad un capo il legame di vassallaggio era lo stesso per tutti in merito alla fedeltà che ognuno gli doveva, ma quanto al patrimonio e titoli non si poteva dare lo stesso titolo legato alla stessa porzione di terra alla stessa persona e inizialmente, conformi ad una mentalità militare, i titoli e le terre venivano assegnati in modo da garantire una difesa. Dopo il IX secolo, quando i giuramenti di vassallaggio crearono la complicata gerarchia sociale del medioevo in cui i servi della gleba erano alla base della piramide, aumentarono i titoli perché aumentarono anche le divisioni territoriali e il discorso del lignaggio cambiò e così due persone finirono per essere considerate di un certo lignaggio quando anche appartenendo a due famiglie di origine diversa e non comune, avevano un titolo ed un patrimonio trasmissibili per linea di sangue. Essere parenti per certi versi in epoca medievale conveniva come oggi conviene essere parenti di un pezzo grosso. <p> <p align="right"><a href="#_Toc484958318">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc484958320"></a><a name="_Toc484958286">La solidarietà del lignaggio</a> </h2> <p>Essere parenti è vero per certi versi conveniva in epoca medievale come conviene oggi se il pezzo con cui abbiamo il sangue in comune è un pezzo “grosso” nella società, ma il legame di consanguineità nasconde sempre delle insidie e il Medioevo ce ne ha portato svariati esempi, dalle case regnanti a quelle di piccola nobiltà. La solidarietà orizzontale e quella verticale finirono presto, già nell’Alto Medioevo, per essere riassunte in una unica parola “solidarietà di lignaggio” e comportava diritti e doveri, ricchezze e l’onore o la disgrazia. <p> <p align="center"><img src="http://lh5.ggpht.com/-ZRQvnk3CDuc/UDpCRqc0anI/AAAAAAAAVVY/iZmcOxFPyu4/image%25255B99%25255D.png?imgmax=800"> <h6>Figura 3 – La <em>solidarietà di lignaggio </em>nella società altomedievale (fino agli inizi del XIII secolo). </h6> <p> <p>L’uomo trovava nei parenti i suoi sostenitori naturali. Dove tale antica procedura germanica sussisteva ancora, i co-giuranti il cui giuramento collegiale era sufficiente a far assolvere o confermare l’accusa del querelante, venivano scelti tra i parenti a seconda delle regole o, come più spesso accadeva, della convenienza. Se, per fare un esempio drammatico, il cugino di un re era accusato di stupro conveniva scegliere il re stesso sia come difensore sia come giudice del presunto colpevole. Il parentado era a sua modo oltre che un appoggio, anche un giudice. L’onore o il disonore di uno dei membri di una famiglia si rifletteva anche su tutta la piccola collettività famigliare. Per fare un esempio, verso il 1200, il siniscalco di Normandia, rappresentante di un diritto più progredito, fece fatica ad impedire ai suoi agenti di comprendere nella punizione, insieme al criminale, anche tutta la parentela, tanto l’individuo e il gruppo apparivano inseparabili. Il legame di sangue si manifestò in tutta la sua forza specialmente nella vendetta. Quasi tutto il Medioevo e l’era feudale in particolar modo, vissero sotto il segno della <i><font color="#ff0000">vendetta privata</font>,</i> essa spettava, anzitutto, come il più sacro dei doveri, all’individuo leso, anche oltre la morte. L’uomo da solo, d’altro canto, nella buona e nella cattiva sorte, colpevole o vittima, poteva fare ben poco. Inoltre, quel che, molto spesso, si doveva far espirare, era una morte ed entrava allora in azione il gruppo famigliare e nasceva la faida, secondo l’antico termine germanico che si diffuse a poco a poco in tutta l’Europa. Nessun obbligo appariva più sacro e a poco servirono le conciliazioni proposte da figure ecclesiastiche. Nelle Fiandre verso la fine del XII secolo, viveva una nobildonna cui erano stati uccisi marito e i due figli dai loro nemici, la vendetta teneva in agitazione perfino tutto il paese. Il vescovo di Soissons <a href="#_ftn7_2308" name="_ftnref7_2308">[7]</a> tentò vanamente una riconciliazione, ma pur di non ascoltarlo la vedova fece alzare il ponte levatoio e non lo fece entrare. Presso i Frisoni <a href="#_ftn8_2308" name="_ftnref8_2308">[8]</a> lo stesso cadavere gridava vendetta: si dissecava, sospeso nella casa fino a quando non diedero giustizia per poi acquistare il diritto di seppellirlo. Tutta una famiglia il lignaggio si raccoglieva agli ordini di un capitano della guerra, si armava per punire l’uccisore o la semplice ingiuria e per ingiuria all’epoca si intendeva anche solo soffiarsi il naso contro qualcuno. L’estremismo superò persino i limiti della follia. E non ci si scagliava solitamente solo contro l’autore del torto, ma anche contro un suo consanguineo o la sua famiglia. Alla <i><font color="#ff0000">solidarietà</font> <font color="#ff0000">attiva</font></i> rispondeva egualmente forte una <i><font color="#0000ff">solidarietà passiva</font></i>. Nella Frisia medievale non era necessaria la morte del colpevole per seppellire un corpo che gridava vendetta, era sufficiente quello di un suo famigliare. <p> <p align="center"><img src="http://lh5.ggpht.com/-vp_pOdAj6ow/UDpCSaVBosI/AAAAAAAAVVg/rsuUYjeYJR4/image%25255B93%25255D.png?imgmax=800"> <h6>Figura 4 – Lo schema della solidarietà attiva in rapporto alla passiva </h6> <p> <p>Vediamo così come il legame di sangue fosse fondamentale per la vendetta, fatta passare per giustizia. Era la prima insidia che la consanguineità nascondeva. La vendetta sul parente di un colpevole poteva aversi subito o anche dopo, specie nelle faide famigliari, a distanza di anni e generazioni <a href="#_ftn9_2308" name="_ftnref9_2308">[9]</a>. Nulla attesta la potenza e la durata di queste rappresentazioni meglio di una sentenza scritta <a href="#_ftn10_2308" name="_ftnref10_2308">[10]</a>, pervenutaci dai lungi ed oscuri secoli del Medioevo. Nel 1260 un cavaliere, tale Louis Defeux, ferito da un tale Thomas d’Ouzouer denunciò il suo aggressore davanti alla corte. L’accusato non negò il fatto, ma dichiarò di essere stato attaccato un po’ di tempo prima, da un nipote della sua vittima. Non potevano nemmeno rimproverargli nulla, dato che, in conformità con le leggi regie, aveva atteso quaranta giorni <a href="#_ftn11_2308" name="_ftnref11_2308">[11]</a> prima di vendicarsi. La vittima rispose che non era responsabile delle azioni del nipote. Ma come? L’argomento valse a poco perché l’atto di un individuo coinvolgeva tutta la parentela <a href="#_ftn12_2308" name="_ftnref12_2308">[12]</a>. Poiché il sangue in tal modo chiamava al sangue, interminabili contese, spesso nate per futili motivi, gettavano l’una contro l’altra le case nemiche. Un esempio quasi ridicolo, ma che colorò di rosso la terra più di quanto possa fare il vino: nel XI secolo una disputa tra due case nobili della Borgogna, iniziata un giorno di vendemmia, si prolungò per trent’anni e fin dai primi combattimenti, uno dei partiti aveva perduto più di dieci uomini <a href="#_ftn13_2308" name="_ftnref13_2308">[13]</a>. Di queste faide la storia medievale è piena, anche se le cronache hanno preferito ricordare i casi più pittoreschi e cruenti che vedevano come protagonisti membri di case nobili, regnanti e cavalleresche. Basti pensare agli odi mortali che trascinavano per generazioni famiglie intere e intere nazioni, odi cantati e spesso trasformati in epopee eroiche. Dall’alto al basso della gerarchia sociale trionfavano i medesimi costumi. Senza dubbio, quando, nel corso del XIII secolo la nobiltà si fu definitivamente costituita in corpo ereditario, mirò a riservarsi come un segno d’onore tutte le forme di ricorso alle armi. I poteri pubblici, da parte loro, assecondarono questo fenomeno sia per simpatia verso i pregiudizi nobiliari sia perché provavano anche oscuramente il bisogno dio schierarsi dalla parte del più forte. D’altro canto non si poteva impedire anche solo moralmente alla casta nobiliare, ancora con solide radici guerriere, di rinunciare a qualsiasi forma di vendetta; era già difficile ottenerlo dalla popolazione. Fu così che la vendetta finì per divenire un privilegio di classe, legata, come il patrimonio alla terra e ad un titolo, alla linea di sangue. Anche se nate, come nel caso della vendemmia, per ragioni irrisorie e coinvolgendo inizialmente solo le famiglie nobiliari, le faide a lungo andare si estesero alle popolazioni, sempre più tormentate. Poiché le famiglie in guerra erano famiglie allargate e la solidarietà aveva finito per andare anche oltre il legame di sangue – sconfinando nel gusto per il sangue e il saccheggio – si giunse ad un momento in cui fu necessario, per evitare il bagno di sangue e non potendo facilmente mettere il bavaglio alla Chiesa, a dover porre dei limiti all’applicazione della vendetta. Si strinse il cerchio dei consanguinei che, in virtù del vincolo di sangue con un individuo, potevano compierne la vendetta o rimediare ad un torto <a href="#_ftn14_2308" name="_ftnref14_2308">[14]</a>. Il termine “odi mortali” divenne un termine tecnico, essi erano generati senza posa dai vincoli famigliari e costituivano indiscutibilmente una delle principali cause della turbolenza generale. Essi però, d’altro canto facevano anche parte di un “codice morale” a cui, nel segreto del cuore, i più arditi apostoli dell’ordine rimanevano fedeli e solo qualche utopista sognava di abolirli. <p> <p>Uno dei tentativi di limitare le faide e gli eccessi fu quello di colpire il borsello dei trasgressori e furono applicate delle tariffe e si imposero luoghi in cui era vietato combattere, oltre che dei giorni: “<i><font color="#ff0000">la Tregua di Dio</font></i>”, applicata soprattutto sul finire del XI secolo e con l’avvento della Prima Crociata. Oltre un certo limite però non fu possibile imporre dei limiti e la faida era in buona parte riconosciuta legittima. Ci si sforzava di proteggere gli innocenti contro i più stridenti abusi della solidarietà collettiva e si stabilirono dei termini di messa in guardia <a href="#_ftn15_2308" name="_ftnref15_2308">[15]</a>. Si tentò persino di limitare il numero e la natura dei torti suscettibili di essere lavati nel sangue. Secondo una ordinanza promulgata da Guglielmo in Conquistatore <a href="#_ftn16_2308" name="_ftnref16_2308">[16]</a>, solo l’uccisione di un padre o di un figlio potevano essere espiati con un’altra morte. Salvo in Inghilterra, nel resto d’Europa ci si limitò a moderare gli eccessi di usanze che non si potevano né forse si desideravano impedire, dunque anche nell’amministrare la giustizia e nel limitare l’attività dei giustizieri, non vi era alcuna neutralità. Nessuno era <em>super partes </em>in nulla e si seguiva sempre, per paura o per necessità, il proprio interesse, il proverbiale secondo fine. Quando la parte lesa non avesse voluto ricorrere, per motivi più svariati, alla vendetta privata si ricorreva ad un processo che si concludeva con una “autorizzazione a procedere”. La casistica era talmente varia, oltre che una mescolanza variopinta di usi barbarici e romani, che anche nel caso dell’omicidio, la procedura variava continuamente e in ogni luogo. Per esempio, nel caso dell’omicidio volontario, nell’Artois del XIII secolo, si stabiliva che al signore <a href="#_ftn17_2308" name="_ftnref17_2308">[17]</a> (feudatario) sarebbero andati i beni del colpevole ed il corpo, perché fosse ucciso, ai parenti <a href="#_ftn18_2308" name="_ftnref18_2308">[18]</a> della vittima, ai quali spettava, quasi sempre, la facoltà di impegnare un’azione giudiziaria. Appena più a ovest dell’Artois (oggi parte del dipartimento del Pas-de-Calais) e della Piccardia, in Normandia, i costumi cambiavano e si aggiungeva che il colpevole non solo doveva morire giustiziato, ma non poteva manco chiedere grazia al sovrano o ai giudici ed il sovrano stesso non poteva concedere grazia, di sua iniziativa, senza prima accordarsi col parentado della vittima. Si arrivò poi ad un tratto, nel corso del Medioevo, in cui bisognava bene che si finisse col riuscire a perdonare “la faida dei morti”, anche se è noto che chi cerca vendetta è più sordo che mai alla parola perdono. <p> <p>In Inghilterra, dove le cose sono sempre andate anche in epoca medievale diversamente dal resto del “mondo”, prima della conquista normanna e durante il regno di Edoardo il Confessore, una tradizione antichissima sanciva la riconciliazione con il pagamento di un’ammenda o indennità <a href="#_ftn19_2308" name="_ftnref19_2308">[19]</a>. <p> </p> <blockquote style="height: 41px; width: 1323px"> <p>La lancia sul tuo petto, acquistala, se non vuoi riceverne il colpo. </p></blockquote> <p> <p>Un consiglio che riconferma quanto detto prima in merito al pagamento di ammende che, per quanto possibile, cercarono di limitare la vendetta privata prima che diventasse massacro. Le regolari tariffe di conciliazione che le leggi barbare avevano tempo prima elaborato con tanta minuzia, specie in materia penale, e la sapiente graduazione dei “prezzi dell’uomo” non si conservavano e rispettavano che in alcuni luoghi come Frisia, Fiandre e alcune zone della Spagna, in Sassonia dove però tale sistema finì per essere vanificato dalla più pratica usanza del bagno di sangue. Le autorità pubbliche come abbiamo detto prima, per necessità o interesse proprio, si schieravano dalla parte del più forte e che, sempre per gli stessi motivi, si comportavano per limitare massacri e faide – intensificate dalla grande rete di vincoli di sangue – con l’introduzione di tariffe e quindi pagamenti si svegliarono richiamati probabilmente dall’avidità, dacché ne percepivano una parte <a href="#_ftn20_2308" name="_ftnref20_2308">[20]</a>: avevano dunque ogni interesse a far mantenere ordine e giustizia. Quando passò il periodo delle tariffe – che non tutti potevano e/o volevano pagare – riprese la consuetudine di prima, anche se sembra, dalle fonti, meno intensamente e forse perché la gente aveva capito che era inutile per una sciocchezza andare a fare un bagno di sangue, inutile. La gente stessa forse si riprese dalla “furia del sangue” e si calmò, ma in caso di omicidio erta comunque richiesto nella maggior parte dei casi, il prezzo dell’uomo o la morte del colpevole, se non entrambe le cose. Anche se praticamente non più applicate, le tariffe “della giustizia” rimasero in vigore, ma vennero applicate solo quando conveniva e quando soprattutto era riconosciuto loro, dalle autorità stesse, forza di legge. Come già detto, però, anche in nota, era difficile che il pagamento di un tariffa, anche enorme, corrispondesse quanto la soddisfazione di farsi giustizia lavando una colpa nel sangue, specie quando la vittima era nobile o altolocata. <p> <p align="right"><a href="#_Toc484958318">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc484958321"></a><a name="_Toc484958287">Dalla solidarietà giuridica a quella economica</a> </h2> <p>La <em><font color="#ff0000">solidarietà di lignaggio </font></em>non aveva conseguenze solo in campo giuridico, ma anche in campo economico, specialmente quando entrò in gioco il fattore dell’ereditarietà di un patrimonio (terre, immobili e anche servi) legato, praticamente in modo indissolubile, ad un titolo. <p align="center"> <p align="center"><img src="http://lh5.ggpht.com/-yYVw4uI5xH0/UDpCTWYd0VI/AAAAAAAAVVo/x7HRtLpnM9Y/image%25255B60%25255D.png?imgmax=800"> <h6>Figura 5 – Effetti della solidarietà del lignaggio, in campo giuridico ed economico </h6> <p> <p>L’Occidente feudale riconosceva, all’unanimità, la legittimità del possesso individuale, ma nella pratica, la solidarietà del lignaggio si prolungava in società di beni. Ovunque, anche nelle campagne, numerose <em><font color="#ff0000">frérèches </font></em><a href="#_ftn21_2308" name="_ftnref21_2308">[21]</a> raggruppavano, attorno al medesimo fuoco <a href="#_ftn22_2308" name="_ftnref22_2308">[22]</a> o alla stessa pentola e sui campi indivisi, numerose famiglie imparentate tra loro. Il signore incoraggiava, quando non imponeva direttamente, l’uso di queste “compagnie” poiché stimava vantaggioso considerarne i membri come solidali, per amore o per forza, negli obblighi censuari <a href="#_ftn23_2308" name="_ftnref23_2308">[23]</a>. <p> <p>In Francia per esempio, la successione del servo non conosceva altro sistema di devoluzione <a href="#_ftn24_2308" name="_ftnref24_2308">[24]</a> che la continuazione di una già esistente comunità. Se l’erede naturale, il figlio o il fratello, avesse abbandonato il focolare collettivo prima dell’inizio della successione, i suoi diritti allora, e solo allora, venivano meno dinanzi a quelli del padrone. Tali consuetudini erano senza dubbio meno generali nelle classi elevate dato che il frazionamento diventava necessariamente più facile con l’aumentare della ricchezza, forse soprattutto perché le rendite del signore mal si distinguevano dai poteri di comando che per natura si prestavano, meno comodamente, ad essere esercitati in forma collegiale, così si riprende quanto detto prima sulla <i><font color="#ff0000">solidarietà di lignaggio</font> </i>legata al fattore dell’ereditarietà non solo di un nome o un titolo, ma di un intero “bagaglio” civile ed economico. Sia in Francia sia in Toscana i piccoli signori praticavano, al pari dei contadini, la comunanza dei beni, sfruttando in comune il patrimonio e vivendo tutti nel castello avito o almeno avvicendandosi nella sua guardia <a href="#_ftn25_2308" name="_ftnref25_2308">[25]</a>. Qualora uno straniero avesse ambito ad aggiungersi al gruppo, sia che fosse plebeo sia che fosse nobile, l’atto di associazione acquisiva volentieri la forma di una fittizia fraternità: era in pratica, come se egli diventasse consanguineo, senza esserlo. Infatti, non essendoci un contratto solido che non si poteva appoggiare sul sangue, almeno ne imitava i vincoli. I grandi baroni <a href="#_ftn26_2308" name="_ftnref26_2308">[26]</a> non ignoravano queste abitudini di comunanza e un esempio è offerto dai Bosonidi <a href="#_ftn27_2308" name="_ftnref27_2308">[27]</a>, signori delle contee provenzali che considerarono indiviso il governo generale del feudo e tutti, uniformemente, si fregiavano del medesimo titolo: oltre che baroni, conti o principi per tutti i loro territori. <p> <p>D’altra parte quando il possesso era chiaramente individualizzato non poteva per questo sfuggire a qualsiasi vincolo famigliare. Tra due termini che noi incliniamo a giudicare antinomici <a href="#_ftn28_2308" name="_ftnref28_2308">[28]</a>, questa epoca di partecipazione giuridica non vedeva invero alcuna contraddizione. Se ci andiamo a guardare tutti gli atti di vendita o donazione conservati nei secoli dal XI al XII negli archivi ecclesiastici noteremmo che l’alienatore <a href="#_ftn29_2308" name="_ftnref29_2308">[29]</a> proclamava frequentemente, in un preambolo scritto dai chierici, il suo diritto a disporre dei propri beni in totale libertà. Tale era infatti la teoria della Chiesa, all’epoca arricchita senza posa da donazioni e custode al tempo stesso delle anime. Come avrebbe ammesso che venisse opposto qualche ostacolo ai fedeli, desiderosi di assicurarsi con tanta generosità la salvezza e quella dei loro cari? <a href="#_ftn30_2308" name="_ftnref30_2308">[30]</a> <p> <p align="center"><img src="http://lh6.ggpht.com/-ECHVRDkAEXU/UDpCUsGh1dI/AAAAAAAAVVw/xz4okTLvvbM/image%25255B85%25255D.png?imgmax=800"> <h6>Figura 6 – Schema dell’eredità individuale e di gruppo. Fatto salvo la mancanza di eredi, perché potesse avvenire una cessione era necessario il consenso della famiglia e dei parenti. </h6> <p> <p>Non esistevano al mondo stinchi di santo dato che nella stessa direzione si muovevano anche gli interessi dell’alta aristocrazia, il cui patrimonio si ingrandiva ogni volta che un povero diavolo, per amore o per forza, cedeva il suo campicello, in cambio di protezione ad un signore. Una legge sassone del IX secolo <a href="#_ftn31_2308" name="_ftnref31_2308">[31]</a> citava proprio questo esempio, enumerandolo tra le circostanze in cui l’alienazione era permessa, quand’anche avesse avuto per conseguenza il diseredamento <a href="#_ftn32_2308" name="_ftnref32_2308">[32]</a> della parentela, insieme alle altre liberalità verso il Re e la Chiesa. Si aggiunge a quanto detto sin ora che, documenti o notizie, per quanto facciano risonare alto i diritti dell’individuo non mancano d’altro canto di ricordare che era necessario il consenso dei parenti dell’alienatore. Queste approvazioni sembravano necessarie al punto che, nella maggior parte dei casi, non si esitava a rimunerarle <a href="#_ftn33_2308" name="_ftnref33_2308">[33]</a>. Accadeva a volte che qualche parente infatti non fosse d’accordo o non essendo stato consultato, finisse, dopo molto tempo, per reclamare un determinato bene e coloro che ne avevano beneficiato imprecavano e portavano la causa in tribunale. Su dieci casi, nove si risolvevano con una composizione, ossia un compromesso, visto che il consenso della parentela era indispensabile. Anche consultando tutti i rami di una famiglia, chi reclamava un bene doveva solo sperare di portare dalla sua quanti più parenti possibile per vincere la causa se qualcuno della famiglia aveva avuto la brillante iniziativa di cedere un bene “comune”. Dopo il XII secolo, la mancanza di chiarezza si risolse in un diritto più rigoroso e meno lacunoso delle usanze precedentemente seguite. D’altra parte le trasformazioni dell’economia rendevano sempre meno sopportabili gli intralci opposti agli scambi: fino a poco tempo prima le vendite di immobili erano rare e contestabili, se poi l’acquirente era una chiesa per evitare proteste si camuffavano da elemosine e si credeva, fraudolentemente, di avere un doppio introito: oltre al denaro anche la salvezza dell’anima. Quando la gente capì che la compravendita di beni immobili era utile all’economia, essa divenne un’operazione frequente e confessata oltre che proficua e forse scomparve il mal celato bigottismo di alcuni che facendosi venditori di un terreno ad una chiesa si sarebbero salvati l’anima. Intendiamoci: anche se la Chiesa in epoca medievale era ricca, non tutti i pretini di campagna potevano permettersi l’acquisto di un terreno da coltivare o un edificio da trasformare in piccolo ospedale od altro. Per rendere libera la transizione economica della <i><font color="#ff0000">compravendita</font></i> in modo assoluto e per distinguerla dalla <i><font color="#ff0000">donazione</font></i> (che non aveva nulla in cambio di una cessione, essendo <i><font color="#ff0000">unilaterale</font></i>) ci vollero tutta l’audacia e il senso economico della borghesia. La donazione fu ridotta ad un diritto più limitato, ma con meno restrizioni che in passato e fu meglio definita: prima di una cessione a titolo oneroso era necessario che il bene fosse oggetto di un’offerta preliminare, a profitto dei parenti, specie se proveniva già da un’eredità; restrizione questa grave e che doveva essere duratura <a href="#_ftn34_2308" name="_ftnref34_2308">[34]</a>. Dall’inizio del XIII secolo in poi la vendita, una volta fatta, si riconosceva ai parenti il diritto di sostituirsi all’acquirente (secondo limiti stabiliti per ordine e grado), restituendo il prezzo già pagato. Nella società feudale non ci fu istituzione più universale di questo “riscatto di famiglia” e, ancora una volta, salvo in Inghilterra trionfò dalla Scozia all’Italia e non ci fu, ancora, istituzione più solida. In tal modo, attraverso i secoli, si perpetuava sotto forme a un tempo meno fluttuanti e più attenuate l’impero economico della famiglia. <p> <p align="right"><a href="#_Toc484958318">Torna all’indice</a> <h2><a name="_Toc484958322"></a><a name="_Toc484958288">Fonti bibliografiche</a> </h2> <ul> <li>Ariès, P., & Duby, G. (2001). <i>La vita privata. Dal Feudalesimo al Rinascimento</i> (Vol. II). (M. Garin, M. Carpitella, M. Pierini, G. Vèrnole, G. Barone, & C. D. Nonno, Trad.) Laterza.</li> <li>Ariès, P., & Duby, G. (2001). <i>La vita privata. Dall'impero romano all'anno Mille</i> (Vol. I). (M. Garin, M. Carpitella, M. Pierini, G. Vèrnole, G. Barone, & C. D. Nonno, Trad.) Laterza.</li> <li>Barbero, A. (2002). <i>Carlo Magno. Un padre d'Europa.</i> Laterza.</li> <li>Barbero, A. (2009). <i>Benedette guerre. Crociate e jihad.</i> Laterza.</li> <li>Beker. (s.d.). <i>Carlomagno.</i> Dall'Oglio.</li> <li>Bloch, M. (1962). <i>La società feudale</i> (IV ed.). Torino: Einaudi ed.</li> <li>De Troyes, C. (s.d.). <i>Cliges.</i> (G. Agrati, & M. Magini, A cura di) Pratiche Ed.,.</li> <li>Duby, G. (2013). <i>Matrimonio medievale. Due modelli nella Francia del XII secolo.</i> l Saggiatore.</li> <li>Hariulf. (s.d.). <i>Vita Arnulfi episcopi.</i></li> <li>Runciman, S. (2011). <i>La prima crociata.</i> Piemme.</li></ul> <p> <p> <h1>Note <hr> </h1> <p><a href="#_ftnref1_2308" name="_ftn1_2308">[1]</a> In epoca medievale la carta non esisteva e si scriveva sulla pergamena, ovvero la pelle di pecora. Per ottenere un foglio occorreva eseguire una lunga serie di operazioni e non tutti si potevano permettere questa nuova base su cui scrivere, senza contare che erano anche pochi coloro che sapevano leggere e scrivere. Aggiungiamo l’importanza del bestiame in epoca medievale, un foglio poteva voler dire un capo di meno e non potevan certo sgozzare una pecora per scrivere una nota della spesa. Dunque un foglio di pergamena doveva essere scritto solo per cose di importanza assoluta e quando veniva scritto tutto si era di nuovo al punto di partenza, dunque spesso si ricorse al riciclo per scrivere altre cose nuove e magari più importanti. Questo è uno dei motivi maggiori per cui oggi di quell’epoca sappiamo ancora molto poco, senza contare che finchè poté l’umanità fece affidamento alla memoria collettiva. <p><a href="#_ftnref2_2308" name="_ftn2_2308">[2]</a> <em>Cliges</em>, Chretien de Troyes, pp. 79, In tal caso il termine “amico” ha significato di “amante”. <p><a href="#_ftnref3_2308" name="_ftn3_2308">[3]</a> <em>Cliges</em>, Chretien de Troyes, pp. 24, anche in tal caso il termine “amico” ha significato di “amante”. <p><a href="#_ftnref4_2308" name="_ftn4_2308">[4]</a> <em>Cliges</em>, Chretien de Troyes, pp. 15. <p><a href="#_ftnref5_2308" name="_ftn5_2308">[5]</a> Goffredo presentò <i><font color="#ff0000">l'Historia</font></i> come un'opera storiografica, e come semplice traduzione in latino di un non meglio precisato <i><font color="#ff0000">liber vetustissimus</font></i> di cronache in gallese, fornitogli dall'arcidiacono Gualtiero, rettore del collegio dei canonici secolari di Saint George, a Oxford, in cui Goffredo si trovava. Se questo sia da considerarsi vero è controverso. Alcuni studiosi hanno messo in dubbio che il <i><font color="#ff0000">liber vetustissimus</font></i> sia realmente esistito e che Goffredo potesse avere le conoscenze linguistiche necessarie per tradurre dal celtico. John Morris in <i>The Age of Arthur</i>, per esempio, definisce la <i>Historia</i> un "<i><font color="#ff0000">falso deliberato</font></i>". Se il <i><font color="#ff0000">liber vetustissimus</font></i> fosse un'invenzione, fra le fonti di Goffredo potrebbero trovarsi Nennio (VIII-IX sec.) e Gildas (V-VI sec.). Se invece il <i>liber</i> fosse veramente esistito, l'opera di Goffredo rappresenta la prima trascrizione in latino di opere tradizionali gaeliche. Nennio oltretutto non sarebbe del tutto un personaggio storicamente esistito e il nome in vero celerebbe due uomini parzialmente leggendari citati nell’<i>Annales Cambriae</i>. Qualunque sia il caso che volessimo considerare Chretien altro non avrebbe fatto altro che usare opere di altri per servire i suoi protettori ed estimatori. <p><a href="#_ftnref6_2308" name="_ftn6_2308">[6]</a> Man a mano che una famiglia cresce in verticale e quindi ci sono più generazioni successive, ogni nuovo individuo ha la metà del patrimonio genetico (con tutto ciò che esso contiene) del genitore che lo ha generato, un quarto dei nonni, un ottavo dei bisnonni e un sedicesimo dei trisavoli. Oltre un certo limite il legame di consanguineità era come se non esistesse e il matrimonio tra consanguinei era possibile, purché avessero in comune il lignaggio. <p><a href="#_ftnref7_2308" name="_ftn7_2308">[7]</a> Soissons è un comune francese di 29.997 abitanti situato nel dipartimento dell'Aisne della regione della Piccardia (Nord della Francia), è una delle più antiche città francesi, antica capitale dei Suessioni. Soissons deve il suo nome ai Suessioni, una tribù della Gallia Belgica menzionata da Gaio Giulio Cesare nel De bello Gallico, prima si chiamava <i>Noviodunum </i>e prese il nome di <i>Augusta Suessionum</i>; divenne dopo Reims la città più importante della provincia romana della Gallia Belgica. Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, i Franchi, guidati dal re merovingio Clodoveo ne fecero la capitale del regno e poi la città divenne capitale del regno di Neustria. <p><a href="#_ftnref8_2308" name="_ftn8_2308">[8]</a> Sono un gruppo etnico Germanico, nativi delle zone costiere dell'Olanda e della Germania. sono concentrati nelle provincie olandesi del Friesland e di Groningen ed, in Germania, nella Frisia orientale e settentrionale, quest'ultima appartenuta alla Danimarca fino al 1864. Storicamente, la regione occupata dai frisoni è conosciuta come Frisia. La Lingua frisone (in tutte le sue varianti) è ancora parlata da quasi 500.000 persone; dialetti del frisiano sono riconosciuti come lingue ufficiali sia in Olanda che in Germania. <p><a href="#_ftnref9_2308" name="_ftn9_2308">[9]</a> In questo modo non solo si poteva compiere la vendetta su di una famiglia, in senso orizzontale, ma anche sulle generazioni, in senso verticale (quindi sui figli, nipoti, ecc.). <p><a href="#_ftnref10_2308" name="_ftn10_2308">[10]</a> Sentenza scritta dal Parlamento di Parigi <p><a href="#_ftnref11_2308" name="_ftn11_2308">[11]</a> Tempo stimato necessario affinché i parenti fossero debitamente avvertiti del pericolo. <p><a href="#_ftnref12_2308" name="_ftn12_2308">[12]</a> Tale regola era valida ancora sotto il regno di Luigi IX detto il Santo. <p><a href="#_ftnref13_2308" name="_ftn13_2308">[13]</a> La fonte originale di Bloch è di Raoul Glaber, (in italiano . Rodolfo il Glabro), noto anche come Raoul Le Chauve fu un monaco e uno dei maggiori cronisti d'età medievale. Di natura irrequieta, vagò per diversi monasteri della Borgogna, finché trovò asilo a Cluny, dove, nel 1047, terminò di scrivere cinque libri: gli Historiarum libri quinque dove fornisce indicazioni per il periodo attorno all'anno Mille. I suoi racconti storiografici sono spesso diretti all'interpretazione delle calamità (come le carestie) o dei fenomeni naturali (come le eclissi) quali segni premonitori della fine del mondo, e per tale ragione i suoi lavori sono di frequente citati come prova delle cosiddette paure dell'anno mille; tuttavia egli in effetti non situa nell'anno mille la fine del mondo, ed anzi i suoi lavori sono di qualche decennio successivo. <p><a href="#_ftnref14_2308" name="_ftn14_2308">[14]</a> Nessuno di fatto però si impose mai veramente contro le faide, anche quando nascevano per futili motivi o quando il bisogno della vendetta sconfinava ai limiti della follia umana e si risolveva in un massacro. Da parte loro le istituzioni pubbliche, se così possiamo chiamarle considerando i tempi, limitarono gli eccessi quando era proprio necessario, ma come detto, dovevano anche per ragioni di sicurezza propria schierarsi dalla parte del più forte. Fu doloroso il tentativo di stabilire la tranquillità interna che, durante tutta l’era feudale, fu uno dei sintomi più evidenti dei mali contro cui il mondo tentava di reagire. <p><a href="#_ftnref15_2308" name="_ftn15_2308">[15]</a> La fonte originale di Bloch è di Raoul Glaber, (in italiano . Rodolfo il Glabro), noto anche come Raoul Le Chauve fu un monaco e uno dei maggiori cronisti d'età medievale. Di natura irrequieta, vagò per diversi monasteri della Borgogna, finché trovò asilo a Cluny, dove, nel 1047, terminò di scrivere cinque libri: gli <i>Historiarum libri quinque</i> dove fornisce indicazioni per il periodo attorno all'anno Mille. I suoi racconti storiografici sono spesso diretti all'interpretazione delle calamità (come le carestie) o dei fenomeni naturali (come le eclissi) quali segni premonitori della fine del mondo, e per tale ragione i suoi lavori sono di frequente citati come prova delle cosiddette paure dell'anno mille; tuttavia egli in effetti non situa nell'anno mille la fine del mondo, ed anzi i suoi lavori sono di qualche decennio successivo. <p><a href="#_ftnref16_2308" name="_ftn16_2308">[16]</a> In Inghilterra, è però da precisare, dopo la conquista normanna, la scomparsa di ogni diritto legale di vendetta fu uno degli aspetti della tirannide regia. <p><a href="#_ftnref17_2308" name="_ftn17_2308">[17]</a> Una legge tale permetteva al signore stesso di arricchirsi e quindi egli sarebbe stato, oltre che sordo alle prediche della Chiesa e dei pacieri, favorevole alla criminalità. In epoca medievale le leggi ad personam furono un motore, non poco difettoso, che scatenarono le più sanguinose faide famigliari. <p><a href="#_ftnref18_2308" name="_ftn18_2308">[18]</a> Quando non erano i parenti, era il signore della vittima o un suo vassallo, per una vera assimilazione del vincolo di protezione e di dipendenza personali col rapporto di parentado. <p><a href="#_ftnref19_2308" name="_ftn19_2308">[19]</a> Sebbene Edoardo avesse una politica molto pacifista, è difficile credere che il pagamento di un’ammenda bastasse a calmare un cadavere che gridava vendetta e un giustiziere bramoso di lavorare, considerando il periodo medievale e in assenza di fonti scritte sicure (e non dettate da una qualche mente che mirava a ingraziarsi il re). Anche nella famiglia di Edoardo il vincolo di sangue creò una sorta di guerra civile tra sassoni e normanni. Nel 1060 Edoardo ricevé il duca Guglielmo II di Normandia (chiamato poi <i>il Conquistatore</i>), e in quell'incontro definì la successione al trono d'Inghilterra: il suo erede sarebbe stato Guglielmo (con il quale non v’erano vincoli di sangue) e non Harold (il genero, oltre che figlio della cognata. Edoardo aveva infatti sposato la sorella della madre di Harold). Ma nel 1066 alla morte di Edoardo, proprio il giorno del suo funerale, Harold, contro le ultime volontà del suo re, con l'appoggio della Witan (era un'istituzione politica nell'Inghilterra anglosassone operante tra il 600 e il 1000 circa), si fece incoronare re con il nome di Aroldo II d'Inghilterra, non curandosi della promessa fatta in Normandia a Guglielmo di sostenerlo nell’ascesa al trono, di quel giuramento di vassallaggio. Guglielmo di Normandia allora, venuto a conoscenza della grave fellonia, preparò l'invasione dell'Inghilterra che realizzerò approfittando dell’attacco ad Aroldo II di un altro pretendente al trono d’Inghilterra, il Re di Norvegia Harald III (che reclamava un antico accordo tra Canuto e Magnus di Danimarca, accordo secondo il quale, se uno dei due sovrani fosse morto senza eredi, l’altro sarebbe divenuto re di Inghilterra, dunque Canuto era morto senza eredi e ora l’erede di Magnus reclamava il trono). Alla fine Harald III morì prima dello sbarco di Guglielmo dopo aver indebolito il nemico e quando il Conquistatore arrivò, una buona parte del lavoro sporco era già stata fatta. Questa storia basta a rappresentare da sé un esempio di cosa poteva comportare essere parenti, specialmente di un re e di come il vincolo di sangue fosse più che un vantaggio un’insidia. <p><a href="#_ftnref20_2308" name="_ftn20_2308">[20]</a> In vero non fu così per tutto il Medioevo, solo nei primi secoli. Durante l’anarchia dei secoli X e XI persero la capacità di reclamare qualsiasi cosa. Fu probabilmente per essi un periodo fortunato, tanto più che i “prezzi dell’uomo” tenevano anche conto delle condizioni sociali di ognuno, c’era più gusto per loro che cadesse la testa di un nobile di quella di un contadino. Amara constatazione, visto che i plebei erano le vere spalle della società e la vera forza lavoro e la loro vita, tradotta in termini economici, era in pratica inestimabile. <p><a href="#_ftnref21_2308" name="_ftn21_2308">[21]</a> Gruppo familiare allargato che copre diverse generazioni, formatosi con un tacito accordo (ricordarsi di quanto detto sopra della comunità tacita), per operare in comune la terra e condurre una vita di comunità. Diffusa soprattutto nel XIV e XV secolo, nel sud della Francia, rimasero fino alla fine dell'Ancien Régime. <p><a href="#_ftnref22_2308" name="_ftn22_2308">[22]</a> Il termine fuoco indicava, dal Medioevo fino ai primi del IX secolo, la singola unità familiare soggetta a fiscalità; in particolare su esso si basava la tassa personale detta Focatico. Il <i>Catalogus baronum</i> fu il primo registro catastale del Regno di Sicilia. Redatto dai Normanni nel 1150 circa, è la lista di tutti i vassalli del sud Italia, dei loro possedimenti e redditi e della popolazione a loro assoggettata, indicata appunto in fuochi. Da queste rilevazioni l'autorità centrale stabiliva quante truppe doveva fornire ogni vassallo al suo signore, in ragione di una lancia ogni 24 fuochi. Bisogna comunque tenere presente che il numero di fuochi non comprende tutte le famiglie di un determinato feudo o villaggio, ma solo quelle soggette a tassazione e non quelle <i>franche</i> (<i>libere</i>) per privilegio o per altre ragioni. <p><a href="#_ftnref23_2308" name="_ftn23_2308">[23]</a> Così la solidarietà si estendeva anche a livello fiscale, nel contesto economico. <p><a href="#_ftnref24_2308" name="_ftn24_2308">[24]</a> Trasmissione o passaggio di un diritto, del godimento di un bene da una persona a un'altra, per effetto di una legge, di un contratto, di una disposizione testamentaria. <p><a href="#_ftnref25_2308" name="_ftn25_2308">[25]</a> La comunanza di beni non aveva però così tanti vantaggi e un esempio storico, dal XII secolo, ce lo offre il nobile e trovatore Bertran de Born. Figlio maggiore del Signore di Hautefort, aveva due fratelli, Costantino e Itier. Suo padre morì nel 1178 e Bertrand gli succedette come barone. All'epoca era già sposato alla sua prima moglie Raimonda e aveva già due figli. Il suo feudo, incuneato tra il Limosino e il Périgord, si trovò coinvolto per la sua posizione nel conflitto tra i figli di Enrico II Plantageneto. Inoltre Bertrand, secondo le leggi vigenti all'epoca, non era l'unico signore del suo regno, ma la sua carica doveva essere amministrata con il contributo dei suoi fratelli: una strategia valida per molti feudi, nata per le ingerenze del Conte di Tolosa che voleva così tenere sotto controllo l'influenza dei feudatari locali, incoraggiando i conflitti interni nelle famiglie. Le contese di Bertran, specialmente riguardo al fratello Costantino, furono al centro di una vasta produzione poetica, dominata da temi politici. Nel 1182 fu alla corte di Enrico II d'Inghilterra a Argentan e lo stesso anno appoggiò la ribellione di Enrico il Giovane contro suo fratello minore Riccardo I, conte di Poitou e duca di Aquitania. Suo fratello Costantino essendo nello schieramento opposto, venne scacciato dal castello di famiglia da Bertrand nel luglio di quell'anno. Nel mentre pare che Bertran sia diventato vedovo e si sia risposato, avendo altri figli dalla seconda moglie, ma nel 1196, divenuto vedovo per la seconda volta, si fece monaco presso l’ordine cistercense nell'abbazia di Dalon, verso la quale egli fece generosi lasciti e donazioni nell'arco di vari anni. Il suo feudo passò probabilmente al primo figlio, avuto dalla prima moglie ma non si hanno notizie certe. L’esempio del suo feudo è fedele a quanto detto nel testo, in merito alla comunanza di beni, una strategia voluta e imposta, spesso da parte di signori più grandi, per mantenere il controllo su tutto il territorio e se vogliamo usare una locuzione latina, era il <i>divit et impera</i> che permetteva di governare molti tenendoli divisi. <p><a href="#_ftnref26_2308" name="_ftn26_2308">[26]</a> Barone è termine d'origine germanica, da <i>bara</i> o <i>baro</i>, che significava uomo libero o guerriero, e che latinizzato diventò <i>baro</i>, <i>baronis</i>. A partire dall'età moderna il titolo di barone è il "più basso" dei titoli feudali, benché possa anche essere concesso senza connessione con un feudo, come avviene nelle concessioni moderne, successive al periodo feudale. Il titolo ha una storia complessa e se ne hanno notizie dal X secolo nel territorio del Sacro Romano Impero. Si tratta inoltre di un titolo che non aveva lo stesso valore ovunque e cambiava persino all’interno dello stesso S.R.I. In Italia, dal 1948 i titoli nobiliari non sono riconosciuti per disposizioni transitorie e finali della Costituzione della Repubblica Italiana. <p><a href="#_ftnref27_2308" name="_ftn27_2308">[27]</a> Dinastia francese che prese nome da Bosone il Vecchio, duca dei Franchi e conte del Valais, vissuto nel IX secolo. I Bosonidi furono conti, duchi e vescovi durante l'epoca Carolingia. Membri della famiglia si unirono in matrimonio con la dinastia reale Carolingia. Il più grande membro della dinastia bosonide fu Bosone I di Provenza. <p><a href="#_ftnref28_2308" name="_ftn28_2308">[28]</a> Che è in antinomia; antitetico, contraddittorio, contrastante. [Der. di antinomia]. <p><a href="#_ftnref29_2308" name="_ftn29_2308">[29]</a> Autore di un trasferimento o allontanamento irreversibile. [Dal lat. tardo alienator -oris, der. di alienare 'alienare']. <p><a href="#_ftnref30_2308" name="_ftn30_2308">[30]</a> Non va dimenticato che la Chiesa del Medioevo è una chiesa agli inizi della sua storia, specie se consideriamo che fino al IV secolo la religione cristiana non era ancora religione dell’Impero Romano, sotto Costantino e non possiamo fare oggi dei moralismi che a distanza di duemila anni sarebbero inutili e senza senso. Non va inoltre dimenticato che la Chiesa è sempre stata fatta di uomini, con tutte le debolezze dell’essere umano e sarebbe necessario un discernimento tra uomo/umano e Dio/divino per evitare di cadere in un equivoco che troppo spesso accompagna la mentalità collettiva nei riguardi della religione e della Chiesa soprattutto. Nel contesto storico la ricchezza della Chiesa, accumulata proprio con donazioni e offerte, sollecitate per il bisogno di “guadagnarsi” la salvezza, in epoca medievale soprattutto, fu una piaga, una dolorosa piaga peggiorata da fattori politici come la creazione dei vescovi conti (X secolo, per opera di Ottone I) e la lotta per le investiture (XI secolo, con Enrico IV) che portò anche gente senza scrupoli alla carriera ecclesiastica; per non parlare di tutti quei figli “senza terra” che le case nobili e regnanti non sapevano dove mettere, dato per scontato che quei figli non avevano nessuna vocazione. Pochi erano gli ordini che praticavano una vita povera, casta dedicata interamente a preghiera e lavoro, che vivevano di elemosine e offerte piccole ma sincere e non di interi vagoni dorati di un qualche nobile che mirava a comprarsi la salvezza dopo aver fatto un massacro. Con San Francesco d’Assisi la povertà della Chiesa fu fortemente esortata contro la ricchezza che derivava dal Male, dal denaro che lo stesso Francesco definì “lo sterco del diavolo”. Sia inoltre da ricordare che già comunque nel Medioevo la Chiesa si definiva una entità assolutamente indipendente ed autonoma rispetto al potere monarchico dei sovrani europei i quali invece non potevano dire altrettanto, se si aggiunge il fatto che le incoronazioni e dunque il potere era la Chiesa stessa che lo riconosceva loro in una forma di “giuramento vassallatico” dove si giurava a Dio. Essendo un’istituzione a parte la Chiesa non si sentiva vincolata ai monarchi e questo fu uno dei motivi che spinsero la lotta per le investiture, specie dopo la trovata di Ottone I, quasi duecento anni prima, di dare ai vescovi cariche nobili e civili oltre che feudi ereditabili. Riconoscendo ad ogni individuo il suo possesso e la libertà di disporre dei beni che aveva, la Chiesa esortava le offerte e da parte loro chi poteva, donava, anche terre e immobili e non c’era dunque nessun interesse, della Chiesa medievale, di togliere ad un individuo quella “libertà”. <p><a href="#_ftnref31_2308" name="_ftn31_2308">[31]</a> Legge tratta dal <i>Lex Saxonum</i>, una serie di leggi emesse da Carlo Magno nel 785 come parte del suo piano di soggiogare la Sassonia. La legge è quindi un “compromesso” tra i costumi tradizionali e gli statuti dei pagani sassoni e le leggi stabilite dell'impero dei franchi. La <i>Lex Saxonum</i> è giunta fino a noi in due manoscritti e due vecchie edizioni (quelle di B. J. Herold e du Tillet) e il testo è stato modificato da Karl von Richthofen nel <i>Monumenta Germaniae Historica</i>, un’altra raccolta del XIX secolo, che raccoglieva opere dall’Impero Romano al XVI secolo. <p><a href="#_ftnref32_2308" name="_ftn32_2308">[32]</a> Privazione o perdita di un'eredità, o anche esclusione di un erede (previsto dalle antiche leggi, ma oggi in Italia non esiste più). Da non confondere con la mancanza di eredi che però non escludeva la possibilità in epoca medievale, per necessità dell’alienatore di un bene, di donarlo o cederlo ad un nobile o un signore. <p><a href="#_ftnref33_2308" name="_ftn33_2308">[33]</a> Ricompensare adeguatamente un merito. Dal lat. tardo <i>remunerare</i>, class. <i>remunerari</i>, der. di <i>munus</i> -<i>ëris</i> 'dono', col pref. <i>re</i>-; propr. "restituire il dono”. <p><a href="#_ftnref34_2308" name="_ftn34_2308">[34]</a> Essa appariva già dalla seconda metà dell’XI secolo nella Francia medievale, in un testo dei monaci benedetti di Saint-Florent, in un testo noto anche come Le Livre Noir de Saint Florent de Saumur, un testo raccolta di notizie che vanno dal 1150 al 1190. </p>Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-37220471596349637992012-03-01T13:56:00.000+01:002023-08-07T14:41:24.460+02:00Il castello di Erec nel Galles del sud<p>Del castello di Swansea abbiamo poche notizie, le prime del 1106 e si hanno notizie di un assalto che distrusse parte del castello nel 1116. Non si hanno più notizie fino al 1217 quando viene preso da Enrico III d’Inghilterra, figlio di Giovanni Senzaterra. Del castello rimane oggi un rudere con ancora una torre distrutta, che fa pensare ad un passato glorioso in cui intorno al castello vi fossero ampie pianure, oggi invece è circondato e nascosto da palazzoni, sembra quasi costruito apposta per fare pubblicità, ma in vero è un castello storico di cui conserviamo qualche immagine che ne mostra anche l’evoluzione nel corso dei secoli dal XII al XVIII. </p> <p> </p> <h6 align="center"><img title="image" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="image" src="http://lh5.ggpht.com/-2tepFG3kbh0/UIUb-1mQqdI/AAAAAAAAX50/mD_Exm3Ir7w/image%25255B1%25255D.png?imgmax=800" width="900" height="660"><em>Figura 1 – Il castello di Swansea nel XVIII secolo, da un disegno dell’epoca. Si può vedere come fosse anche molto grande, circondato dalle case diversamente da come doveva essere nel medioevo. </em></h6> <p> </p> <p><img title="image" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="image" src="http://lh3.ggpht.com/-V4QwosZhx-0/T099m1CQgdI/AAAAAAAAX6A/uGuZJWqRuRg/image8%25255B1%25255D.png?imgmax=800" width="900" height="574"></p> <h6 align="center">Figura 2 – Lato nordovest del castello</h6> <p> </p> <p><img title="image" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="image" src="http://lh5.ggpht.com/-n_YuheN1H-w/T099wybyvrI/AAAAAAAAX6I/mfqzzjyp4LI/image12%25255B1%25255D.png?imgmax=800" width="900" height="483"></p> <h6>Figura 3 – Vista laterale lato nord, si può vedere una torre circolare spaccata in senso orizzontale e le mura cadute ad altezza della stessa. In tal modo si scopre una possibile corte interna con un portico alto ed interno di cui rimangono solo gli archi in sasso. </h6> <p> </p> <p><img title="image" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="image" src="http://lh5.ggpht.com/-XuKL37xTkFk/T0995-VaViI/AAAAAAAAX6Q/V7b0SwQ3ZrI/image16%25255B1%25255D.png?imgmax=800" width="900" height="457"></p> <h6>Figura 4 – Fotografia scattata probabilmente successivamente a quelle precedenti in cui si vede una maggiore cura del luogo che accoglie i ruderi, con installazione di flora locale che nel corso del tempo ha anche occupato l’interno della rocca medievale. </h6> <p> </p> <p><img title="image" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="image" src="http://lh5.ggpht.com/-Q5y6PdiD6Vg/T09-CrPbljI/AAAAAAAAX6U/3fhGiAzJ9rw/image20%25255B1%25255D.png?imgmax=800" width="900" height="534"></p> <h6>Figura 5 – Ultima immagine del lato nord che mostra la probabile torre principale, circolare, ormai distrutta. </h6> <p> </p> <p><img title="image" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="image" src="http://lh5.ggpht.com/-aCWGjN6iq8E/T09-ObQQwaI/AAAAAAAAX6Y/q0iVUcGvsvI/image24%25255B1%25255D.png?imgmax=800" width="900" height="805"></p> <h6>Figura 6 – Fotografia del castello dal lato sudovest dove si può ammirare quella che doveva essere la facciata più bella, ove si trova oggi la serie di archi che dovevano probabilmente appartenere ad una sorta di portico con veduta sul territorio circostante e sulla città. La datazione è anteriore al 1106 poiché le finestre sono più romaniche che gotiche, anche se nel periodo gotico devono essere state rimaneggiate. Il castello oggi è anche aperto al pubblico. </h6> <p> </p> <p><img title="image" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="image" src="http://lh3.ggpht.com/-95SqTMr5pWM/T09-ZnL9BAI/AAAAAAAAX6c/dr2n05USRI0/image28%25255B1%25255D.png?imgmax=800" width="900" height="538"></p> <h6>Figura 7 – Interno del castello, sono visibili strutture con archi tardo-romanici in sasso che permettono l’ingresso nelle ambientazioni più interne. </h6> <p> </p> <p><img title="image" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="image" src="http://lh6.ggpht.com/-6W7W5YsfZV0/T09-hWvdAOI/AAAAAAAAX6g/G6gbFZ91TRE/image32%25255B1%25255D.png?imgmax=800" width="900" height="503"></p> <h6>Figura 8 – Struttura interna, visibile quello che doveva essere una struttura interna chiusa a cui oggi manca completamente il tetto. </h6> <p> </p> <p> </p> <p><img title="image" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="image" src="http://lh3.ggpht.com/-kGRK0a2r5BE/T09-qADLTKI/AAAAAAAAX6k/kd_ulhchWUg/image36%25255B1%25255D.png?imgmax=800" width="900" height="503"></p> <h6>Figura 9 – la struttura interna del castello, si tratta della stessa ripresa di prima, ma che mostra meglio quella che poteva essere la stanza originale. </h6> <p> </p> <p><img title="image" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="image" src="http://lh6.ggpht.com/-Uph3XqCqBLo/T09-zJJaAsI/AAAAAAAAX6o/BvZ_E1F8ra4/image40%25255B1%25255D.png?imgmax=800" width="900" height="505"></p> <h6>Figura 10 – La corte interna che abbiamo visto all’inizio dalla prima parete di mura della stanza senza tetto. Doveva essere probabilmente una stanza con scopo non abitativo non essendo rimaste tracce di canne fumarie e camini.</h6> <p> </p> <p><img title="image" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="image" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgwgG4UFalG-IUGddwuTXqjfNsNjejmHABAWWKRniJFj-zogCqt34_GA5F1qNkfQ58p74GEWeBIMq1GJqe2Ssm6Z-H8E98o_PqwKBqT2jKpSxspNfcL7WStFbwTucbbEPT4tpagyHe9JKg/?imgmax=800" width="900" height="361"></p> <h6>Figura 11 – Immagine interna del porticato visibile anche dall’esterno, la presenza di asce di legno in senso perpendicolare al muro conferma l’ipotesi fatta prima, circa l’uso di questo punto come camminamento o portico del quale però resta solo il muro portante esterno. </h6> <p> </p> <p> </p> <p>Il castello è stato riaperto al pubblico dopo ben 40 anni di lavori, tra cui anche scavi archeologici che hanno riportato in vita alcuni segreti del castello stesso. Su facebook abbiamo trovato alcune interessanti immagini del castello durante gli scavi archeologici tra cui due viste dall’alto che mostrano quasi tutta la pianta del castello. I lavori sono abbastanza recenti, le foto risalgono allo scorso anno, quelle degli scavi, intendo. </p> <p> </p> <p><img title="image" style="border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; background-image: none; border-bottom-width: 0px; float: none; padding-top: 0px; padding-left: 0px; margin: 0px auto; display: block; padding-right: 0px; border-top-width: 0px" border="0" alt="image" src="http://lh6.ggpht.com/-TChAAUK_ezY/T09_MPwWbZI/AAAAAAAAX6w/DoK9ONgZIdg/image48%25255B1%25255D.png?imgmax=800" width="900" height="1102"></p> <h6>Figura 12 – Il castello visto dall’alto, stanza senza tetto di cui si parlava prima. Da notare la torre circolare tagliata trasversalmente con evidente scaletta a chiocciola che sale. La scala a chiocciola gira in senso antiorario, il che fa presumere uno scopo difensivo della struttura originaria. Inoltre è possibile anche vedere sulla destra, in alto un camminamento con pavimentazione piuttosto recente, rispetto al periodo della costruzione dell’edificio. </h6> <p> </p> <p>Oltre a permettere una migliore comprensione dell’uso e della storia del castello stesso, gli scavi hanno riportato alla luce ambienti mai pensati, ambientazioni anche chiuse se pur grandi ma poco luminose oltre ad un probabile pozzo/tunnel interno il cui uso è ancora sconosciuto. Il castello è stato rimaneggiato nel corso dei secoli, come detto anche in precedenza, nel XIX secolo fu usato come magazzino, come prigioni e municipio, quest’ultima funzione è probabilmente del XX secolo. Sebbene Chretien de Troyes non abbia definito nel suo romanzo “<em>Erec et Enide</em>” il luogo preciso, probabilmente perchè non vi era mai stato, ha comunque dato chiare indicazioni che hanno permesso l’individuazione di quello che doveva essere il luogo del regno di Lac, anche se il re ovviamente non è reale ma frutto della fantasia dell’autore. </p> <p> </p> <h2>Fonti</h2> <p>Per vedere le foto degli scavi vai al sito:</p> <li><a href="http://www.facebook.com/profile.php?id=100002115048571&sk=photos">http://www.facebook.com/profile.php?id=100002115048571&sk=photos</a> <li><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Swansea_Castle">Swansea Castle</a> – Wikipedia, ENG </li>Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-33230276257682934122012-01-25T09:11:00.000+01:002016-03-30T09:12:44.334+02:00Alto o Basso. Questo è il dilemma<p><strong><em><font color="#ff0000">Quaestio:</font></em></strong></p> <blockquote style="height: 104px; width: 1283px"> <p><i>Ciao Chiara, sono una studentessa di scuola superiore e stiamo finendo di studiare il Medioevo. La nostra prof ci ha parlato del Quattrocento definendolo l’inizio del rinascimento, ma su tutti i testi incluso il nostro libro di storia il Medioevo viene fatto finire con l’inizio del Rinascimento nel 1492, il quattrocento viene inoltre definito come basso medioevo. Qual'è allora la verità?</i> <p> </p> <p>di Marie2000</p></blockquote> <p> <p><strong><em><font color="#ff0000">Risposta:</font></em></strong> <p> <p>Cara Marie, il dilemma che mi hai posto non è assai piccolo, anzi, direi che è un dilemma che da tempo divide non solo gli storici, ma anche gli insegnanti di storia e lettere nelle varie scuole per vari gradi, in genere medie e superiori. A dire il vero secondo alcuni storici il Medioevo è iniziato nell’anno 0 ed è finito nel 1492, secondo altri, invece inizierebbe con la crisi dell’impero e le invasioni e finirebbe sempre nel 1492, ma la versione ufficiale e accettata universalmente, diciamo sia per convenzione sia perché fu effettivamente così che andarono le cose, il Medioevo avrebbe inizio con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e la deposizione di Romolo Augustolo e finirebbe nel 1492. Ovviamente la trasformazione iniziale e l’evoluzione finale furono graduali, la caduta di Roma fu un vero e proprio terremoto devastante sia socialmente, politicamente e culturalmente e come un’onda sismica si propagò ovunque e quelli che più risentirono della scossa furono i romani, mentre in periferia l’onda fu assai più lieve, nel senso che alla periferia ormai di romano c’era sempre meno. Le invasioni infatti erano partite dalla periferia e rappresentarono a loro volta un’ondata con effetti che si propagavano via via sempre più lontano. Lo scontro di queste due ipotetiche onde fu quello che nel giro di due-tre secoli portò a quello che chiamiamo Medioevo. Siccome anche agli storici piacciono i numeri e specialmente le date, a partire dal 476 d.C. inizia il Medioevo e la prima fase che fu quella che seguì le invasioni e lo stanziarsi di nuovi popoli in territori romani, fase che nell’VIII secolo vide nascere l’impero cristiano di Carlo Magno, padre del feudalesimo, è l’Alto Medioevo. L’alto Medioevo è quella prima fase di trasformazione, di stop e ripartenza a seguito della caduta di Roma, è il periodo di costruzione dei castrum, i nostri castelli, è il periodo di formazione della chiesa, del monachesimo. L’alto Medioevo è anche il periodo dei romanzi cortesi e della prima Crociata. Verso il famoso anno Mille la situazione europea vede le monarchie dei vari Stati (stati in senso lato) affermarsi, anche se in lotta continuamente tra loro e con il papa, la società ha in generale raggiunto un equilibrio, molto debole e continuamente a rischio. Nei due secoli successivi la società tornò come in crisi e in Inghilterra ad essere in crisi non era solo il popolo ma anche i nobili, che ormai erano al limite della loro pazienza, con quel re pazzo e crudele, così come lo hanno più volte definito gli storici, di Giovanni Senzaterra, figlio della famosa Eleonora d’Aquitania, sull’orlo di quella che potremmo chiamare una rivoluzione e la rivoluzione ci fu, perchè anche a costo di un colpo di stato, i baroni inglesi volevano, come anche i cittadini che erano sull’orlo di un’invasione francese fomentata da traditori della corona, una garanzia che i loro diritti fossero rispettati. Giovanni Senzaterra non stato mai descritto come uno stinco di santo da biografi e storici dell’epoca, era astuto, ma di umore altamente instabile, capace di folle cattiveria e sadica crudeltà per un nonnulla e non c’è quindi da meravigliarsi se i baroni non si fidassero del loro re, tanto da rifiutarsi di giurargli la loro fedeltà. Un pazzo era pur sempre un pazzo, tanto nella politica come nella guerra, e con i Francesi alle porte e i baroni che minacciavano una rivolta contro la Corona, Giovanni si vide costretto, forse realmente spaventato, a concedere questa carta con cui il re veniva privato del piacere di alzare le tasse in base alle proprie voglie oltre al fatto che per la prima volta veniva tutelata la minore età di un individuo, specie nei confronti di creditori dei genitori qualora non fosse stato estinto il debito, veniva imposta la restituzione del denaro delle ingiuste tasse chieste della corona. La Magna Charta Libertatum o Carta dei Diritti è la prima forma di carta costituzionale, cosa mai vista fino ad allora e siamo nel 1215. Qui in un certo senso finisce l’alto Medioevo, sono cambiate anche tante altre cose, tra cui la mentalità della gente che ha smesso di credere nel diritto divino de re, nessun re era più rappresentante di Dio sulla terra; cambiarono anche la moda e il livello di cultura della gente, erano nate le università, gli ordini monastici, quelli cavallereschi, il commercio era rifiorito. Il 1215 e la Magna Charta furono come il punto-invio sul foglio bianco del tempo da parte di un onnisciente scrittore della storia. Il periodo che fece seguito vide la caduta di Gerusalemme e San Giovanni d’Acri nonché la fine delle crociate. A partire poi dal 1300 le cose cambiarono ancora ulteriormente e con la Guerra dei Cent’anni iniziarono invece quelle che furono poi le premesse che portarono l’Europa fuori dal Medioevo e dentro al rinascimento. Inghilterra e Francia per tutto il Medioevo furono due cani che si contendevano dolorosamente lo stesso vecchio osso, un osso che ormai sanguinava e aveva buchi da tutte le parti. Durante la Guerra del Cent’anni l’uso del cannone cambiò di colpo le carte in tavola di tutti i partiti in guerra e sostituì le ormai vecchie ed obsolete torri mobili e le vecchie catapulte. La polvere da sparo ovviamente esisteva già da un pezzo, il fatto che sia arrivata tardi in mano agli europei è una dimostrazione che qualcuno soffiò via la ricetta a qualche maestro produttore di esplosivi. Intanto mentre Inghilterra e Francia si sbranavano a vicenda in Italia si iniziò a diffondere quello che possiamo tranquillamente chiamare come mecenatismo, manifestato in generale anche precedentemente ma mai come avvenne proprio nel Quattrocento. L’arte, la letteratura, la cultura in generale cambiarono e prova ne fu anche il sempre maggior interesse per quello che c’era oltre il mondo allora conosciuto, perchè è una balla che la terra fosse piatta per gli uomini medievali, loro lo sapevano che era tonda e che il Mediterraneo e l'Europa non erano le sole terre e iniziarono i viaggi che portarono a cambiare radicalmente la Geografia, ci si lasciava alle spalle il basso Medioevo più si andava avanti. Fu un passaggio progressivo anche se rapido. Il Rinascimento non ha un inizio e una fine come il Medioevo, il Rinascimento fu la fine del Medioevo, successivamente la rinascita fu tale che nel giro di due secoli le ultime morenti radici del Medioevo rappresentato in Francia dall’assolutismo furono sradicate e tagliate via insieme alla testa del re e non solo, le scienze e l’arte cambiarono tanto da capovolgere tutto quello che era stato il Medioevo. Con l’Illuminismo la scienza usurpa il posto alla medievale sapienza stregonesca delle donne, Jules Michelet è uno dei sostenitori della morte del Medioevo e con il suo testo “La strega” definisce la mentalità medievale come suggestionata dalla presenza di inesistenti demoni e folletti del focolare, un periodo di delirio e follia umana sanguinaria. Il Medioevo però non è mai morto definitivamente, tanto è vero che il Romanticismo inglese tentò un ritorno, senza troppo successo, al passato, ma la leva del progresso era stata spinta e continua tutt’oggi ad andare avanti. Il Rinascimento fu inoltre una cosa più Italiana che non altro, i maggiori geni umani dell’arte, architettura, scienza furono tutti italiani, da Leonardo (1452-1519), Macchiavelli (1469 – 1527), e tanti altri. Il Quattrocento fu in un certo senso l’alcova del Rinascimento, ma in tante cose l'Italia era ancora dentro al Medioevo, perchè le faide non erano certo smesse, la peste c’era ancora, e infine il Rinascimento ebbe inizio lentamente e nelle più fiorenti città Italiane quali Firenze, Pisa, Venezia. Dire che il Rinascimento ebbe iniziò nel Quattrocento non è sbagliato, ma nemmeno esatto al 100% perchè fu una sfumatura nella storia umana e non un taglio netto come avvenne invece nel 476 d.C.</p>Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-6811308037118945752011-12-29T17:32:00.000+01:002023-08-07T14:41:26.429+02:00Il castello di Cardigan: antica corte di Artù nell’Erec et Enide di Chretien de Troyes e raduno nel 1176 di scrittori e letterati<p> </p> <p><img style="background-image: none; border-bottom: 0px; border-left: 0px; margin: 0px auto; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top: 0px; border-right: 0px; padding-top: 0px" title="" border="0" alt="" src="http://lh3.ggpht.com/-G140bbTdwJM/TvyV88QDJoI/AAAAAAAAX6E/NEh1fCBrBrM/image14%25255B1%25255D.png?imgmax=800" width="250" height="305" /></p> <p align="center"><em>Ubicazione del castello nella cartina della Gran Bretagna</em></p> <p> </p> <p><img style="background-image: none; border-bottom: 0px; border-left: 0px; margin: 0px auto; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top: 0px; border-right: 0px; padding-top: 0px" title="Le rovine del castello, unica parte medievale ancora oggi visibile." border="0" alt="" src="http://lh3.ggpht.com/-Bj_QdU3xl6o/TvyWFmaURyI/AAAAAAAAX6M/7yPofTSyOrM/image%25255B1%25255D.png?imgmax=800" width="575" height="399" /></p> <p align="center"><em>Le rovine del castello, unica parte medievale ancora oggi visibile.</em></p> <p> </p> <p>È una cittadina della costa sud-occidentale del Galles, affacciata sulla baia omonima (Cardigan Bay) ed appartenente, dal punto di vista amministrativo, alla contea di Ceredigion (un tempo: Cardiganshire). È situata lungo l'estuario dal fiume Teifi (da cui il nome in gallese: Aberteifi). Le prime notizie certe del castello di Cardigan risalgono alla fine del XI secolo (1093) e sembra che fosse stato fatto costruire da Roger de Montgomery, un barone inglese. L’intera area del castello si sarebbe estesa fino a circa 1 miglio dall’attuale posizione del sito. Nel XII secolo, nel 1176 sembra che fosse diventato la sede di una specie di raduno per intellettuali, poeti e letterati. Erec ed Enide fu composto da Chretien poco prima di questo raduno e ciò suggerisce che Chretien non vi fosse andato nel 1176, ma prima del 1170 (anno di composizione del poema). La città insieme al castello sarebbero rimasti vittima di due se non tre precisati attacchi. Dopo il primo attacco la prima ricostruzione fu a carico del conquistatore Gilbert Fitz Richard in un periodo compreso tra gli ultimi anni del XI secolo ed il 1136 quando il castello sarebbe passato in eredità al figlio di Gilbert. Nello stesso anno, per, un nemico, tale Owain Gwynedd guidò una battaglia contro il governo normanno nella città di Cardigan (Battaglia di Crug Mawr). La città fu presa e bruciata, ed anche una parte del castello sebbene fosse stato valorosamente difeso dai Normanni comandati da Robert fitz Martin e per questo motivo una buona parte è ancora visibile, almeno quella precedente al 1136. Il castello più tardi fu riconquistato dai Normanni al seguito di Roger conte di Hertford. Nel 1166 però il castello cambiò nuovamente padrone e fu conquistato da Rhys ap Gruffydd che lo ricostruì in pietra nel 1171. Nel 1176 si tenne il raduno di cui sopra e questo suggerisce che nonostante il continuo e violento cambiamento di proprietari e partiti, il luogo di Cardigan godesse di una certa ricchezza, specie per quanto riguarda i materiali di costruzione, oltretutto si trovava in posizione strategica nonostante non fosse su di una montagna, ma in pianura, probabilmente doveva essere un punto di accesso per il controllo del Galles del Sud e del mare che dava sull’Atlantico e poteva essere invaso sulle coste sia dagli Irlandesi da ovest sia dai sassoni e dai francesi a sud. Alla morte di Rhys nel 1197, i suoi figli, Maelgwn e Gruffydd, ricevettero il castello in eredità entrambi, ma ne nacque una contesa che vide alleato Gruffydd ai Normanni a scapito del fratello. Nel 1204, sotto il regno di Re Giovanni Senzaterra il castello passava nella mani del Re e da esso come feudo a William Marshall. Vittima nuovamente di successivi attacchi e conquiste, perdite e riconquiste fino al 1244 quando uno degli ultimi proprietari ricostruiù le mura esterne del castello a difesa aggiuntiva, parte che oggi si vede solo dal lato del fiume. Distrutto nuovamente durante la Guerra Civile inglese del XVIII secolo il castello venne usato successivamente come prigione. Finita la Seconda Guerra Mondiale il castello ormai era una rovina e solo nel 2003 è stato comprato da un concilio locale e vi hanno costruito una parte moderna, mantenendo e restaurando le mura medievali ancora intatte, destinandola a ristorante. </p> <h2></h2> <h2>Bibliografia</h2> <ul> <li>Castello di Cardigan oggi - <a href="http://www.castlewales.com/cardigan.html">Castles of Wales - Cardigan castles</a> (ENG) </li> <li>Wikipedia. (s.d.). <i>Cardigan</i>, ENG. Tratto da http://en.wikipedia.org/wiki/Cardigan_Castle </li> </ul> Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-1876874306091925532011-10-01T09:25:00.000+02:002016-03-30T09:26:04.339+02:00Monete e curiosità varie<div><strong><em><font color="#ff0000">Quaestio</font></em></strong>:<br></div> <blockquote> <div style="text-align: justify">Ciao Chiara, </div> <div style="text-align: justify">Innanzitutto ti faccio i complimenti per le risposte esaurienti che hai già dato ad altri utenti. </div> <div style="text-align: justify"> </div> <div style="text-align: justify">Inoltre volevo chiederti: </div> <div style="text-align: justify">1) Che monete erano in vigore in Inghilterra attorno agli anni della dinastia Tudor? E in francia? </div> <div style="text-align: justify">2) In che modo venivano trasmessi i titoli nobiliari alle donne? Per esempio, se una donna sposava un conte diventava contessa necessariamente(e nel caso fosse diventata vedova avrebbe conservato il titolo?), oppure la figlia di un conte diventava necessariamente contessa? Oppure dell' altro? </div> <div style="text-align: justify">3) In che modo la nobiltà doveva rendere conto alla corona (parlo sempre dell'Inghilterra attorno al 1500)? </div> <div style="text-align: justify"> </div> <div style="text-align: justify">Se puoi pubblicarmi sul sito domanda e risposta mi faresti un favore grande!</div> <div> </div> <div style="text-align: justify">Ti ringrazio in anticipo, </div> <div style="text-align: justify">V.F.</div></blockquote> <div style="text-align: justify"> </div> <div> </div> <div style="text-align: justify"><em><span style="color: navy"><strong><font color="#ff0000">Risposta:</font></strong></span></em></div> <p><span style="color: navy"><font color="#000000">Ciao, quanto alla tua domanda, devo fare una piccola precisione, ovvero i Tudor appartengono al Rinascimento come periodo storico, non al Medioevo, e quindi è sufficiente trovare un testo sull'Inghilterra del XVI secolo per avere le risposte che cerchi, idem in Francia, tanto più che la moneta era una delle cose più variabile, sia nel nome che nel valore. Quanto ai titoli nobiliari alle donne, in Inghilterra tra XI e XII secolo ci fu una guerra tra Stefano e sua cugina Maud proprio in merito a questa questione, ci fu una vera e propria guerra civile che durò anni ed anni e dissanguò il popolo inglese per giungere ad una conclusione che fu una specie di compromesso, ovvero il titolo si tramanda di padre in figlio (maschio) e nel caso manchino figli maschi o questi per motivi vari abdichino il titolo passa al primo parente maschio, qualora anche in tal caso ci siano rinunce o non ci sia proprio il parente maschio, il titolo va in mano ad una donna! Si tratta di una regola generale della nobiltà, in Italia, invece questa regola non vale, il titolo passa sempre e solo di maschio in maschio. </font></span></p> <p><span style="color: navy"><font color="#000000">Quanto all'ultima domanda, invece, sul modo in cui la nobiltà doveva rendere conto alla corona, nel XVI secolo, si può dire che in presenza di un parlamento (molto diverso da quello che intendiamo noi oggi, il sistema inglese è fatto a modo suo) i nobili erano un po' più padroni di sè e dei loro beni, delle loro decisioni, il loro rapporto col re era decisamente cambiato dopo la Magna Charta Libertatum, la prima vera forma di costituzione della storia della nostra civiltà, in cui al re si cominciavano a porre dei freni, a partire dalle tasse, il che spiega perché, ad un certo punto i sovrani furono costretti a chiedere l'aiuto dei banchieri, tanto più che la spesa maggiore era mantenere la corte e le amanti, detta come va detta. Ai tempi antecedenti la Magna Charta, quindi prima di questo fantastico documento, invece, ti porto l'esempio di Giovanni senza terra, dato che fu lui, un po' nolente a firmare la carta, i sovrani dovevano spremere il popolo di tasse e i nobili non erano esonerati, pena l'accusa di alto tradimento e spesso anche l'arresto e la condanna a morte. In Francia, invece, nel cinquecento, mentre in Inghilterra il Re aveva dei freni, in Francia i freni non si sapeva nemmeno cosa fossero, specie nella nobiltà tanto che si arrivò nel 1789 alla Rivoluzione Francese che poneva per sempre la parola "fine" a quello che era definito l'"Ancient Règime", il feudalesimo iniziato con Carlo Magno, un franco vi diede l'inizio ed i francesi vi posero fine, lanciando sulla piazza un nuovo sistema di esecuzione capitale dove a scorrere non era più il sangue dei poveri, ma quello dei ricchi. Si è arrivati poi col tempo a quella che è la formazione della nostra Europa, dove le sole monarchie esistenti, quella inglese, quella spagnola, ecc, sono monarchie cosiddette costituzionali, dove il Re conta relativamente ed è praticamente privo di poteri, anche l'Italia prima del 1946 è stata una monarchia costituzionale dove però il vero potere, le vere decisioni erano prese da un parlamento e da un governo e non più da un organo monocratico, il Re. </font></span></p>Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-30431257153218182812011-08-02T15:11:00.000+02:002023-08-07T14:41:28.130+02:00La Corte di Vitriola nel Medioevo<p><a href="http://lh5.ggpht.com/-0yPsFywge5Q/Tjf4CarQbnI/AAAAAAAAJkE/RkqRVXOW6U4/s1600-h/IMG_2194%25255B9%25255D.jpg"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; margin-left: auto; border-left-width: 0px; margin-right: auto; padding-top: 0px" title="IMG_2194" border="0" alt="IMG_2194" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUa4nL3JjPR2HdJgaXtACJ1TW0ZLDfHYnTti7UrbegoQ2IdsY3aDUxn6PB5SwyrL_jrPIA02GRlXB6vVimgQX6bQEP42aT5fqZEj7P-jbmfPsFiqWMovWaTm811X1LAsqM4-VasMF5OTc/?imgmax=800" width="700" height="467" /></a></p> <p>Figura 1 – Ingresso della borgata di Ca’ de Borlenghi a Vitriola. </p> <p> </p> <p>La corte di Vitriola costituiva la parte bassa delle Terre della Badia; ed era posta in Vai Dragone, in VaI Dolo e per poca parte anche in Vai di Secchia. Il nucleo della corte di Vitriola era in Vitriola, nella località detta anche oggi Corte; ed ivi sorgeva il castello di Vitriola, colla sua chiesa di S. Andrea Apostolo.</p> <p>Il castello di Vitriola era di non grande importanza come opera difensiva, perché situato in luogo pianeggiante; ma era abbastanza ampio, e serviva specialmente per custodirvi i prodotti agricoli, raccolti nelle terre dipendenti dalla corte, e per residenza del gastaldo. Consisteva di tre alte torri quadrangolari, elevate alla distanza di circa venti metri l’una dall’ altra, disposte a triangolo, congiunte ed in parte attorniate da altri edifici: il tutto recinto da muro, con ingresso da levante <a href="file:///D:/Articoli per sito - file/#_ftn1_2836" name="_ftnref1_2836">[1]</a>.</p> <p>La chiesa di S. Andrea Apostolo di Vitriola, che sorgeva più in basso ed a levante del castello, sussiste ancora; ed è la stessa innalzata probabilmente dalla medesima margravia Beatrice poco prima del 1071, quantunque in gran parte rifatta, ampliata e restaurata. Era in origine ad una sola navata, col soffitto in legno, col coro angusto, ed esternamente tutta rivestita di blocchi di arenaria, squadrati e lavorati a scalpello. Aveva le dimensioni interne di braccia diciotto circa di larghezza, e di braccia quarantaquattro circa di lunghezza <a href="file:///D:/Articoli per sito - file/#_ftn2_2836" name="_ftnref2_2836">[2]</a>.</p> <p> </p> <p><a href="http://lh3.ggpht.com/-vM3W5eY3fko/Tjf4GCWfYlI/AAAAAAAAJkM/fyXN3mYj1hk/s1600-h/27092009%252528008%252529%25255B6%25255D.jpg"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; margin-left: auto; border-left-width: 0px; margin-right: auto; padding-top: 0px" title="27092009(008)" border="0" alt="27092009(008)" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgx-0VzxKket5xqY3YbFl5UAjh0AzGYD6-wFAhcvJag5CPG3sbCrEA9UJCfDLq72GnsDRBXwmUTc1qB_HB1FH0ZpfO1mVeSmJ78oO9DbjhcXapv4wrsoDoD8QysHlPeDDU-dCsMOapyYuU/?imgmax=800" width="700" height="525" /></a></p> <p align="center">Figura 2 – La torre medievale di Ca’ de Borlenghi</p> <p> </p> <p><a href="http://lh6.ggpht.com/-DMO0zBR9nFE/Tjf4RNf2TpI/AAAAAAAAJkc/alZ0jFqlSdQ/s1600-h/image%25255B5%25255D.png"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; margin-left: auto; border-left-width: 0px; margin-right: auto; padding-top: 0px" title="image" border="0" alt="image" src="http://lh3.ggpht.com/-LmgEGix4Xbg/Tjf4bF8zTpI/AAAAAAAAJkg/Vkc1-NBRMVM/image_thumb%25255B3%25255D.png?imgmax=800" width="700" height="1030" /></a></p> <p align="center">Figura 4 – La corte interna di Ca’ de Borlenghi quando ancora c’era la tettoia che univa il complesso della torre a quello delle stalle. </p> <p align="center">Fotografia tratta da <em>Insediamento storico e beni culturali alta Valle del Secchia. </em>Fotografia di inizi ‘900. </p> <p align="center"> </p> <p><a href="http://lh4.ggpht.com/-X2umozg9iYM/Tjf4iFXkkPI/AAAAAAAAJkk/BvsFFvjSNoo/s1600-h/image%25255B15%25255D.png"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; margin-left: auto; border-left-width: 0px; margin-right: auto; padding-top: 0px" title="image" border="0" alt="image" src="http://lh6.ggpht.com/-QyF-adc9mg8/Tjf4sHCaCiI/AAAAAAAAJko/lvgabCEByl8/image_thumb%25255B11%25255D.png?imgmax=800" width="700" height="1042" /></a></p> <p align="center">Figura 5 – Visibili in questa fotografia di inizi ‘900 anche le modifiche al tetto con scomparsa della colombaia e di alcune bifore laterali. Permane la sola bifora nella parete sud. Fotografia tratta da <em>Insediamento storico e beni culturali alta Valle del Secchia. </em></p> <p align="center"><em></em></p> <p align="center"><em></em></p> <p><a href="http://lh4.ggpht.com/-8WmKQ_Oe8Bs/Tjf4t9TJk8I/AAAAAAAAJkw/-utk_gyg7Bo/s1600-h/IMG_4162%25255B7%25255D.jpg"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; margin-left: auto; border-left-width: 0px; margin-right: auto; padding-top: 0px" title="IMG_4162" border="0" alt="IMG_4162" src="http://lh5.ggpht.com/-6intBz9IIvM/Tjf4u4iuAWI/AAAAAAAAJk0/vI6TIaLdsi0/IMG_4162_thumb%25255B4%25255D.jpg?imgmax=800" width="700" height="467" /></a></p> <p> </p> <p><a href="http://lh3.ggpht.com/-glVAajuCE84/Tjf4wdU2S6I/AAAAAAAAJk4/aU5I6Z90PIk/s1600-h/IMG_4148%25255B7%25255D.jpg"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; margin-left: auto; border-left-width: 0px; margin-right: auto; padding-top: 0px" title="IMG_4148" border="0" alt="IMG_4148" src="http://lh6.ggpht.com/-_cc4GLZm3oM/Tjf4xFPSGCI/AAAAAAAAJk8/7xGPrlS2YQo/IMG_4148_thumb%25255B4%25255D.jpg?imgmax=800" width="700" height="467" /></a></p> <p align="center">Figure 6 e 7 – Visione suggestiva del retro della borgata in un giorno di nebbia di fine ottobre.</p> <p align="center">Dal retro della borgata la posizione domina la Valle e si possono vedere Palagrano e Costrignano.</p> <p> </p> <p><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgz1SK2DerDcMBuEduAV8zW0N-Q9b1W0GXSB3F1IdX5Y_xHqjzj8eHy2WxV87Vus2QVL_LYnnuA7RVA-mMsJv-LcAyDWGYJrYn78XErbdxlXemTCYs73p8aH8kZRLnOBatA2KyTJXopC6w/s1600-h/IMG_2367%25255B8%25255D.jpg"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; margin: 0px auto; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="IMG_2367" border="0" alt="IMG_2367" src="http://lh5.ggpht.com/-RUaIYT3CBWs/Tjf403gyj4I/AAAAAAAAJlI/kT_S_AsuCKU/IMG_2367_thumb%25255B2%25255D.jpg?imgmax=800" width="700" height="467" /></a></p> <p align="center">Figura 8 – Ca’ de Borlenghi in inverno, durante il disgelo da una grossa nevicata nel 2010!</p> <p> </p> <p><a href="http://lh4.ggpht.com/-Mx9r7_Gni3I/Tjf43N0Q2xI/AAAAAAAAJlM/gf3QNmtAVVY/s1600-h/IMG_2207%25255B3%25255D.jpg"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; margin: 0px auto; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="IMG_2207" border="0" alt="IMG_2207" src="http://lh6.ggpht.com/-gi1O_w8psPg/Tjf44SBlPRI/AAAAAAAAJlQ/95P3KH7gbNE/IMG_2207_thumb.jpg?imgmax=800" width="700" height="467" /></a></p> <p align="center">Figura 10 – Fotografia del retro di Ca’ de Borlenghi. </p> <p> </p> <p><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisCTxdsNHmcKTWpzzuSIsTH9C_xqD_ObUlDI4tMUK1EXyVWg-Kpp9o1LIA7j_UlkwvBNeubGy9EWj3v0Yjch-oIRYT50A5f7L6_Sc-0Z3oy6yo5zm41hOG74PlbHPXCgD5c5SPsS1j_hY/s1600-h/IMG_2209%25255B3%25255D.jpg"><img style="background-image: none; border-right-width: 0px; margin: 0px auto; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: block; float: none; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="IMG_2209" border="0" alt="IMG_2209" src="http://lh3.ggpht.com/-hPjnqT_7230/Tjf47kyB6iI/AAAAAAAAJlY/HGEMApph6W0/IMG_2209_thumb.jpg?imgmax=800" width="700" height="467" /></a></p> <p align="center">Figura 11 – Il gazebo in legno costruito nel cortile sul retro di Ca’ de Borlenghi.</p> <p align="center"> </p> <p>Tra il castello e la chiesa di Vitriola stendevasi un prato, detto Pra’ Dònico o Prato della Chiesa, ora appartenente al benefizio parrocchiale. In mezzo a questo prato zampillava una fresca e perenne sorgente detta Fontana Dònica, che tuttora resta. La corte di Vitriola si componeva allora di un nucleo coltivato entro un discreto raggio attorno al castello; ma che si estendeva specialmente nella zona inferiore alla chiesa. La pendice tra il castello di Vitriola ed il soprastante monte di Montefiorino era coperta di fitte boscaglie. Lo stesso monte di Montefiorino era medesimamente ricoperto di un folto bosco; e, su di esso, nessun castello nè altra abitazione esisteva nel 1071 <a href="file:///D:/Articoli per sito - file/#_ftn3_2836" name="_ftnref3_2836">[3]</a>. </p> <p> <br />La giurisdizione della corte di Vitriola si estendeva sulle ville di Vitriola, Cerredolo, Cisana, Massa, Cornilio, Mogno, Montestefano, Rubbiano, Gusciola, Farneta, Costrignano, Susano, Savoniero. Fra le corti dell’ Abbadia, quella di Vitriola era la più popolata e la più redditizia. Godendo di un clima più mite, vi si coltivava abbondantemente anche la vite; ed i suoi boschi erano in massima parte di querce e di castagni. […]</p> <p>Vitriola è ricordata in una pergamena dell’Archivio Capitolare di Modena del 4 marzo 1054. In tal giorno, con atto del notaio Tamfredo rogato in Modena, Guiberto vescovo di Modena concesse a titolo di livello a Fredolfo figlio di altro Fredolfo da Vitriola, uomo libero, un terreno posto in Vitriola in località denominata Carfagna <a href="file:///D:/Articoli per sito - file/#_ftn4_2836" name="_ftnref4_2836">[4]</a>, della superficie di dieci iugeri, misurati colla pertica legittima di dodici piedi; di qualità arabile, prativa, incolta, boschiva; per ventinove anni, col canone annuo di sei denari d’ argento pavesi, da pagarsi nel marzo a Modena. Vien dichiarato che il terreno è di ragione del vescovado di Modena; e che era già stato concesso in livello al fu Girardo, avolo del predetto Fredolfo. Testimoni all’ atto sono Roberto, Giovanni, Rozzone, Ingezzone ed Andrea. […] <br />Successivamente, il detto corpo di terra denominato Carfagna o Carfagno, vien diviso per metà: restano ai figli del nominato Fredolfo cinque iugeri dalla parte di mezzodì, e gli altri cinque iugeri dalla parte di settentrione ritornano al vescovado di Modena, il quale ne investe Ugo da Vitriola.</p> <p>Infatti, con atto del notaio Ugo del mese di giugno 1103, Dodone vescovo di Modena concede a titolo di livello e di precaria ad Ugo figlio del fu Guido da Vitriola, sino alla terza generazione, la metà di una pezza di terra lavorativa e boschiva di ragione del vescovado di S. Geminiano di Modena, situata in località denominata Carfagno; estesa questa metà cinque iugeri, confinata a mattina dalla terra dominica del monastero <a href="file:///D:/Articoli per sito - file/#_ftn5_2836" name="_ftnref5_2836">[5]</a>, a mezzodì dai figli del fu Fredolfo <a href="file:///D:/Articoli per sito - file/#_ftn6_2836" name="_ftnref6_2836">[6]</a>, a ponente dalla via, a settentrione dalla Serra del Monte <a href="file:///D:/Articoli per sito - file/#_ftn7_2836" name="_ftnref7_2836">[7]</a>; per il canone annuo di tre denari pavesi, da pagarsi ogni anno nel mese di marzo. <br />L’ atto è redatto nella Pieve di Polinago, e porta la sottoscrizione autografa del vescovo Dodone. Testimoni sono Rainero da Rancidoro, Bellincione figlio del fu Rozzone e Girardo de Corvo/o.</p> <h2></h2> <h2>N.B.</h2> <p><font style="background-color: #ffff00">La borgata è privata.</font></p> <h2>Fonti</h2> <ul> <li>Bucciardi, Guido. <i>Montefiorino e le terre della Badia di Frassinoro.</i> Stab. tipo-lit. Paolo Foschi e C., 1985. </li> <li>AA.VV. <i>Insediamento storico e beni culturali alta Valle del Secchia.</i> Modena: Cooptip - Modena, 1981. </li> </ul> <h2>Note <hr align="left" size="1" width="33%" /></h2> <p><a href="file:///D:/Articoli per sito - file/#_ftnref1_2836" name="_ftn1_2836">[1]</a> Il castello di Vitriola ancor sussisteva nel 1320. — Nel 1442 non si fa più menzione del castello, certamente già crollato, ma solo delle torri. — In seguito anche le torri o crollarono o furono demolite. — Sul principio del secolo scorso, i residui delle tre torri erano lotti a circa cinque metri d’altezza; ma conservavano la volta in sasso, che divideva il piano terreno dal primo piano. — Il troncone della torre di mezzodì fu poi, verso l’anno 1860, utilizzato dal fu dottor Pacifico Vandelli per innalzarvi sopra una casa. — I tronconi delle altre due torri, in peggiori condizioni statiche, furono interamente demoliti durante il secolo passato.</p> <p><a href="file:///D:/Articoli per sito - file/#_ftnref2_2836" name="_ftn2_2836">[2]</a> Nel 1841 il prevosto Don Giuseppe Carani ampliò, restaurò ed in parte rifece la chiesa, conservando però la facciata principale e parte delle due facciate laterali nello stato originale. Presso la chiesa esisteva, dal lato sud, una torre quadrangolare, alta cinque piani, con un solo ordine di finestroni all’ ultimo piano, e negli altri piani munita di feritoie. Si accedeva ad essa dall’ interno della chiesa. Serviva di campanile e anticamente anche per abitazione del monaco rettore della chiesa. Questa antica torre fu poi abbattuta nel febbraio 1875.</p> <p><a href="file:///D:/Articoli per sito - file/#_ftnref3_2836" name="_ftn3_2836">[3]</a> Tutti gli storici e cronisti del Frignano, vissuti lontano dalle Terre della Badia, forse ignorando che un castello era esistito a Vitriola, credettero che il castello di Montefiorino fosse stato quello di Vitriola, perché Montefiorino faceva parte della sua corte. Ma i castelli di Vitriola e di Montefiorino erano due cose distinte. Il castello di Montefiorino sorse molto dopo, quando il castello di Vitriola stava scomparendo, in causa deIla sua imperfetta funzione difensiva. Quando poi il castello di Montefiorino, costrutto in luogo più atto alla difesa, assurse a primaria importanza, quello di Vitriola fu trascurato, e, non più mantenuto, crollò.</p> <p><a href="file:///D:/Articoli per sito - file/#_ftnref4_2836" name="_ftn4_2836">[4]</a> Esiste tuttora questa località e trovasi in prossimità dell’odierno villaggio di Casa Volpe.</p> <p><a href="file:///D:/Articoli per sito - file/#_ftnref5_2836" name="_ftn5_2836">[5]</a> La terra dònica del monastero di Frassinoro, dipendente dalla corte di Vitriola.</p> <p><a href="file:///D:/Articoli per sito - file/#_ftnref6_2836" name="_ftn6_2836">[6]</a> I figli di quel Fredolfo di cui è parola nel documento sopra citato del 1054.</p> <p><a href="file:///D:/Articoli per sito - file/#_ftnref7_2836" name="_ftn7_2836">[7]</a> La serra sopra il villaggio detto al presente Ca’ del Monte in Vitriola.</p> Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-72228071589428863122011-07-29T19:13:00.000+02:002023-08-07T14:42:45.090+02:00Sassatella<p>Facente parte del comune di Frassinoro e localizzata ad un’altitudine di 797 m s.l.m. Sono segnalate come provenienti da Sassatella due lucerne fittili romane, entrambe con beccuccio a canale e corpo sferico, che furono consegnate nella seconda metà del secolo scorso al Museo Civico Archeologico di Modena. Vi erano impressi i seguenti marchi di fabbrica: <i>Communis e Festi</i>, che rappresentano le firme di due produttori cisalpini, attivi tra la metà del I secolo e metà circa del II secolo d.C. Nella medesima località furono trovate anche, in altre circostante, due monete di bronzo romane, una sicuramente di Domiziano e l’altra di Traiano, ma mal riconoscibili a causa dell’usura e dell’intensa ossidazione. Si tratta di due <i>dupondii</i>, moneta che in età alto imperiale rappresentava il denaro circolante più diffuso. Non si hanno dati più precisi per mettere in relazione i due ritrovamenti anche se, soprattutto in presenza di questo tipo di monete, sta a testimoniare una frequentazione della località, almeno come luogo di transito appenninico, a partire dalla seconda metà del I sec. d.C. Non ci sono notizie certe di insediamenti prima del 1173, anno della prima dedizione delle Terre della Badia al Comune di Modena. Possesso dunque di Frassinoro, dipendente dalla Corte di Medola, acquista dignità comunale nel 1205, quando a Sassadella, giurano fedeltà a Modena 13 uomini. […]</p> <h2>Sassolato di Sassatella</h2> <p>Tra i comuni dell’Abbadia che sottoscrivono la dedizione del 1200 al comune di Modena, compare anche <i>Sassolato</i>, staccatosi probabilmente allora da Medola, nella cui corte doveva essere compreso, per Sassolato giurano, in quell’anno, un console e 13 capifamiglia. </p> <p>Il castello che ivi sorgeva divenne distrutto da una frana in uno degli anni 1243-1248, ma dovette essere ricostruito, anche perché al centro delle alterne vicende che caratterizzano le Terre della Badia nel XIV secolo, fino alla definitiva conquista da parte dei Montecuccoli. </p> <p>La chiesa, intitolata a Sam Michele Arcangelo, era attestata già nell’elenco delle decime modenesi del XIII secolo, dipendeva ancora nella seconda metà del XV secolo dalla Pieve di Rubbiano. Il villaggio tra Frassinoro e Sassatella, in posizione dominante la Valle del Dragone, identificabile con Sassolare, è scomparso ed attualmente rimane solo la base di una muratura in sasso. Secondo informazioni locali, durante scassi di terreni si sarebbero trovati in loco scheletri e reperti antichi. </p> <h2>Fonti</h2> <ul> <li>AA.VV. <i>Insediamento storico e beni culturali alta Valle del Secchia.</i> Modena: Cooptip - Modena, 1981. </li> </ul> Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3449061798433520967.post-54538733026490190762011-07-29T19:11:00.000+02:002023-08-07T14:42:49.576+02:00Rovolo<p>Il toponimo forse derivato dalla voce latina <i>rubus</i>, rimanda alla presenza di vegetazione di roveti nella zona. All’inizio del XIV secolo faceva parte della castellanza di Muschioso e, compresa nella diocesi di Reggio Emilia nel secolo XV dipendeva spiritualmente dalla Pieve di Toano, con chiesa intitolata a San Prospero unita a quella di Gazzano. Minacciando rovina la chiesa primitiva, ne fu costruita un’altra nel 1625 più ampia, vicino al paese, che ristrutturata alla fine del XVIII secolo, conserva ancora oggi inalterata la struttura e molti elementi architettonici. Sul campanile sono leggibili le iscrizioni datate 1696 e 1786. Il borgo presenta nel suo insieme un tessuto edilizio di grande interesse. Del secoli XIII-XIV rimangono solo un portale a tutto resto in conci squadrati e parte di muratura coeva a corsi regolari; elementi dello stesso tipo di quelli presenti nelle case forti di Vitriola. Del secolo XV si segnalano portali a mensole concave ed architravi decorati. Databile sempre al XV secolo è un portale a mensole convesse ed architrave triangolare, con inciso il simbolo del diamante fra spirale solare e rosa a dodici punte, inserito in un fabbricato oggi adibito a fienile. In un percorso viario di probabile impianto quattro-cinquecentesco insistono diversi edifici di notevole interesse, che presentano elementi architettonici di rielevo. Si segnala una finestrella monolitica trilobata recante scolpite due rosette a sei punte ed una croce di Malta, un balco con portale avente architrave zigrinato, con iscrizione che ricorda probabilmente il costruttore, e, nella muratura, una formella datata 1730. Un edificio con porticato passante ad ampie arcate a tutto sesto, in parte tamponate, presenta conci d’angolo squadrati e zigrinati e, in un portale con architrave recente inciso il simbolo della croce. Un fabbricato rimaneggiato conserva al piano terra un portale pregevolmente scolpito a losanghe. </p> <h2>Fonti</h2> <ul> <li>AA.VV. <i>Insediamento storico e beni culturali alta Valle del Secchia.</i> Modena: Cooptip - Modena, 1981. </li> </ul> Vivere il Medioevohttp://www.blogger.com/profile/05718734832252644370noreply@blogger.com0